Thomas: pioggia nel pineto

"Piove, su le nostre mani ignude, sui nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella. Che ieri m'illuse, che oggi t'illude o Ermione"
-G. D'Annunzio

Thomas insipirò quel delicato profumo di pioggia mentre una goccia d'acqua gli bagnava il palmo rivolto verso l'alto. Era abbastanza soddisfatto: dopo essersi esercitato diverse volte era riuscito a piegare l'acqua del torrente al suo volere e a farla ruotare attorno a sé creando uno scudo. Un'esercitazione complessa, ma efficace. Elija ed Henry stavano duellando, pur essendo Henry nettamente in vantaggio per esperienza.

"Aspetta, ho diritto a una rivincita!" Protestò l'artefice della terra, non fece in tempo a dare seguito ad altre richieste perché finì a gambe all'aria, investito da un' "improvvisa" raffica di vento.
Non appena cadde a terra, accanto a lui, crebbero dei fili d'erba accompagnati da denti di leone.

L'artefice dell'aria prese una pergamena ingiallita dall'interno della tenda e l'appoggiò sul ceppo di un albero abbattuto mettendosi a studiarla concentrato. Jacqueline e Jona emersero dal bosco, gocce di pioggia bagnavano i loro visi. Thomas andò loro incontro.
"E così ti sei fatto battere dal vecchietto?" Henry sollevò lo sguardo accigliato, ma borbottò tra sé e sé che non voleva la pena rispondere.

"Il vecchietto è stato mio maestro a suo tempo" disse l'artefice della terra difendendo l'onore dell'artefice dell'aria più vecchio.
"In ogni caso scommetto che tu non saresti in grado di farlo " sentenziò Elija, un ghigno scaltro gli illuminava il volto.
"Io non ci scommetterei" Jona si lanciò all'attacco con uno sguardo beffardo. Thomas e Jacqueline si spostarono di lato per non venire investiti dal turbine indaco che la avvolgeva.

"Hai visto che meraviglia? Piove" esordì il ragazzo. Amava la carezza dell'acqua sul viso e il profumo dell'umidità.
"Già" la ragazza incrociò le braccia e levò gli occhi verso l'alto, il Cerchio fumava sulla sua testa.
Thomas guardava il suo viso, solcato da rivoletti di acqua, Jacqueline rabbrividí, un po' di pioggia si era infilata nel colletto.
Lui le tolse una goccia d'acqua dalla guancia.
"Dovevi dirmi qualcosa?" chiese poi seria.
"Sì" sospirò pensando che lo leggeva come un libro aperto.
"Come hai fatto a capirlo?"
"Quando devi dire o fare qualcosa di complicato ti mordi il labbro"
Si sedettero su una roccia lasciandosi bagnare dalla pioggia leggera. "Jacqueline, quando tutto questo sarà finito..." cominciò il ragazzo.
Come avrebbe fatto a dirglielo? Una confusione incredibile regnava nella sua testa.
"Mi prometti che...Se-se dovesse succedere qualcosa di brutto...O se io dovessi fare qualcosa di brutto tu mi perdonerai e mi dimenticherai?" Jacqueline gli scoccò un' occhiata perplessa aggrottando le sopracciglia.
"Credimi, so quello che dico" aggiunse.
"Intendi dire che hai in mente qualcosa di pericoloso?"
Pensò che l'arteficedel fuoco fosse estremamente perspicace, stava per risponderle quando le voci dei loro amici li richiamarono.
"Sarà meglio andare" le sorrise dolcemente e s'incamminò.

Henry stava illustrando loro il tragitto che avrebbero percorso il giorno dopo quando una melodia dolcissima si diffuse nell'aria. Note vellutate sfioravano le orecchie di Thomas come accarezzandole e invitandolo a scoprire la fonte di quella dolcissima musica. Le sue gambe si mossero senza il suo comando ed Elija lo seguì. Senza voltarsi i due proseguirono fino ad arrivare al torrente che scorreva nel suo letto di sassi, incantati dalle note più soavi che avessero mai sentito.

Thomas cercò di guardarsi attorno e avvertì alcuni rumori molto strani, come delle grida, e udì anche il suo nome, ma non riuscì ad identificare chi lo stesse chiamando. I suoni giungevano però distanti, la musica sovrastava ogni cosa. I suoi muscoli non rispondevano al suo volere, procedeva come pietrificato. Elija, nello stesso stato, procedeva inebedito dalla melodia. Giunsero a una piccola spiaggetta di sassi che digradava nel torrente gorgogliante, sui massi grigi, con la coda di pesce immersa nell'acqua fresca del fiume, sedevano delle sirene. Almeno cinque, due che suonavano una cetra e un flauto e tre che cantavano.
La loro voce dolcissima era come ovatta per le orecchie di Thomas ed Elija, non riuscivano più a percepire il mondo esterno, vedevano e sentivano solamente quelle cinque sirene dalla coda argentata.
Le creature si pettinavano i lunghissimi capelli colorati intrecciandovi fili d'erba e ponendo fiori di montagna dietro le loro orecchie delicatamente a punta. Le code di pesce luccicavano alla debole luce della sera che profumava di pioggia.

Le gambe di Thomas ormai procedevano da sole avvicinandosi sempre di più alle sirene che sembravano non essersi accorte della loro presenza.
Improvvisamente, una sirena si voltò, sorrise a Thomas mostrando i suoi denti bianchissimi e spalancando gli occhi dorati. I capelli ricci della creatura cadevano sulle sue spalle come una cascata di cioccolato.
Elija era scomparso alla sua vista e Thomas si accorse che mancavano due sirene all'appello.

Fu un secondo, la melodia meravigliosa cessò, ritornò alla realtà. Grida. Un violento scoppio. Jacqueline che chiamava il suo nome. Jona che urlava.

Poi, le sirene lo afferrarono e lo trascinarono nel torrente.

I loro artigli affondarono nelle sue braccia.

Gelida. L'acqua era gelida, Thomas vide Elija a pochi metri da lui che si dibatteva trattenuto da altre due sirene, una luce maligna attraversò gli occhi delle creature acquatiche. Il ragazzo capì: quelle sirene, per qualche motivo sconosciuto, li volevano annegare. Si sentì tradito da se stesso: era nell'acqua e stava annegando, come un re che viene ucciso sul suo trono dal suo servo più fedele.

Una sfilza di imprecazioni gli attraversò la mente quando sentì gli artigli delle creature ferirlo. L'acqua fredda gli stringeva i polmoni nel petto come una morsa.

Per fortuna sapeva nuotare, tentò di liberarsi della presa delle sirene mulinando le braccia, gli artigli affilatissimi delle creature incisero tagli lungo tutto il suo corpo . Le bolle d'aria che trapelavano dalla superficie gli inanellavano il corpo. Continuando a dibattersi, riuscì a prendere una boccata d'aria in superficie. La pioggia esterna gli bagnò il viso. Sentì le unghie delle sirene affondargli nella schiena proprio accanto alla ferita appena guarita procuratagli dai lupi. Un dolore accecante lo pervase e gridò sotto la superficie dell'acqua vomitando bolle. Tentò di usare i suoi poteri di artefice.
Si concentrò e chiamò a sé tutta la potenza del corso d'acqua. La percepì scorrere in sé come se fosse stata nel suo sangue e la scatenò. L'acqua carezzò le sue ferite. La corrente trascinò via le sirene che trattenevano Thomas, ma quelle che avevano catturato Elija avevano la presa salda e lui non riuscì a liberarsi.
I polmoni sembravano scoppiargli, prese un'altra boccata d'aria.

L'artefice della terra era allo stremo, boccheggiava e non aveva più la forza di dimenarsi, i suoi vestiti erano stati stracciati dagli artigli delle creature. Il ragazzo scalciò via le sirene che erano riuscite a tornare opponendosi alla corrente e, facendosi aiutare dai suoi poteri, costrinse quelle che trattenevano l'amico ad uscire parzialmente dall'acqua.

Si disse che doveva ragionare. Era nel suo elemento, avrebbe dovuto essere in vantaggio, ma non aveva considerato che anche le sirene erano nel loro.
Evocò tutta la potenza del fiume e strinse i pugni mentre le sirene lo riacciuffavano e lo trascinavano sul fondo del torrente.
Sentì tutta la corrente piegarsi al suo volere, obbedirgli, scacciò nuovamente le sirene in un turbine. Poi, con le ultime forze che gli erano rimaste, fece trascinare Elija dalla corrente in superficie sperando che fosse vivo.

Thomas amava l'acqua, si sentiva in sintonia con essa. Quando nuotava lui non fendeva l'acqua, ma diventava parte di essa, si fondevano come un unico essere. Le mani leggere del liquido gli sfioravano il corpo e lui si lasciava trasportare. Era il suo spazio azzurro, il suo paradiso. Quando si immergeva nei flutti non poteva fare a meno di sentirsi protetto, gli piaceva spaziare in quel luogo dove era senza peso e dove lasciava tutti i suoi pensieri pesanti in superficie. Gli sembrava surreale essere quasi morto nel luogo che riteneva più sicuro al mondo. Si sentì ferito, come se un amico l'avesse deluso, ingannato.

In lontananza vide Elija disteso sulla spiaggia di sassi, cercò un masso nel torrente e vi si aggrappò con l'ultimo briciolo di energia rimastogli, i graffi degli artigli gli bruciavano sulla schiena , sul petto e sulle braccia. Le gocce della pioggia lo lapidavano scendendo sempre più fitte.
Il freddo dell'esterno e dell'acqua gli faceva tremare tutto il corpo, inoltre, c'era il rischio che le sirene tornassero.
Thomas si sentiva stanco, non aveva nemmeno la forza di urlare per chiedere aiuto agli amici. Si limitò a rimanere aggrappato al sasso con gli schizzi del torrente che gli offuscavano la vista.

Poi, un pensiero si fece strada nella sua mente: era davvero l'urlo di Jacqueline quello che aveva sentito prima? O era solamente un'illusione delle sirene?

Tese l'orecchio e sentì una voce lontana che lo chiamava, un'altra  gridava il nome di Elija.

Poi la vide.

Jacqueline veniva verso di lui, i capelli avvolti dalle fiamme illuminavamo ogni cosa accanto a lei descrivendo un cerchio luminoso al suolo.

La pioggia iniziò a cadere più fitta.

La ragazza aveva un'espressione disperata e agguerrita nello stesso tempo. Brandiva la sua alabarda lucente, correva zoppicando e si muoveva in modo strano.

Perché? Si domandò Thomas. Era ferita?

Risposta affermativa, Jacqueline lo guardò e gli sorrise, un rivolo di sangue scivolò dall'angolo della sua bocca lungo il suo collo. si voltò per chiamare Henry e lui vide che ben due frecce le avevano colpito la spalla.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top