Jacqueline: fasciature
"Non vado in cerca di guai. Di solito sono i guoi che trovano me"
- Harry Potter
Jacqueline si accasciò a terra dopo aver urlato il nome di Henry con tutta la sua forza. Le frecce che aveva sulla spalla le mandavano fitte di dolore accecanti e le bagnavano di sangue tutta la schiena.
Lasciò cadere il suo ekèndal scintillante.
Il suo viso sfiorava l'erba umida di neve mentre la pioggia le frustava le guance. Pensò che sarebbe morta e che il suo cadavere sarebbe stato trovato in quella posizione scomposta, vide gli steli dell'erba piegarsi sotto il vento, dunque era così che vedevano il mondo i morti. Si girò su sé stessa e incrociò lo sguardo di Thomas. Una fitta di dolore le fece lacrimare gli occhi, avvertì un sapore metallico e sputò il sangue che le riempiva la bocca . Il ragazzo si morse il labbro e guardò con odio i pennacchi verdastri dei dardi.
Era vivo, ma doveva sicuramente essere ferito. Le parve pazzesco che in un momento così vicino alla morte come quello non fosse capace di preoccuparsi di altro che della salute dell'artefice dell'acqua.
Vide dei profondi tagli che gli solcavano le braccia e la schiena.
'Maledizione' pensò.
Evidentemente le ferite sulla schiena del ragazzo si erano riaperte.
Poco prima lui ed Elija si erano diretti verso il torrente come in uno stato di trance e alcuni zimeniani li avevano attaccati, violenti e spietati, messaggeri della volontà di Neear di annientarli.
L'artefice del fuoco si alzò faticosamente in piedi e il dolore le offuscò la vista già parzialmente ridotta dalla pioggia. Henry aiutò Thomas ad uscire dal torrente. Una fitta di dolore la attanagliò nuovamente e cadde sulle ginocchia.
Non poteva permettersi di arrendersi, non quando Thomas ed Elija avevano ancora bisogno di lei.
Jacqueline volse lo sguardo verso Jona che cercava di far rinvenire Elija avvolgendolo nel suo mantello color indaco. La ragazza si sentì svenire ma, con uno sforzo immenso, ordinò alle sue fiamme di dirigersi verso i due e di scaldarli senza spegnersi sotto la pioggia battente. Thomas uscì dal torrente e, incurante del fatto che stesse tremando come una foglia al vento, si diresse verso di lei incespicando a ogni passo.
"Jacqueline!" urlò, inciampò e prese a strisciare verso di lei.
Il suo Cerchio si spense.
Tutto divenne nero.
L'ultima cosa che vide fu Thomas che tentava di raggiungerla.
"Jacqueline, riesci a sentirmi? Ti prego, rispondimi!..." quanto era dolce morire tra le braccia di qualcuno che si amava.
Quando rinvenne Jacqueline si trovava all'interno della sua tenda. Si stupì: dunque era ancora viva.
Era distesa sul divano del salottino, Elija e Thomas su dei materassi per terra.
Il petto, il torso e le braccia di entrambi erano avvolti da garze bianche come la neve che una premurosa Jona stava tagliando.
"Finalmente ti sei svegliata" sorrise la donna dai capelli azzurrini, nascosta nel suo sguardo una negata apprensione.
Jacqueline sorrise a sua volta e tentò di alzarsi a sedere, ma una fitta di dolore la costrinse a restare ferma: aveva la spalla sinistra completamente bendata.
"Cos'è successo a Thomas ed Elija? E Henry sta bene?" chiese allarmata l'artefice del fuoco.
"Stanno bene, Henry è fuori a piangere la sua tenda " rispose Jona.
Un'ombra di rammarico attraversò gli occhi di Jacqueline: la tenda dell'artefice era esplosa quando gli zimeniani avevano attaccato, fortunatamente i mantelli di Edomen e Keya erano al sicuro e non avevano subito danno, ma la melodrammatica disperazione di Henry sarebbe stata sicuramente motivo di lamentele.
Elija e Thomas gemettero debolmente e sbatterono le palpebre.
"Credo che quelle fossero sirene di torrente " Jona emise un sospiro e scosse l'artefice della terra.
"Hai dormito abbastanza"
"Ah! Che meraviglioso risveglio" ridacchiò Elija, gli occhi ridotti a due fessure.
"Taci" gli appioppò uno schiaffo sulla coscia e lui gridò di dolore.
Thomas si volse verso Jacqueline e le sorrise debolmente.
"La cosa peggiore di tutto questo è che ora saremo costretti a stare tutti nella stessa tenda: l'altra è irrimediabilmente perduta" esordì Jona sbuffando.
Jacqueline sorrise felice, tutti erano sani e salvi, per il momento.
"Pensa a quante occasioni in più potrò avere per chiamarti "zuccherino": irritarti è così divertente" l'artefice dell'aria lo fulminò con lo sguardo, Elija rise debolmente.
Jona imprecò sottovoce.
L'artefice del fuoco pensò che doveva essere molto stanca: si era premurosamente presa cura di tutti loro, delle loro ferite ora faticava a tenere aperti gli occhi.
"Andiamo a dormire " le disse dolcemente. Dopo essersi faticosamente alzata, la prese sottobraccio e l'accompagnò nella sua stanza, la adagiò sul morbido letto e attese che si fosse addormentata. La luce danzante delle fiammelle del Cerchio sfiorava i suoi lineamenti morbidi e faceva brillare la sua pelle pallida. I capelli sparsi sul cuscino si allungavano come tentacoli, le labbra fresche e rosse, appena schiuse, lasciavano intravedere gli incisivi bianchi. Passarono pochi istanti e il suo respiro si fece pesante e regolare, Jacqueline le tolse gli stivali e le mise addosso una coperta, poi le fece una delicata carezza e uscì senza fare rumore. Il Cerchio crepitava sulla sua testa piacevolmente.
"Sarebbe bello se qualcuno mi desse il cambio..." borbottò Henry.
"Andrò io. Non ho sonno e nemmeno fame" mentì Jacqueline, ne aveva eccome di fame, ma decise di lasciar perdere. Sentiva dentro di lei il bisogno viscerale di uscire e guardare le stelle. Voleva sentirsi avvolta dalle tenebre e illuminarle col suo fuoco, ottenere una minuscola vittoria personale sul buio che la cirondava, sia in senso letterale che metaforico.
Henry annuì debolmente, vinto dalla stanchezza e abbattuto dalla disfatta di quel giorno.
"Va', e fa' attenzione"
La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Uscì dalla tenda e si sedette sul ceppo di un albero abbattuto. Alzò lo sguardo aspettandosi di vedere le stelle, ma degli astri scorse solo un tremolio confuso, come se tra lei e il cielo ci fosse uno strato mucillaginoso.
Istintivamente balzò in piedi e fece un giro attorno alla tenda dopo aver chiamato la sua arma. Facendo attenzione a fare meno rumore possibile camminò con passo felpato e strinse convulsamente l 'ekèndal.
Incrociò Thomas.
"Cosa ci fai qui?" chiese sorpresa.
"Dovresti essere dentro a riposare" lui sembrò non sentirla. In posizione eretta, con le braccia stese davanti sé e lo sguardo concentrato, sembrava voler afferrare oggetti invisibili con le mani . Era troppo affaticato per rispondere e indicò lo scudo acquatico che stava innalzando intorno alla tenda richiamando l'acqua del torrente. Era una creazione magica impressionante: il liquido trasparente si piegava al suo volere e si spostava seguendo le sue mani. Jacqueline ammirò l'incantesimo con stupore e un po' di nervosismo. Era contenta di avere un'ulteriore protezione, ma odiava l'acqua, quella calotta protettiva le sembrò soffocante e la assalì la paura che potesse crollarle addosso da un momento all'altro.
Una volta terminata la cupola d'acqua il ragazzo si sedette a terra sospirando, Jacqueline si inginocchiò accanto a lui, scorse una cicatrice lungo il suo avambraccio.
"Cosa è successo nel torrente a te ed Elija?" Chiese, Thomas le raccontò delle sirene e dei loro artigli, della loro disperata lotta e della malvagia di quelle subdole creature.
"Maledette" sibilò lei. I suoi occhi mandavano saette, Thomas per un attimo ne ebbe paura.
"Di chi erano invece quelle frecce?" indicò con un movimento del mento la sua spalla fasciata, Jacqueline lasciò andare un sospiro e sinsedette accanto a lui appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Quando tu ed Elija siete scomparsi degli zimeniani ci hanno attaccato, erano davvero agguerriti. Non hanno temporeggiato o negoziato come gli altri, hanno agito subito" sollevò la testa e lasciò che il suo sguardo scavasse nelle tenebre della notte.
"Se non fosse stato per la prontezza e l'esperienza di Henry e Jona, probabilmente sarei morta" quelle parole gravi caddero nel vuoto con tutto il loro peso.
"Ci hanno circondato, la tenda è esplosa, se Henry non ci avesse riparato l'urto ci avrebbe abbattute e i detriti ci avrebbero trafitte. Io e Jona eravamo vicine all'inizio, lei mi ha presa e gettata a terra per farmi evitare una freccia diretta al mio collo che, invece, ha trafitto la spalla. Mentre cercavo di rialzarmi siamo state separate: gli zimeniani erano armati fino ai denti ed estremamente abili nel combattimento. In qualche modo sono riuscita a difendermi e sono corsa al torrente per cercarti, mi sono presa una seconda freccia correndo e sono caduta cercando di chiamare Henry. Penso che lo zimeniano che aveva tirato la prima non fosse abbastanza soddisfatto" Thomas serrò la mascella e strinse i denti guardando con odio il buio intorno a loro. Un lampo accese i suoi occhi azzurri.
"Ti confesso che in quel momento ho davvero creduto di essere sul punto di morire" il ragazzo le rivolse uno sguardo indecifrabile, senza dire una parola le strinse la mano.
"Però ho pensato che sarebbe stato bello morire tra le braccia di qualcuno che amo" Thomas si lasciò sfuggire un sorriso triste. Fecero trascorrere qualche istante nel silenzio.
Jacqueline spostò lo sguardo verso la barriera acquatica che li proteggeva, un' oscurità densa come petrolio avvolgeva ogni cosa e l'unica fonte di luce presente era quella del Cerchio.
"E Jona?" Chiese Thomas.
"È molto più pericolosa di quanto sembri"
Le stelle brillarono ancora a lungo nei loro occhi, l'artefice del fuoco si stringe al ragazzo, lui le cinse la vita e si lasciò avvolgere dal suo calore. Le fiammelle del Cerchio crepitavano silenziose.
"Hai ancora paura del buio?"chiese Jacqueline.
"Non quando ci sei tu"
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