Jacqueline: in-fiammata
Non voglio che siano gli
altri a decidere chi sono
-Emma Watson
Aveva superato le prove, ce l'aveva fatta, era libera.
Le fiamme si erano piegate al suo volere, provava un'irrefrenabile sensazione di potenza: il fuoco era al suo servizio, poteva ardere qualunque cosa.
Uscì dalla stanza a testa alta reggendo il mantello come un trofeo di guerra. Scorse nel viso di Thomas una certa soggezione, sembrava che gli facesse quasi paura. Il mantello aveva dei ricami verdastri che si distinguevano appena sullo sfondo nero, era bello come nel suo sogno, il motivo rilassante del ricamo rifletteva la bravura della sua creatrice.
"Ce l'hai fatta!" le corsero incontro Emmha e Henry, Thomas rimase più indietro, ma l'abbracciò comunque insieme agli altri.
" Dobbiamo assolutamente organizzare una festa per te, mia cara" disse Emmha entusiasta.
" Mi dispiace Emmha, ma dobbiamo ripartire, abbiamo ancora due mantelli da recuperare" rispose Henry.
" Forza ragazzi, prendete le vostre armi, anzi, chiamatela come vi ho insegnato" rispiegò loro il concetto.
"La vostra arma è il vostro compagno di battaglia, deve sempre essere al vostro fianco per proteggervi, per questo non si allontanerà mai troppo da voi. Se mai dovesse cadervi o trovarsi poco distante da voi, aprite la mano e chiamatela con la mente. L'arma vi sentirà e, ovunque si trovi, troverà il modo di raggiungervi"
Jacqueline tese il palmo e pensò: 'arma vieni', prese in mano la spada, quella misera spada con la quale non era capace di andare d'accordo, era una presenza decisamente ingombrante nella sua vita. Henry consegnò a Thomas la sua lancia e risalirono le scale, un calvario verso il paradiso.
I ragazzi si avviarono verso l'uscita, ma quando furono sul punto di varcare il portone una donna corse verso di loro , era vestita di nero e aveva i capelli corvini sciolti sulle spalle. Indossava degli stivali neri e dei pantaloni di pelle, aveva una casacca nera con uno scollo ampio a V.
Thomas posò un languido sguardo sulla donna, Jacqueline sentì una rabbia sorda ruggirle nelle orecchie, il Cerchio di Foco sopra la sua testa aveva cominciato ad agitare le fiammelle nervosamente.
"Ve ne andate?" disse rivolgendosi a Thomas.
L'artefice del fuoco di chiese chi fosse quella ragazza e quando avesse conosciuto Thomas, forse si erano incontrati mentre lei era in coma per il veleno della Chimarahy.
" Non ti preoccupare torneremo, nel frattempo puoi..." cominciò Thomas ma la donna non lo lasciò finire.
" Posso struggermi il cuore finchè non torni? Cosa credi che possa fare senza di te?"
" Te la caverai, sei forte. So che ce la farai" la donna arrossì visibilmente, prima di stritolare Thomas in un abbraccio appiccicoso.
Ma chi diamine era quella donna? Come poteva avere così tanta confidenza col suo amico?
Li vide scambiarsi smancerie per un po' e pensò che Thomas doveva averle mentito.
Jacqueline strizzò gli occhi allibita, un moto di nervosismo si impossessò di lei e le strinse la gola in un nodo, le sembrò di avere un nido di calabroni nel torace.
Girò i tacchi e si avviò velocemente verso il portone con il Cerchio di Foco che si agitava sulla sua testa pericolosamente.
Rabbia, rabbia, solo rabbia le comunicavano le fiamme sulla sua testa tinte di un rosso pericoloso e accecante. Neanche per un momento aveva dubitato di essere in profonda sintonia col Cerchio, da quando si era posato sulla sua testa aveva percepito un legame antico, un patto di simbiosi. Il suo potere ora era legato a quella creazione ed essa era indissolubilmente vincolata a lei, si era ormai accorta che le fiamme vermiglie assecondavano ed esprimevano le emozioni che le attraversavano l'animo, che vivevano con lei e la assecondavano.
Uscì dal portone salutando Emmha con la mano, Henry la seguí a ruota.
"Va tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma" rise, Jacqueline si voltò e all'artefice dell'aria passò la voglia di scherzare.
Il Cerchio sulla sua testa stava iniziando a ingrandirsi e a inondarle la testa di fiamme. Il fuoco prodotto dal Cerchio non la infastidiva affatto, anzi, in perfetta sintonia con lei, non la bruciava né la scalfiva.
"Jacqueline aspetta, non sai dove andare!" le urlò Henry. Jacqueline lo ignorò, solo il rombo del sangue sfiorava le sue orecchie. Camminava velocemente nel bosco, anzi correva, correva per allontanarsi dalla rabbia. La foresta circostante emanava la sua consueta aura verde-dorata, avrebbe dovuto trasmetterle un senso di pace, ma Jacqueline non riuscì a calmarsi ugualmente. Perché provava così tanto rancore? Odiava le bugie o le importava di Thomas più di quanto volesse ammettere?
Scacciò quei pensieri con un gesto della mano, come se fossero stati mosche fastidiose. Si fermò e contemplò la foresta di Edomen.
Aveva il mantello, era al sicuro, poteva calmarsi. Fece un paio di respiri profondi, le fiamme sulla sua testa si acquietarono lentamente. Si sedette su un masso e si prese il viso tra le mani mentre la rabbia scemava. Il bosco verdeggiava nel declino del suo fulgore, faceva insolitamente freddo per la stagione, tuttavia il clima era comunque piacevole. Il cinguettio degli uccelli echeggiava tra gli alberi come un tintinnio di campanelle che rimbalzava da un punto all'altro. Era caotico, ma melodico. Una nuvola coprì il sole e un soffio di vento sollevò una manciata di foglie dal sottobosco, Jacqueline rabbrividí.
Prese a massaggiare le tempie nella speranza che le passasse quella brutta sensazione di mal di testa. Non c'era motivo di agitarsi tanto, probabilmente la tensione accumulata in quei giorni le aveva provocato una reazione esagerata. Si domandò se Henry la stesse ancora cercando e pensò di dovergli delle scuse. Chiuse gli occhi per un istante e vide un bagliore, pensò di esserselo immaginato, chiuse gli occhi e li riaprì. Il bagliore era ancora lì, si avvicinò ad esso cautamente.
Le fiamme della ragazza ardevano di curiosità, la luce era sempre più vicina. Jacqueline udì un sussurro, così lieve da essere quasi impercettibile. Sembrava dicesse:' calmati , sei al sicuro, puoi addormentarti' le sue palpebre si fecero pesanti.
'Tu hai sonno, molto sonno' continuava il sussurro, la ragazza resistette all'impulso di addormentarsi in piedi. Henry la raggiunse col fiatone, piegato dalla fatica di correre in salita e su un terreno dissestato, ma quando vide la luce azzurra si destò subito. Disse col terrore negli occhi e nella voce "Jacqueline, allontanati subito"
" Perché?" chiese la ragazza, una domanda stupida, pensò subito dopo. Una luce isolata nel bosco che invitava al sonno difficilmente si poteva considerare come una cosa innocua.
Il mago stava per fare qualcosa col suo bastone quando la luce blu esplose in una cascata di acqua gelata che investì i due in pieno. Jacqueline detestava l'acqua, sentirsi sommersa era la cosa peggiore che potesse percepire, le sembrò di soffocare. Una sensazione di panico la invase, non vedeva niente e le sembrava di galleggiare nel vuoto. La mancanza di aria la costringeva a mulinare furiosamente le braccia nel tentativo di muoversi. Non riusciva ad alzarsi, l'acqua la schiacciava a terra, riuscì a estrarre la spada e a fendere l'acqua che non si tagliava, un gesto inutile.
Sopraffatta dall'angoscia tentò di nuotare ma le fu impossibile, una gran pesantezza e panico si posarono su di lei.
Quando fu sul punto di perdere i sensi vide un'ombra che la sovrastava e che si piegava sulle ginocchia, l'acqua si abbassò. Jacqueline potè tornare a respirare.
Realizzò che l'ombra era Thomas e che aveva ricacciato tutta l'acqua nella sua lancia.
" Ma che cosa diamine ti è venuto in mente?" le chiese arrabbiato quando Jacqueline si fu rialzata.
"Ero arrabbiata" rispose seccata tossendo e sputacchiando.
"Arrabbiata per cosa? Per Lindsay? Cos'ha fatto di male?"
"Chi diamine è Lindsay ? Quando l'hai incontrata?" replicò senza rispondere alle sue domande.
"Al castello, signora gelosia"
"Non ti azzardare, sai che non dovremmo fidarci di nessuno! Non è saggio, inoltre questo significa che mi hai mentito" disse irritata la ragazza.
"Lindsay é assolutamente affidabile, e poi di Emmha ti sei fidata" le disse con tono accusatorio.
"Sei stato tu ad affidarmi a lei, imbecille! E poi é la custode del castello, se non ci fossimo fidati non ci avrebbe aiutato!" Thomas ammutolì per un secondo, poi tornò alla carica.
"Ti ho appena salvato la vita, dovresti almeno ringraziarmi per questo!"
"Sai quante volte ti ho salvato IO la vita?" gli disse con rabbia mentre le fiamme sul suo capo si allungavano. "Me la sarei cavata anche da solo, non ho bisogno del tuo aiuto, francesina!" fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Jacqueline venne avvolta dalle fiamme, come se fosse stata coperta di benzina e qualcuno avesse gettato su di lei un fiammifero acceso. A Thomas ricordò un'apparizione demoniaca, arretrò di un passo sentendo sul suo viso il calore bruciante del fuoco che lei emanava. Jacqueline si produsse in una raffica di insulti in francese così lunga e dettagliata da far alzare allo stoico Henry entrambe le sopracciglia, meravigliato da tutta quella profusione di volgarità.
Le fiamme si alzarono sempre di più fino a trasformarla in una colonna di fuoco.
"Non capisco il motivo di tanto risentimento " disse infine Thomas che era rimasto quasi impassibile fino a quel momento. La ragazza si esibì in una nuova cascata di insulti in francese così pesanti che stavolta Henry ebbe la tentazione di lavarle la bocca col sapone, e disse:" Perché ci tengo a te, stupido idiota! E anche a me stessa" un attimo prima di andare letteralmente a fuoco.
"La nostra amicizia dunque non conta piú nulla?" dissero all' unisono.
Rimasero immobili per qualche secondo, poi si voltarono e si allontanarono in direzioni opposte, lasciando che la rabbia scemasse.
Henry, previdente come sempre, aveva già piantato le tende mentre loro litigavano, Jacqueline si diresse a passo spedito verso la tenda, ma Henry la bloccò.
"Ascoltami, ragazza in fiamme, calmati perché magari tu non lo sei, ma sono sicuro che la nostra tenda sia infiammabile" Jacqueline non si era accorta di star ancora bruciando, tentò di calmarsi pensando al mantello recuperato che era al sicuro in una borsa. Le fiamme si placarono e si spensero lentamente.
La ragazza entrò nella sua tenda, si gettò sul letto e si mise a scarabocchiare violentemente, per scaricare le emozioni negative. Impresse cicatrici nere sulla carta, ferite indelebili.
"Sembra che qualcuno sia geloso" esclamò maliziosamente il riflesso.
"Sei sempre così intuitiva" rispose stizzita.
"Sai, forse dovresti chiedergli scusa..." aggiunse dolcemente il suo riflesso dallo specchio.
"Perché mai? Non mi aveva detto che conosceva quella ragazza, sapeva che non potevamo fidarci di nessuno, e poi odio che mi si dicano bugie " rispose la ragazza senza smettere di scarabocchiare.
"Sembri così immatura, tesoro " disse il suo riflesso.
Senza smettere di disegnare Jacqueline bisbigliò un insulto. Il Cerchio di Foco si muoveva, il riflesso stava per aggiungere qualcosa quando Henry chiamò: "É pronta la cena". La ragazza si alzò, tirò un lungo sospiro e andò fuori dalla tenda.
Henry aveva preparato una cena in grado di placare anche il più infuriato degli animi.
Jacqueline gli lanciò un'occhiata colma di gratitudine.
"Grazie, Henry" aveva completamente abbassato le difese nei suoi confronti, una mossa poco astuta forse, ma inevitabile. Essendo lui loro guida in un mondo totalmente ignoto era normale che avesse assunto un ruolo quasi paterno nei loro confronti. Ora non riusciva a immaginare il loro viaggio senza di lui, la sua presenza era diventata rassicurante e benigna.
"Ho anche delle cose da dirvi" iniziò sorridendole.
"Le buone notizie non arrivano mai sole, a quanto pare" disse la ragazza. Thomas sedeva in disparte imbronciato, non sembrava avere fame. Henry disse: "Desidero che vi riappacifichiate, e poi voglio dirvi che ci aspettano tre giorni di cammino per il palazzo di Keya, una delle tre ninfe sorelle, la seconda dopo Edomen, vive da sola sulla montagna"
Thomas mantenne un'espressione aggrottata. Dopo un momento di silenzio Jacqueline pose ad Henry una domanda:"Come è possibile che sia riuscita ad usare i miei poteri da artefice del fuoco solo oggi?" Henry le rispose con pazienza:
" Ad Auriah la consapevolezza aumenta il potere, in te scorre il sangue di una stirpe probabilmente molto dotata, le tue capacità erano come sopite, ma si sono risvegliate quando ti sei trovata in una situazione in cui usare i tuoi poteri era la sola via d'uscita"
Thomas lanciò un penetrante sguardo alla stanza, come se riuscisse a vedere attraverso i mobili, si mordicchiò il labbro, poi chiese:
"Il potere dei Lica Morpha funziona in modo simile?" chiese Thomas.
"No, non è un'abilità che si tramanda sempre col sangue, figli di Lica Morpha non sono sempre in grado di trasformarsi, è un potere profondamente intrecciato con la nostra identità, molto più antico di quello degli artefici, più primitivo " fece una pausa.
"Quando siamo sotto la forma di lupo perdiamo la capacità di ragionare come gli esseri umani, non siamo più razionali, perciò è molto difficile ritrasformarsi. Ci sono Lica Morpha che restano trasformati per sempre perché non hanno più l' intelletto, che solo gli esseri umani possiedono." disse il mago rabbuiandosi un po'.
"Quel branco che abbiamo incontrato il giorno i cui siamo arrivati qui , come sapete, era formato da Lica Morpha, probabilmente trasformati da troppo tempo anche solo per riconoscere qualcuno appartenente alla loro stessa specie, terribilmente aggressivi e incontrollabili " un brivido scosse thomas al ricordo di quell'aggressione.
"Ma ora mangiamo" concluse Henry sedendosi. Jacqueline era affamata, ma non smise mai di pensare alle sue parole.
La mattina successiva il sole splendeva alto nel cielo e gli uccellini cinguettavano.
Jacqueline si svegliò di ottimo umore, trovò Thomas che usciva dalla sua stanza trascinandosi stancamente attraverso il corridoio.
"Buon giorno" disse scherzosamente la ragazza, faticava a restare arrabbiata con lui. Thomas mugugnò qualcosa in risposta, sbadigliò e si accorse di essere ancora in pigiama.
Fece per rientrare nella sua stanza a cambiarsi quando ebbe un attimo di esitazione. Piantò i suoi occhi azzurrissimi in quelli di Jacqueline, si morse il labbro e sputò una parola, come se gli fosse rimasta sullo stomaco tutta la notte.
"Scusami" mormorò.
"No, sono io che mi devo scusare, credo davvero di aver esagerato" rispose Jacqueline, contenta che l'amico avesse deciso di sottoscrivere un armistizio.
"Forse dovresti imparare a temere a freno la gelosia" rise l'artefice dell'acqua.
"E tu la lingua" rispose lei. Entrambi sorrisero, Thomas tese la mano verso di lei.
"Pace allora" Jacqueline sorrise a quelle parole e, ignorando la sua mano tesa, gli buttò le braccia al collo e lo strinse in un caloroso abbraccio.
"Sei un idiota"
Dopo una lauta colazione, i tre partirono per andare al castello di Keya.
Jacqueline non poté trattenersi dal pensare a quanto fosse fortunata ad avere Thomas ed Henry come compagni di viaggio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top