Thomas: dichiarazioni
"Nel mondo degli umani nulla è necessario tranne l'amore"
-Goethe
Thomas correva nel bosco che diveniva sempre più scuro mentre il sole tramontava. Correvano disperatamente, ombre in mezzo ad altre ombre, l'imbrunire rendeva sempre più difficile distinguere il paesaggio o eventuali inseguitori.
Dietro di lui procedevano Elija e Jona che non aveva mai smesso di protestare con veemenza, Thomas pensò che il gesto dell'artefice della terra fosse stato molto cavalleresco, ma di certo non aveva incontrato il favore della ragazza. Ferma nella convinzione che non avesse bisogno di aiuto quando i fatti indicavano l'esatto contrario, imprecava volgarmente e si dibatteva mentre il povero Elija cercava di sostenerla rischiando di inciampare a ogni passo. Thomas sorrise, Henry diede loro l'ordine di fermarsi.
Jona impose ad Elija di posarla a terra immediatamente, ma mentre l'artefice della terra costernato si affrettava ad ubbidire la ragazza emise un urlo di dolore e una dose molto consistente di imprecazioni non appena il suo piede toccò terra. Si aggrappò ad Elija che si affrettò a sostenerla, le imprecazioni di entrambi, si tramutarono in un acceso bisticcio.
"Piantatela!" disse Henry.
"Litigate come due bambini, Jona stenditi in modo che possa estrarre questa maledetta freccia"
"Non ci riesco!" Ribattè Jona masticando diverse parolacce, lacrime di dolore scintillarono nei suoi occhi. Mentre Henry ed Elija si applicavano per risolvere la situazione Thomas si convinse di non essere di nessun aiuto in quel frangente e propose di fare un giro di ricognizione con Jacqueline. Elija lanciò uno sguardo d'intesa all'amico facendogli l'occhiolino.
"Basta che non senta le vostre smancerie fin qui" rispose scocciato Henry.
"Perchè? Io le voglio ascoltare" rise l'artefice della terra, Jona imprecò nuovamente riportando la loro attenzione sulla sua ferita.
Thomas e Jacqueline si allontanarono avanzando nel bosco, le fiammelle del Cerchio danzavano nel buio gettando ombre tremolanti sugli alberi, una brezza fredda agitò il fuoco ed entrambi rabbrividirono.
"È stata un'esperienza..." disse la ragazza dopo qualche istante di silenzio cercando le parole più adatte per esprimersi.
"Che non ripeterei volentieri " completò l'artefice dell'acqua. La ragazza gli lanciò uno sguardo eloquente.
"Un giorno dovrai dirmi che cosa è successo" a quelle parole lui fece le spallucce e sussurró qualche parola in risposta: non desiderava riportare a galla quei recenti e dolorosi ricordi.
Jacqueline sapeva che stava minimizzando, ma per quella volta lasciò correre. Passò ancora qualche istante pieno di silenzio.
"Comunque tu non sei riuscita a liberarti di noi" disse lui mettendole un braccio intorno alle spalle. Jacqueline sorrise nel buio e ravvivò le fiamme sul suo capo.
"Hai anche trovato il tuo animale-simbolo" aggiunse Thomas.
"Già, un gatto norvegese a pelo lungo, forse una lince. Non sono riuscita a capirlo bene" rispose lei.
"Sai che i serpenti mangiano i gatti..." continò lui.
"O viceversa" lo interruppe Jacqueline.
"Cosa intendi dire con questo?" gli chiese la ragazza.
"Oh, nulla, assolutamente nulla" rispose lui.
Erano arrivati nel folto del bosco, si udiva solo il cinguettio degli uccelli. Il sole aveva salutato il mondo di Auriah da un pezzo e le stelle brillavano in cielo attraverso le fronde tremolanti.
Thomas percepiva la presenza di una grande massa d'acqua, non sapeva come ma riusciva a sentire che c'era , ed era lì vicino.
Notò che Jacqueline portava al dito l'anello blu che lui gli aveva dato, sorrise pensando che Henry le aveva dato un anello di fidanzamento prima che lui potesse farlo. Rimasero immersi nella quiete notturna del bosco ad ascoltare versi degli animali e a chiacchierare ancora per qualche minuto, poi tornarono indietro. Quando rividero i loro amici la situazione era migliorata : Henry canticchiava in cucina mentre preparava la cena, Elija e Jona erano seduti su un sasso dandosi reciprocamente le spalle mentre affilavano le loro armi. Intorno a loro erano cresciute rose di un rosso così intenso da sembrare accecante e fiordalisi azzurrissimi. Lo stridore degli affilacoltelli riempiva il vuoto lasciato dalle loro parole, così come il crepitare del fuoco da campo.
"Jona , come posso farmi perdonare?" chiese lui all'improvviso, come se avesse meditato quelle parole a lungo prima di dare loro voce.
"Potresti tacere, per esempio" lo rimbeccò lei . Thomas e Jacqueline si tennero in disparte e ammirarono la scena ridacchiando, sicuri del fatto che tra i due sarebbe sorto un nuovo infantile battibecco.
"Questo può valere come incentivo?" chiese Elija porgendole un fiore piccolo e tondeggiante, col disegno dei petali a stella. Jona stava per dire che non aveva alcuna intenzione di considerare le sue offerte di pace, ma quando vide quello che l'artefice della terra le stava porgendo i suoi occhi si riempirono di meraviglia.
"È bellissimo" sussurrò, il viso di Elija si aprì in un sorriso luminoso .
"Scommetto che è il tuo fiore preferito" Jona prese il fiore e non disse nulla, il luccichio di una lacrima baluginò nei suoi occhi indaco.
"Nonostante tutto rimani sempre uno zoticone!" esclamò adirata voltandosi di scatto per non consentirgli di vedere le sue emozioni, tuttavia questa volta Elija tornò ad affilare la sua lama con un sorriso trionfante.
Henry chiamò tutti dentro per cenare, Thomas e Jacqueline uscirono allo scoperto.
Dopo aver finito di mangiare Henry disse che avrebbe aggiunto due camere alle rispettive tende , una in quella dove stavano Jacqueline e Thomas e una nella sua per Elija e Jona che si erano accomiatati a loro.
"Perchè vuoi aiutarci, Jona?" chiese Jacqueline.
"Perchè questo è anche il mio regno, la mia casa. Neear non ha nessun diritto di farne ciò che vuole. Nessuno merita di soffrire per colpa sua, so che significa e farò di tutto per impedire che accada" rispose la rivelatasi artefice dell'aria mentre un lampo di fierezza accendeva il suo viso.
Si augurarono la buonanotte e Thomas si avviò verso la sua tenda, sentiva il cuore battere a mille, pensava di dover dire qualcosa a Jacqueline. Una tempesta si agitava nel suo petto e desiderava placarla a tutti i costi . Entrarono nella tenda, Elija dietro di loro, Jacqueline stava per entrare nella sua stanza quando l'artefice della terra disse:
"Henry dice che dovremo fare dei turni di guardia e che per stanotte deve iniziare uno di noi..."
"Posso andare io se volete, non ho molto sonno" disse Jacqueline.
La ragazza chiamò la sua arma, Elija si avviò verso la sua stanza dopo averla ringraziata.
"Buona notte " gli disse , Thomas le mise una mano sulla spalla e le diede un bacio sulla guancia.
"Buona notte anche a te" Jacqueline gli fece una carezza sulla testa e se ne andò.
Il ragazzo entrò nella sua stanza e sentì il suo riflesso dire: "Oh!
É ritornato il nostro Dongiovanni"
"Riflesso?" chiamò Thomas sorridendo.
"Che c'è?"
"Come si dice 'ti amo' in francese?"
"'Je t'aime credo. Perchè me lo chiedi?"
"Perchè devo assolutamente dire a Jacqueline che sono pazzo di lei!" urlò uscendo dalla tenda con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
Frenò bruscamente considerando che per attuare il suo piano serviva qualcuno che rimanesse di guardia, corse a chiamare Elija e gli comunicò quello che aveva in mente. Sentendo quelle parole l'artefice della terra esplose in un entusiasmo travolgente e progettò con lui la cosa. Uscì con Thomas e rimase in disparte, cercando di tenere a freno la sua agitazione. Ai suoi piedi spuntarono bucaneve candidi.
Thomas chiamò la sua lancia d'argento e lanciò un raggio di acqua dritto davanti a Jacqueline, seduta su una roccia. Lei si voltò all'istante puntando la sua ekèndal contro Thomas, le fiamme del Cerchio avvamparono pericolosamente.
La fronte corrugata della ragazza si rilassò non appena lo riconobbe.
"Dobbiamo assolutamente tornare nel bosco, c'è una cosa che devi vedere, ti prometto che sarò velocissimo...Resterà Elija di guardia al tuo posto" supplicò il ragazzo.
La ragazza accettò titubante lanciandogli un'occhiata confusa.
Thomas le prese la mano e la condusse nell'oscurità del bosco correndo agitato ed ebbro di felicità. Ricordandosi del fatto che l'artefice dell'acqua avesse paura del buio, Jacqueline ordinò al Cerchio sulla sua testa di illuminare il bosco circostante. Thomas cercò di orientarsi e di capire dove fosse la cosa che stava cercando, aveva certamente notato la premura della ragazza, ma il buio in quel momento non aveva per lui alcuna importanza. Non ci mise molto a capire quale fosse la direzione giusta. Riprese a caminare velocemente senza mai lasciare la mano di Jacqueline.
Arrivarono davanti a un bellissimo lago del colore della pece che rifletteva la luce della luna, bianca e abbagliante, almeno un miliardo di stelle risplendevano nel cielo, brillanti come diamanti. Le acque nere lambivano placidamente le sponde argentate e il vento mormorava quieto tra le foglie.
Thomas lasciò che la ragazza facesse qualche passo davanti a lui e ammirasse quel luogo.
"E' meraviglioso" disse Jacqueline.
Lui la cinse con le sue braccia stringendo la sua schiena contro il suo petto e appoggiando il mento sulla spalla dell'artefice del fuoco. Le lasciò un delicato bacio sulla guancia, la ragazza sorrise e si voltò per baciargli le labbra.
Jacqueline profumava di legna bruciata, emanava calore e luce come un caminetto scoppiettante in un gelido giorno d'inverno.
"Jacqueline..." disse il ragazzo sulla sua bocca.
"Si?" chiese lei. Appoggiarlo l'uno la fronte a quella dell'altro, il tempo parve restare sospeso per qualche lunghissimo istante, Thomas sospirò.
"Je t'aime..." detto questo lei gli mise le braccia al collo e lui la baciò di nuovo in un dolce scontro di labbra che avrebbe voluto far durare per sempre . La ragazza gli mise lei mani nei capelli e affondò le dita nei suoi ricci scuri mentre lui le metteva le mani sui fianchi e la stringeva a sè. Si separarono solo per guardarsi negli occhi.
"Moi aussi" disse Jacqueline, anch'io.
Le sue pupille scintillavano nel buio come stelle.
Thomas non voleva più andare via da quel luogo incantato, voleva rimanere così, immobile, per sempre. Voleva imprimere ogli millimetro della labbra di Jacqueline sulle sue tanto da conoscerle a memoria. Voleva stringerla ancora più a sè di quanto non facesse già come se fossero potuti diventare una cosa sola e non separarsi mai più.
Le stelle formicolavano in cielo e la luna illuminava la superficie del lago infrangendo la sua candida luce in mille scaglie.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top