La città degli alberi


Da quel treno vedevo interi paesaggi dominati dagli alberi, spazi come una città solo per loro.

Quante braccia hanno gli alberi.

Delicati e silenti ne aneliamo l'ombra quando il sole ci stanca e loro,

 come padri, 

ci proteggono senza averglielo chiesto, spettatori delle nostre esistenze sono lì, 

forti, vicini o distanti

come amici che ci sono,

sanno già che devono esserci e ti ascoltano.

C'è una rete invisibile di radici che si incontrano in una città sotterranea protetta,

le radici si toccano, si incontrano,

i legami, a volte, possono essere invisibili

ma sono i più forti.

Quelli nascosti, in silenzio sopravvivono al calpestìo di passi indelicati che vorrebbero schiacciarli ma loro sopravvivono come radici.

 Le foglie volano leggere ad interrompere la compattezza dell'aria e quando atterrano ritornano, come un'esigenza, ad essere parte degli alberi, li alimentano, colorano la terra che le accoglie quando la toccano delicatamente.

Gli alberi con i loro sussurri  di foglie che si nutrono come i figli dalle proprie madri.

Ed io quando li osservo un po' sono terra, un po' foglie, a volte corteccia

e qualche volta sono panchina quando aspetto che la vita cambi.

Dettagli.

Li vedo ai lati dei viali che si fanno spazio nel bosco,

in riva al fiume, mi sento parte di loro.

Mi danno ombra e respiro, li respiro fino a sentirne il tempo, l'ombra e il profumo

quel profumo di legno che non si confonde e inebria ogni parte di me.

I bambini sanno disegnarli, gli alberi, raccontano le stagioni.

Nessuno insegna agli alberi come colorarle le foglie, lo sanno già.

Un po' come quando si diventa genitori, nessuno te lo insegna eppure sai già cosa fare dal momento che la vita inizia il viaggio dentro te, ti prende per mano e ti guida nel suo universo. 

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