CAPITOLO 8 - IL CANE ROGNOSO

"In quest'immenso e frastagliato incavo dei Monti Neri, nascosto dalla fitta foresta, protetto dalle rocce che hanno eretto una fortezza, custodito dall'ululare scaltro dei lupi selvaggi e sorvolato dalle possenti aquile reali, sorge e s'estende a perdita d'occhio il Rifugio degli Ultimi, la casa dei reietti e dei disperati, degli scomparsi e dei dimenticati".

Isabella udì le parole nel momento in cui varcò le porte del Rifugio. Risuonarono per qualche momento nell'aria attorno a lei, mentre i primi raggi del nuovo giorno le accarezzavano il volto. Stava per lanciarsi alla ricerca della persona che le aveva pronunciate quando, alla sua destra, dove fino ad un secondo prima c'era il vuoto, il tronco di un albero insecchito si schiarì la voce con vigore. Isabella sobbalzò impaurita e cacciò un urlo tanto forte che un gruppetto di uccelli poco distanti spiccò il volo.

"Cosa? - gracchiò l'albero - Non hai mai visto una vecchia prima d'ora?".

La pelle nodosa e sporca della donna era ispessita e dura come una corteccia. Ciò che ancor più trasse in inganno Isabella furono i capelli, ritti come rami secchi e adornati di foglie variopinte.

"Petra! - esclamò Mae con una nota acuta nella voce - Non mi aspettavo di trovarti qua". Isabella, sollevata, sorrise alla vecchia che la guardò dall'alto in basso, con aria indagatrice.

"Dove l'hai trovato questo ammasso di pulci?".
Mae raccontò brevemente le circostanze della mattina.
"Con tutti quegli schiamazzi, Mondo ha rischiato d'avvertire del suo arrivo l'Imperatore in persona" commentò Petra con disappunto.
"Te lo ha...detto?" chiese Mae, sollevando un sopracciglio.
"Il baccano che ha fatto ha parlato a chiunque avesse orecchie per ascoltare".

Mae sembrava interdetta. Le due donne si fronteggiarono, l'una fissa sugli occhi dell'altra, come in attesa di vedere chi per prima avrebbe distolto lo sguardo.
"Devo portarla da Giselle" disse infine Mae, riprendendo la marcia.
"E io vengo con te!" fu la decisione della donna, che le sorpassò, dondolando da una gamba all'altra.
"Non mi sarei aspettata altro".
"Non è mio costume tradire le aspettative".

Con un sonoro sbuffo, Mae decise che non le interessava avere l'ultima parola in quella vivace battaglia con la vecchia; non tanto quanto, perlomeno, le interessava togliere dalla faccia di Isabella l'espressione attonita con cui si guardava attorno.

"Rilassati, ragazzina. Questo è il Rifugio e, d'ora in avanti, sarà la tua casa".

Casa. Mae non poteva saperlo ma quella parola fece accartocciare lo stomaco di Isabella. Perché averne una era il suo più grande desiderio: più della libertà, più della verità, in una vita di reclusione Isabella si era convinta che le cose sarebbero andate a posto solo se avesse trovato un posto da poter chiamare casa. E le ultime parole di Nanni la balia, quelle con cui l'aveva spinta via dal luogo che l'aveva ingabbiata da che avesse memoria, erano state per lei una conferma.

Cerca il valore di ognuno e lì troverai la tua casa.
"Non può essere così semplice" si lasciò sfuggire Isabella.
"Cosa non può essere semplice?".
"Questo posto! Com'è possibile...". La giovane si morse la lingua: prima o poi si sarebbe lasciata sfuggire qualcosa di troppo grande, qualcosa che non avrebbe potuto coprire con la vocina acuta delle bugie.

"Non è stato poi così semplice trovarlo" puntualizzò Mae circospetta.
"Chi sono queste persone? Come sono arrivate qua?".
"Ci piace chiamarci il Popolo Sovrano. Siamo arrivati qua come te: grazie ad un colpo di fortuna".
"Che cos'è un Popolo Sovrano?".
"Fai tante domande per essere una che crede alla storia dell'Unico Regno! - commentò Mae, fingendosi seccata ma non riuscendo a nascondere un sorriso - è il Popolo che è sfuggito alla devastazione dell'Impero e che combatte per la libertà".

Il cuore di Isabella mancò un colpo: se c'era qualcuno, a quel mondo, ben lontano dall'idea di guerriero, quel qualcuno era Isabella. Con un moto di sconforto, valutò che, se anche a lei sarebbe stato richiesto di combattere, forse era approdata nel posto sbagliato. Non esisteva, per lei, una casa nell'Impero. Sarebbe potuta esistere là, nel Rifugio degli Ultimi?

Sei al sicuro, Isabella.
Era incredibile come quella voce riuscisse a calmarla anche quando stava per perdere il controllo. Da tempo aveva smesso di chiedersi perché sentiva la voce nella sua testa, o a chi appartenesse, sempre se apparteneva a qualcuno. La cosa che, invece, la meravigliava ogni volta era che quella voce sapeva esattamente cosa dire, al momento giusto.

Mae si era fermata, sulla strada principale che tagliava a metà il Rifugio, e la osservava con la solita espressione di sospetto.
"C'è forse qualcosa che ti turba?".

Scosse il capo con vigore: andava tutto bene, doveva essere così.

In un secondo, una potente spinta la tirò a terra. Quando una folata di vento le solleticò i capelli e un rombo acuto attraversò l'aria sopra di lei, Isabella pensò che era giunta la fine.

Non dovevo essere al sicuro? Urlò nella testa, sperando che la voce fosse in ascolto. Se ne pentì subito, non appena Mae lasciò la presa e lei fu libera di sbirciare. Uno strano uccello l'aveva oltrepassata e puntava verso la direzione opposta alla sua. Non sapeva come altro definirlo anche se era certa che vi fosse ben poco di vivo e di animale in quella cosa.

"Che cos'è quello?".
"E' uno dei marchingegni di Ladevi - spiegò Mae con una scrollata di spalle che sapeva tanto di imbarazzo - lo chiama drone, o qualcosa del genere. Serve per portare cose da una parte all'altra del Rifugio".

C'erano così tante informazioni che stridevano nella sua testa che l'unica cosa che voleva era addormentarsi e rimandare tutte le preoccupazioni ad un altro giorno.
"E quindi... - riprese Isabella, sperando di sembrare noncurante come desiderava - come riuscite a combattere l'Impero?".
"Non dovresti preoccupartene. Perlomeno fin quando non scopriranno le tue doti - Mae si lasciò sfuggire un sospiro e si portò una mano alla fronte - Faresti meglio a farle a Giselle, queste domande".
"Chi è Giselle?".

"Forza! Non ho tutto il giorno da perder dietro alle vostre chiacchiere!". Con una scomposta serie di movimenti del braccio, Petra incitò le due a riprendere il cammino.

Non appena si furono avvicinate ad una porta di legno incastonata nella parete rocciosa, Isabella si sentì crollare addosso tutta la stanchezza della giornata. Sperò con tutta se stessa che, dietro la porta, ci fosse semplicemente una stanza con almeno una seggiola: sentiva che non sarebbe riuscita a sopportare altre sorprese, altri passaggi segreti, altre corse nella natura o arrampicate sugli alberi.

Quando la porta si aprì, il grido di gioia che uscì dalla stanza nella roccia calamitò l'attenzione di Isabella verso il basso.
"Mamma!".

Una bambinetta dalle guance tonde si era appena avvinghiata alle gambe di Mae e stringeva tanto forte da deformarsi il volto in buffe smorfie. Aveva lunghi capelli neri legati in una treccia, proprio come Mae ma, per il resto, Isabella non seppe dire se somigliasse o no alla donna. Perlomeno, la piccola sembrava ben nutrita, con quelle gambette nude e paffute. Sorrise davanti alla gioia della bambina, anche se proprio non sapeva immaginarsi Mae in veste di mamma.

"Ciao Selina - disse Petra con tono sbrigativo – cerchiamo Giselle, è in casa?".
"Certo che è in casa" rispose una voce che sapeva di autorità.

Mae varcò la porta precedendo tutti, con Selina che si era arrampicata fino a cingerle il collo. Isabella, sollevata di poter finalmente entrare in un luogo in modo convenzionale, la seguì a corta distanza: Petra la intimoriva e non voleva rischiare di rimanere sola con lei.

Scolpite nella roccia, si annidavano due piccole stanze comunicanti e ad Isabella fu subito chiaro il concetto di casa. Lontane dallo sfarzo che conosceva, la praticità degli arredamenti spiccava anche dal loro logorio: tutto, là dentro, aveva una funzione e niente era di troppo.

Mae si diresse con passo leggero verso la donna ai fornelli e poggiò dolcemente la sua fronte su quella dell'altra. Quella che doveva essere Giselle alzò e abbassò le spalle in un sospiro di sollievo poi, pulendosi le mani sul grembiule che indossava, si voltò verso gli ospiti.

"Benvenute!" esclamò, affatto sorpresa della presenza di Isabella.
Isabella pensò che, in gioventù, Giselle fosse stata la donna più bella dell'intero Impero. Non era molto vecchia anzi, aveva certamente molti meno anni di quanti il suo volto segnato voleva far credere. Un rozzo legnetto teneva i capelli striati di bianco raccolti in una crocchia perfettamente ordinata, che un po' stonava con la sprizzante vivacità degli occhi verdi.

"Chiedo che sia Setacciata" disse Petra con durezza, senza neanche rispondere al saluto. Giselle increspò le labbra in una smorfia.
"Non credo che sia il caso. Come puoi volere il Setaccio? Tu?".

"Non sono io a volerlo ma le circostanze". Un mezzo ghigno era comparso sulla faccia rugosa di Petra e Isabella iniziò a sentirsi scomoda lì dove era, in piedi vicino al piccolo tavolo da pranzo.

"E' solo una ragazzina" constatò Giselle osservando Isabella con intensità. Ah! Quindi stavano proprio parlando di lei. Isabella rizzò le orecchie, con gli occhi che dardeggiavano di desiderio verso una delle seggiole di legno attorno al tavolo.

"A me sembra adulta. Quanti anni hai, tu? Diciannove? Venti?".
"Ho sedici anni" disse lentamente, non sapendo se la sua risposta avrebbe cambiato qualcosa.
"Io, a quell'età, ero adulta già da un pezzo. E non sono l'unica" concluse Petra con amarezza, scoccando una fugace occhiata a Mae.

Se Isabella non fosse stata certa che non c'erano animali nei paraggi, sarebbe corsa a ripararsi sopra il tavolo. Quello che riempì la stanza era un ringhio furente, che proruppe dalle labbra tramanti di Mae. Selina non parve accorgersi di niente, impegnata com'era a giocare con i capelli della mamma, ma Isabella si sentì a disagio: Petra doveva aver detto qualcosa di veramente offensivo.

Per un attimo, aleggiò nell'aria il sentore che la vecchia corteccia sarebbe stata sbattuta fuori di casa; tuttavia questa non solo non diede segno di rimorso, ma anzi si mosse impettita verso il tavolo e, con noncuranza, prese posto su una delle sedie.

"Ho idea che andrà per le lunghe. Non vorrete far stare in piedi una povera vecchia per tutto questo tempo, immagino".
"Accomodiamoci tutti" invitò, infine, Giselle con sapiente diplomazia.

La ragazzina, felice di potersi finalmente sedere, prese posto su un lato del tavolo, tra Petra e Giselle, con Mae e Selina proprio davanti a lei.
"Vorrei avere la situazione più chiara" iniziò Giselle, guardando alternativamente Mae e Petra.
Isabella ascoltò la voce di Mae che, per la seconda volta in quella giornata, ripercorreva il loro incontro. Aveva le palpebre pesanti e sentiva la potenza del sonno che le spingeva a chiudersi, reclamando un po' di riposo.

"Non ti rendi conto di quanto tutto ciò sia sospetto? Il Setaccio è il minimo che possiamo fare". Il tono crescente della voce di Petra aveva scosso Isabella dal suo dormiveglia.
"Non siamo l'Impero, Petra, non facciamo più quelle...cose...alle persone. Come se questo non fosse sufficiente, non abbiamo più Interpreti".

"Baggianate!" il vecchio tronco diede una potente manata sul tavolo. Giselle tirò un sospiro rassegnato, preparandosi a dire qualcosa, quando intervenne Mae.
"Volevo aspettare che Isabella fosse sistemata prima di parlarti. Ma visto... beh... tanto vale dirlo subito. Credo di aver visto Alessandro. Non so in che altro modo vada detta una cosa del genere quindi, ecco: ho visto un uomo che somigliava incredibilmente ad Alessandro questa mattina al mercato. Credimi, non te lo direi se fosse una semplice impressione: sono quasi... anzi, sono certa che fosse lui".

"Buon per te, Mae. Buon per te!".
"L'ho visto davvero, Petra. Non prendermi per pazza - si difese Mae - credo che dovremmo indagare, forse potremmo organizzare una squadra, come ai vecchi tempi...".

"Concentriamoci sul Setaccio...".
"Ma quale Setaccio, Petra! E' stato lui a mandare la ragazza da me!".

"Basta così!". La vecchia nodosa si sporse lentamente sul bordo della sedia, portando la pelle ispessita del naso pericolosamente vicino a Selina e Mae.

"Voglio che mi ascolti bene, Mae perché non mi ripeterò. Non pensare di distogliermi dalle mie intenzioni con questi mezzi subdoli". Si alzò di scatto, con una velocità tale da ribaltare a terra la sedia che occupava fino a qualche momento prima. Isabella era impressionata: non avrebbe mai detto che fosse capace di simili movimenti.

"Mi aspetto che il Setaccio sia organizzato oggi stesso". Voltò le spalle alle donne, tutte a bocca aperta, e si diresse verso l'uscita.
"E' tuo figlio, santo cielo!" le urlò dietro Mae, con una nota di disperazione nella voce.

In tutta risposta, Petra sbatté la porta con tale forza che le stesse pareti di roccia parvero tremare.

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