Thomas: le prove
Finisce che tieni a troppe cose
e più ci tieni, più hai da perdere
-Harry Potter e L'Ordine della Fenice
Thomas andò a dormire con lo stomaco in gola.
"Perché?"
Quella maledetta domanda gli rimbombava nella testa come fuochi d'artificio in un cielo estivo. Perché la sua amica che aveva già rischiato la vita doveva farlo di nuovo? Andò nella sua stanza e dormí riflettendo su quanto fosse ingiusto destino. Il suo non fu certo un sonno tranquillo.
Sognò Jacqueline che affrontava le prove, stava prendendo una boccetta dal pavimento, davanti a loro c'era un cartello con scritto: ' bevimi e potrai affrontarmi' .
Lui avrebbe voluto gridare a Jacqueline di non prenderla, ma si trovò con la bocca imbavagliata. Tentò di togliersi la striscia di stoffa che gli copriva la bocca e scoprì di essere legato a un palo, si divincolò, le corde erano troppo strette e gli abrasionarono le braccia bruciandogli la pelle.
Jacqueline si stava avvicinando la boccetta alle labbra, Thomas tentò di liberarsi delle corde e di gridare, ma gli uscì solo un soffocato mugolio.
La ragazza bevve il contenuto della boccetta e si afflosciò a terra, cominciò a contrarsi come se mille coltelli le stessero trafiggendo il corpo. Stava soffrendo e non poteva aiutarla, doveva liberarsi.
Gridò.
Si dimenò.
Fu tutto inutile, sembrava che più provasse a muoversi più le corde lo stringessero.
Voleva correre da lei, aiutarla, fare qualcosa.
Ad un certo punto la ragazza smise di muoversi, diventò pallida come la neve e chiuse gli occhi.
Era morta?
Thomas urlò con tutta la voce che aveva nei polmoni e si svegliò.
'Che orrendo dejà vu' pensò 'Il destino è proprio crudele'
Era ancora notte fonda ma Thomas non riuscì a riaddormentarsi, il sogno lo aveva scosso troppo.
Si alzò da letto e andò ad affacciarsi fuori dalla finestra, fuori era autunno inoltrato e faceva piuttosto freddo. Gli parve molto strano, solo pochi giorni prima il clima si era dimostrato piacevolmente tiepido, quasi estivo.
Il cortile era silenzioso e coperto di brina. Ad un tratto, un guizzo nero simile ad un'anguilla comparve ai margini del cortile interno. Una macchia scura nel nero più totale.
Thomas odiava il buio, quando il cielo era color catrame nulla si poteva scorgere, tutto era ignoto e oscuro. Fu solo un attimo, il guizzo nero scomparve e Thomas provò a ritornare al letto dimenticandosi quello che aveva visto.
Il mattino andarono tutti a fare colazione , Thomas aveva inspiegabilmente voglia di parlare perciò chiese:
"Qui è sempre stato così difficoltoso raggiungere un posto?" il viso di Emmha si fece tristissimo e disse: "No, non è sempre stato così, una volta tutti vivevano in pace e il nostro re era molto buono, anche se sono molto pochi quelli che si dichiarano suoi sudditi.
Qui, quasi tutti gli esseri si definiscono liberi, molti ripongono la loro lealtà e fiducia nel re, ma solo in virtù della sua saggezza.
Neear ha iniziato a distruggere gli anelli e ha preso Ahir Zimenhia, da allora sono iniziati a comparire i mostri".
Il nome di Ahir Zimenia lo fece rabbrividire, gli sovvenne quello che aveva detto l'elva e le calunnie su quella reggia riferitegli da Henry. Aveva una strana sensazione, il nome di quel luogo gli risultava terribilmente familiare.
Come il richiamo di una terra promessa lontana a cui fare ritorno...
Dopo colazione andarono in fondo al corridoio.
" Da qui si accede alla stanza, siete ancora convinti di voler affrontare le prove? Possiamo trovare un altro modo " chiese Henry.
"Ora siamo arrivati qui, non possiamo tornare indietro" disse Jacqueline decisa. Thomas posó lo sguardo sul suo viso, una luce nuova lo animava, splendida e pericolosa.
La ragazza si era raccolta i lunghi capelli nella solita, lunghissima treccia, il mantello nero che le era stato donato e a cui si era subito affezionata oscillava a ogni suo passo.
Henry picchiò il muro con il suo bastone di legno e disse: "Annhienn" con voce ferma , nel muro si aprì una porta che dava su delle scale buie.
"Henry, cosa significano le parole che hai appena pronunciato?" chiese Thomas curioso.
"Nell'antica lingua degli elvi vuol dire 'apriti'" proseguirono scendendo le scale strette che sembravano passare nelle viscere pietrose di chissà quale animale, la galleria spigolosa e angusta era rischiarata solo dalla luce del bastone di Henry.
Tutto intorno era buio, Thomas cercò di fissare la luce per non guardare il nero circostante, voleva scappare. Lontano dal buio, nella luce del giorno. Ma non poteva. Si costrinse a proseguire lungo le scale.
Finalmente arrivarono a una stanza, erano scesi così in basso e per così tanto tempo che Thomas aveva dubitato che le scale finissero.
"Avete deciso chi di voi due affronterà le prove? Una volta iniziate si erigerà un muro di vetro per nessuno sarà possibile aiutare l'altro o di fagli del male, una volta toccato il mantello il muro scomparirà" disse Henry una volta che furono arrivati alla famosa sala delle prove, un brivido percorse la schiena di Thomas. Se era riuscito a fatica a liberarsi della visione di quella notte convincendosi che fosse solo un sogno e che Jacqueline non era morta, come poteva sperare di fare lo stesso vedendola senza poterla aiutare davvero? Si disse che gli era già capitato e che sarebbe stato in grado di controllare la sensazione di frustrazione.
"Ieri abbiamo tirato a sorte e il fato cha scelto me" disse Jacqueline con voce ferma.
"Va bene" disse mestamente Henry.
" Tutto ciò che devi fare è oltrepassare quella linea" indicò una linea di gesso che attraversava la stanza in orizzontale.
"Le prove si presenteranno da sole" Jacqueline annuì e guardò la sala con aria di sfida.
" Vai, figliola, in bocca al lupo" le disse.
"Crepi" rispose lei, Thomas non pensava che quello fosse un buon augurio da fare nel regno dei Lica Morpha, ma salutò ugualmente la ragazza col cuore in gola.
Lei si avviò verso la linea bianca, socchiuse gli occhi, fece un sospiro e la oltrepassò. Subito dinanzi a loro comparve un vetro. Jacqueline si trovava davanti a una cascata. Vide un cartello:'Io sono La Cascata Della Purezza, oltrepassami e vedrò se sei pura, vedrò se sei degna di avere il mantello '.
Thomas sentì lo stomaco chiudersi in una morsa,Jacqueline entrò nella cascata dopo un attimo di titubanza e tutti rimasero col fiato sospeso. Thomas ricordò che la ragazza non aveva mai amato l'acqua, rifuggeva il nuoto se non era necessario.
La videro scomparire dietro alla parete di acqua cristallina. Ricomparve alcuni istanti dopo, perfettamente asciutta. Parve esultare e si voltó verso di loro gridando qualcosa che Thomas non sentì. Ebbe un' ultima visione del viso allegro della ragazza un attimo prima che una scia di fiamme iniziasse a circondarla.
Jacqueline provò a uscire dal cerchio, ma ovunque mettesse piede vicino alle fiamme queste si alzavano, vicino a lei comparve un bastone nero, di ferro. Lo prese in mano e questo cominciò a scaturire getti d'acqua, a Jacqueline non piaceva per nulla quel liquido, si ritraeva ogni volta che il bastone schizzava l'acqua, come un gatto che ha paura di essere bagnato perché, altrimenti, il suo fulgido pelo si appesantisce.
Jacqueline avrebbe dovuto incanalare il flusso del bastone dell'acqua e usarlo per spegnere il fuoco, ma per quanto si concentrasse non ci riusciva.
Mollò il bastone e lo calpestò, non era quella la soluzione per lei. Tentò di saltare sopra al fuoco, ma per quanto si sollevasse da terra le fiamme la raggiungevano sempre. Poi fece una cosa stupefacente. Decidendo di affidarsi completamente all'istinto la ragazza si mise ritta in piedi, rivolta verso gli amici. Chiuse gli occhi, si concentrò, pose le mani lungo i fianchi, aprì i palmi verso l'esterno e sollevò lentamente le braccia. Thomas vide con stupore che il cerchio di fiamme si stava sollevando insieme alle sue braccia, il ragazzo emise un gemito di stupore e si portò la mano alla bocca. Jacqueline stese le braccia sopra la testa, il cerchio di fuoco si restrinse e si immobilizzò. La ragazza abbassò le mani e si toccò i capelli invitando il cerchio a scendere sulla sua testa. Le fiamme si posarono delicatamente sul suo capo come una corona di fuoco.
Spalancò gli occhi castani e Thomas li vide brillare, una scintilla di follia e di ebbrezza data dal potere attraversò il suo sguardo.
Jacqueline sorrise ai suoi amici che la guardavano increduli. "Quello era il Cerchio del Foco, una creazione magica indomabile, antichissima. Come è possibile ? Erano secoli che gli artefici del fuoco non riuscivano a incanalare il suo potere" disse Henry incredulo, Thomas lo guardò.
"Sapevo che nel suo sangue giaceva il potere di una stirpe potente, ma non pensavo che lei lo fosse fino a questo punto" concluse l'artefice dell'aria.
Jacqueline era felice, forse le prove erano finite.
Davanti a lei comparvero cinque scatole e un cartello che recitava : " in una di esse è conservato il mantello, ma prima di trovarlo devi fare ciò che c'è scritto nel coperchio della scatola, qualunque cosa esso dica " le cinque scatole lignee parevano fissarla con aria di sfida.
La ragazza si avvicinò alla prima e la aprì, il coperchio diceva: "stai ferma, non morirai"
L'artefice dell'acqua si morse l'interno della guancia, pieno di apprensione.
Jacqueline si fermò e stette immobile, come prescriveva la scatola, pietrificata dall'ansia. Delle radici nere spuntarono dal terreno e iniziarono ad avvolgerla, stringendosi sempre di più intorno al corpo della ragazza. Thomas vide nei suoi occhi il terrore.
A quel punto non potè più trattenersi, si riscosse dallo stupore che lo aveva tenuto inchiodato fino a quel momento e corse verso il vetro, sbattè i pugni, gridò e tentò di romperlo, ma riuscì solo a farsi male alle nocche e ai palmi. Jacqueline era stata immobilizzata e imbavagliata dalle radici nere, era terrorizzata, ma era immobile. Lo fissava coi suoi occhi castano-dorati pieni di paura.
Thomas avrebbe voluto correre da lei e tagliare quelle maledettissime radici. Perché aveva permesso che tirassero a sorte? Sarebbe dovuto andare lui e basta . Avrebbe dovuto impedirle di oltrepassare la linea. Ma non lo aveva fatto, non aveva fatto nulla di giusto fino a quel momento. Si morse le nocche per la frustrazione.
Improvvisamente le radici scomparvero e Jacqueline si ritrovò indenne in piedi vicino alle altre quattro scatole. Era salva, un sospiro di sollievo percorse le spalle di tutti . La ragazza aprì un'altra scatola, una tra quelle centrali e lesse sul coperchio ' bevimi'. Nella scatola vide una boccetta nera. Thomas la riconobbe: era identica a quella del suo sogno, ebbe un moto di terrore: non doveva berla .
Si gettò contro il vetro e le urlò: "NO!"
Lei non sentì e trangugiò il contenuto della boccetta , subito iniziò a contorcersi, Thomas scoppiò a piangere, memore del suo sogno.
" Perché piangi Thomas? Fino ad adesso è andata benissimo" gli chiese Emmha.
"Ho fatto un sogno ieri notte" disse tra i singhiozzi.
"Lei la beveva, esattamente come adesso, imziava a contorcersi e..." non riuscì a completare la frase, era un pensiero troppo orribile per essere formulato ad alta voce una seconda volta. Improvvisamente Jacqueline si alzò da terra, dove si era accasciata, aprì una terza scatola ed estrasse il mantello di Edomen. Il vetro scomparve, Thomas avrebbe voluto correre da lei, abbracciarla e stringerla forte ma qualcosa lo trattenne: la ragazza era autoritaria e forte come una roccia, emanava potenza e sembrava che nulla potesse toccarla.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top