Jacqueline: dolore



" It's heartbreaking to be hurt by someone you love"

Il freddo stringeva ogni cosa nel suo gelido abbraccio. I cavalli alati volavano senza sosta e la neve graffiava i loro volti con le sue schegge. Jacqueline carezzò il collo candido del loro cavallo e vide che stava planando dolcemente verso il basso, anche se, in quel gelido mare di nulla non si distingueva la terra dal cielo. La ragazza notò una sagoma in lontananza: la reggia nera, Ahir Zimenia.

Il castello si stagliava contro l'orizzonte in lontananza, l'inquietante costruzione pareva in stile gotico, nera come la pece, sorgeva in mezzo a tutto quel bianco.

I cavalli atterrarono ai margini di un bosco antistante Ahir Zimenia, penetrando tra le fronde innevate e scuotendole fecero cadere la neve su esse depositata. Jacqueline sentì un fiocco di neve entrare nel colletto del mantello e scendere lungo la sua schiena, come una gelida carezza. Pensò che quello fosse il benvenuto adatto a un'artefice del fuoco in un regno di ghiaccio.

Aveva freddo, ma non come quando era entrata nelle Terre Oltre il Fiume, era un freddo diverso, se possibile, ancora più gelido, mortale. Si sentì molto a disagio, tutti i suoi sensi si misero sull'attenti e cominciò a osservare l'ambiente circostante con fare guardingo. Il suo Cerchio ardeva in maniera rassicurante, con una tenue luce rossastra, anche se lei non era affatto tranquilla. Anche gli altri cavalli atterrarono accanto al loro. Il bosco era completamente coperto di neve, i tronchi neri e scheletrici degli alberi interrompevano il continuo danzare dei fiocchi. Tutto era silenzioso, troppo.

Quell'anormale quiete non la tranquillizzava, non udiva, come in qualsiasi altro posto, il rumore del vento o il cinguettio degli uccelli. In qualsiasi luogo si possa essere si ama sentire il rassicurante rumore della vita: la morte è silenziosa. Troppo silenzio è ferale.

Jaqueline notò che nemmeno i suoi amici si sentivano tranquilli: Elija non calpestava più il terreno con fare sicuro, ai suoi piedi non crescevano più fiori, sembrava non riconoscere più la sua terra che ora era sterile e fredda; Jona aveva un incedere leggerissimo e si guardava costantemente intorno, come se avesse avuto paura che qualcuno potesse sorprenderla; Henry stringeva la sua arma con forza, si vedeva che si stava sforzando di mostrarsi tranquillo; Thomas aveva richiamato la sua arma e ora si stringeva nel mantello, rovistando tra la neve con gli occhi da cacciatore. Sembrava ancora più bello in tutto quel bianco, col profilo perfetto, le labbra uno schizzo color ribes, e uno spruzzo d'inchiostro i capelli. I suoi occhi erano così azzurri che sembrava ci avessero versato dentro tutto il mare.

Dagli alberi scossi dal vento scendevano costantemente gelide cascatine di neve che costrinsero gli artefici a indossare i loro cappucci. Jacqueline ordinò alle sue fiamme di spegnersi, almeno per il momento.

"Henry, non ti sembra strano che siamo potuti arrivare sin qui indisturbati? Aveva capito dove fossimo quando eravamo a Danesh, ma ora che siamo praticamente sotto il suo naso Neear non manda nessuna truppa di Zimeniani a sterminarci? Mi sembra assurdo..." disse Elija sottovoce.

"Me lo sto domandando anch'io, è impossibile che non ci abbiano visto, Neear deve aver qualcosa in mente, e qualunque cosa sia non mi piace" rispose l'artefice dell'aria con voce preoccupata, la neve scricchiolava sotto i loro passi. Il silenzio era sempre più pesante.

"Ora siamo qui, dobbiamo arrivare fino in fondo; dobbiamo farlo per Auriah" disse Jacqueline con voce ferma. Aveva molto freddo e molta paura, ma cercò di dimenticarsene, si disse che doveva soprassedere quelle inezie. "Ben detto!" le fece eco Jona. Thomas si morse il labbro e annuì concorde.

A quelle parole Henry sorrise con tenerezza e, asciugandosi una lacrima, sussurrò: "I miei ragazzi..."

I cinque amici si strinsero in un caloroso abbraccio e pregarono i cavalli alati di restare nei paraggi, nel caso avessero avuto bisogno di aiuto per scappare. Henry piantò le tende per l'ultima volta, Jacqueline si chiese cosa sarebbe successo una volta completata la missione. Non credeva che sarebbe ritornata da dove veniva, amava Auriah e si sentiva talmente parte di esso da non riconoscersi più come abitante della Terra, di cui ricordava molto poco. Auriah era la sua casa, ora. Respirò profondamente e l'aria gelida penetrò nella sua gola come un coltello. Il loro piccolo accampamento era nascosto da un gruppo di alberi e da un tronco caduto, poco distante si vedevano le porte della reggia nera. I fiocchi non avevano mai fermato la loro frenetica danza in tutto il pomeriggio.

Durante la cena gli artefici misero a punto un piano: Henry, Thomas e Jacqueline sarebbero entrati ad Ahir Zimenia con i mantelli dell'invisibilità, Jona ed Elija avrebbero dovuto attenderli fuori e, se non fossero tornati entro un paio di ore, intervenire tempestivamente. Avrebbero attaccato il giorno seguente.

Jacqueline era molto eccitata all'idea di sgominare Neear, ma anche molto nervosa, perché sapeva che ciò avrebbe comportato innumerevoli rischi. Però era curiosa di sapere perché il mago oscuro desiderasse così tanto che i suoi scagnozzi la portassero da lui. Immaginò la scena: lei e i suoi compagni tenevano in pugno Neear, puntandogli contro le armi; e lei che gli chiedeva il perché. Sorrise. Le sembrava già di sentire il sapore dolce della vittoria.

La prossima alba sarebbe stata l'ultima in cui Auriah avrebbe avuto paura di Neear, la prima con la luce della speranza e della libertà. Il giorno dopo le tenebre sarebbero state sconfitte e avrebbe regnato per sempre la luce. Sentì il Cerchio fiammeggiare sotto il suo cappuccio, voleva sciogliere tutta quella neve e riportare la primavera.

Stabilirono dei turni di guardia e il primo fu quello dell'artefice del fuoco. Jacqueline si recò all'aperto, si sedette sul tronco caduto e, richiamando il suo ekèndal, fissò intensamente Ahir Zimenia, chiedendosi quali orrori e quali terribili sorprese avesse Neear in serbo per loro. Il silenzio delle sue azioni era preoccupante. Sopraggiunse Thomas che si sedette accanto a lei mentre la neve continuava a cadere, ammantando ogni cosa di bianco. La cinse con un braccio e la strinse a sé dolcemente. Lo fece così, con naturalezza, senza dire una parola. Come se i gesti e gli abbracci ne contenessero già abbastanza. Come se ci fossero stati dei sottotitoli a spiegare il tutto,come se fosse stato tutto sottinteso e già esplicitato. Perché Thomas era come il mare: senza sentieri né spiegazioni.

La ragazza sorrise teneramente a quel gesto e disse: "Ti ricordi? La prima volta che mi hai baciata nevicava, come adesso..." l'ululato lontano di un lupo echeggiò nella gelida foresta. Il ragazzo non disse nulla, si limitò a stringerla più forte. Un vento freddo sibilava tra i rami degli alberi.

"Jacqueline" chiamò Thomas.

"Sì?"

"Ti prego, baciami come se fosse l'ultima volta che lo fai, perché potrebbe esserlo davvero" lei si voltò verso di lui con aria triste. Stavano per andare incontro a una missione suicida, poteva davvero essere l'ultima volta che lo vedeva. Il solo pensiero la rattristò, amava profondamente Thomas e i suoi amici, e non vederli mai più le avrebbe causato un immenso dolore.

Gli prese il viso tra le mani e baciò dolcemente le sue labbra color ribes, dalle loro bocche usciva una leggera nebbiolina di vapore, le ombre della notte ammantavano ogni cosa, ma la neve, che rifletteva le luci di Ahir Zimenia, emanava una debole luce azzurrina. I loro profili si sfiorarono, Jacqueline appoggiò la sua fronte a quella di Thomas.

"Ho tanta, tanta paura" sussurrò lui con voce tremante.

"Anch'io, ma non temere nulla, io sarò sempre accanto a te. È una missione pericolosa, ma dobbiamo farcela, se porteremo a termine questa impresa, Auriah sarà salvo, tornerà la primavera e la giustizia regnerà. Possiamo ancora trasformare questo buio in una splendida luce" rispose l'artefice del fuoco carezzandogli la guancia.

"E' facile dirlo per una coraggiosa come te..."

"Mia sorella Elsha una volta mi ha detto che coraggioso non è chi non ha paura di nulla, ma chi combatte le sue paure ogni giorno" replicò lei con saggezza. Thomas versò una lacrima, si morse il labbro ma non disse nulla.

"Thomas, tutti abbiamo la luce dentro di noi, ma sta a noi stessi farla brillare. Lascia che la tua luminosità spazzi via le paure e le insicurezze, pensa positivo!" lui non rispose, le lasciò un delicato bacio sulla fronte e sparì nella notte.

Tutto ciò le sembrò molto strano, lo strano silenzio di Neear e quello di Thomas preoccupavano la ragazza che giocherellò con la sua collana e rimuginò per tutta la durata del suo turno di guardia.

Il giorno dopo Jacqueline si alzò e, come un automa, si vestì. Henry disse che Nenja aveva regalato loro anche delle armature; gli artefici le indossarono, calzavano a pennello. Quella di Jacqueline era di uno splendido colore dorato, oguno richiamò la sua arma.

Si guardarono negli occhi: quella avrebbe potuto essere l'ultima volta che si vedevano, Jacqueline si impresse a fuoco nella memoria i volti dei suoi amici e giurò di non dimenticarli mai. Si salutarono con un cenno e qualche lacrima poi, Thomas, Henry e Jacqueline indossarono i Mantelli dell'Invisibilità .

Fu come entrare in un sogno, Jacqueline aveva scelto quello di Edomen, era in grado di vedere tutto senza essere vista, il mantello era fresco e profumava di menta, avvolgeva ogni cosa in una luce verdastra.

Notò che, nonostante indossassero i mantelli, poteva vedere le sagome di Henry e Thomas. L'artefice dell'aria fece loro segno di partire avviandosi verso il nero castello. Nevicava ancora, non aveva mai smesso, il cielo era plumbeo e Jacqueline si sentiva il cuore pesante per l'ansia e la preoccupazione. Si disse che doveva essere coraggiosa, guardare in faccia la morte e dirle che, per lei, sarebbe dovuta passare un'altra volta. Era suo dovere sconfiggere Neear. Avrebbe vendicato sua madre, tutte le violenze consumate contro degli innocenti e liberare le cugine di Thomas. Lo giurò sulle Fiamme Eterne.

Erano davanti al portone, grazie a una fortunata coincidenza riuscirono a entrare, le guglie della costruzione si stagliavano nel candore della neve.

L'interno era, se possibile, ancora più spaventoso dell'esterno, ogni cosa, dal pavimento al soffitto, era di un profondo colore nero. Jacqueline non sapeva se fosse a causa del suo mantello, ma sembrava che le torce appese alle pareti emanassero un'inquietante luce verde.

Il mobilio era raccapricciante, così come le finestre e le decorazioni, dentro al castello c'era quasi più freddo che fuori da esso.

Un lungo corridoio proseguiva, addentrandosi nelle viscere dell'edificio. Degli Zimeniani sotto sembianze umane pattugliavano l'interno di Ahir Zimenia, armati fino ai denti. Un senso d'inquietudine sottile e di ansia pervase i tre artefici. Potevano quasi sentire il rumore del loro cuore battere. Erano giunti circa a metà del corridoio e stavano per mettersi alla ricerca delle segrete quando Thomas fece un gesto che mise in agitazione sia Jacqueline che Henry. Il ragazzo si tolse il mantello e scambiò uno sguardo d'intesa con gli Zimeniani i quali, però, lo circondarono putandogli contro le loro armi. Jaqueline sussurrò :"Thomas, che diamine stai facendo?"il suo sussurro parve un urlo nel terribile silenzio della reggia. La ragazza e l'artefice dell'aria si scambiarono uno sguardo preoccupato e perplesso. Una risata sardonica echeggiò nel corridoio, orribile suono, roco come il gracchiare di una cornacchia.

Neear in persona fece il suo ingresso nel corridoio: "Ma che bravo Thomas, sono molto felice che tu sia qui" esclamò. Il ragazzo tenne lo sguardo rivolto verso il pavimento e versò una lacrima. Tenne l'arma puntata verso terra e le spalle abbassate per l'umiliazione e la vergogna

Poi, all'improvviso, Jacqueline capì: i continui scontri con gli zimeniani, la tristezza del ragazzo il giorno prima, il fatto che, nonostante avesse avuto numerose occasioni di ucciderli, Neear non l'avesse mai fatto...

Thomas li aveva traditi.


Cari lettori, questo è l'ultimo capitolo de "Il regno di Auriah" perchè, per una questione di lunghezza, ho deciso di suddividere la storia in più volumi. 

Troverete il seguito della storia nel secondo volume che pubblicherò a breve.

con affetto

Chiara

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top