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Non ero preparato a un viaggio lungo e a cavallo seguiti dalle guardie. Tiana parlava amorevolmente con mio padre delle isole galleggianti e io dietro di loro ero rimasto in silenzio a osservare come mio padre guardava quella giovane elfa. Sorrideva, certo non era raro, mio padre non negava a nessuno un sorriso e qualche carezza o parola di conforto. Eppure quel sorriso era differente come se rivedesse qualcuno in lei.
Dopo due giorni di viaggio arrivammo alle isole, rimasi immobile difronte all'imponenza che i miei occhi riuscirono a vedere, avrei volentieri immortalato quello spettacolo per sempre e non solo nei miei ricordi.
Ogni isola era collegata all'altra con dei ponti sospesi e scale incantante fatte di pietra, una delle isole aveva un enorme cascata che arrivava fin sotto ai piedi delle isole toccando l'enorme distesa di acqua davanti a noi ed in cima a quest'isola vi era un enorme monastero circondato dal verde.
Ci venne ad accogliere un nobile portandoci alla prima isola passando per un ponte di pietra alto e resistente.
Notammo subito che la prima isola era chiamata "l'isola mercantile" a causa della moltitudine di mercanti che vi abitavano. La luce filtrava tra i teli rendendo le strade ombrose dove si poteva riposare.
Mio padre non voleva rimanere lì a lungo nonostante la folla lo riconobbe subito e iniziò ad acclamarlo.
In pochi minuti si diresse subito verso il secondo ponte e quindi verso la seconda isola.
Il ponte era fatto di scalini che fluttuavano nel vuoto, mio padre si girò verso le guardie che si fermarono e fece scendere anche me e Tiana da cavallo.
Ci stavamo dirigendo verso l'isola col monastero e la cascata che ero riuscito a vedere da terra.
Davanti a noi vi era sì un ponte ma aveva due biforcazioni. Uno portava al monastero e l'altro in un'altra isola.
Mio padre ci disse di dirigerci verso il monastero, lo osservai bene mentre salimmo sulla prima pietra che si illuminò subito appena mio padre gli appoggiò su il piede.
In quel momento si materializzarono degli archi con delle rose e le spine che si estesero per almeno100 di altre pietre.
Arrivammo alla fine del ponte ancora frastornati per la sua bellezza, mio padre ci chiese di fermarci e notammo l'imponente arco all'interno di un albero millenario che faceva da ingresso al monastero. L'albero aveva frutti di ogni tipo, alcuni che non avevo mai visto, sotto l'albero all'altezza delle radici vi erano piccole scie di acqua simili a piccolissimi fiumi che portavano il nutrimento all'imponente albero e sfociavano nella cascata. Le radici sembravano forti e rigogliose, addentrate nel terreno fin alla fine dell'isola e mi chiesi se da sotto si sarebbero potute vedere.
-"Thalassius, è qui che sei nato. In questo monastero al cospetto del dio dei venti, nel giorno in cui lo veneriamo", la rivelazione di mio padre mi destabilizzò poiché fino a quel momento ero convinto di essere nato al villaggio.
- "Come mai me lo dite solo ora padre?"
- "Un giorno figliolo prenderai il mio posto quindi mi sembra giusto che tu sia a conoscenza di ogni cosa della nostra famiglia e su te stesso",mi sorrise a queste ultime parole ma sentivo nella sua voce che nascondeva ancora molti segreti che difficilmente avrebbe rivelato.
Varcammo l'arco ed entrammo, vidi mio padre chiudere gli occhi e recitare qualche parola in elfico antico.
Al nostro cospetto si stava dirigendo un elfo dalla lunga barba, occhi piccoli e sottili come spighe di grano.
- "Mio signore, qual buon vento?",pronunciò quelle parole dolcemente con la bocca nascosta dalla barbae i baffi.
- "Ben trovato Thael. Sono qui con mio figlio Thalassius e la signorina Tiana", a quelle parole lei si inchinò.
Il vecchio elfo mi osservò e si inchinò anche lui fu in quel momento che vidi che Tiana ancora non si era tirata su dall'inchino.
- "Thael possiamo entrare?", chiese piano mio padre porgendo la spada in segno di pace.
- "Per voi sire, questo luogo sarà sempre casa vostra".
Ci incamminammo nel lungo corridoio davanti a noi. Da fuori quell'enorme spazio non si sarebbe potuto constatare, era come se all'interno il monastero avesse un'altra dimensione.
Arrivammo al centro del monastero, in un'enorme stanza, i nostri sguardi si posero subito sulla statua che capitanava perfettamente al centro. Vi era raffigurato un elfo con le orecchie poco più piccole come le mie. Sul braccio sinistro un'aquila e lo sguardo fiero.
Chiesi a mio padre come mai la statua avesse le orecchie come le mie ma lui non seppe rispondermi e mi disse che quella statua raffigurava il dio del Vento.
Pregammo qualche minuto nel più silenzio possibile, fino a che una donna non chiamò Tiana per nome.
Li si girò di scatto sorridendo e correndo incontro alla donna: "Madre!".
L'elfa era molto bella, in carne con strani vestiti, simili a quelli di Thael ma più eleganti.
Sorrise a mio padre e ci invitò a seguirla sulla balconata che si trovava a destra dell'enorme statua.
Da lì si potevano osservare tutte le isole galleggianti, sporgendomi sulla balconata notai in lontananza un'aquila che si stava dirigendo in picchiata verso di me spaventandomi ma poi Tiana parlò: "Ryelle sei tornato!".
L'aquila mi guardò negli occhi per poi planare sul braccio dell'elfa poggiando la sua fronte con la sua.
- "Tysha. Ho bisogno della tua benedizione per poter tenere Tiana con noi"
- "Mio signore mia figlia ha già scelto di rimanere con voi a palazzo, vero tesoro?"
Lei sorrise, allora mio padre le mie una mano sulla testa accarezzandola.
Rimanemmo in quel limbo lontano dal mondo per diversi minuti prima di incamminarci verso l'uscita per andare sull'altra isola.
Mio padre annunciò che si saremmo diretti verso il palazzo dove era cresciuto.
Tornammo al bivio e salimmo verso l'isola, il ponte era spoglio e semplice, non aveva fronzoli e non si illuminava. Sembra anche più instabile.
Percorso il ponte ci trovammo difronte a un enorme palazzo in marmo e vetro dove erano disegnati sopra vari uccelli e fiori.
Gli infissi erano decorati con fiori e foglie in oro, rimasi affascinato dai dettagli e i colori.
Varcammo la porta senza che nessuno venne ad annunciare, davanti a noi vi era un ampio atrio circondato da piante e piccole luci. Su una delle travi che sorreggevano l'atrio vi erano incise le parole "Che il tuo cuore possa sempre perdonarti", mio padre si avvicinò a quella trave e vi appoggiò una mano sopra. Il suo viso prese un'espressione malinconica e lo vidi pronunciare una singola parola che non riuscii a capire.
Quando tornammo alla fine del ponte ci raggiunse un nostro soldato con in mano una lettera.
- "Sire è arrivata una lettera del re degli uomini"
- "Cosa vuole?"
- "Chiede se potreste dirigervi a corte, vuol presentare suo figlio al vostro".
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