Capitolo 1
Evangeline era una ragazza con lunghi capelli corvini e occhi miracolosamente ambrati. Di rado si faceva chiamare Evangeline, ma piuttosto Eva. Viveva in una villetta con la sua famiglia adottiva: la sua matrigna, che lei odiava con tutta sè stessa, le aveva detto che la madre era morta in seguito ad una grave malattia, mentre il padre aveva iniziato a frequentare una donna, per poi lasciarle la bambina e scappare via nella notte. Non era certamente fiera di ciò che aveva fatto il padre, ma il desiderio della libertà la spronava ad andare avanti. Appena compiuti i diciotto anni, avendo finito il liceo, sarebbe andata a vivere da sola e iniziare a lavorare.
-Evangeline! Scendi IMMEDIATAMENTE!- urlò la matrigna.
-Eccomi, aspetta!- disse Eva sbuffando. Era il suo compleanno, il suo diciottesimo compleanno... sinceramente non si aspettava degli auguri, ma una tregua.... beh, quella forse sì. Si alzò e uscì dalla stanza, scese le scale due a due fino ad arrivare in cucina. I suoi fratelli adottivi iniziarono a ronzarle attorno, dandole fastidio, allora lei, innervosita, diede uno schiaffo sulla guancia di questi.
-Come ti permetti?- chiese la matrigna, e andò a controllare le guance dei piccoli, poveri bambini.
-La devono smettere- sbottò questa -Sono tredici anni che mi danno fastidio, ed io zitta, mai a lamentarmi... ma ora ho diciotto anni, me ne vado da questa topaia.- la matrigna sembrò veramente stupita, poi si arrabbiò.
-Come ti permetti di chiamarla topaia? Guarda che saresti morta se non ti avessi adottata! E poi, signorina mia, tu resterai qui. Per sempre. Perchè adesso sei mia, e decido io cosa farai. Ora che inizierai la tua carriera lavorativa sarai una cuoca. Bambini, andatevene- disse, acida.
-Si, proprio la chef, non so neanche cucinare un piatto di pasta senza far esplodere la pentola, lo dici tu stessa.-
-E' ora che impari a fare qualcosa, Evangeline- disse, con voce pacata, la donna.
-Si, è ora che lo faccia, ma voglio imparare a fare l'architetto, e TU lo sai bene. Bel compleanno, comunque. Grazie degli auguri.- disse, e si voltò, correndo su per le scale. Ma il peggio non era ancora arrivato. Si vestì come al solito, con un jeans e una t-shirt e si allungò sulla schiena sul letto. Iniziò a pensare a come poteva scappare, forse di notte, prendere una valigia, trovare un appartamento carino e poco costoso, e andare con il treno fino a lì. Tanto la carta di credito ce l'aveva. E anche dei soldi. Quindi era un piano perfetto, no? No. Perchè l'aveva detto a bassa voce, e Tiberio l'aveva sentita. Quel bambino era uno dei suoi fratelli, quello più piccolo. Sicuramente sarebbe andato a riferirlo alla cara mammina. Perchè la odiavano così tanto quelle persone?
-Evangeline- disse la donna con voce calma e piatta, sbucando all'improvviso da dietro la porta.
-Che vuoi?- disse Eva, rabbiosa e con la voce carica d'odio.
-Vestiti, metti qualcosa di più decente, viene un'ospite- disse, con un sorriso che le arrivava da un occhio all'altro, e se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.
Allora Eva, sbuffando, prese un leggings di pelle e una maglietta nera abbastanza aderente.
Poi camminò a piedi nudi verso il bagno, dove si truccò: semplicemente usò il correttore per le occhiaie e l'eyeliner nero che le faceva risaltare il colore degli occhi, poi un rossetto rosa carne, gli orecchini a forma di cerchio e poi via, verso la scarpiera, dove indossò degli anfibi. Poi mise una giacca di pelle. Era pronta. Aveva messo la giacca perchè in casa c'era l'aria condizionata anche se faceva già freddo dato che era inizio giugno, e gli anfibi perchè le piaceva mettere scarpe quando qualcuno veniva a casa. Allora si sedette sulla poltrona affianco al suo letto e iniziò a leggere un libro. Dopo un pò di tempo, un'ora o due, si alzò e scese. Mentre scendeva le scale pensava, e si attorcigliava una ciocca corvina intorno al dito. Era una sua abitudine di quando pensava. Aiutò ad apparecchiare, e, dopo un quarto d'ora o poco di più entrò una donna, vestita di tutto punto: abito aderente lungo fino alle ginocchia rosa shocking, tacchi altissimi dello stesso colore, capelli biondi e leggermente mossi e lo smalto sulle dita delle mani e dei piedi rosso fluo. Aveva una bocca carnosa con un rossetto rosa, palpebre truccate e occhi piccoli e castani. Aveva un naso a punta e un fermaglio a forma di rossetto tra gli ordinati capelli.
-E' lei la ragazzina?- chiese, sorridendo.
-Angelina! Si, è lei. Evangeline, lei è tua zia. Si chiama Angelina. E' mia sorella. E' una cuoca, dovrebbe insegnarti- disse, e fece uno sguardo che diceva "dato che fai schifo". Eva la guardò arrabbiata, poi si girò verso la donna, che si era accomodata.
-E così... lei è Evangeline. Siediti di fronte a me- mi invitò, ed io lo feci. Iniziammo a parlare, poi, mentre mangiavamo, Angelina disse:
-Beh, fatti i bagagli, Evangeline, cara? Andiamo a vivere in città, da me.-
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Eva spinse indietro la sedia, che produsse un forte rumore, poi, arrabbiata, si alzò.
-Come hai potuto farlo, donna?- chiese alla matrigna, e corse verso la sua stanza. Si chiuse la porta alle spalle e poi iniziò a piangere. Era furiosa.
Colpì con un pugno il suo specchio, contornato da foto e bei ricordi, che cadde a terra, rompendosi. Raccolse una foto. Ritraeva una bambina con i capelli corvini e lunghi a cui mancavano uno o due denti che le erano caduti. Era felice. Aveva occhi ambrati ed era vestita con una maglietta arcobaleno e un jeans, con delle scarpe da ginnastica. Evangeline. Era abbracciata ad un'altra bambina, che aveva capelli castani e anche a lei mancava un incisivo, che le era caduto. La sua pelle era color miele e aveva occhi verde smeraldo e una salopette, con sotto una maglietta fuxia fluo, e scarpe da ginnastica. Sorrideva felice. Quella era la sua migliore amica. Maia. Era morta in un incidente d'auto. Eva la prese e se la portò al cuore.
-Non ti dimenticherò mai- disse, mentre una lacrima le scivolò lungo lo zigomo. Guardò i pezzi dello specchio andato in frantumi, e vide che un pezzo non rifletteva la sua stanza. Allora lo prese in mano e fece per toccarlo, quando la sua mano, inspiegabilmente, lo attraversò, seguita dal resto del corpo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top