2.6 Ricordi
Era passata una settimana da quando Vladimir mi aveva portata sulla scogliera, ed era stata una piacevole esperienza. Dopo quella volta ci eravamo scritti qualche volta, ma a quanto avevo capito, lui era molto impegnato. Per quanto riguardava me, mi ero presa una pausa dal locale, avevo bisogno di stare tranquilla, e per fortuna Bjorn aveva capito, dandomi un mese di aspettativa. Mi dispiaceva per lui, ma io avevo davvero bisogno di stare per conto mio. Mi dispiaceva anche per Iris, dal momento che le avevo detto che sarei andata per un periodo ad abitare da mia nonna. Per fortuna mia sorella non si era trasferita con la mamma e Robert, lasciando a loro l'intimità di cui avevano bisogno, così avrei avuto lei vicino, avevo bisogno di riprendere i rapporti anche con lei.
Era passato un anno da quell'esperienza quasi traumatica; la nostra casa delle vacanze era crollata inspiegabilmente, e per miracolo si erano salvati tutti. Nessuno riuscì a spiegare in che modo, ma quando il tetto si era sgretolato, crollando sopra la mia famiglia, loro erano riusciti ad uscire in tempo, riportando solo qualche graffio. Nessuno di loro ricordava con esattezza quel momento, e per ora quella casa era inagibile. Ed era un vero peccato, perché sia mia madre che Robert pensavano di trasferirsi li, invece dovettero acquistare un'altra casa, e per fortuna guadagnavano entrambi abbastanza da poterselo permettere. Ed ecco il motivo per cui mia sorella non si era trasferita con loro, per evitargli di comprare una casa troppo grande, viste le spese per i lavori alla casa al mare che avrebbero dovuto sostenere. Oltre al fatto che la nuova casa si trovava troppo distante dalla scuola che Aurora frequentava, e rimanere a casa della nonna era più conveniente piuttosto che svegliarsi presto per fare il doppio della strada col traffico.
Gli psicologi che li seguirono dissero che era a causa di un evento così traumatico se avevano rimosso molti degli ultimi ricordi, e soprattutto mia sorella, non ricordava molto dell'ultimo mese estivo. In seguito, non avevamo avuto molti rapporti, da parte mia a causa del lavoro, e dalla sua per la scuola. Quindi avevo bisogno di stare un po' con lei, soprattutto ora che si era presa un anno sabatico per decidere cosa fare della sua vita. La sua idea era quella di andare all'Università, ma non aveva le idee ben chiare su cosa fare. Inoltre, affrontare il quinto superiore non era stato facile dopo quello che aveva passato, e riposarsi, poteva essere positivo. Aveva da poco trovato lavoro come baby sitter presso una famiglia altolocata del centro di Roma, e questo la teneva occupata tre giorni a settimana. Per sua fortuna aveva il fine settimana libero, riuscendo così a vedersi comunque col suo ragazzo. Lo avevo conosciuto, qualche volta eravamo usciti insieme, nel poco tempo che entrambe avevamo a disposizione.
Ricordo che una volta, prima che conoscessi Andrea, mi avevano presentato un amico del suo ragazzo, un certo Mattia, con la speranza che mi facesse dimenticare Francesco. Ma per me quel ricordo era ancora troppo vivido, soprattutto dopo che mi aveva richiamato in lacrime. Lo avevo ascoltato sproloquiare per ore al telefono, prima di dirgli che sapevo tutto. Era rimasto in silenzio, ma non potevo continuare a trattenermi da tutto. Sapevo bene che mi aveva richiamato solo perché Anna era morta. Era la mia migliore amica prima che mi portasse via il ragazzo, e non per questo le auguravo la morte, ma ricevere la notizia, mi aveva lasciato emotivamente impassibile. Avevano ritrovato il suo corpo nelle macerie di una casa in Romania, dopo che i genitori ne avevano denunciato la scomparsa. Nessuno riuscì a trovare ne i presunti rapitori ne gli assassini, ma fu solo per quello che Francesco mi richiamò, e io lo sapevo bene. Sperava di dimenticare Anna riavvicinandosi a me. E anche se sapevo che stava soffrendo, non potevo tollerare che cercasse di prendermi in giro ulteriormente.
Non posso in ogni caso nascondere che quella telefonata mi avesse turbata e ferita. Ecco perché con Mattia non potevo iniziare nulla, non in quel momento.
Quando rientrai a casa trovai la mia stanza perfettamente in ordine, Aurora aveva preso la stanza che era stata di nostra madre, quindi a me toccava quella più piccola, e mi andava bene così.
Aurora mi aiutò a sistemarmi, disfacendo i bagagli. Non sapevo se sarei tornata ad abitare con Iris, anche la mia amicizia con lei in quel momento mi sembrava forzata. Mi ero ritrovata a riflettere su molte cose dopo Andrea, tra cui Iris. Era come se mi fossi svegliata da un sogno, ricordandomi che ogni volta che le parlavo dei miei problemi con lui, non mi aveva mai dato davvero un consiglio, limitandosi ad ascoltarmi. Ma in realtà non mi aveva detto niente.
Mi trovavo in un periodo strano della mia vita, con la sensazione di uscire da un bozzolo e di aver vissuto una vita che non mi apparteneva. Iris mi aveva chiamato più volte ma non le avevo mai risposto. Soprattutto per la nostra ultima discussione. Non accettava il fatto che potessi scegliere di lasciare il nostro appartamento, spostando l'attenzione alle spese che avrebbe affrontato da sola. Mi aveva dato dell'egoista, e magari lo ero, ma se non davo importanza a me stessa in quel momento, rischiavo di perdermi e di non ritrovarmi più.
Quella stessa sera Vladimir mi chiamò per sentire come stavo. Forse in tutta quella situazione, era stato più amico lui di quanto non lo fosse stata Iris in un anno. Quando gli avevo detto che stavo tornando a casa di mia nonna, non mi aveva criticata.
«Se senti di doverlo fare, allora fallo. In momenti come questi, la cosa importante è che tu faccia quello che ti fa stare bene.»
Era ciò che avevo bisogno di sentirmi dire. E gliene fui grata, ripensandoci, mi dispiace di averlo sommerso di lamentele riguardo al comportamento di Iris. E anche in quel caso lui sapeva sempre cosa dire.
«Ascolta, se Iris è davvero amica tua, capirà. Se non lo farà, saprai esattamente chi è. Ora devi preoccuparti solo di te stessa. Se ne hai voglia, posso passare da te, ti porto fuori a prendere un drink. O una cena. Qualsiasi cosa ti tiri su il morale.»
Ma io avevo bisogno di stare con la mia famiglia.
«Grazie Vladimir, non adesso, ho bisogno di stare con mia sorella. Ma ci sarà l'occasione, non ti sto dicendo che non ho voglia di vederti. Tranquillo, scroccherò volentieri una di queste cose!»
Lui aveva riso, rassicurandomi sul fatto che non avevo bisogno di dargli spiegazioni. Aveva capito che avevo bisogno dei miei spazi. Era di quel tipo di persone che avevo bisogno nella mia vita in quel momento.
Un'altra cosa da non sottovalutare, era che Andrea non sapeva dove abitava mia nonna, in quel modo riducevo anche il rischio di incontrarlo.
La prima notte fu strana, non ero più abituata a dormire in quella stanza, non che lo fossi mai stata, ma per un anno intero la mia casa era stata un'altra, e ora mi sentivo leggermente spaesata. Ma mia sorella aveva dormito con me, lasciandomi sfogare fino a tarda notte. Non c'era dubbio, se avevo una migliore amica, quella era lei. E con lei, finalmente, ero riuscita a piangere, a spiegarle quel senso di vuoto che avevo nel cuore, come se una parte di me fosse stata strappata via. Era da un po' che avevo quella sensazione. Nell'ultimo anno mi sembrava di aver perso qualcosa, senza riuscire a capire di cosa si trattasse. L'avevo attribuito al torto subito da Francesco, avevo creduto che Andrea avrebbe riempito, ma mi ero sbagliata. Negli ultimi giorni quella sensazione era tornata più forte di prima, e mi stava facendo sprofondare. Nei momenti in cui c'era Vladimir mi sembrava di non sentirla, ma non volevo buttarmici a capofitto, come era successo con Andrea. Per questo dovevo prendere momentaneamente le distanze anche da lui. Non troppo, mi faceva piacere averlo nella mia vita, e non volevo allontanarlo del tutto. Ma in quel momento ero troppo vulnerabile, avrei potuto scambiare i miei sentimenti per quello che non erano. E se ci sarebbe mai stato qualcosa con lui, io dovevo essere sicura che non era solo perché cercavo di colmare i miei vuoti, o perché volevo sentirmi protetta. Dovevo trovare in me stessa la mia sicurezza.
Quando mi risvegliai, mia sorella mi aveva preparato la colazione in cucina.
«Ecco qui, latte e cereali, e una tazzina di caffè. Poi non dire che tua sorella non è diventata grande!»
Le sorrisi. Era molto cambiata nell'ultimo anno, non era più la ragazzina festaiola che flirtava con tutti, forse era la sua storia con Giulio ad averle fatto bene.
«Non lo direi mai, figurati!»
«Ascolta, io e Giulio oggi dovremmo andare a pranzo fuori, verso il mare, ma di lasciarti qui da sola non mi va. Ti va di venire?»
La guardai con sospetto.
«A fare il terzo incomodo? No grazie!»
Mi tirò un cereale caduto sul tavolo.
«Scherzi? Lui porterebbe Mattia, almeno non lo sentirò lamentarsi del fatto che il suo amico gli dice sempre che gliel'ho rubato! Dai, sarà divertente!»
Giocherellai col cucchiaio nel latte, smuovendo i cereali. Sapevo bene cosa cercava di fare.
«Rory, non prendertela, ma non mi va di uscire con nessun ragazzo per ora. Non ho voglia di conoscerli, se mi porterai, e Mattia si farà delle aspettative, io sarò costretta a rifiutarle di nuovo, e non ne ho voglia. Vai tu, io rimango a casa.»
Un altro cereale mi arrivò in testa, se avesse continuato così mi avrebbe sommersa.
«Cosa stai dicendo? Non voglio buttarti nelle braccia di un uomo, voglio evitare che tu rimanga da sola!»
«Va bene così, sarà per un'altra volta, ma oggi non ho voglia di uscire. Tu vai e stai tranquilla.»
Si alzò dalla sedia, stampandomi un bacio sulla guancia.
«E va bene, vado a prepararmi, però tu per qualsiasi cosa chiamami. Non farti problemi.»
Si avviò verso la porta della cucina, fermandosi appena fuori.
«Sappi che se Giulio divorzia da Mattia, la colpa è tua, dovrà pesare sulla tua coscienza, non sulla mia!»
Sorrisi, anche se aveva messo la testa a posto, rimaneva sempre la stessa.
Rimanere a casa quel giorno fu una benedizione, stare sola con me stessa era quello che mi serviva. Mia nonna era andata da mia madre, e Aurora era uscita con Giulio. Mi rintanai in camera, volevo solo ascoltare musica. Accesi il pc, e mandai avanti la mia playlist di youtube. Era così tanto che non ascoltavo la musica che volevo, con il volume alto delle casse, lasciando che mi attraversasse l'anima. Iris ed io non avevamo gli stessi gusti musicali, a me piaceva il rock, a lei la musica pop, e quando mettevo le mie canzoni preferite borbottava sempre. Eravamo così diverse, non me ne ero mai resa conto.
La mia canzone preferita degli Evanescence, Farther Away, mi trasportava lontano da tutto, lontano anche da me stessa. Cantare al pub mi piaceva, ma quanto rimpiangevo i tempi del liceo in cui avevo il mio gruppo di cover rock. Ne avevamo passate tante, e alla fine ci eravamo persi di vista, il chitarrista era andato all'estero, e il bassista aveva smesso per dedicarsi al lavoro. E trovare un bravo bassista non era facile. C'erano più chitarristi che bassisti. Chissà come mai.
La musica ebbe il potere di calmarmi, non mi accorsi nemmeno di essermi addormentata, fin quando non sentii il campanello suonare più volte. Guardai l'orologio, erano le quattro di pomeriggio, non poteva essere Aurora che rientrava, mi aveva detto che sarebbe tornata per l'ora di cena, e mia nonna si sarebbe fermata da mia madre per darle una mano con Sofia. In pratica non sapevo chi potesse essere, e dopo l'esperienza con Andrea ero abbastanza spaventata. Ma il campanello continuava a suonare. Mi avvicinai alla porta, guardando dallo spioncino. La persona che vidi, non la conoscevo, ma continuava a suonare insistentemente, come se avesse la sicurezza che dentro casa ci fosse qualcuno.
Non aprii, feci l'unica cosa sensata che mi venne in mente; scrivere a Vladimir.
Corsi in camera a prendere il telefono, e aprii la chat con lui. Mi dispiaceva scomodarlo sempre per gli affari miei, ma non potevo farci niente se ogni cosa mi spaventava. Digitai il messaggio: "Vladimir, scusa non voglio disturbarti, ma sono da sola a casa e il campanello non smette di suonare. Ho guardato dallo spioncino, non so chi sia, ma continua a suonare come se sapesse che in casa c'è qualcuno. Probabilmente sono solo paranoica, ma potresti venire? Mi sentirei più tranquilla."
La sua risposta fu immediata, e meno di mezz'ora dopo il campanello suonò di nuovo. Ma questa volta era Vladimir.
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