3. Re della polvere


Sarino mi stava guardando spostare i tavoli, le bare e le sedie nel corridoio. Si teneva la testa con la mano e il gomito stava appoggiato al bancone.

«Perché non mi aiuti?», chiesi scocciata.
«Sto lavorando anch'io.», rispose.
«Che cosa staresti facendo?»
«Aspetto i clienti e guardo te lavorare.»

Lo fissai male, per poi avvicinarmi alla porta d'ingresso e girai il cartellino in modo che indicasse che il ristorante non fosse aperto.

«Adesso non hai più scuse.»
«Ti aiuto», disse sorridendo.

Spostammo quattro tavoli da quattro posti, due tavolini da due posti, sei bare (che sperai fossero vuote) e due sedie di cui una rotta.

Senza tutti quei mobili il locale sembrava vuoto e si notava di più la polvere che regnava sovrana sul pavimento.
Spazzai in fretta il terreno mentre Sarino si occupava di spolverare il suo bancone buttando al suolo altra polvere.
Il manico della scopa era di vecchio legno consumato e mi lasciò qualche scheggia sulle mani mentre la usavo. Non sopportavo di dover toccare qual materiale, mi provocava fastidio fin dentro al cervello, e più volte lasciai cadere a terra la scopa per sfregare con forza le dita contro al pollice.
Radunai la maggior parte della polvere in un angolo e guardai la mia opera. Ero solo all'inizio e già mi sentivo stanca.

Mi tirai su le mezze maniche della camicia a quadri rossi e neri, che da qualche giorno non cambiavo. Non che avessi chissà quali altri vestiti nello zaino, a parte una magliettina azzurra e un altro paio di pantaloni neri che ormai mi andavano stretti.
Mi accorsi che Sarino si era fermato e mi stava guardando di nuovo.

«Perché mi guardi?», chiesi infastidita.
«Stavo pensando», rispose.
«A cosa?»
«Che poi ti toccherà rimettere a posto la cucina, e fidati non sarà facile.», disse con un sorriso.

Allungai il collo per sbirciare dalla finestrella dietro al bancone e vidi un mucchio di pentole arrugginite e qualche mestolo sporco che sbucavano da un lavandino. Sentii un brivido freddo percorrermi tutto il corpo.
La cosa più divertente di quel giorno fu il dover strappare la carta da parati grigia dalle mura del locale.
Il colore originale dei muri era il bianco, o almeno credevo, la parete si era ingrigita nel tempo.

«Dovremmo ridipingerla.», dissi pensierosa.
«Sì», rispose Sarino di fianco a me.
«Hai della vernice?», chiesi.
«No»
«Sai dove comprarla?»
«Sì»

«Quando hai intenzione di andarci?», gli domandai.
«Anche adesso», disse dirigendosi verso la porta e aprendola. «Tu inizia a preparare il pranzo.»

«Ma io non sono capace»
«Impari.», riuscì a sentire mentre la porta sbatteva chiudendosi dietro all'anziano uomo.

«Almeno hai i soldi?!», gli urlai dietro, anche se sapevo che non potesse sentirmi.

Sbuffai e mi trascinai davanti alla porta della cucina che ricordava molto la porta di un saloon dei libri fantasy che tempo fa avevo letto a palazzo.
Raccolsi tutte le mie forze e spinsi la porta che subito mi si richiuse in faccia con un cigolio, dandomi appena il tempo di realizzare cosa avevo appena visto.
La riaprii, ma questa volta non c'era più uno scoiattolo blu che rubava la carne dal frigorifero aperto. Sperai si fosse trattato di un'allucinazione, ma quelle tracce di animale e di carne trascinata che erano molto visibili sulla farina a terra non lasciavano molto spazio ai dubbi.

Decisi che era meglio se questa volta non mi facevo domande. Andai quindi a chiudere il frigorifero, ma non senza aver prima dato un'occhiata al suo contenuto, che consisteva in un vecchio formaggio verde su di un piattino, dell'insalata moscia e una mela rossa bacata.
Arrivai alla conclusione che, come ristorante, non avrebbe avuto mai una buona recensione.

Guardai l'intera cucina, era un disastro. Il lavandino era come avevo già detto, pieno di pentole e utensili vecchi e sporchi, e sul fondo potevo notare una strana sostanza verdastra che una volta doveva essere stata acqua. Metà del pavimento era cosparso di farina che doveva essere stata rovesciata da poco. Sulle piastrelle bianche c'erano spruzzi di frullato rosso che assomigliavano vagamente a tracce di sangue, se non fosse stato per il fatto che lì vicino si trovava un frullatore rotto, dei pomodori e delle ciliege ammuffite.

Vidi un paio di volte degli insetti, probabilmente scarafaggi, muoversi a scatti sotto degli stracci caduti a terra.
Mi diressi verso un armadietto della credenza e lo spalancai con forza, quasi aspettandomi di trovarci dentro un troll. All'interno c'erano solo tre pacchi di pasta e un barattolino di pesto.
Mi accorsi di aver fame, dato che non avevo nemmeno fatto colazione, e se l'alternativa era mangiare quel formaggio allora era meglio che ricordassi il modo per cucinare la pasta.

Presi una pentola abbastanza pulita e aprii il rubinetto dell'acqua del secondo lavandino che si trovava dall'altro lato della stanza. L'acqua scorreva giù così normale che tirai un sospiro di sollievo all'idea di non dover rimuovere anche qualche strana sostanza fangosa che poteva scendere da lì.

Riempii la pentola fino a metà, poi chiusi il rubinetto, e facendo attenzione a non cadere cercai di portarla sui fornelli.
Dopo aver scavalcato qualche scatola di cartone dal contenuto misterioso riuscii a portarla a destinazione, e aprii il gas. Sembrava andare bene, il che era anche tanto dato che solitamente già a questo punto andava tutto a fuoco. Lasciai l'acqua a bollire e mi concentrai sul resto.
Spostai di lato dei piatti sporchi che occupavano l'intero tavolo e ne presi due puliti che trovai aprendo un'anta dell'armadietto in basso.
Aprii un pacco di pasta e ce la versai sopra, erano fusilli. Calcolai quanta ne avremmo mangiata dividendola nei due piatti.

Mi girai poi a guardare la cucina in cerca del sale. Provai ad aprire gli armadietti e cercai sopra le mensole, ma riuscii solo a trovare una quantità industriale di zucchero. Ce n'era di tutte le forme: bustine di zucchero, zollette di zucchero, zucchero a velo, zucchero di canna, zucchero bianco, e attaccato al tavolo c'era anche dello zucchero filato rosa.

Ormai l'acqua sarebbe bollita a minuti, e senza il sale la pasta sarebbe venuta insapore, e io non avevo nessuna voglia di mangiarla ancora così.
Non rimaneva che una possibilità, uscire a comprarlo.

Mi frugai in tasca in cerca dei miei ultimi spiccioli, ma proprio non riuscivo a trovarli. Avrei potuto cercare in giro per la casa i soldi di Sarino, ma dubitavo di riuscire a trovare qualcosa, e non volevo toccare le sue cose senza permesso. Potevo fare ancora un'unica cosa, andare a chiedere il sale al vicino di casa.
Uscii quindi dal piccolo locale.
La luce del sole mi accecò in un primo momento e solo dopo aver riacquistato la vista potei guardarmi attorno.
Da un lato del ristorante c'era un grande e sfavillante negozio di vestiti. Pensai che lì sicuramente non avrebbero avuto il sale, così mi voltai dall'altra parte, dove la sera prima avevo visto la discoteca, e rimasi stupita nel vedere che adesso c'era un grande edificio.

Dovetti aprire e chiudere gli occhi due volte prima di poterci capire qualcosa.
Come era possibile tutto ciò? Non ne avevo idea, ma se si trattava di Bestland tutto era possibile.




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