Jacqueline: aggressioni

"Il silenzio è il grido più forte"

-anonimo

Jacqueline non vedeva più nulla, stava camminando al fianco di Thomas da poco quando si era sentita afferrare il braccio. Ora qualcuno le aveva coperto gli occhi e la bocca, la stava trascinando in una via secondaria. Le mancava il fiato per la sorpresa. Tentò di dimenarsi e di saltare come faceva solitamente ma il suo rapitore sembrava avere una presa d'acciaio. Detestava sentirsi inerme, cercò di chiamare la sua alabarda di rame ma questa non venne. Si sentì un nodo alla gola e l'angoscia la invase come il veleno del serpente entra nelle vie circolatorie della preda. Ciò le fece venire in mente che non aveva fatto in tempo ad avvisare Thomas, la sua unica speranza era che si accorgessero della sua assenza.

Finalmente il rapitore smise di trascinarla, le tolse lo straccio che le copriva gli occhi e le liberò la bocca. La ragazza stava per chiamare aiuto, si sentì afferrare e stringere il collo. Vide davanti a sè lo stesso uomo che avevano incontrato la sera prima nella locanda , aveva il volto coperto ma si poteva chiaramente vedere il medesimo pizzetto grigio. L'uomo la tenne per il collo e le fece sbattere la schiena contro il muro. Jacqueline sentì il dolore propagarsi lentamente nel suo corpo mentre la mano attorno al suo collo le serrava la gola con più forza ostacolando sempre di più il suo respiro. Tentò una seconda volta di chiamare l'ekèndal, ma l'arma non la raggiunse, allora, cercò di darsi lo slancio da terra per saltare via, l'uomo era molto più forte di lei e la tenne inchiodata al muro. Si dimenava e scalciava nel disperato tentativo di liberararsi, le forze cominciavano a abbandonarla e la paura a impossessarsi di lei.

"Chi è lei? che cosa vuole? Mi lasci andare!" Disse con voce strozzata all'uomo che la teneva per il collo.
"Ah! E così sei tu la tanto benvoluta artefice del fuoco, chissà che cosa ci fai qui...Tutta sola..." parlò la figura con voce maliziosa. Jacqueline sperò che arrivasse qualcuno, ma la sudicia strada dove si trovava sembrava essere deserta. Evidentemente l'uomo era uno degli artefici al servizio di Neear che la stavano cercando, si sentì invadere dalla terrore per quello che avrebbe potuto farle. La sua angoscia crebbe ancora di più quando scorse lo scintillio di un pugnale appeso alla cintura dello sconosciuto. Jacqueline si sentì mancare il respiro perchè lo sconosciuto stava stringendo ancora di più la presa. Il battito del suo cuore le rimbombava tra le costole.

Le fiamme che tanto la inebriavano di potere erano inutili, il Cerchio sulla sua testa era nascosto dal cappuccio e il fuoco non poteva aiutarla, non se era soffocato.

L'aria comiciò a mancarle e vide i contorni del paesaggio circostante dissolversi, stava per perdere i sensi quando scorse una rassicurante aura azzurra. Sentì la mano dello sconosciuto lasciarla andare. Jacqueline si afflosciò contro il muro boccheggiando e tossendo. Quando l'aria le riempì i polmoni venne invasa da un senso di sollievo, il mondo circostante le risultava ancora sfocato e annebbiato, ma distingueva davanti a sè le macchie di due combattenti.

La ragazza vedeva Thomas scagliare getti azzurri ghiacciati ovunque, avvolto da un'accecante aura celeste, la sua lancia brillava come percorsa da un fulmine. Dietro di lui sopraggiunsero Henry ed Elija, quest'ultimo aprì una voragine sotto all'uomo sconosciuto, i fiori erano tornati a crescere dietro di lui seminando un po'di colore in quella città grigia.

Lo sconosciuto si scansò appena in tempo,ma Henry lo spinse nel buco grazie a una potente folata di vento. Thomas corse verso Jacqueline che faticava ad alzarsi per la lunga mancanza di aria. Il ragazzo l'aiutò e la strinse forte a sè.

Quando l'artefice dell'acqua sciolse Jacqueline dall' abbraccio le sorrise, ma il suo volto si fece di pietra quando notò i segni lasciati dalla mano dello sconosciuto che le aveva stretto la gola.
Jacqueline tentò di ringraziarlo per l'aiuto, le uscì dalla bocca un suono strozzato.
Un lampo di rabbia balenò negli occhi color tempesta di Thomas che si lanciò di corsa verso la voragine dove era tenuto prigioniero l'uomo che aveva catturato Jacqueline. Un getto d'acqua sporca proveniente dalle pozzanghere vicine si riversò sull'uomo, sembrava che il ragazzo volesse annegarlo con tutta quell'acqua putrida. Dopo un po' decise che aveva avuto la sua vendetta e con disprezzo sputò nella buca.

Henry disse all' uomo che ora era loro prigioniero.
"Tu servi Neear , non è forse così?"
"S-si" piagnucolò l'uomo.
"E cosa vuole dall'artefice del fuoco? Perchè la cercate?" chiese nuovamente l'artefice dell'aria.
"N-non lo so, non ci aveva detto nulla...Le sue parole sono state 'voglio l'artefice del fuoco, viva'".

Thomas ed Henry si scambiarono uno sguardo veloce e Jacqueline capì che per quel poveraccio era finita.
Henry guardò Elija, l'artefice estrasse l'ascia alzando un sopracciglio. Non appena l'uomo capì cosa gli sarebbe successo cominciò a implorare pietà. Il luccichio delle lacrime nei suoi occhi impietosì Jacqueline, avrebbe voluto chiedere ad Henry di risparmiarlo. Elija non gli diede tempo di terminare la supplica, la sua ascia nera roteò per qualche istante prima di conficcarsi nel cranio di quel disgraziato, una lacrima di sangue scese dalla ferita.
L'artefice della terra richiamò la sua arma mentre l'uomo si accasciava a terra senza un lamento.

Uscirono da quella via scura per tornare su quella principale, Jacqueline gettò un ultimo sguardo al cadavere riverso nella buca, un brivido la scosse, pensò che Auriah aveva davvero bisogno di ritrovare una guida saggia.
Dopo aver rassicurato Elija ed Henry di stare bene Jacqueline disse: "Vi prego, andiamocene da qui..." tutti erano d'accordo con lei. Si rimisero i mantelli mentre Elija diceva: "Questa volta resteremo più uniti in modo che cose come questa non accadano più" Jacqueline sentì Thomas stringerle la mano.
"Camminerete voi davanti" continuò indicando i due ragazzi.
"In modo da non perdervi di vista" concluse Henry per lui. Per tutto i viaggio Jacqueline non smise mai di guardarsi intorno con fare irrequieto, quell'incidente le aveva messo davanti agli occhi la possibilità concreta di poter essere eliminata in qualsiasi momento, fece appello a tutto il suo coraggio per proseguire.

La città di Seita era un dedalo di vie che si aprivano ai lati della grande strada principale la quale attraversava tutta la città in lunghezza. Arrivava fino alle mura di cinta che Jacqueline iniziava a scorgere in lontananza, alte e imponenti , le porte delle mura si stagliavano contro il cielo con le loro torri grigie. Solo guardando le rovine di alcuni edifici chiunque poteva capire che Seita doveva essere stata una gran bella città. Chi poteva rogarsi il diritto di infierire su di essa riducendola a un brandello di terra, con case fatiscenti e abitanti che mendicavano per le strade chiedendo pane a chi non ne aveva nemmeno per sè? Nessuno, era la risposta. Ma Neear aveva la superba presunzione di poter spadroneggiare su Auriah.
Era pomeriggio inoltrato quando Jacqueline vide le mura scrutarla da lontano, il sole disegnava lunghe ombre scure dietro alle case e alle persone. Il sole definiva i loro lineamenti con morbidi tratti dorati. Le spalle e le teste di Thomas e Jacqueline erano così vicine, l' ombra che i due proiettavano li rendeva uniformi, sembrava fossero una cosa sola.

Ora le mura erano vicinissime, e con loro si avvicinava anche la libertà. Il Cerchio sulla testa della ragazza continuava a mandarle pulsazioni, segno che voleva essere liberato. Ormai si era abituata a quella perfetta simbiosi, era come se il Cerchio fosse una parte di lei, esternava i suoi sentimenti ed era un'arma potente. Il fuoco era il suo alleato potente.

Ora erano davanti al grande portone di legno robusto che proteggeva Seita, veniva chiuso la sera col venire del buio. Henry si fece avanti mentre Elija rimase dietro di loro. La guardia si rivolse a loro.
"Chi siete? Avete dichiarazioni?"
"No, nessuna" disse Henry.
"Siamo quattro viaggiatori diretti nella valle" continuò.
"Che cosa facevate a Seita?"domandò nuovamente la guardia.
"Dovevamo attraversarla " rispose l'artefice di aria.
"I vostri nomi" chiese il guardiano , Henry stava per rispondere quando Elija gridò:
"STATE ATTENTI E' UNA TRAPPOLA!" .

I quattro erano circondati da schiere e schiere di guardie , probabilmente artefici e Lica Morpha , vestite di nero con le armature scintillanti alla luce delle prime stelle che stavano comparendo sulla volta celeste .

Jacqueline non ebbe altra scelta se non quella di togliersi il cappuccio e di liberare il Cerchio. Avvampò lanciando in aria una fiammata color sangue, rivelando a tutti chi fosse l'artefice del fuoco che cercavano. Un'ondata di stupore percorse le truppe davanti a Jacqueline che ne approfittò per far espandere il cerchio intorno a lei e ai suoi amici cercando di proteggerli. Di nuovo quella inebriante sensazione di potenza. Dominare le fiamme la faceva sentire invincibile. Elija stava continuando a lanciare come un boomerang le sue asce bipenni nere e ad aprire buchi nel terreno in cui l'esercito cadeva , ai suoi piedi piante rampicanti serpeggiavano tra le file di soldati facendoli inciampare.
Henry faceva roteare il suo bastone evocando folate gelide mentre Thomas manteneva il controllo di tutti i corsi e pozze d'acqua che riusciva a percepire colpendo i suoi avversari con dei getti fortissimi.
Jacqueline incanalò il potere del Cerchio e si difese valorosamente.

La ragazza bruciò armature , tagliò mantelli e uccise guardie fino alla stanchezza, ma capì che non avrebbero potuto resistere ancora per molto. Era una sensazione strana, uccidere, era certa che lo stesse facendo per una giusta causa, se non si fosse difesa quelle guardie avrebbero fatto lo stesso con lei. In un certo senso uccidere con il fuoco le faceva pensare che avvenisse in modo "pulito", senza sporcarsi le mani di sangue, tuttavia non poteva impedirsi di provare un forte senso di disagio quando vedeva che i guerrieri colpiti non si rialzavano.

Plotoni di armigeri continuavano ad affluire, quando stava per chiedere di riposare un attimo percepì il suo corpo abbandonarla completamente. L'aggressione che aveva subito doveva averla indebolita più di quanto pensasse. Un getto di acqua ghiacciata le fece perdere l'equilibrio e spense il Cerchio di Foco che ritornò sulla testa della ragazza. L'acqua, detestava quell'elemento così futile eppure così fondamentale per l'umanità, la rendeva impotente, inutile e inerme, e Jacqueline detestava l'inerzia.

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