Thomas: fatti inaspettati
"Ho un sacco di cose da non dirti"
-Oscar Wilde
Jona si fermò seria e si specchiò nella sua lama candida.
"Jona...Non puoi continuare così" le disse dolcemente Henry, sul suo volto era dipinta la rassegnazione più nera. Il luccichio di una lacrima fece capolino dai suoi occhi, la respinse.
"Non può essere morto" il pianto era bloccato nella sua gola come un boccone troppo grande e amaro per essere inghiottito, calciò un sasso per sfogare quella sensazione di rabbia e impotenza che le pesava sul petto. Thomas cercò la mano di Jacqueline, un movimento che lo rassicurava sempre, era divenuto un gesto abitudinario. Forse non avrebbe dovuto esserlo, ma gli faceva passare la paura. La mano di Jacqueline era così calda, morbida al tatto, da rendere rassicurante anche il minimo contatto con essa. Sentendo le parole di Henry una voragine si aprì nel suo petto e percepì la terra mancargli sotto i piedi . Avevano perso Elija e Remider aveva denunciato l'omicidio di qualcuno, evidentemente Henry aveva ritenuto i due eventi inevitabilmente collegati dal momento che la loro ambasciata era l'unica presenza anomala nelle Terre Oltre il Fiume.
L'ansia lo divorava, il Cerchio sulla testa di Jacqueline si agitava nervosamente, Jona ed Henry erano sull'orlo della disperazione. Ci sarebbe voluto un miracolo per salvare la situazione.
Jona stava per gettare definitivamente le sue speranze quando vide una figura. In fondo al cortile un uomo, solo, si appoggiava esausto a una delle colonne del loggiato. Un refolo di vento fece tremare gli alberi nudi e scricchiolare l'edera rinsecchita. Non appena lo riconobbe Jona corse verso di lui e, in un gesto spontaneo, lo abbracciò con tutte le sue forze. Elija rimase dapprima sorpreso e per poco non cadde a terra, travolto da tanta energia. Era così stupito che l'attacco che ricevette pochi istanti dopo lo colse completamente impreparato.
La donna coi capelli azzurrini gli assestò un colpo con l'elsa della spada, l'artefice della terra si piegò in due per il dolore.
Prendendolo per i capelli lo costrinse a sollevare la testa e sibilò:
"Non farlo mai più " lui annuì e si accasciò senza fiato.
Thomas si sentì sollevato nel vedere l'amico, ma rimase comunque turbato dall'irruenza dell'artefice dell'aria, tornò a respirare come se prima avesse dovuto sostenere un immane peso sul torace. Sentì un'ondata di sollievo e gioia travolgere i suoi amici.
Jacqueline lasciò andare la sua mano e corse insieme a Henry ad abbracciare l'artefice della terra. Senza avere avuto nemmeno il tempo per riprendersi o rialzarsi Elija si vide circondare da due paia di braccia che lo strinsero cariche di affetto.
"Ci hai spaventato a morte" tuonò Henry scompigliandogli i capelli, Jacqueline gli schioccò un bacio sulla guancia senza riuscire a smettere di sorridere.
"Scusatemi " Elija riemerse da quel tumultuoso vortice di mani e sorrise all'artefice dell'acqua. Thomas gettò le braccia intorno al collo dell'amico, sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulla fronte. L'artefice della terra emise una risata tintinnante e l'edera secca che stringeva il loggiato rinverdì.
"Si puó sapere dov'eri finito?" chiese Thomas senza smettere di abbracciarlo.
"Facevo una passeggiata, anche le guardie mi hanno visto uscire. Poi ho sentito qualcuno urlare e allora ho cercato di andare ad aiutare..." la sua frase venne interrotta dal passo regale e silenzioso della Regina Delle Nevi.
L'unico rumore che produceva muovendosi era il frusciare del suo strascico candido. La sovrana aveva lo sguardo triste e vuoto, l'accompagnava un insolito animale: un grande gatto a pelo lungo lucente come una stella, pareva composto dei più lucenti fiocchi di neve, una volta giunto dinnanzi a loro il felino si dissipò in vortice di neve. Remider , inscindibile dalla sua regina, scrutava gli intrusi coi suoi occhi gelidi, la sua armatura scintillava nella luce dell'alba.
"Vostra altezza, possiamo fare qualcosa per aiutarvi?" Chiese Henry.
"Non chiamatemi 'vostra altezza', vi prego. Potreste seguirmi sul luogo del delitto. Magari potrete esserci utili per chiarire la situazione"
"Aspettate, quale delitto?" Elija era perplesso e confuso. Allora le urla che aveva sentito...
Remider lo fulminò con lo sguardo, immediatamente si interpose tra lui e la regina portando la mano all'elsa della sua spada.
"Stai lontano, straniero" una pausa gelida.
"Nobile Remider,non credo che ci sia bisogno di-"
"Dove ti trovavi precisamente prima del sorgere del sole?" La sua voce, tagliente come una lama, interruppe il parlare placato e ragionevole di Henry. Elija sbattè le ciglia confuso e rispose che stava passeggiando lungo il fiume. Remider estrasse la spada e fece segno ad altre due guardie di avvicinarsi. Una rabbia sorda ruggiva nel petto di Thomas: il capo delle guardie li stava trattando con tanto sospetto solo perché provenivano da Auriah, non c'era nessuna prova del fatto che Elija potesse avere qualche collegamento con il delitto avvenuto poco prima. Certo, la cosa doveva aver prodotto molto turbamento nel regno, ma l'atteggiamento di Remider riempiva il ragazzo di indignazione. L'artefice dell'acqua chiamò la sua arma e si mise accanto ad Elija, i suoi occhi azzurri mandavano lampi. Una brezza leggera sollevò i capelli biondi dell'uomo con l'armatura e gonfiò il suo mantello, dall'altra parte egli vide schierarsi anche Jona che lo guardava ringhiando. Henry fece loro segno di non apparire ostili.
"Sei in grado di produrre dei testimoni?"
"Le guardie del cancello mi hanno visto uscire e rientrare..." rispose Elija costernato.
"Via Remider, non essere precipitoso" la Regina aveva una voce calma e vellutata.
"Le evidenze sono sospette, mia signora" Gli occhi color ghiaccio di Remider non avevano mai lasciato la figura di Elija, la tensione era palpabile.
"Come potete sospettare di un tale idiota, vi sembra in grado di commettere un omicidio?" Disse Jona, a metà tra il riso e la serietà.
Elija si produsse in un sospiro offeso e confermò di non essere nemmeno a conoscenza del fatto che fosse avvenuto un omicidio.
"Penso che abbia ragione, Remider. Non hanno un movente e sarebbe davvero insolito che una creatura pacifica come un artefice della terra uccidesse qualcuno. Io credo che un atto così ignobile possa essere stato commesso solo da qualche servo del Male" disse la Regina posando una mano sulla spalla dell'armigero. Remider al tocco della regina si irrigidì, scoccò ancora un'occhiata di fuoco agli stranieri. All'improvviso arrivò correndo una donna trafelata, un lampo rosso nel candore del paesaggio. Il suo vestito vermiglio ondeggiava come la corolla di una rosa mossa dal vento e il suo passo faceva danzare i folti ricci neri.
"Vostra maestà, mio...Mio marito...Il mio Quis è..." la povera donna scoppiò a piangere, a tutti fu chiaro il motivo del suo arrivo e del suo turbamento. Lo splendido vestito rosso ora appariva come un macabro memento del sangue che aveva macchiato la stessa neve poco distante. Thomas si intenerì alla vista di quella povera creatura e provò l'impulso di consolarla.
La Regina Delle Nevi, con l'orrore dipinto in viso scambiò un'occhiata d'intesa con Remider e si accostò alla donna.
"Come ti chiami, mia cara?"
"Niah" rispose tra i singhiozzi.
"Dove ti trovavi quando è accaduto?"
"Sull'argine del fiume...stavamo passeggiando e qualcuno...Qualcuno lo ha..." scoppiò di nuovo in pianto, la regina le carezzò i capelli in un gesto di dolcezza.
"Remider, fai accompagnare Niah in un posto sicuro e poi seguimi. Voi cinque venite con me" decretò la voce ferma della Regina. Thomas rimase per un attimo scosso perché pensava che a parlare fosse stata Jacqueline, il tono di voce, la fermezza, il timbro: erano i medesimi.
"Prima però mostratemi una cosa" un corvo gracchiò distante.
"Evocate i vostri animali-simbolo" la richiesta li sorprese, ma tutti gli artefici ubbidirono.
Thomas evocò il più bel serpente cobra che avesse mai visto, blu con le squame screziate e lucenti nella neonata alba. Un bianchissimo albatros si levò in volo e un tasso avvolto in un luccichio giallastro, seguito da un ermellino azzurrino zampettarono al suolo. Poi un meraviglioso gatto di fiamme prese a rincorrere il suo serpente. Cercò la mano di Jacqueline ma si accorse che la ragazza stava già fuggendo verso il muro di cinta insieme e a Jona ed Henry, anche Elija si affrettò a seguirli. L'artefice dell'acqua stava per andare nella stessa direzione quando incrociò lo sguardo disperato di Niah.
"Andrà tutto bene" le disse, la donna continuava a singhiozzare.
Thomas si sentì il cuore esplodere nel petto.
"Quis avrà la giustizia che merita, sarà vendicato" disse serio, avrebbe voluto insultare l'assassino, sputare ingiurie contro un volto senza nome l'avrebbe probabilmente fatto stare meglio. Il disgusto che quel fatto gli suscitava colamava il suo volto di indignazione.
"Quis diceva sempre che la vendetta è sbagliata..." Niah piangendo si allontanò accompagnata da Remider, le sue parole colpirono Thomas nel profondo. Gettò lo sguardo oltre il portone spalancato che dava su una fila di alberi disposti ordinatamente a formare un viale, nudi e coperti di neve tendevano le loro braccia verso il cielo. Scorse gli amici in lontananza e prese a correre per raggiungerli domandandosi che cosa fosse, in fondo, la giustizia, se non una serie di vendette infinita.
Chiamò la sua arma, rallentò l'andatura fino a fermarsi per riprendere fiato: percepiva qualcosa di strano. Udì un fruscìo e della neve cadde sopra la sua testa. Frugò con lo sguardo tra le chiome spoglie degli alberi e si mise in guardia:l'assassino poteva essere ancora da quelle parti. Vide cadere un coriandolo di cenere e si rasserenò.
"Vieni giù" non sollevò nemmeno lo sguardo, si chiese perché Jacqueline non fosse avanti con gli altri.
"Ti stavo aspettando" disse una voce sopra di lui. Dopo pochi istanti Jacqueline scese dall'albero in un turbine di fiocchi ghiacciati, Thomas li sentì infilarsi nel colletto del mantello e accarezzargli la schiena.
"Di solito quando rimaniamo indietro rischiamo la vita..." disse lui.
"Bene" Jacqueline ricominciò a correre.
"E' un bel giorno per morire"
"Ti ho aspettato perchè non voglio che la Regina veda questo" disse indicando il Cerchio di Foco, le fiamme ardevano allegramente sui suoi capelli, intorno a lei la neve si scioglieva in chiazze scure rivelando un terriccio nero e umido. L'area di terreno non più coperto dalla neve si allargava progressivamente, come una macchia di inchiostro divoratice del bianco di un foglio.
"E perchè?"
Correndo per raggiungere gli altri seguivano una scia di bucaneve lasciata probabilmente da Elija.
"Non voglio che veda che sono in grado di distruggere questo posto solo con la mia rabbia, non voglio che mi consideri un pericolo: hai visto com'è sospettoso Remider" si morse il labbro e si chiuse in un silenzio tombale. L'artefice dell'acqua pensò che a quella gente un po'di calore non avrebbe fatto male.
"Però quando siamo arrivati non ti succedeva "
"Suppongo che ora accada perché sono più in forze di allora e mi trovo più a mio agio"
Giunsero all'argine del fiume, Jona , Elija ed Henry erano in piedi, immobili come statue, e davano loro le spalle. Un recinto umano di curiosi attorniava una scena raccapricciante: un uomo castano dal volto punteggiato di lentiggini era riverso a terra, il manico di un pugnale nero spuntava dalla sua schiena. I membri della piccola folla si chiedevano cosa fosse successo, non erano affatto abituati a delitti del genere, il Regno Sul Fiume era un'idilliaca oasi di pace e la Regina era sempre stata capace di tenere lontane l'invidia, la corruzione, la malvagità e la vendetta. La Regina Delle Nevi si fece avanti tra i suoi compaesani seguita dal suo fedele Remider. Appena giunse al cospetto della scena spalancò gli occhi, riempiti dall'orrore. Per un attimo barcollò.
Al suo arrivo la folla ammutolì.
"Cari concittadini, oggi siamo testimoni che il Male è riuscito a penetrare le difese del nostro amato regno" fece una pausa e lasció che una lacrima scorrere sulla sua guancia.
"Celebreremo un degno funerale per quest'uomo che la malvagità e la malizia hanno portato via troppo presto e rendero pubblici i provvedimenti per fronteggiare questa minaccia" La voce della donna bionda era ferma e decisa, non si udiva altro nella silenziosa vallata se non il sussurrare del fiume. Un mormorio fastidioso si diffuse e serpeggiò tra le persone.
"Ma quelli non sono stranieri?"
"Si, sono qui da ieri, sono arrivati su dei cavalli alati"
"Vengono da Auriah"
"E come mai la Regina ce lo ha tenuto nascosto?"
"E che cosa vogliono da noi?"
"E se questo fosse opera loro?"
"Potrebbe essere, il regno di Auriah è completamente degenerato e, si sa, i suoi abitanti sono estremamente violenti"
"Ma quella non è un artefice del fuoco?" "Oh, cielo ! potrebbe distruggere tutto!" "Allontaniamoli da qui!".
Istintivamente Thomas si mise davanti a Jacqueline stringendo la sua arma.
"Silenzio!" Remider sovrastò il mormorio della folla con la sua voce.
"Tutto questo sarà la regina a deciderlo, tornatevene a casa e fate come vi è stato detto!" la Regina Delle Nevi si costrinse a conservare un'espressione stoica, ma il suo animo era profondamente turbato. Come era possibile che qualcuno avesse violato la pace del suo regno?
Quell'orribile delitto aveva ferito a fondo la fiducia della sua gente e ora un clima di sospetto e astio imperava. Un solo assassinio era stato i grado di distruggere quello che le sue antenate avevano creato in secoli. Sentìuna voragine aprirsi nel suo petto e la terra mancarle sotto i piedi. Aveva bisogno del sostegno di una persona fidata perciò strinse il braccio del suo consigliere con forza e gli chiese di riaccompagnarla a palazzo perché desiderava interrogare Niah.
"Mia signora, dovete perdonarli, non sapevano quello che stavano dicendo" disse Remider costernato.
"Non è colpa loro, le tenebre fanno paura anche ai più forti" la Regina Delle Nevi e il suo fido consigliere si incamminarono lentamente lungo il viale alberato, gli stranieri al loro seguito.
"Sono molto grata di averti al mio fianco, Remider" l'uomo dagli occhinazzurri sospirò.
"È mio dovere, mia signora"
"Ti voglio a capo della nostra Armata Invincibile: mi sei fedele, hai i nervi saldi e ami la nostra terra più qualunque altra cosa, inoltre hai molta esperienza nel corpo di guarnigione" lo sguardo della regina spaziò tra le piante, i raggi del sole scioglievano la neve e liberavano le chiome dal suo peso.
"Non posso accettare questo onore vostra altezza" "Non devi preoccuparti di accettarlo, non è un invito, è un ordine, sai perfettamente di essere all'altezza di questo compito , non mascherare il tuo entusiasmo con falsa modestia" disse la sovrana accennando un sorriso. Thomas, scorgendo da lontano il brillare dei suoi occhi pensò che lei dovesse avere un debole per il capo delle guardie.
"Noi delle Terre Oltre il Fiume aiuteremo Auriah, se il Vostro regno è ridotto in quello stato la colpa è solo di Neear, del Male, e della malizia. Ora che ho visto ciò che può accadere coi miei occhi farò di tutto per impedire che si ripeta. Manderò un contingente domattina stessa, e degli altri quando ne avrete bisogno, in più invierò degli armigeri ad aiutare i ribelli." Disse la regina una volta che furono giunti a palazzo.
Henry, Jona, Thomas, Elija e Jacqueline sorrisero e si inchinarono alla sovrana colmi di gratitudine.
"Possa la luce del vostro splendore e della vostra magnanimità illuminare a lungo questo mondo, signora " disse Henry con le lacrime agli occhi.
"Annuncerò le mie decisioni al consiglio reale, ma prima voglio che vi ristoriate e vi esercitate, per affrontare Neear occorre essere preparati."
"Sarebbe meraviglioso " aggiunse Jona entusiasta.
"Io penso che per un po' possiate addestrare i vostri artefici più giovani a padroneggiare i loro poteri. Remider vi condurrà nella nostra sala delle armi dove potrete allenarvi con gli altri"
"Purtroppo non disponiamo di molto tempo, ma sfrutterei al meglio questa occasione " disse Henry.
"Ci sono altri artefici qui?" chiese Thomas sorpreso.
"Ma certo, gli stessi abitanti di queste terre lo sono" rispose la regina.
"E gli artefici del fuoco ?" Chiese curiosa Jacqueline.
"Nessun artefice del fuoco varca i nostri confini da tempo immemore"
La sovrana raggiunse la sala del trono dove vide Niah.
"Seguitemi, prego" disse calmo Remider. Era certo che la Regina stesse facendo la scelta giusta. Faceva sempre la scelta giusta.
Thomas percorse un lungo corridoio all'interno del palazzo insieme ai suoi amici, mille domande rimbalzavano da una parete all'altra del suo cervello, ma quando Remider aprì la porta alla fine del corridoio non ci fu più spazio che per lo stupore.
"Questo è il nostro centro di addestramento per artefici" la sua voce aveva aveva una nota intrisa di di tristezza, era quasi amara. Un soffitto elevatissimo si stagliava sopra le loro teste, come ogni cosa nel palazzo, tutto era interamente intagliato nel ghiaccio. Le finestre, sottili e poste in alto, erano composte da mille vetri colorati. Al centro della stanza moltissimi ragazzi combattevano a coppie in bizzarre strutture di vetro, probabilmente per evitare che i loro colpi distruggessero la stanza o ferisseroqualcuno.
C'erano armi di ogni tipo appese alle pareti, ma sembravano essere solo esposte perchè ognuno possedeva la sua, animali-simbolo di tutti i generi e di tutti i colori volavano e zampettavano nella grande sala. Remider si defilò e si presentò un giovane dall'aspetto cordiale, non doveva avere più di qualche anno in più di Thomas e Jacqueline, indossava una splendida armatura candida, simile a quella di Remider , ma molto più leggera.
"Benvenuti, il mio nome è Vik, sono generale dell'Armata Invincibile o Candido Esercito. Mi è giunto un dispaccio con l'ordine di consentirvi di addestrarvi con noi. Se lo desiderate, potete dividervi, per gli artefici più esperti abbiamo un'altra stanza mentre qui alleniamo quelli più giovani."
"Grazie mille, preferiremmo dividerci" sorrise Henry. Thomas e Jacqueline rimasero sorpresi, ma decisero che sarebbe stato comunque utile sfruttare quell'occasione per imparare a cavarsela da soli.
"Molto bene, seguitemi allora, voi ragazzi sarete seguiti da mia cugina Hana" indicò una ragazza che giunse al loro cospetto quasi saltellando, insuoi capelli rossi ondeggiavano nella coda di cavallo e il sole accarezzava lieve le sue lentiggini.
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