Jacqueline: ritorno
"Se anche i baci si potessero mangiare ci sarebbe un po' più amore e meno fame e non avremmo neanche il tempo di soffrire"
Percepì Thomas che sorrideva sulle sue labbra, gli diede un altro delicato bacio e poi disse: "Faremmo meglio a tornare , non credi? Anche se credo che mi piacerebbe restare qui ancora"
"Anche io, ma penso che tu abbia ragione. Diamine, succede così spesso " Jacqueline sorrise a quelle parole.
Iniziarono il percorso di riorno, il Cerchio brillava sulla testa di Jacqueline, ogni tanto si fermavano per darsi altri baci o per continuare a sussurrarsi frasi che sapevano di miele dolcissimo. Stringeva a sè il braccio di thomas che le cingeva ora la spalla, ora il fianco, come un prigioniero che ama le sue catene.
Jacqueline aveva constatato nel tempo che ogni persona aveva un profumo e un sapore, Thomas profumava di brezza, di cannella e di pioggia. Una combinazione insolita, salubre e fresca. Non sarebbe stata in grado di dare aggettivi al sapore del ragazzo, sapeva solamente che le piaceva moltissimo.
Lui le aveva appena dato un bacio sulla guancia sussurrandole qualcosa quando lei era trasalita: dei rumori provenivano dal loro piccolo accampamento.
"Ho detto qualcosa di sbagliato?" disse Thomas un po' sorpreso.
"Non è per quello che mi hai detto, sento qualcosa che non mi piace per niente...Avviciniamoci a piano, è meglio" ordinò al Cerchio di spegnersi e subito sulla sua testa rimase un bagliore flebile come quello delle braci, sembrava che avesse la testa cinta da stelle, baluginavano debolmente nella foresta scura.
Ora che sapeva quale fosse il suo animale-simbolo poteva accrescere i suoi sensi: ricordava le parole di Henry a proposito della consapevolezza che fa aumentare le proprie capacità e i propri poteri. Il suo udito era divenuto acutissimo e percepiva dei suoni tutt'altro che rassicuranti. Lei e Thomas avanzarono lentamente nel bosco fittissimo e, quando furono nei pressi delle tende, si nascosero dietro a un albero. Non riuscirono a scorgere nulla se non ombre furtive che si aggiravano attorno al fuoco.
Jacqueline proprose di salire su di esso per vedere meglio quello che stava succedendo, siccome non le pareva sicuro parlare cercò di spiegarsi a gesti. Thomas non riusciva a capire quello che lei gli stava comunicando. Stava per dirlo a Jacqueline quando lei gli mise una mano sulla bocca e gli indicò l'albero alle loro spalle, piegò le mani intrecciandole e gli fece segno di poggiarvicisi per aiutarlo a salire. Il ragazzo la guardò un po' titubante, ma poi fece quello che gli aveva chiesto.
Jacqueline lo aiutò a issarsi su un ramo con il cuore in gola, quando fu in alto le tese la mano, la ragazza la prese e salì con molta agilità . Nonostante i rami folti dell'albero offuscassero la visuale l'accampamento si vedeva molto bene , Jacqueline riusciva a scorgere delle figure intorno al fuoco. Tesi come corde di violino si misero in attesa di qualcosa o qualcuno. Aspettare l'ignoto era logorante e il buio incuteva loro timore.
I pensieri della ragazza corsero a Elija: avevano lasciato lui di guardia, dove poteva essere finito? Era in pericolo?
Quando i suoi occhi si furono abituati alla penombra vide qualcosa: le ombre che prima aveva visto agitarsi nel buio erano un branco di lupi, le loro sagome erano tracciate dalla luce argentea della luna che rimbalzava sulle zanne candide e sulle fauci schiumanti .
Jacqueline sentí un brivido freddo correrle sulla pelle, si interrogò su cosa potessero fare in una situazione come quella. I flashback del loro incontro coi Lica Morpha selvaggi nella foresta di Edomen la investirono. Scendere dall'albero sarebbe stato imprudente: avrebbero potuto scoprirli. Non avevano nemmeno idea di come avrebbero potuto comunicare coi loro amici dal momento che non sapevano dove si trovassero.
All'improvviso tutti i lupi che si trovavano intorno al fuoco drizzarono le orecchie e cominciarono ad aggirarsi per il bosco annusando gli alberi e il terreno, come cercando qualcosa. Le loro zampe calpestavano silenziosamente il suolo della foresta e i loro musi appuntiti frugavano tra le foglie e sui tronchi degli alberi febbrilmente.
Jacqueline si chiese nuovamente cosa ci facessero lì. Erano anch'essi un branco di Lica Morpha selvaggi? Erano spie di Neear?
Un lupo dal manto nero camminò fino all'albero dove erano nascosti Thomas e Jacqueline. I due trattennero il fiato per alcuni secondi. L'animale li fissò intensamente e ululò per chiamare gli altri lupi.
Thomas sibilò un'imprecazione.
"Come facciamo ad uscire da questa situazione?" chiese poi l'artefice dell'acqua.
"Dobbiamo assolutamente trovare Elija , Jona ed Henry, potrebbero essere nei guai. E senza di loro non sappiamo dove andare..." rispose la ragazza. La mente di Jacqueline iniziò a galoppare più veloce che mai, improvvisamente un'idea le balenò nella testa. Si voltò a guardare l'albero su cui erano arrampicati: una quercia.
"Thomas?" chiamò.
"Si?" rispose lui.
"Hai mai letto 'Lo Hobbit'?"
"Ti sembra il momento di chiedermelo?" Lei gli lanciò un'occhiata fulminante.
"Come può il fatto di aver letto quel libro aiutarci?"
"Si vede che non leggi abbastanza..." replicò lei.
Thomas ci rimase di sasso, Jacqueline sapeva benissimo quello che doveva fare per risolvere quel problema. Si alzò in piedi sul ramo mentre i lupi sotto di loro ululavano assordando i due artefici. La ragazza raccolse una manciata di ghiande, chiamò la sua arma che corse da lei rassicurandola come sempre faceva , ordinò alla punta dell'alabarda di accendersi e diede fuoco alle ghiande che aveva in mano. Le lanciò contro i lupi mentre il Cerchio avvampava sulla sua testa.
"Sei impazzita? Darai fuoco al bosco!" esclamò Thomas.
"Molto improbabile, è impossibile sbagliare la mira e ho con me un artefice dell'acqua" gli fece un sorriso furbo. Dopo un iniziale momento di sorpresa anche lui si alzò stando in equilibrio sul ramo. Non poteva essere molto d'aiuto, ma comunque lanciava contro gli animali potenti getti d'acqua che li mettevano in fuga.
Jacqueline gettava le ghiande infuocate ai lupi sottostanti la cui pelliccia prendeva fuoco, a quel punto gli animali scappavano o si limitavano a dissolversi.
Per un attimo la ragazza si sentì invadere da un immenso sollievo quando vide che i lupi andavano diminuendo. Stava per guardare gli ultimi che fuggivano e riposarsi, quando scorse da lontano delle figure nere avvicinarsi.
"Giù!"sibilò Thomas allarmato, la prese immediatamente per il braccio e la fece sedere accanto a lui sul ramo nascondendosi tra le fronde . Jacqueline sussurrò al cerchio di spegnersi e i due si acquattarono nell'oscurità.
Dodici figure nere avvolte in neri mantelli appavero nella radura e si radunarono intorno al loro fuoco da campo. Le loro vesti danzavano nel buio e le loro sagome scure sembravano animarsi esclusivamente in virtù del movimento delle fiamme, senza la quale sarebbero rimaste immobili e invisibili nell'oscurità. Da destra sopraggiunsero degli uomini, Jacqueline li riconobbe: erano stati i suoi carcerieri a Seita e sul carro diretto ad Ahir Zimenia. Gli uomini col mantello nero avevano un simbolo disegnato sulla schiena: quattro triangoli chiusi come dei denti e dominati da un immobile punto nero al centro. Era il simbolo di Neear, ma Thomas e Jacqueline non potevano saperlo.
Gli uomini parlottarono un po' e poi emisero una prolungato ululato di richiamo, un massiccio branco di lupi apparve dal nulla. Gli animali sedettero, immobili come statue, intorno al fuoco, gli uomini invece si si sparsero per la foresta.
Jacqueline preoccupata si trovò a chiedersi nuovamente dove fossero Jona, Henry ed Elija, sperava che non li avessero catturati. Il tempo sembrava scorrere a rilento, gli uomini non tornavano ed era sempre più difficile per i due artefici cercare di stare immobili nascosti sull'albero. Jacqueline Stava per proporre a Thomas di scendere, dal momento che i lupi rimanevano statuari senza dare segno di vita.
Dalle ombre emerse una piccola lepre selvatica, avvicinatasi alla radura probabilmente alla ricerca di cibo. L'animale saltellò titubante vicino alle fiamme , incurante del pericolo. La lepre non vide il lampo nero che si abbattè su di lei, in un movimento fulmineo un lupo piombò addosso al coniglio come un falco sulla preda. Fece brutalmente a brandelli la povera bestiola indifesa e il sangue schizzò ovunque sfrigolando tra le fiamme.
Jacqueline si portò la mano alla bocca per soffocare un grido, temette di cadere dall' albero: non erano per niente al sicuro. Si ritrasse contro il petto di Thomas che la strinse altrettanto spaventato. Rimasero immobili per diversi minuti, pietrificati dalla paura, senza una guida al di fuori della loro coscienza.
"Ho un'idea" sussurrò Thomas a un certo punto. Lei si voltò a guardarlo, poteva vedere i suoi occhi azzurri scintillare nel buio.
"Mi trasformerò in Lica Morpha e cercherò di comunicare con questi lupi, oppure cercherò gli altri" lei rimase in silenzio per qualche secondo.
"È un'idea idiota " fu il suo commento.
"Jacqueline, ragiona, è l'unica soluzione che abbiamo"
"Assolutamente no, è troppo rischiosa" Non aveva alcuna intenzione di permettergli di fare una idiozia simile, era troppo pericoloso. Nella sua mente balenò l'immagine terrificante della povera lepre smembrata.
"Hai idee migliori?"
"No, ma ne troveremo una" litigare sussurrando era strano, sembravano due serpenti a sonagli pronti ad aggredirsi a vicenda.
Thomas la guardò negli occhi e le prese una mano.
"Ti prometto che sarò prudente" Jacqueline decise che sarebbe stata irremovibile.
"No! Quei lupi potrebbero ucciderti, quando sei in forma di Lica Morpha, non hai l'intelletto umano. Non troveresti comunque i nostri amici" lui le diede un bacio sulla guancia mentre si alzava: non la stava più ascoltando.
"No, Thomas!" sibilò Jacqueline alzandosi in piedi sul ramo a sua volta. Lo vide scendere più in basso mentre iniziava a coprirsi di pelliccia folta e grigia.
"Ti prometto che tornerò presto" Le rivolse un ultimo sguardo coi suoiocchi azzurri come laghi ghiacciati e balzò giù dall' albero.
Jacqueline trattenne il fiato, avrebbe voluto gridare, scendere dall'albero e inseguirlo.
La paura la pervase nuovamente quando sentì delle mani le le tenevano ferme le braccia dietro la schiena e quando vide una mano guantata calare sulla sua bocca.
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