Thomas: Emmha

Nessuna notte buia

potrà impedire al sole

di sorgere

- Jim Morrison

Thomas rimase molto sorpreso dal comportamento della ragazza, si chinò su di lei e tentò di svegliarla, ma lei non rispose.

Mentre la sosteneva si accorse che la camicia era zuppa di sangue, doveva averne perso molto.

"Henry, abbiamo un problema" proclamò Thomas.
" Di' pure due problemi" disse lui.
"I cancelli del castello chiuderanno fra poco e ci vorrà un bel po' per curarla..." disse il mago pensoso.
"Che cosa facciamo?" chiese preoccupato. Henry giocherellò con la sua barba bruna per qualche istante, poi esclamò qualcosa in una lingua sconosciuta e si mise a roteare il bastone magico.

Thomas non aveva la più pallida idea di che cosa stesse facendo, sperava solo che lo facesse in fretta perchè Jacqueline tra le sue braccia stava diventando fredda come una pietra.

"Dunque..." borbottò Henry.
"Ora evocherò il mio animale-simbolo così potremo volare fino al catello dov'è custodito il mantello, il resto te lo spiegherò durante il viaggio" piantò con forza il bastone nel terreno, chiuse gli occhi e fece dei respiri molto profondi.
Fu uno spettacolo: una nebbiolina sottile strisciò davanti ad Henry e si rimescolò come sospinta dalla brezza, consistente e malleabile come creta. Le nubi in miniatura diedero corpo a una figura sempre più definita che mantenne comunque tutta la leggerezza dell'aria con cui era stata composta.
Un albatros color bianco neve si accovacciò davanti a Thomas per permettergli di salire. Il piumaggio dell'uccello sembrava soffice come panna montata, quando apriva le ali non sfiorava nemmeno gli alberi circostanti, essendo fatto d'aria i rami lo attraversavano come se fosse stato un fantasma.
Il ragazzo era meravigliato da quello che stava vedendo, non riuscì ad emettere altro suono che non fosse un gemito di sorpresa e stupore.
"Forza, mettiti dietro di me e tieni in braccio Jacqueline" disse Henry per scuoterlo, lo aiutò a sedersi e gli disse stare attento a non farla cadere.
"Stringi le gambe intorno al dorso e non cadrai" senza dargli la possibilità di replicare Henry diede gambe e partì.

L' albatros serpeggiava velocissimo fra gli alberi della foresta. Il vento con le sue delicatissime ditasfiorava la pelle e il viso del ragazzo, con le gambe si aggrappava al dorso del volatile che trovava estremamente confortevole.
Tuttavia in quel momento non potè godersi appieno la piacevole sensazione: era agitatissimo per Jacqueline che aveva iniziato a diventare color marmo.

"Henry, tu sai cosa le è successo?" chiese Thomas.
"Probabilmente una delle spine della Chimarahy le ha trafitto il costato e sta dirigendosi verso il cuore, se lo raggiunge è la fine per lei, anche se so che al castello ci sono dei bravi maghi medici." rispose mestamente il mago. Thomas, impietrito da quella dichiarazione strinse le gambe al dorso dell'albatros e gridò all'artefuce dell'aria di accelerare. Henry obbedì e incitò l'uccello con una parola in una lingua sconosciuta, l'albatros ora sbatteva le candide ali e volava velocissimo.

Iniziò a rallentare pochi istanti dopo quando giunsero all' ingresso del castello di Edomen. I due scesero dall'albatros che svanì in un turbinio di vento portando con sè alcune foglie.

Henry corse a bussare al portone , La ragazza tra le braccia di Thomas diventava sempre più fredda e pesante, raccolse le proprie forze e corse verso l'ingresso. Improvvisamente, la porta si aprì e comparve una creatura somigliante a una donna, indossava un'armatura azzurra senza elmo. Portava i lunghi capelli scuri raccolti in una treccia e dalla schiena spuntavano due enormi ali dalle piume rosse e nere. Aveva un viso morbido, gli occhi piccoli e allungati facevano risaltare i suoi zigomi alti e i suoi bianchissimi denti un po' sporgenti.

"Chi siete voi? Cosa ci fate qui?" parlò la creatura, aveva una voce molto dolce.
"Devi aiutarci!" disse Thomas disperato.
"Questa ragazza si è presa una spina di Chimarahy nel costato"
La creatura disse:"Noi qui diamo sempre aiuto a chi ne ha bisogno, ma devo prima identificarvi, di questi tempi non ci si può fidare di nessuno... Datemi la ragazza e, se siete Lica Morpha, trasformatevi ritornerete umani appena varcata la soglia, solo sotto forma di lupo le magiche mura del castello capiranno se il vostro cuore è puro. Se non siete Lica Morpha dovete venire con me"
"Io sono l'ultimo saggio delle Chunea Cime" intervenne Henry.
"Come puoi non riconoscermi? Eravamo amici un tempo" aggiunse.
"Non posso sapere se sei veramente chi affermi di essere, ogni cosa oggi nasconde un inganno infido" rispose la donna alata.
"Solo il Castello può darmi la garanzia che ciò che dite è vero"

Thomas era così in ansia per Jacqueline: non aveva mai avuto tanta paura di perdere qualcuno. Non si ricordò nemmeno che non sapeva trasformarsi in lupo. A malincuore affidò la ragazza alla creatura che la prese in braccio senza fatica. Non si fidava a lasciare l'amica in mani sconosciute, ma non aveva scelta.

"Almeno posso sapere chi sei?" domandò con voce supplichevole mentre la creatura si alzava in volo.
"Ma certo, io mi chiamo Emmha, sono la custode del castello, e ti assicuro che è in buone mani" aggiunse con un sorriso. Henry era pensoso, si tormentava la barba sul mento e rimuginava tra sé.
"Henry? Quella è una creatura buona vero?" chiese il ragazzo.
"Ma certo, mi conosceva una volta"artefice dell'aria sospirò.
"Ho passato troppo tempo lontano da Auriah" riprese:
"Vedi Thomas, le creature alate sono quasi sempre buone qui ad Auriah. Se hanno le ali significa che hanno ricevuto un dono.
Una leggenda narra che tempo fa vi fosse una ragazza che leggeva e ascoltava così tante storie che la sua mente se ne poteva andare dovunque. Poteva viaggiare quando e come desiderava, così, un potente e ignoto artefice le fece un dono, perchè era segretamente innamorato di lei. Le fece crescere due splendide ali cosicchè ella potesse spostarsi quando voleva non solo con la mente, ma anche fisicamente.

Emmha non seppe mai perché l'artefice le fece quel regalo, ancora non lo sa ma gira il mondo per cercare il suo anonimo benefattore" gli rispose Henry.

"Che storia bellissima" disse Thomas scarcasticamente.
"Credo di essere abbastanza grande per le favole , trasformiamoci e basta" sbottò infine.
"Tu non sei ancora in grado di farlo, ma non posso comunque farlo io al posto tuo" gli disse Henry sorridendo placidamente mentre si trasformava. A Thomas parve di scorgere un ghigno soddisfatto sul volto del l'artefice dell'aria.

"No aspetta! Trasforma anche me! Fai qualcosa!" disse implorante mentre Henry gli rispondeva:
"Devi provarci da solo, devi credere in te stesso, devi trovare il motivo per cui sai trasformarti, il motivo che dà senso alla tua esistenza, il motivo per cui vivi... Paradossalmente, la cosa che ti rende umano, se non ne hai idea, non preoccuparti, devi solo scavare in fondo a te stesso, conoscerti. Solo trasformandoti in qualcosa di diverso capirai chi sei veramente" disse un attimo prima di diventare un lupo e di attraversare il portone indenne .

Thomas ci provò e ci riprovò ma, in quel momento , nulla dava un senso così profondo alla sua esistenza. Provò a pensarci...Le sue cugine? Il mare, che amava moltissimo? L'acqua? Si focalizzò sul primo pensiero, iniziò a prendere sembianze lupesche e a ricoprirsi lentamente di pelo.

Non riuscì a trasformarsi completamente ma riuscì lo stesso a varcare il portone indenne. Corse dietro a Henry che sembrava conoscere il castello come le sue tasche.
Emmha lo attendeva davanti a una stanza grigia e gli disse che, se avesse voluto, avrebbe potuto visitare l'amica che ora si stava riposando dopo la fulminea cura.

"Speriamo di essere riusciti a salvarla..." disse con gli occhi pieni di speranza. Il castello era molto sfarzoso ma Thomas non ebbe il tempo né la voglia di ammirarlo, preoccupato com'era. Entrò nella stanza e si sedette sul letto vicino a Jacqueline che giaceva lunga distesa con gli occhi chiusi e il respiro pesante. La ragazza era ancora molto pallida e fredda ma in misura minore rispetto a poco prima.

"Sai, Thomas, la Chimarahy è una creatura mortale per moltissimi Lica Morpha. Lei per di più è un essere umano, un'artefice e , di conseguenza, è meno resistente. I medici dicono che la spina le ha sfiorato il cuore e che se non si sveglia entro le otto di domani è perduta. Henry non voleva che ti dicessi queste cose, ma a me sembra ingiusto tenertene all'oscuro" disse Emmha a mezza voce, appena entrata nella stanza inondava ogni cosa di rosso con il bagliore colorato delle sue grandi ali.

Thomas sentì una voragine aprirsi dentro di lui, un senso di malessere e di vuoto lo pervase. Jacqueline poteva davvero morire e andarsene per sempre dalla sua vita? E lui avrebbe dovuto starsene lì , inerme, a guardare tutto ciò senza poter far nulla?

Si sentì molto impotente, avrebbe voluto urlare, gridare, piangere, pugnalare quegli idioti di medici e far estinguere tutte le Chimarahy esistenti nel regno.

Emmha uscì poco dopo dalla stanza lasciandolo solo con la compagnia di una ragazza in coma e di un immenso dolore. I suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, lacrime di dolore e rabbia. Pianse, si accasciò sul letto sul quale era distesa Jacqueline, appoggiando la testa sulla sua pancia.

"Perché proprio tu...Perché non io...Perché non posso fare niente...Ti prego non...Non andartene" sussurrò tra le lacrime mentre la abbracciava.
Lui non sapeva se potesse in qualche modo percepire la sua presenza, ma sperò con tutto il cuore che capisse che lui era al suo fianco.

La cena fu servita, ma Thomas non andò a mangiare con gli altri, rimase con Jacqueline tutta la notte tenendole la mano nella speranza di vederla improvvisamente svegliare.
Non andò così, furono tutte ore senza scopo, minuti stupidi e freddi buttati al vento, e intanto giunsero le sette del mattino.

I medici entrarono nella stanza seguiti da Henry e Emmha che avevano uno sguardo mesto e carico di speranza al tempo stesso. Somigliavano a tutto tranne che a dei medici: dovevamo avere tutti l'età di Henry ed erano vestiti allo stesso modo, l'unica cosa che li distingueva era il loro mantello blu acceso.

"Thomas, siedi qui" disse dolcemente Emmha indicandogli una sedia vicino a lei.
"Preferisco starle vicino, se mi è permesso" disse secco, Emmha assentì e tacque.
Erano le otto meno un quarto 'Jacqueline, promettimi che ti sveglierai, ti prego!' pensò il ragazzo stringendole forte la mano come se sperasse di infondervi tutta la forza vitale che possedeva.

Erano le otto meno cinque.

I medici cominciarono a guardarsi tra loro mestamente: la ragazza non dava segni di vita.

Suonarono le otto dal campanile del castello.

La ragazza non si svegliò.

Thomas urlò per la frustrazione, un paio di uccelli si alzarono in volo spaventati. Il suo grido scosse il castello fino alle fondamenta e l'acqua contemuta in ogni bicchiere o fontana presente ebbe un sussulto.
Un attimo prima che i medici potessero avventarsi su di lui per staccarlo da Jacqueline, lui le accarezzò dolcemente il viso e le sussurrò :"Non lasciarmi...".

Fu una frazione di secondo, Jacqueline aprì gli occhi castani pieni di luce e si mise a sedere con aria sperduta dicendo :"Chi siete voi? Thomas, Henry dove ci troviamo?"

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