Murales
Ci sono silenzi che sono come alberi, li abbracci e senti la pioggia attutita dai rami,
tu sei sotto,
e gocce come lacrime ti conducono dentro un ricordo e ci sei dentro.
In uno di quei silenzi, il più importante, scalai la vetta dell'impossibile.
Stanca, salii sul treno che mi aspettava
e su quel treno trovai il mio posto.
Tutto sembrò lontano dal mare.
Salutai le strade, la stazione e tutto ciò che era stata la mia vita prima di quel giorno.
Lasciai le ombre sulle coste disegnate dal sole sui muri e sulle strade,
ombre imperfette e assottigliate dall'altezza e dalle distanze,
imprecise ma costanti fino al calar del sole,
perché poi la luna le dissolve.
Quei muri colorati da murales ondeggianti e perplessi ma eloquenti di immagini,
dimostrazione tangibile che anche i silenzi parlano,
basta sentirli.
Un segno, un colore, un disegno, sono messaggi chiari ed esatti che giungono a chi si sofferma.
E lì, sui muri di quel grande viale, ce n'erano tanti di messaggi, come sigilli di un tempo che resta.
Lasciai gli scogli dove avevo osservato pescatori che si accingevano a rubare al mare poche vite sospese tra le ricerche degli uomini e la loro libertà sottratta.
Nella borgata lasciai l'infanzia.
Gli amici, i compagni di giochi, giochi senza internet,
non c'erano messaggi,
si suonava il campanello e alla voce che rispondeva, si diceva: "scendi".
Era l'orario in cui ci si cercava e c'eravamo sempre.
Si iniziavano i giochi, le passeggiate, i confronti sui caldi marciapiedi d'estate,
quante corse con le bici, il salto con la corda, le risate spensierate, i sogni e i desideri,
era tutto lì e c'eravamo noi.
Lasciai anche il primo bacio sulle labbra su una panchina, un ragazzo che non avrei mai dimenticato con quei suoi occhi verdi come prati di primavera in un sorriso che avrebbe illuminato ogni parte del mondo e mi ci perdevo.
Quella panchina esiste ancora e quel bacio è sempre lì, nella nuvoletta d'amore che avevamo disegnato nell'aria dal momento che le nostre labbra si erano delicatamente sfiorate con l'innocenza dell'età.
Ma come una bolla di sapone era volata via tra i rami dell'albero che proteggeva dal sole e dagli sguardi la panchina e noi, seduti lì, impacciati ed ingenui, attenti a non farsi vedere.
Ci sentimmo grandi, ma avevamo dodici anni e tanta innocenza.
Poi la distanza allontana anche i più forti propositi del "non perdersi".
Lui partì, andò via lasciando la costa molto prima di me.
Ci perdemmo.
Lasciavo tutto lì, come un libro già letto che ti resta dentro,
che avrei potuto rileggere quando avrei voluto.
Ogni cosa resta quando vai via, gli amici, quelli che non lasci mai veramente ma crederai di aver perduto.
Magari un giorno ci ritorni, riprendi il libro, apri quelle pagine, ma la vita ci cambia,
ci rende più soli e non è più lo stesso.
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