Thomas: il mantello di keya
Quando la testa è confusa tocca al corpo servire
-il signore degli anelli
Thomas si sentiva strano, gli sembrava di essere sospeso nel vuoto, come in uno stato di trance. Gli eventi della sera prima l'avevano scosso, ma il nome e il ricordo delle delicate labbra di Jacqueline che sfioravano le sue continuavano a ronzargli nella testa.
"...Quindi non ti sarà concesso di portare la tua arma, Thomas? Mi segui?" la voce profonda dell'artefice dell'aria riportò Thomas alla realtà.
"Sí, vai avanti" rispose.
"Dicevo che le prove saranno sempre tre che non potrai usare l'Aiglos, ma solo i tuoi poteri e , come per Edomen non appena varcherai la linea non potremo piu aiutarti"
"Sei sicuro che non ci sia un altro modo per prendere quel mantello?" chiese Jacqueline preoccupata.
"Potrei mettermi a studiarlo, ma servirebbe troppo tempo, ti ricordo che stiamo prendendo questi mantelli per liberare le cugine di Thomas e per sconfiggere Neear. Questo è il metodo più veloce per prenderli, Neear continua a sguizagliare mostri e a reclutare servitori in tutto il regno, fa sempre più prigionieri nonostante i ribelli abbiano organizzato una difesa"
Jacqueline assentì e chinò il capo rammaricata.
"Non crucciarti, una volta conquistati i mantelli tutto sarà più semplice: sconfiggeremo Neear, i ribelli troveranno il modo di far rinsavire il re ed Auriah avrà di nuovo la guida saggia che si merita" esclamò fiducioso, i suoi occhi brillavano sotto le sopracciglia cespugliose.
Keya ,dal canto suo, non sembrava minimamente interessata alla questione e sbocconcellava la sua colazione.
Thomas guardò fuori dalla finestra, le grandi vetrate della sala facevano entrare una immensa quantità di luce, frammentata dai cristalli del lampadario che mandava scintille su tutto il pavimento. Sorrise debolmente: la luce della speranza è sempre la più luminosa.
Il corridoio che conduceva alla sala delle prove del castello di Keya era identica a quella del castello di Edomen, ugualmente lunga, tortuosa, stretta e soffocante. Thomas si sentiva un peso sul petto e faceva fatica a respirare. L'ansia delle prove imminenti gli pesava sul torace e il cuore gli martellava nel petto come se stesse ballando la samba a un ritmo sfrenato. Giunsero di fronte al muro che enunciava il regolamento delle prove, a Thomas sembrava di essere diventato sordo: le parole di Henry gli risuonavano lontane nella testa. Tentò di scuotersi da quella trance, ma sembrava che più tentasse di svegliarsi più si sentisse stanco e debole.
Percepì appena le braccia di Jacqueline che si stringevano intorno a lui e la sua voce che gli augurava 'buona fortuna'. Camminò come in un sogno fino alla linea e la oltrepassò senza dire nulla e senza guardarsi indietro, i suoi amici diedero la colpa al nervosismo per questo suo comportamento.
Thomas si riscosse improvvisamente dalla trance e fece appena in tempo ad accorgersi che una enorme tigre si stava avventando su di lui, si spostò velocemente a destra ma la tigre sputò del fumo ardente dalle narici rosee e Thoms si sentì la mano sinistra letteralmente in fiamme. L'animale poteva sputare fuoco?
Pensò velocemente a come avrebbe potuto risolvere la situazione: non aveva armi, ma aveva i suoi poteri. Non aveva ancora esplorato fino in fondo le sue potenzialità sotto quel profilo ma non aveva altra scelta.
Poteva trasformarsi in lupo...Non era capace di farlo completamente, ma poteva provare. Sarebbe sicuramente stato più veloce che non in forma umana. Per un attimo pensò di servirsi dei suoi poteri da artefice ma l'assenza di acqua nelle imnediate vicinanze gli fece cambiare idea.
Si concentrò e richiamò a sè tutte le persone e cose che rendevano meravigliosa la sua esistenza : le sue cugine rapite, Lindsay...Continò a concentrarsi, ma la tigre si avvicinò nuovamente a lui e con intenzioni poco amichevoli. Ripensò a quello che gli aveva detto Henry prima di entrare a Edomen:"Devi scavare dentro a te stesso, conoscerti. Solo trasformandoti in qualcosa di diverso capirai chi sei veramente"
Nella sua testa strisciò l'immagine del volto di Jacqueline che sorrideva in riva a un mare immaginario. Solo allora iniziò a coprirsi di ispido pelo grigio.
La tigre sputafuoco balzò su di lui, Thomas indietreggiò alla velocità della luce e non ebbe il tempo di ultimare la trasformazione.
Il felino compì un altro balzo e lui inciampò nel suo stesso piede.
Si ritrovò faccia a faccia con la fiera, disteso a terra tra le sue zampe anteriori, la tigre sputò una fiammata a destra e Thomas rotolò a sinistra, sentiva accanto a lui il pavimento che bruciava e il caldo fiato della tigre che tentava di arrostirlo.
L' animale soffiò una seconda vampata di fiamme e Thomas si ritrasse a destra sul pavimento ancora ustionante. Il felino spazientito lo schiacciò a terra appoggiando la sua enorme zampa sullo sterno del ragazzo, lui tentò di divincolarsi ma gli artigli della tigre si infilzarono nella carne. Thomas urlò con quanto fiato aveva in gola, fece uscire tutta l'aria che gli era rimasta nei polmoni e mise le mani sulla zampa dell'animale nel tentativo di spostarla. Sentì del liquido che gli scorreva sulla guancia e realizzò che doveva essere il suo sangue.
Stava per arrendersi quando , dal nulla, comparve un guizzo arancione, una striscia di fuoco, un lume di speranza. La tigre venne distratta dalla luce e la seguì sparendo nell'ombra.
A Thomas sembrava di aver corso una maratona, riuscì a fatica ad alzarsi in piedi col petto che sanguinava. Si sentiva stanco, distrutto. Avrebbe voluto solamente uscire da quell'inferno per distendersi e riposare.
Il dolore non gli consentiva di alzarsi, percepì una goccia di sangue colare sulla guancia e l'asciugò col dorso della mano. Fece per voltarsi verso i suoi amici, ma si accorse che forse sarebbe stato meglio non farlo.
Jacqueline pugnalava disperatamente il vetro che li separava ed Henry si rosicchiava nervosamente le unghie battendo il piede a terra. Si avvicinò alla lastra trasparente in direzione della ragazza e poggiò la fronte al vetro. Lei guardò con apprensione, ma smise di colpire il vetro.
Thomas sollevò il capo e riaprì gli occhi pochi istanti dopo. Nello sguardo della ragazza vide qualcos' altro, oltre all'ombra della preoccupazione, speranza, un lume che non poteva essere estinto. Accolse quella luce e sospirò, come se quella scintilla gli avesse dato una scarica di adrenalina e un'energia incontenibile.
Si voltò verso il buio e lo guardò con aria di sfida.
Dall'ombra sguisciò un pitone, il sepente si diresse verso di lui e iniziò ad avvinghiarsi alla sua gamba.
Thomas pensò che fosse troppo facile per essere vero, il serpente per il suo animale-simbolo, avrebbero dovuto andare d'accordo.
Dall'ombra emerse un secondo serpente che si avvinghiò sempre addosso a Thomas, lui cercò di liberarsi ma scoprì di essere legato a un palo di ferro. La camicia, ormai ridotta a un lacerti gli ricadeva sulla vita, si guardò il torace e constatò che le ferite erano più gravi di quanto non pensasse. Dall'ombra continuavano a emergere pitoni che si avvinghiavano intorno a lui e stringevano la presa, sentiva il contatto della pelle con le viscide scaglie del serpente che si stava avvolgendo intorno alle sue costole.
Si sentì invadere da un senso di panico quando il serpente avvolto intorno al suo petto iniziò a impedirgli di respirare. Cercò di rimanere calmo, ma il cuore gli martellava nelle tempie, faceva sempre più fatica a respirare. Si ritrovò a boccheggiare alla ricerca di ossigeno un senso di inquietudine comiciò a pervadere ogni goccia del suo sangue, ogni cellula del suo corpo stanco: stava per morire? La consapevolezza e l'ineluttabilità della cosa lo spaventarono ancora di più. Poi, ripensò alla prova delle radici che aveva affrontato Jacqueline, forse se fosse stato calmo e fermo i serpenti rasebbero spariti.
Cominciò a fare dei respiri profondi per calmarsi e, piano piano, i serpenti svanirono nel nulla.
Il palo a cui era legato scomparve e il ragazzo si ritrovò disteso sul freddo pavimento, stanco e ferito.
Fissò il buio.
Quale orrore avrebbe scaturito questa volta? Tutto rimaneva calmo.
Troppo calmo.
Thomas scorse una figura che si delineava, quella di una persona distesa sul pavimanto. Si alzò con fatica e si avvicinò lentamente. Vide che la figura distesa a terra era quella di Jacqueline.
Tentò di correre verso di lei per capire perchè fosse distesa.
Dolore.
All'improvviso Thomas si trovò disteso sul pavimento: aveva urtato contro qualcosa, a pochi centimetri dalla ragazza.
Tastò il vuoto davanti a sè e percepì con la punta del polpastrello del dito medio un vetro.
Un vetro, un sottile strato di materia trasparente lo separava dalla ragazza che voleva salvare, e che forse amava.
Dal nulla cominciarono a spuntare dei lupi che si avvicinavano a Jacqueline con la schiuma alla bocca.
Cercò di ragionare razionalmente: Jacqueline era alle sue spalle protetta da un'altra lastra di vetro assieme ad Henry e Keya, non poteva trovarsi lì.
A meno che... Un dubbio orrendo strisciò nella sua mente. E se, per qualche assurdo motivo Henry e Keya fossero stati costretti a uscire dalla stanza e, nel frattempo qualcuno avesse colpito la ragazza? Era un'ipotesi plausibilissima. Si voltò per accertarsi che fosse falsa e vide i suoi amici dietro di lui, in perfetta salute.
Thomas capì immediatamente l'obbiettivo della prova.
Era una delle sue peggiori paure: l'inerzia, l'impossibilità di fare qualcosa per le persone a lui care.
Thomas vide i lupi che avanzavano velocenmente verso Jacqueline, si alzò e prese a calci il vetro che non si incrinò nemmeno.
'Non è reale, non è reale' continuava a ripetersi, ma la prova era davvero realistica.
Voleva urlare dalla disperazione, sentì gli occhi riempirsi di lacrime e un senso d'angoscia pervadergli la gola. Gli animali stavano per avventarsi su di lei. Thomas pensò a tutti i bellissimi momenti che avevano passato insieme e, si sentì uno stupido per averla fatta arrabbiare, si sentì un emerito idiota per non essere riuscito a proteggerla.
Pensò a lei come la persona migliore che vesse conosciuto e si disse che ora era troppo tardi per accorgersi di quanto gli piacesse. 'Non è reale!' si disse per l'ennesima volta, ma contenere l'emotività davanti a quella scena gli era impossibile.
Pensò che c'erano tante cose che lo rendevano umano e che Jacqueline fosse una di queste perché lo rendeva una persona migliore.
Thomas non si era accorto di essersi trasformato, dopotutto era anche lui un Lica Morpha, zampettó verso il vuoto. L'ultimo pensiero razionale che attraversó la sua mente fu che probabilmente l'obiettivo dell prova era proprio quello di indurlo a una trasformazione.
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