19. Jusztina


Mi lasciai cadere sul letto, rendendomi dolorosamente conto che era troppo grande per usarlo da sola. Rimasi immobile a guardare il velo intorno a me, come un cielo bianco pieno di luci. Cercai con tutta me stessa di impedire alle lacrime di uscire, ma quando la prima bollente goccia solcò la mia guancia, andando a finire direttamente sulla coperta, mi girai su un fianco, affondando la mia testa nel cuscino, e lasciando che i singhiozzi mi scuotessero. Chiusi gli occhi. Il peso che sentivo nel cuore sembrava volermi schiacciare.

Jusztina. Aveva pronunciato il nome di un'altra donna con le lacrime agli occhi. Cos'ero io? Un ripiego? Tra noi aleggiava un fantasma, ed io non sapevo se sarei stata in grado di farlo sparire.

Dovevo sapere chi fosse lei. Doveva raccontarmi cosa era accaduto. Ero determinata a prendermi Vladimir e a tenerlo stretto a me.

Probabilmente quella donna faceva parte del suo passato, magari con lei non era stato in grado di fermarsi. Era quello che aveva detto, mi pareva. Ma lei non era me. Ed io mi fidavo del sentimento che c'era tra noi. Sapevo che non mi avrebbe uccisa. Glielo avrei provato.

Poi, lentamente, un'idea si fece strada nella mia testa. Un azzardo, una follia, ma se l'amore non portasse a fare follie, che senso avrebbe? Sapevo esattamente cosa fare. Mi alzai, ancora nuda, asciugandomi le lacrime col dorso della mano e rovistai tra le mie cose. Presi la pochette e tirai fuori una lametta. La guardai con le mani che mi tremavano. Era così piccola e leggera ma in quel momento sembrava tremendamente pesante e fredda.

Con determinazione mi alzai, andando verso il bagno. Di tre vampiri, sperai che se anche non fosse venuto Vladimir, una di loro mi avrebbe salvata. Forse non Anna, ma Ilona probabilmente si. Entrai nella doccia, la mano che stringeva la lametta tremava più forte. La poggiai sul mio polso, la lama pizzicava già senza tagliare.

Ci volle coraggio. Avevo paura, del dolore e che nessuno venisse a salvarmi. Ma era l'unico modo che avevo per provargli che si sarebbe fermato. Io credevo in lui più di quanto non faceva con se stesso.

Chiusi gli occhi, potevo sentire il rumore dei miei respiri in modo quasi distaccato. Come se riecheggiassero nelle mie orecchie. Iniziai a contarli. Alla fine ne presi uno più grande, come se più ossigeno potesse darmi più forza. Spinsi la lama sulla mia pelle e tagliai.

Dopo poco e con timore riaprii gli occhi, osservando la ferita. Il sangue non uscì subito. Un taglio preciso e sottile, ci mise qualche secondo per sanguinare. Ma quando uscì lo fece copiosamente, in pochi attimi il piatto della doccia era sporco di sangue per una buona parte.

E lui arrivò.

Mi guardò con rimproverò, ma io sostenni il suo sguardo. Respirava come un toro inferocito, i canini uscirono, gli occhi si iniettarono di sangue. Non sapevo se fosse rabbia oppure brama di nutrirsi. Con spavalderia, allungai la mano sanguinante verso di lui.

«Bevi.»

Era un comando, il mio.

Lui aveva le mani poggiate sul box della doccia, come se volesse impedire a se stesso di andare oltre quel limite. Nel suo sguardo potevo vedere la riluttanza e la lotta contro la parte di se stesso che avrebbe preso tutto il mio sangue. Non mi importava.

«Se non bevi, non ti permetterò di salvarmi.»

Si avvicinò di mezzo passo, come se lottasse contro il suo lato di vampiro, quello famelico, come se una parte di lui gli impedisse di cedere.

«Anche solo una goccia...però ti prego; bevi. La prossima volta voglio essere con te al posto di Anna. Non voglio più che tu vada con lei.»

«Una goccia?!»

La sua voce era un ringhio basso e il tono sarcastico.

«La Bestia lo vuole tutto, ragazzina!»

«Ti fermo io...»

Rise, più un ghigno che altro. Ma si avvicinò, prese il mio polso e se lo portò alla bocca. La stretta delle sue dita era forte e salda. Troppo forte, il mio polso quasi scricchiolò, ma lo ignorai. Morse, nonostante ci fosse già il taglio. Come se volesse comunque farmi sentire cosa si provava ad essere morsi da lui, una specie di punizione. Ma a me non importava. Il suo morso faceva male in confronto a quello che avevo provato in precedenza, con l'altro vampiro, ma era un dolore che ero disposta a sopportare, per lui.

Mi prese l'altra mano, bloccandola addosso al muro. Istintivamente la presa cambiò e le nostre dita si incrociarono. Non riuscii a non gemere e lui strinse più forte la mia mano. Chiusi gli occhi, abbandonata a quella sensazione di pura estasi. Il mio corpo reagiva e per quanto mi riguardava, saremmo potuti andare oltre. Ma iniziava a girarmi la testa. Riaprii gli occhi; lo guardavo totalmente persa, perché finalmente avevo ottenuto quell'intimità che cercavo. Il mio cuore era più leggero. Lo lasciai fare ancora per un po'. Anche se faceva male, riuscivo solo ad essere felice e nonostante tutto, era un dolore che piano piano diventava piacere. Solo il morso iniziale mi aveva provocato dolore.

«Vlad...»

La mia voce era impastata, incerta, un sussurro appena. Non mi guardò nemmeno. Mi alzai in punta di piedi, per raggiungere il suo volto. Sentivo il braccio immobilizzato farmi male. Non avevo paura, non l'avevo avuta nemmeno per un secondo. Però sentivo che era arrivato il momento che si fermasse.

Lo baciai, sulla guancia. Un bacio tenero che avrei voluto dargli da tanto. Lasciai che le mie labbra si poggiassero leggere sulla sua pelle, assaporando il suo profumo, e imprimendomi il ricordo di quella sensazione . Lui mi guardò, prima con la coda dell'occhio, poi voltandosi verso di me. Quando staccò la sua bocca dal mio polso era sporca di sangue.

«Ti amo...»

I suoi occhi tornarono quelli di sempre. Mi guardò quasi confuso, come se stesse riprendendo il controllo di se stesso. Poi guardò di nuovo il mio polso. Le mie gambe vacillarono e lui mi sostenne. Mi prese tra le sue braccia, e senza perdere tempo, si morse il polso portandolo alle mie labbra. Bevvi, mentre lui mi stringeva a se. Le lacrime scendevano dai miei occhi, piangevo per la felicità.

«Luna...piccola mia. Avrei potuto ucciderti!»

Chiusi gli occhi. Io sapevo che non lo avrebbe fatto. Perché non si fidava del mio giudizio? Strinsi più forte il suo polso, come se mi appartenesse da sempre. Fin quando lui non lo staccò da me. E con riluttanza lo lasciai andare.

Poggiai la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi. Provavo un senso di pace indescrivibile. Per quanto mi riguardava potevamo rimanere ore così, o anche per sempre. Che importanza aveva il mondo all'infuori di noi?

«Stai prendendo freddo.»

«Non importa.»

Ero in estasi, che importanza aveva tutto il resto? Non ero mai stata così felice in tutta la mia vita. Non mi ero mai sentita così maledettamente completa come in quel momento. Era chiaro che qualcosa non andava in me, se donare sangue ad un vampiro era la mia massima aspirazione, ma non me ne fregava proprio niente. Probabilmente ero pazza, ma felice.

«Luna si che importa. Ti ammalerai. Ce la fai a sciacquarti via il sangue? Sei stata davvero una pazza. Non sai quello che hai rischiato...»

«Ti sbagli Vlad. L'unica paura che avevo era che non saresti arrivato in tempo. Ma non avevo paura di te. Non ce l'ho mai avuta davvero, nemmeno nel tuo monolocale. Ora lo so.»

Stava ispezionando il mio polso, che ormai era guarito del tutto. Poi alzò lo sguardo verso di me, alla ricerca dei miei occhi. Sembrava irritato.

«Non chiamarmi così...»

«Perché? A me piace, e non mi importa nulla di chi eri, di cosa hai fatto. Anzi, mi importa, ma solo perché voglio sapere tutto di te. Parlami del tuo passato. Senza paura, io non ti giudicherò. Ma voglio sapere.»

Sospirò. Si alzò, lasciandomi andare.

«Lava via il sangue...»

Si girò verso l'uscita, e prima ancora che potesse muoversi, gli afferrai la mano. Non volevo che si allontanasse, come sempre. Volevo che rimanesse con me.

Lui si bloccò, guardando la mia mano sulla sua. Invece di lasciarla, se la portò alla bocca e la baciò.

«Ti aspetto in camera.»

Quando uscii dal bagno lo trovai seduto ai piedi del letto, con la testa tra le mani e i gomiti poggiati sulle ginocchia. Lui sollevò lo sguardo verso di me, uno sguardo colmo di disperazione. Aveva preparato accanto a lui la mia camicia da notte, troppo leggera per la Romania. Ma confidavo nelle coperte pesanti.

Mi avvicinai ancora nuda, e questa volta lui non distolse lo sguardo. Comunque mi diede la mia camicia, ed io senza attendere oltre, a malincuore, la indossai. Rimasi di fronte a lui, in piedi, incapace di andare oltre. Il mio istinto mi diceva di buttare le braccia intorno al suo collo, ma fino a quel momento ero stata l'unica a muovere qualche passo.

Invece, decisi di scoprire qualcosa sul suo passato. Senza indugiare oltre, iniziai a porre le prime domande.

«Chi è Jusztina?»

Vidi le sue spalle abbassarsi come se dovesse sopportare un peso indicibile, ma con la mano diede due colpetti al letto, un invito a sedermi vicino a lui. Invito che non mi feci ripetere due volte, con disinvoltura mi andai a sedere, con le gambe incrociate e il busto totalmente rivolto verso lui.

«Come avrai capito dalle parole di Ilona, io sono quello che tutti conoscete come Vlad Țepeš, Conte di Valacchia, o principe.»

Annuii vigorosamente.

«Non ne vado fiero. All'epoca con Marcus ci divertivamo a prendere le cariche più importanti del mondo umano, come se fosse un'eterna partita in cui vincevamo sempre noi. E in quegli anni, la Romania, anzi la Valacchia, fu il nostro campo di gioco. Mi ricordano ancora come Vlad l'Impalatore.

Fino a quel momento la parola Vampiro, non si era quasi mai sentita. Ma quando arrivammo noi, cambiò tutto. Il vero problema fu la mia prima moglie. Non potevo diventare principe senza sposarmi. Mi venne data in sposa una ragazza di qui, Jusztina.»

Si fermò, con lo sguardo perso nel vuoto, e con il pensiero probabilmente lontano secoli.

«Vlad?»

Si riscosse, la mia voce aveva rotto l'incantesimo in cui si trovavano i suoi pensieri.

«Si...scusami.»

«Pensavi a lei?»

C'era gelosia nella mia voce, me ne resi conto, ma mi fu davvero impossibile trattenerla. E lui se ne accorse, mi guardò alzando un sopracciglio, le sue mani cercarono le mie.

«Si. L'ho amata Luna, non pensare il contrario e non mentirò solo per farti felice. Ma non devi preoccuparti, non c'è il suo fantasma tra noi due.»

«No? C'è stato fino adesso, mi pare!»

«No. Non come pensi tu. Fammi continuare così capirai.»

Si portò le mie mani alle labbra, baciandole. Non avevo mai sentito il tocco delle sue labbra prima di quella sera, e ogni volta che mi sfiorava, la mia pelle sembrava prendere fuoco. Mi guardai le mani come se potessi vedere chiaramente i segni lasciati dal bacio, come un marchio infuocato. Ma non c'era nulla.

«Inizialmente non mi importava niente di lei. La trattavo male, anzi la ignoravo addirittura. Le regalai solo la nostra prima notte di nozze, ma perché dovevo, non perché lo volessi. E lei lo sapeva. Io non so in che modo quella ragazza si innamorò di me ma fece di tutto per farsi notare. E senza accorgermene, l'amai. Il nostro fu un amore breve e intenso. Ma dovevo stare molto attento a non lasciarmi mai andare o il mio lato oscuro sarebbe saltato fuori. Non la bestia. Ma il vampiro senza scrupoli. E più la desideravo, più desideravo il suo sangue.»

Fece una pausa e con una mano si tirò indietro i capelli, un gesto che riuscì solo ad ipnotizzarmi, facendomi momentaneamente dimenticare di Jusztina. Prima di riprendere prese un lungo respiro.

«Mi rendo conto ora che ho imparato ad amarla forse solo per senso del dovere. Mi ero umanizzato, in qualche modo. In me vivevano due Vladimir: il Vampiro che tesseva insieme a Marcus oscuri giochi di potere nella politica dell'epoca; e l'uomo che voleva essere un bravo Voivoda e un marito esemplare per Jusztina. Ma questo errore mi costò tanto. Negare la mia natura è servito solo a tenere nascosto il mio lato sanguinario, ad una donna che mi amava solo perché non lo conosceva.»

Rise. Una risata amara e carica di disprezzo. Il mio cuore si strinse quando il suo sguardo si riempì di nuovo di disperazione. Allungai una mano per toccare la sua, ma lui la ritrasse e si girò di scatto verso di me.

«No. Non capisci Luna? Lei mi ha tradito. Dovevo immaginarlo che voi umani siete vili, e stupidi, e deboli oltre che profondamente incapaci di accettare qualsiasi cosa il vostro cervello non sia in grado di elaborare. Come hai fatto tu, quando sei scappata via da me!»

Si alzò di scatto dal letto iniziando a camminare su e giù per la stanza. Quando scappai, non lo feci con l'intenzione di ferirlo e non immaginavo certo che questo avrebbe riaperto vecchie ferite, e vecchie insicurezze. Ma era tutto chiaro, io gli avevo ricordato il tradimento di Jusztina, e aveva paura di fidarsi di nuovo. Ma io non ero lei.

«Sei ingiusto!»

Ero scattata in piedi anche io, con i pugni chiusi. Non era bastato il gesto che avevo fatto a cancellare il tradimento di una donna debole?

«Ah, dici?»

Si era fermato di fronte a me, afferrandomi per le spalle, talmente tanto forte che le sentii quasi scricchiolare. Ma non vacillai, lo guardai negli occhi.

«Quindi quello che ho fatto prima non conta nulla per te? Chi è che tradisce ora?»

Mi lasciò andare, ricadendo seduto sul letto. Abbandonò la testa tra le mani. Mi inginocchiai di fronte a lui, scoprendo il suo volto dal muro che aveva creato.

«Io non sono lei. E mi offende che tu mi ci paragoni. Mi offende che tu mi giudichi in questo modo, perché io sono una persona diversa. Io sono Luna. Che cosa è successo con lei?»

I nostri volti erano vicini, avrei potuto baciarlo, ma volevo che si lasciasse alle spalle il passato prima di iniziare qualsiasi cosa.

«Una notte, accecato dall'amore e dalla fiducia che riponevo in lei, mi rivelai. Pensavo che non sarebbe fuggita, che mi avrebbe accettato perché mi amava. Invece lei scappò, e la Bestia che era in me uscì fuori. Quando riuscii a domarla era comunque troppo tardi. Era già morta. Mi ero nutrito di lei fino ad ucciderla, troppo preso dalla rabbia per rendermi conto di quello che stavo facendo. Quando la famiglia volle vedere il corpo, coprire i segni dei morsi fu impossibile. E non credettero alla storia dei lupi. Sedare le rivolte non fu semplice, e Marcus vietò qualsiasi rapporto con gli umani che non fosse per il semplice nutrimento. Per secoli ho portato nel cuore il dolore e il senso di colpa per quello che avevo fatto. Avrei potuto soggiogarla invece di ucciderla, e farle dimenticare quello che aveva visto. Ma vederla fuggire da me che avevo lasciato andare il mio cuore per amarla, mi ferì a tal punto che la rabbia offuscò tutto il resto.»

Con una mano accarezzai il suo volto, nel tentativo di scacciare via ogni pensiero negativo. Lui mi cinse, stringendomi forte. Il volto poggiato sul mio seno. Ed io lo strinsi a mia volta. Il mio cuore batteva così forte che ero certa lo sentisse chiaramente. Poi sollevò la testa, prendendo il mio volto fra le sue mani. Ci fissammo negli occhi, così intensamente che persi la percezione dello scorrere del tempo. Il bacio era li che aspettava solo di prendere vita. Lo bramavo, lo desideravo.

Con le sue dita accarezzò le mie labbra, lentamente, con la giusta pressione; era un uomo esperto nonostante tutto, sapeva bene cosa e quando farlo. Il solo tocco mi diede i brividi. Chiusi gli occhi, persa ormai tra le sue carezze. Poteva fare qualsiasi cosa ed io non mi sarei opposta.

«Mia piccola dolce Luna...meriteresti di meglio di un mostro come me...»

Sentivo il respiro sulla mia pelle, senza vedere sapevo esattamente che era talmente tanto vicino che le nostre labbra con il minimo movimento si sarebbero toccate.

«Mi sono sempre piaciuti i mostri...»

In quel preciso istante la porta della stanza si spalancò, ed entrambi sussultammo, allontanandoci. Ilona era ferma sulla porta, pallida più di quanto già non fosse.

«Dovete fuggire. Ora!»









Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top