Jacqueline: via dei fiori

"Mi piacciono le tempeste. Mi permettono di sapere che anche il cielo urla"

-anonimo

Tutti insieme si avviarono verso l'ostello dove avrebbero dormito. Le strade di Danesh alla sera brulicavano di luci. Lanterne di carta colorata e lampade di vetro luccicante erano appese ovunque: agli angoli dei vicoli , sospese sopra le vie e persino volanti nel cielo che diveniva sempre più blu. Jacqueline si deliziò della piacevole sensazione di calore che trasmetteva quel luogo. Aveva patito così tanto il freddo nelle Terre Oltre il Fiume, che anche la vista della più tenue fiammella suscitava in lei commozione e contentezza.

Tutti gli abitanti di Danesh amavano dire:" A Danesh l'inverno di Neear non è mai arrivato e mai arriverà" orgogliosi della barrirera impenetrabile che avevano eretto costruendo mura impregnate di magia e proteggendosi l'un l'altro. Si sentivano in una roccaforte inoppugnabile, sicuri e protetti da qualsiasi cosa, un'isola felice in un mare in tempesta. La comunità di Danesh costituiva probabilmente l'ultimo baluardo di resistenza stabile contro il mago di Ahir Zimenia. Chiunque aveva un'aria allegra e serena, gli occhi a mandorla degli abitanti dello stretto sembravano sempre sorridenti.

Giunsero davanti alla locanda nella quale avevano scelto di sostare quella notte: una bellissima pagoda grigia dal tetto verde e le grondaie a forma di testa di drago. Quando tutti si furono accomodati servirono la cena: pesce dal profumo delizioso. Il cibo caldo e saporito rinvigorí gli artefici, le peripezie che avevano affrontato durante il loro viaggio e che li avevano indeboliti si dissiparono nel conforto di un luogo sicuro.

Terminata la cena Elija prese la parola: " Abbiamo trovato un pescatore disposto a traghettarci sull'altra sponda, si chiama Naian e ci ha chiesto una somma modesta. La sua barca si chiama Omnia, ci aspetta domani al tramonto"

"Cosa si trova dall'altra parte ?" chiese Thomas. Alla luce delle lanterne i suoi occhi azzurri luccicavano come cristalli.

"Sull'altra sponda dello stretto ci sono i Syan" rispose Henry con sicurezza.
"Indigeni, vivono in quel luogo da secoli e attraversare il loro territorio è il solo modo per arrivare a Nenja" continuò.
"Sono ostili?" Chiese ancora l'artefice dell'acqua.
"Solo con chi ritengono una minaccia"

"Sarà meglio andare a dormire" sentenziò Jona.
"Domani sarà una lunga giornata, il vento sembra molto turbolento e si profilano tempeste all'orizzonte" le brillarono gli occhi e fece un sorriso furbo.

"Molto bene, sono anni che non vedo una tempesta coi fiocchi, un po' di aria fresca ci farà solo bene" disse Henry. Gli artefici dell'aria sembravano gli unici capaci di entusiasmarsi davanti a una tale notizia.

Jona era al settimo cielo, probabilmente non soltanto per la tempesta che stava arrivando.
Jacqueline pensava che la punta delle orecchie rosse di Elija e il suo continuo avvampare fossero una risposta sufficiente ai suoi interrogativi sull'umore dei due.

"Sarà un viaggio interessante, assicuratevi che ci sia un secchio nelle mie vicinanze quando saliremo sulla barca" disse Elija mestamente.

"E perchè?" gli chiese Thomas.

"Mal di mare, non vado per nulla d'accordo con il mare grosso"
"Ti capisco, Elija" disse Jacqueline, le fiammelle del Cerchio brillarono tristemente.

"Farò il possibile per tenere a bada ciò che ci starà sotto " Jacqueline pensò che il sorriso di Thomas stava diventando disarmante. Più lo osservava e più le sembrava luminoso.

"Non vai d'accordo nemmeno col volo se è per questo" bonfochiò Jona.

"Sembra che tu dimentichi la mia natura di artefice della terra che predilige solide radici fissate AL TERRENO" rispose lui con una punta d'irritazione nella voce.

"Per piacere, non cominciate a discutere" esclamò Henry portandosi una mano sul viso.

I cinque amici andarono a dormire ognuno nella rispettiva stanza: per la prima volta da quando era entrata ad Auriah la ragazza aveva la possibilità di esser completamente sola nella sua camera .

Pace.

Silenzio.

Si distese sul letto giocherellando con la sua collana dorata. Il Cerchio di Foco ardeva sempre, ma non bruciava nulla se non quello che Jacqueline gli ordinava di divorare . Nessuno a Danesh si era stupito del fatto che lei si portasse un cerchio ardente sulla testa. Questo la faceva sentire completamente accettata,era stato orribile sentirsi odiati nel regno di Elsha. Quel ricordo era ancora vivido nella sua mente e bruciava come una ferita infetta.

Si alzò e si diresse verso lo specchio presente nella camera. L'immagine riflessa la imitò alla perfezione, senza scomporsi o parlare per lei.

Sorrise ed emise un gemito di gioia:si era finalmente liberata del suo irriverente riflesso. Potè finalmente vedere la sua immagine per com'era, senza che questa commentasse il suo aspetto o le sue azioni. Le stelle brillavano sulla volta celeste, la ragazza ne vide cadere una e corse ad affacciarsi alla finestra della stanza. Desiderò con tutta sè stessa di fare un sonno tranquillo.

Vide un'altra stella cadere.

Desiderò che tutto si concludesse per il meglio e che Auriah si salvasse una volta conclusa quella folle avventura.
Si accorse di non ricordare più come fosse fatto il mondo al di fuori di Auriah. Poche memorie sfocate rimanevano nella sua mente. Era come se fosse sempre appartenuta a quella terra e ogni momento trascorso altrove avesse perso del tutto la sua importanza. Il mondo fuori da Auriah non era il suo, non lo era mai stato e pertanto era stato da lei dimenticato.

Jacqueline scrollò la testa come per scacciare quei pensieri, si infilò sotto le coperte e si addormentò profondamente.

La stella l'accontentò: fece un sonno pesante e privo di sogni, l'artefice del fuoco si svegliò fresca come una rosa. Si alzò e lanciò un sguardo fuori dalla finestra: nuvole nere si accumulavano in cielo e l'aria pareva elettrica. Un buon profumo di pioggia si insinuò nelle narici della ragazza. Il suo pensiero corse a Thomas: sperava che fosse riuscito a dormire altrettanto bene. Forse quel giorno il suo profumo si sarebbe mescolato a quello dell'aria.
Sorrise e si diresse a fare colazione.

Elija scese per primo, aveva gli occhi cerchiati di nero e sbadigliava in continuazione.

"Buongiorno Elija, non mi sembra che tu abbia dormito molto bene..." salutò.

"Hai ragione: ho dormito malissimo" borbottò l'artefice della terra con la voce impastata dal sonno.
"Questo ventaccio ha ululato per tutta la notte e non sono riuscito a chiudere occhio"

Poi giunse Jona. Frizzante e spumeggiante come le onde del mare: era di ottimo umore, una cosa piuttosto insolita da parte sua dato che svariate volte si esprimeva a grugniti.

"Buongiorno a tutti!" esclamò sorridendo. I suoi occhi color indaco luccicavano più del solito quella mattina.

"Avete visto fuori? Ci aspetta una giornata piena di vento!"

"L'ultima volta che c'è stata una tempesta non eri così allegra" borbottò Elija.

"Forse perchè eravamo sotto l'attacco di una dozzina di Zimeniani mentre tu te la spassavi con le sirene di montagna..." rise Henry mentre li raggiungeva. Anche se non voleva farlo notare l'artefice più anziano era raggiante. L'artefice della terra fece una smorfia.

"Neanche il mare sembra troppo mosso, forse potrei garantirci una traversata tranquilla" Thomas li raggiunse e si sedette accanto ad Elija. Jacqueline gli sorrise.
"Non sopravvalutarti, Thomas, tutti crediamo in te, ma il mare è così imprevedibile..." lo redarguí Henry.
"Ho conosciuto molti artefici dell'acqua potenti e dotati, tutti mi hanno assicurato che il mare è una creatura temibile e bellicosa, addirittura selvaggia. Non sarà facile tentare di controllarlo"
"Posso comunque provarci" rispose il ragazzo nella sua giovane ambizione.

Una volta terminata la colazione i cinque artefici decisero di trascorrere la giornata visitando Danesh. Gli abitanti erano abituati alle frequenti tempeste che solcavano lo stretto e conducevano le loro vite come se nulla fosse. Tutti erano tranquilli eccetto gli artefici dell'aria: ognuno di loro si distingueva nella folla per il suo sorriso splendente. Evidentemente il vento li rinvigoriva. Ai piedi di Elija non spuntavano più fiori ma semplici fili d'erba. Ormai non era più insolito vederlo camminare per strada mentre si lasciava alle spalle una striscia vegetale verdissima.

Ogni artefice della terra abitante a Danesh lavorava nella 'Via dei fiori': un esteso mercato all'aperto nel quale si commerciavano esclusivamente piante e materiale botanico. Thomas e Jacqueline si dissero che al loro amico avrebbe giovato una visita in quel luogo. Non appena vi arrivarono Elija riacquistò la sua giovialità e il suo sorriso luminoso. Subito fece amicizia con altri artefici della terra e iniziò a discorrere amabilmente con loro.

Thomas prese la mano di Jacqueline e le sussurrò: "Lasciamo che si diverta" la ragazza sorrise.

"Andiamo vicino al mare" propose lei. Gli occhi di Thomas si illuminarono. Avvertì gli amici e la condusse in una via secondaria che si affacciava sull'acqua. Ai lati della strada delle casette basse di pescatori dipinte di bianco contrastavano col grigio tempesta del cielo.

"Quanto amo il mare" disse Jacqueline.
"Tanto quanto me?" chiese il ragazzo ridendo.
"Forse" rispose carezzandogli il viso. Si sedettero sul molo a guardare il cielo, la tempesta si avvicinava.
"Credevo che avessi paura dell'acqua" disse Thomas dopo qualche istante.
"È vero, ma il mare mi emoziona, mi riempie di vita, non saprei spiegartelo. Inoltre ora lo sto osservando da un punto di vista sicuro, non può farmi paura" lasciò andare un sospiro, poi si rivolse a lui.
"Pensi davvero di essere in grado di controllare un mare in tempesta?" chiese Jacqueline.
"Jacqueline, sono artefice dell'acqua, certamente ne sarò in grado" esclamò mettendole un braccio intorno alle spalle.
"Ho imparato a fare un sacco di cose, anche con il mare" fece un gesto rapido con la mano e un guizzo d'acqua seguì i suoi movimenti.
"Non credo che al mare piaccia essere costretto o limitato: potrebbe ribellarsi e sopraffarti..." constatò Jacqueline.
"Ne parli come se fosse una cosa dotata di volontà propria"
"Probabilmente lo è, quasi tutto qui lo è"
"Non mi sembra una cosa che direbbe un' artefice del fuoco"
"Dimentichi che anche il fuoco è vivo: Il fuoco mangia, nasce, cresce, muore se non trova di che mangiare, si riproduce e, alla fine della sua vita, lascia una sorta di 'cadavere'. Io posso solo chiedergli cosa bruciare e cosa lasciare intatto. Non lo domino, lo assecondo, vivo in simbiosi con lui"

Thomas rimase in silenzio a guardare l'acqua e a dondolare i piedi nel vuoto sopra il mare.

Giunse la sera. Il cielo non si ubriacò del formicolio delle stelle ma smaltì la sbronza con delle nuvole grigie e rombanti. Mentre il sole tramontava sull'orizzonte i cinque amici raggiunsero il molo dov'era attraccata l'Omnia.

"Benvenuti a bordo del mio guscio di noce, stranieri" li salutò Naian, il marinaio li aiutò a salire sulla sua barca. Elija rimase ultimo e quando venne il momento di appoggiare i piedi sul legno e di lasciare la solida terra egli chiuse gli occhi e, con un sospiro nostalgico, si abbandonò al rollio dei flutti.

Al centro del braccio di mare i fulmini illuminavano il cielo, le nuvole rombarono sopra le loro teste quando Naian lasciò gli ormeggi per partire.

"Ma, sarà sicuro?" chiese Elija titubante.

"Straniero, navigo in questo braccio di mare da quando ho cinque anni e non ho mai avuto grosse difficoltà, abbi fede" rispose Naian. l'Omnia lasciò il porto di Danesh salutando la costa e le luci incandescenti delle lanterne.

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