Thomas: incoronazione di Giuda

"there's nothing more violent then the words left silent"

"Buongiorno, mio principe" cinguettò Jetu mentre apriva le tende della camera di Thomas, la cruda luce dell'inverno lo investì con violenza ed aprì gli occhi faticosamente.

"Non sono ancora il principe di nessuno, Jetu"

"Ma lo sarai presto" il demone gli sorrise facendo scintillare i suoi denti candidi come zanne d'elefante, il fuoco del camino gettava bagliori inquietanti sulla sua fluente chioma corvina. L'artefice dell'acqua si sedette sul bordo del letto e fece un respiro profondo.

"Non lo voglio fare" disse mordendosi il labbro "Ma non ho scelta"

"Ma come? Non ti ammaliano la gloria? Il potere? Non ti fremono le gambe al pensiero di poterti sedere su un trono? La tua testa non anela forse a essere cinta da una corona? E' nel sangue dei tuoi padri, Thomas, e anche nel tuo, non puoi opporti al destino"

"Il destino da queste parti si chiama Neear e guarda caso ha potere di vita o morte sul sottoscritto"

"Tu non sei suo prigioniero, sei suo alleato" al sentire quelle parole Thomas la guardò e incarcò il sopracciglio. Jetu volse i suoi profondi occhi neri fuori dalla finestra.

"Nevica"

'Sai che novità' pensò l'artefice dell'aria mentre si vestiva.

I suoi passi echeggiavano nel gelido e vuoto corridoio di Ahir Zimenia, un refolo freddo spettinò i ricci del ragazzo che camminava nervosamente per la reggia. Si fermò solo un secondo per guardare la propria imagine riflessa in una vetrata verdastra. Le decorazioni e i bottoni argentati rilucevano sulla sua blusa color della notte, il collo di ermellino del mantello si agitava nell'aria fresca e il manto stesso, che era talmente lungo da dover essere sostenuto da Jetu perchè lo strascico non si sporcasse toccando terra, mandava bagliori d'argento, come se fosse stato intessuto di raggi lunari. Uno scintillio illuminò il volto di Thomas, non riconobbe il ragazzo che lo guardava negli occhi attraverso il riflesso: aveva davvero l'aspetto di un principe, il portamento e l'andatura. Sembrava che la sua testa non aspettasse altro se non che qualcuno ponesse su di essa una corona, come un albero di natale spoglio che aspetta di essere decorato, una vela che aspetta di essere spiegata, una pagina bianca che aspetta di essere riempita. Si chiese per un momento se tutto quello che gli aveva detto Jetu potesse essere vero, se fosse davvero quello il suo destino. I suoi antenati erano veramente i Principi di Ahir Zimenia? L'unica fonte su cui poteva fare affidamento erano le parole di una giovane elva incontrata per caso solo una volta. Sospirò e proseguì verso la sala che avrebbe accolto la sua incoronazione, come il ventre di una madre custodisce il figlio fino alla sua nascita. Quello sarebbe stato il luogo della sua metamorfosi, sarebbe entrato in quell'aula come Thomas, umile artefice dell'acqua, e ne sarebbe uscito come re di Auriah e principe di Ahir Zimenia.

Jetu lasciò cadere il lunghissimo strascico del mantello argentato, Thomas si voltò e le rivolse un ultimo sguardo poi lei fece un breve inchino e se ne andò. La sala era molto spaziosa, aveva un soffitto altissimo composto da grandi volte costolonate, enormi vetrate gotiche sfondavano il muro di sinistra lasciando entrare tutto l'accecante riflesso bianco della neve. Una schiera di zimeniani e di alleati di Neear che il ragazzo non aveva mai visto si era disposta ai lati di quella lunga navata, tutti rigorosamente vestiti di nero o blu. Gli parve di essere una stella che riluceva in una notte buia, sfolgorante nel suo manto d'argento che ondeggiava a ogni suo passo. In fondo alla sala lo attendeva un trono vuoto in cima a una piccolo scalinata. La salita per il potere.

La cattedra era di fattura davvero sublime, intarsiata in avorio con cuscini in velluto scuro, i braccioli erano in legno bianco e terminavano con due aquile intagliate. Si chiese come avesse fatto a non notare prima una meraviglia del genere. Immediatemente accanto alla preziosa sedia c'era Neear, in piedi trionafante avvolto dal solito cappuccio nero. Doveva essere quello delle grandi occasioni perchè era lunghissimo, le pieghe scure volteggiavano sulla piccola pedana e mandavano riflessi violacei. Dietro di lui stava in piedi uno zimeniano che reggeva un cuscino blu come la notte su cui era poggiata la corona che presto avrebbe cinto le tempie dell'artefice dell'acqua.

Riluceva sul suo supporto come una luna in miniatura, l'argento tempestato di cristalli e zaffiri mandava bagliori accecanti. Il metallo lucidissimo rifletteva la luce convogliandola fluidamente nelle sue forme giuzzanti e morbide, intarsiata ad agemina con figure di lupi la corona attirava gli sguardi di tutti.

Gli tremavano le ginocchia, sentiva la bocca secca e aveva una gran voglia di scappare, benchè provasse molta meraviglia.Si sentiva come se nel suo stomaco si fosse annidato uno sciame di calabroni assassin, impose a se stesso di mantenere la calma e mosse il primo passo verso la cattedra d'avorio. Orecchie tappate, sguardo fisso avanti e mente confusa, percorse quella breve distanza infinita fino ai piedi della scalinata, con un gesto imperioso Neear gli ordinò di fermarsi. Ogni cosa intorno a Thomas scintillava, ma aveva il luccichio ingannevole degli ami da pesca, che ammaliano i pesci prima di tafiggere loro la gola.

"Inginocchiati, futuro principe"

La voce di Neear pareva provenire da un altro universo, il ragazzo si riscosse dallo stato di torpore e meraviglia in cui versava e guardò attentamente i gesti misurati di quel boia, che affilava l'ascia prima di mozzargli la testa ponendovi sopra una corona. In un misurato gesto si inginocchiò, sentì il pavimento freddo di Ahir Zimenia ricordargli che si trovava ancora nell'inverno più assoluto, il suo lungo mantello si adagiò dolcemente al suolo formando voluttuose pieghe argentate.

Neear sollevò le braccia e prese in mano la splendida corona che poco prima era poggiata sul cuscino. Thomas si trovò a pensare che quello fosse l'oggetto più bello che avesse mai visto in tutta la sua vita, il mantello nero di Neear si mosse e le strisce scure del tessuto danzarono come volute di fumo denso.

"Siamo oggi qui riuniti, nella reggia degli antichi signori di Auriah, uomini nobili e valorosi, per rimettere il potere nelle giuste e legittime mani" fece una pausa ad effetto e piantò l'oscurita del suo cappuccino negli occhi di Thomas. Il ragazzo rispose con una smorfia.

"I ribelli cercano di contrastare il nostro piano di conquista e pacificazione di questa meravigliosa terra, è giunto il momento di porre al comando qualcuno in grado di garantire giustizia e ordine a questo luogo" tutti i presenti si alzarono in piedi in un fruscio di mantelli, il riverbero della neve accecava Thomas più che mai.

"Per il potere conferitomi da questa assemblea di dignitari, per dare a questo regno una guida giusta e saggia, per la tua discendenza, io, Neear, signore di tutte le tenebre, oscuro duce delle forze del sud, conferisco a te, Thomas, artefice dell'acqua, Lica Morpha, domatore di Chimarahy, conquistatore del mantello di Keya, soggiogatore del mare, colui che ha sconfitto le sirene di montagna, abitante del gelo il titolo di Principe di Ahir Zimenia"

La corona d'argento cinse le tempie del ragazzo e per lui fu come svenire. Sentì il metallo pesare sulla sua testa e un'energia nuova scorrergli nelle vene come fuoco liquido. Il riflesso del sole sulla neve smise di accecarlo, la sala smise di essere gelida e le sue mani cessarono di tremare, era re, era potente, era invincibile. Sollevò lo sguardo verso Neear che gli fece un cenno con la testa, a Thomas parve di scorgere un sorriso maligno scintillare nel buio del cappuccio. L'artefice dell'acqua si alzò in piedi e salì I gradini che portavano sino alla cattedra d'avorio, la sua corona non era un'arma che veniva usata contro di lui, era il suo strumento, il sigillo del suo infinito potere. Il mantello riluceva e guizzava sugli scalini e quando si sedette il tessuto si adagiò a terra come un fiume d'argento. Il trono accolse la sua figura morbidamente, come un abbraccio, aprì la mano destra per richiamare la sua arma. Non appena l'Aiglos gli toccò il palmo si sentì ineluttabile, indistruttibile. Si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto, guardò Neear, guardò di nuovo la sala colma di gente e fece un cenno di salute con la sinistra.

I dignitari esplosero in un applauso fragoroso, scrosciante come un torrente e Thomas si sentì come posseduto da una scintilla divina. Uno a uno I presenti si inginocchiarono ai suoi piedi rendendogli omaggio e riconoscendolo come loro sovrano. Il ragazzo stava cominciando a prendere gusto nel posare delicatamente la sua lancia sulla spalla degli omaggianti in un gesto di benedizione quando Neear fece un cenno a delle guardie che girarono I tacchi e lasciarono la sala imperiosamente. Nel tempo di un respiro nell'aula fecero il loro ingresso quattro prigionieri incatenati, tre uomini e una donna, erano vestiti di stracci sporchi di sangue, sul corpo avevano numerose ferite e tremavano di freddo. Le guardie strattonavano le loro catene facendoli cadere e producendo un sinistro suono metallico.

Thomas sentì il suo sangue gelarsi nelle vene, volse lo sguardo verso Neear, pieno di interrogativi e paura. L'oscuro scese dalla pedana e si piantò davanti al Principe di Ahir Zimenia: "Mio re, questi sono prigionieri ribelli che hanno osato negare di sottomettersi alla nostra potenza, sono nemici di Auriah" il mago si voltò e guardò I prigionieri spalancando le braccia in un gesto plateale.

"Inchinatevi al Vostro re o perite, feccia, se non riconoscerete il Principe lui non avrà misericordia della vostra codardia e vi ucciderà qui, ratti!" detto questo sferrò un calcio a uno degli uomini incatenati che cadde in ginocchio. Thomas strinse la sua lancia nella mano e si sentì crollare la terra sotto I piedi: capì cosa stave facendo Neear. Era un' iniziazione, una prova molto più dura del tradimento dei suoi amici: avrebbe dovuto dare dimostrazione della sua audacia o della sua clemenza

"Vieni, sovrano, guarda in faccia questi pezzenti e chiedi la loro sottomissione o dai loro la morte" la voce di Neear era imperiosa, voleva ricordare all'artefice dell'acqua che nemmeno con una corona sul capo avrebbe potuto fare quello che desiderava. Il ragazzo di alzò tremante dal trono e camminò lentamente verso I prigionieri, volse a Neear uno sguardo impaurito: non poteva certo mostrarsi permissivo davanti ai suoi dignitari che gli avevano appena giurato fedeltà, avrebbe significato dimostrare di non essere in grado di reggere il potere, di non avere mano ferma quando necessario. Se si fosse mostrato debole o incapace qualcuno avrebbe persino potuto ordire una congiura ai suoi danni, forse persino Neear, quando si sarebbe stufato del suo indisciplinato re fantoccio.

Guardò negli occhi il prigioniero che Neear aveva calciato, questi sollevò la testa e guardò Thomas con gli occhi più colmi di odio che lui avesse mai visto, gli ricordarono quelli di Jacqueline durante I loro ultimi due incontri. Il prigioniero aveva una lunga barba incolta, sporca di sangue, I suoi vestiti erano ormai ridotti a brandelli e riportava numerose ferite su tutto il corpo, tremava come una foglia per il freddo e batteva I denti, tuttavia Thomas pensò che quell'uomo possedesse più dignità di tutti I presenti nella stanza. Era incatenato, vulnerato, sudicio e circondato da personaggi ostili, eppure fissava il re con aria di sfida, indomito e sicuro, non accennava a distogliere lo sguardo da quello dell'artefice dell'acqua. Thomas si morse il labbro e strinse con forza la lancia per darsi coraggio. Guardò l'uomo dall'alto in basso, sforzandosi di apparire imperturbabile e autoritario, un vortice di emozioni si agitava dentro di lui e il cuore gli batteva all'impazzata.

"Chi sei tu?" chiese all'uomo con voce ferma.

"Il mio nome è Yago, vengo da Miir, a nord-ovest di Nenja"

"Come mai hai deciso di entrare nelle fila dei ribelli e disertare il tuo regno?"

"Io non ho disertato il mio regno, ho disertato un governo ingiusto che mostrava la propria potenza attraverso violenza e soprusi. Ho scelto di non piegarmi davanti alle forze del male, ma di combatterle e di proteggere la mia terra anche a costo della mia vita"

"Beh allora non si può dire che sia stata una lotta efficace se ora ti trovi qui" rise qualcuno nella sala.

"Lo è stata perchè io ora sono qui a sacrificare me stesso per la giustizia e la pace, per la mia terra, mentre voi, cani, vi aggrappate alle sottane del potere e vi inginocchiate davanti all'oscurità lasciando che vi travolga!" fece una pausa, si guardò intorno e poi piantò I suoi occhi, profondi come pozzi, in quelli di Thomas e disse:"Io morirò bruciando come lo stoppino di una candela, ma lo farò per donare luce a questo regno"

Il ragazzo rimase colpito dal suo coraggio e dalla sua forza, un re saggio gli avrebbe concesso la grazia, se non altro per la sua lealtà ai suoi ideali, ma Thomas non era lì per fare il re saggio, quei prigionieri erano stati messi davanti a lui come agnelli sull'altare e andavano sacrificati in virtù della sua credibilità come sovrano.

"Yago, ammiro la tua fedeltà alle tue idee e il tuo coraggio di pronunciarti così apertamente davanti ai tuoi nemici, ma in nome di Principe di Ahir Zimenia devo chiederti: desideri passare dalla mia parte, essere perdonato e graziato?" a Thomas parve di cadere dentro Ie profonde pupille di Yago, sentì gli occhi riempirsi di lacrime e un nodo opprimergli la gola. In tutta risposta Yago gli sputò in faccia. Tutti I dignitari emisero esclamazioni di stupore e sdegno. Il re si pulì il volto con l'orlo del mantello, e si sentì travolto da un moto di compassione per quell'uomo così indomito. Avrebbe voluto avere un decimo di tutta la sua forza d'animo, per impedirsi di crollare davanti a tutta la sua corte si avvicinò a Yago che non accennava a distogliere lo sguardo da quello del ragazzo. Si chinò su di lui e gli sfiorò il viso in una carezza, un gesto che voleva essere un addio affettuoso, sentì la barba irsuta dell'uomo pungergli la mano. Appoggiò la fronte a quella dell'uomo chiudendo gli occhi, sfiorò il naso del prigioniero con il suo in un tenero tocco e si lasciò sfuggire un doloroso sospiro. Bagnò il volto di Yago con qualche lacrima e sussurrò: "Perdonami"

Dopodichè tutto accadde in un battere di ciglia, si allontanò, impugnò la lancia con entrambe le mani e, con un rapido gesto, tagliò la testa al prigioniero che cadde a terra in una pozza di sangue.

Aveva fatto tutto con tanta forza e tanta velocità che gli parve di essere stato guidato da una forza demoniaca, guardò terrorizzato prima le sue mani, senza riuscire a capacitarsi della loro azione, e poi Neear il quale gli rivolse un cenno di approvazione. Tutti I dignitari applaudirono e urlarono, le guardie strattonarono gli altri prigionieri che avevano gridato a loro volta, una confusione terribile, un vortice di voci e di sguardi che turbinavano intorno a Thomas. L'artefice dell'acqua rimase immobile a fissare la testa mozzata di Yago, con gli occhi ancora spalancati e inespressivi, mentre il sangue lambiva gli orli del suo mantello argentato

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top