Le colonne del tempio


Lasciai il mare e il pensiero di tornarci, il sole, le spiagge, i viali di uno stradone che conduceva al mare e, se svoltavi a destra, ai monti con le strade che davano un confine alla salita e sembrava di toccare il cielo se arrivavi in cima, ma il cielo è sempre più lontano.

Da quel treno i colori sbiadivano insieme alla distanza.

E..

lasciai mia madre, una donna stanca che abbracciai dolcemente, su una panchina della stazione che segnò il distacco.

In quell'abbraccio mi rifugiai ogni volta che mi mancava, ogni volta che avrei voluto un confine per il mio ritorno, una spiaggia pronta ad accogliermi, una casa in cui poter tornare.

Lei per me era tutto ciò.

Avrei voluto portarla con me, sempre e ovunque.

La madre che quando ci lascia ci rende orfani, ci svuota e non sai come fare,

ti perdi e ti ritrovi più in là, dove non c'è lei

e sarà sempre vuoto il suo posto.

Molto più in là avrei perso anche lei, le sue mani dove le vene trasparivano attraverso la pelle,

Trasparenza che attestava il tempo che passava,

Quel vuoto non si riempì mai.

Avrei sentito sempre il suo canto accompagnato dal pianoforte che abilmente sfiorava con le sue dita lunghe e abili

ed era musica.

Lei era casa.

Lei era le note.

Mio padre e mia madre le colonne del mio tempio.

Il regista del tempo non distrugge quello che abbiamo costruito e che portiamo dentro per sempre:

i ricordi.

Anche il passato partì con noi senza pagare il biglietto, come mia madre che portai nel cuore.

Su quel treno iniziava il mio progetto, dal finestrino scorgevo veloci paesaggi assopiti e spenti,

la luna nel suo quotidiano scambio aveva preso il posto del sole al calare di questo, non c'è mai uno scambio di turni tra l'elegante e discreta signora della notte e il principe del giorno.

Gloria dormiva accanto a me.

Oltre il finestrino si alternava il mare alle campagne, ai monti, tutto in corsa sui binari ferrosi, rumorosi,

alla velocità del treno che cullava i passeggeri.

Avevo chiuso una porta che sembrava segnare un secondo tempo, come una partita di calcio.

Piano sorgeva un nuovo giorno, pensavo che il cielo fosse lo stesso, ma il suo specchio non era il mare..

Un fiume avrebbe preso il suo posto.

Avrei ricominciato in un luogo dove le colline vestivano il confine con la pianura, dove gli alberi abbracciavano il cielo come una preghiera che le foglie sussurrano.

Ripensavo alle parole dell' "artigiano di parole" e alla sua bottiglia in legno. 

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