29. OMNIA PRAECLARA RARA

Raccontami di Hakala.

Fino al giorno prima avrebbe liquidato quella richiesta con un'alzata di spalle e avrebbe lasciato la stanza senza una parola. Il mondo, però, era appena cambiato, e lui non poteva negarselo.

Doveva iniziare a rileggere la storia con occhi diversi e, per farlo, avrebbe dovuto ripercorrere quella giornata con lei.

Si sedette sulla panca, incrociò le gambe e si lasciò confortare dalla morbidezza dei cuscini. Intrecciò le dita e cominciò a raccontare, mentre Silanna prendeva posto sulla sedia vicina a lui.

Non le nascose nulla di quanto era accaduto: come aveva puntato il coltello alla gola di Edhel, come lui l'avesse convinto a seguirlo nello spazio sacro dei Daimon, ciò che aveva visto in quel luogo, come avevano evocato la magia dei Quattro Arcani, come Vargas li aveva sorpresi e come tutto fosse andato in pezzi.

Quando tacque, lei aveva un'espressione assorta e distante. Le lunghe ciglia scure le disegnavano un'ombra sul viso.

"Se Edhel ti ha dato i suoi Arcani", ragionò a bassa voce, "allora tu hai ancora dentro di te il cuore di tuo fratello".

Il ragazzo non fece in tempo a chiederle spiegazioni, perché Silanna lo investì con una richiesta così disperata e urgente da farlo tremare.

"Aidan, ti prego! Fosse anche l'ultimo desiderio che mi esaudirai, ma... fammi entrare con te nello spazio sacro dei Daimon!"

Lui squadrò perplesso quegli occhi dorati che, da calmi che erano, sembravano brillare per la febbre. Aveva sempre cercato di limitare al massimo ogni contatto con quella dimensione che non comprendeva, che non amava e che gli aveva solo procurato sofferenze. Non voleva farlo, ma in quel momento sentì di essere in debito con lei. Un debito che non aveva prezzo, che non poteva essere pagato con un intero regno.

Si alzò in piedi, sganciò le lame elfiche dalla cintola e gliele mostrò.

"Queste sono Isil e Anar", disse.

Lei rabbrividì, ma si sollevò a sua volta per fronteggiarlo.

"La Luna e il Sole", bisbigliò.

Le lame le apparivano identiche, eppure dovevano essergli molto care, se lui riusciva a distinguerle e aveva dato loro un nome. Aidan ne ripose una, quindi sfilò l'altra dalla guaina ricamata.

"Isil è la lama che ha trafitto Edhel".

Senza aggiungere altro, sollevò il pugnale e si incise il palmo della mano destra. Un lampo di paura attraversò il viso della regina mentre il sangue scivolava via dalla ferita di Aidan. Lo guardò senza capire, ma lui le restituì un sorriso calmo e gentile.

"Mi dispiace, non so farlo in un altro modo che non sia con il sangue".

Lei annuì e il suo viso ridivenne serio, quasi triste, di fronte a quell'ammissione. Gli prese la mano e la serrò tra le sue.

"Sei davvero pronto a farlo?"

Lui si strinse nelle spalle, con tenero imbarazzo.

"Non sarò mai pronto, quindi fa' quello che devi".

Silanna gli chiuse gli occhi con una mano, poi abbassò le ciglia e cominciò a recitare in elfico.

Era sicura che si sarebbe imbattuta in un grande caos. Si era preparata ad affrontare un miscuglio violento di Elementi che si scontravano e che avrebbe dovuto ordinare da sé, senza nessun aiuto da parte di Aidan.

Invece c'è solo un corridoio.

Silanna cominciò a percorrerlo. A destra e a sinistra incrociava altre gallerie. Sembrava una sorta di labirinto. A tratti le sembrava di trovarsi nella reggia di Formenos, ma ogni volta che cercava un punto familiare tutto diventava confuso ed estraneo.

Forse questo ricordo appartiene ad Aidan e non a me.

Imboccò l'ennesimo passaggio che sembrava non condurre da nessuna parte e la scena cambiò. Silanna si arrestò per lo stupore: era davvero nella balconata di Formenos, con le aperture che si affacciavano sul giardino, le colonnine eleganti a scandirne gli spazi, l'eco della fontana che proveniva dal basso.

Edhel era mollemente adagiato a occupare una delle luci del loggiato, la schiena appoggiata al piedritto. Giocava con il suo falcetto, passandolo tra le dita con abilità.

Lei dischiuse le labbra per la sorpresa e non si mosse, incapace di articolare una parola o di muovere un dito. Quella era, in tutto e per tutto, la riproduzione di un momento che aveva già vissuto.

Lui si voltò e la vide.

"Ce ne abbiamo messo di tempo, a trovarci".

Silanna indugiò perplessa di fronte al suo entusiasmo. Il sorriso impertinente di Edhel era pervaso di una dolcezza che non aveva in quella lontana mattina. Nemmeno il modo allegro con cui balzò giù dalla balaustra e la premura con cui le andò incontro trovavano riscontro nella sua memoria.

Gli occhi azzurri gli brillavano di gioia. Aveva la stessa espressione spensierata delle ore trascorse insieme, quando giocava con la sua pelle e con le linee del suo corpo, intrecciando ciocche di capelli e baci, parole e sogni. Il loro tempo perfetto, come lo chiamava lui, dove il tempo non aveva nessun valore.

I Daimon dovevano essere oltremodo crudeli o in collera con lei, se avevano scelto di farle rivivere, sovrapposti tra loro, proprio quei due diversi ricordi. Silanna chiuse gli occhi e pregò che le fosse risparmiato quel dolore. Desiderò annullarsi e sparire, trovarsi a distanze siderali da quel frammento di tempo ma, appena Edhel la toccò, si sciolse nel suo abbraccio senza nemmeno una parola.

Forse lui aveva sussurrato il suo nome, forse era stata la sua immaginazione, ma non aveva importanza. Le sue mani le stringevano la schiena e la nuca, il corpo aderiva al suo, la guancia sfiorava i suoi capelli.

Niente ha più importanza.

Edhel l'accarezzò con lo sguardo mentre si staccava da lei per guardarle il viso. Silanna registrò solo la curva splendida del suo sorriso, il suo odore, infine le labbra che afferrarono le sue con la presa di un falco e con la morbidezza di una piuma.

Niente ha più importanza.

Verità o finzione, punizione o maledizione che fosse, sarebbe rimasta avvinghiata a lui in quell'abbandono, persa in quel bacio sospirato.

Quando la bocca di Edhel si separò dalla sua, Silanna si sentì mancare il terreno sotto i piedi. Quella sensazione di vuoto era fisica e reale. Tutto sembrava reale, distante dalle visioni simboliche cui il suo Daimon l'aveva abituata. Anche lui sembrava reale. Troppo reale, se gli bastava passarle un dito sul labbro o guardarla con il suo sguardo seducente per annebbiarle la mente.

Silanna sbatté le ciglia e lo studiò con sospetto. Cercò di allontanarlo da sé quel tanto che le bastava per ragionare e per non perdersi di nuovo in quell'abbraccio che tanto le era mancato.

"È vero, tutto questo?"

Edhel sorrise.

"È vero al massimo delle mie possibilità. Solo... non so dirti quanto tempo ci resta".

Le prese la mano e la guidò verso il loggiato. Vi si sedette con un balzo, appoggiò la schiena contro la colonna e piegò la gamba sulla balaustra. La tirò verso di sé e l'avvolse nella sua stretta. Silanna gli allacciò le braccia attorno alla vita e appoggiò la testa sulla spalla, con il viso a pochi centimetri da quello di lui, a portata dei suoi baci.

Avrebbe voluto fare mille domande, ma il solo pensiero di essere lì, con Edhel, imbavagliava tutte le sue preoccupazioni. Non riusciva a sfuggire alla sua sfera di attrazione, anche se una voce, nella sua testa, continuava a dirle che c'era qualcosa di sbagliato. Lottò contro se stessa per trovare il coraggio di incrinare quel momento perfetto.

"Ho parlato con Aidan", mormorò.

"Lo so", ribatté Edhel senza nemmeno scomporsi. "Stai cercando di capire cosa gli è successo e cosa è diventato".

Lei si sciolse dalla sua stretta e gli poggiò le mani sul petto. Gli cercò gli occhi con espressione angosciata.

"E tu, invece? Cosa sei diventato tu, adesso?"

Edhel le scostò una ciocca di capelli scuri che le era scivolata sul viso.

"Io? Io non sono più niente, e sono tutto".

Le baciò le labbra con dolcezza, forse per impedirle di formulare un'altra domanda. Tornò a guardarla negli occhi dorati, mentre anche la sua espressione si era fatta seria.

"La notte in cui ho affrontato la mia Prova, i Daimon hanno letto il mio cuore".

Silanna non poté trattenere una leggera risata.

"Ti sorprende? Gli Arcani sono dentro di noi. Conoscono ogni nostra paura e ogni nostro desiderio, anche il più nascosto".

"Non che il mio fosse poi così nascosto!", commentò lui con amara ironia.

"E, in ogni caso, i Daimon devono leggere il nostro cuore. Fa parte della Prova, del patto di fedeltà che stipuliamo con loro".

"Oh, questo lo so", osservò Edhel divertito. "E so anche cosa hai domandato in dono al tuo Daimon, la notte della tua Prova. Volevi cancellare il passato e il disprezzo che perseguita la tua stirpe, così hai chiesto di farti regina".

Silanna sgranò gli occhi e lo fulminò con uno sguardo indispettito. Era un segreto che non aveva mai rivelato a nessuno e la infastidiva l'idea che lui se ne fosse appropriato senza averne diritto. 

Edhel sentì il corpo di lei che si irrigidiva tra le sue braccia, ma non si indispose per quella reazione. Anzi, se ne sentì commosso nel momento in cui realizzò che quel frammento di emozione faceva ancora parte della sua memoria. Sorrise, perché ricordava come controbattere, e lo fece. Le prese i polsi tra le mani e la placò con un bacio.

"Non arrabbiarti, ero solo curioso", mormorò sulle sue labbra.

Lei si calmò a quel tocco, e la voce di Edhel si incrinò in una nota dolente.

"Non è andata come speravi, vero?"

Silanna accennò un sorriso.

"No, ma forse è andata meglio di come speravo. Forse i Daimon sanno che possiamo essere migliori di ciò che scegliamo di essere, e vedono oltre quelle che sono le nostre richieste".

Edhel annuì e, in quel movimento, sfregò le labbra contro quelle di lei. Staccarsi sembrava a entrambi un'impresa impossibile. Stavano fondendo insieme respiro e tocco, parole e baci come se fossero un'unica essenza vitale alla quale aggrapparsi.

"Io ho chiesto un dono, in effetti, ma ne avevo in testa un altro. Uno vero, più sincero, dal quale non riuscivo a liberarmi. Perfino mentre combattevo contro di loro ed ero a un passo dalla morte, non riuscivo a pensare ad altro. Volevo tutta la conoscenza del mondo".

Silanna abbassò le ciglia e rabbrividì. Il suo fremito attraversò Edhel e lo obbligò a prendere una pausa prima di proseguire.

"Non te l'ho mai detto, sai? Pensavo che fosse la mia disgrazia, la maledizione degli dei per la mia superbia, e ne avevo vergogna. C'erano luoghi o oggetti che, contro ogni mia volontà, mi provocavano la stessa lacerazione sperimentata quella notte, che mi scagliavano avanti o indietro di anni o di millenni".

Lei serrò le palpebre contro la sua guancia. Cercò di reprimere la domanda che più le spezzava il cuore, ma non vi riuscì.

"Che cosa ti è successo ad Hakala?"

Il respiro di Edhel, se mai poteva ancora definirlo tale, sembrò arrestarsi.

"La mia esistenza appartiene ai Daimon".

Esitò un istante ancora, come se prima di continuare dovesse mettere in ordine una miriade di pensieri.

"Sono stato creato allo scopo di impedire l'oscenità di Vargas, l'ho capito solo adesso. Così, quando sono morto, gli Dei mi hanno fatto a pezzi e, allo stesso tempo, mi hanno ricompensato con ciò che avevo richiesto. Il mio spirito si è disintegrato in milioni di particelle e ho visto tutta la conoscenza del mondo".

"Un dono degno del Supremo Daimonmaster", commentò lei cupa.

Anche a lei era venuto meno il fiato, dopo quella osservazione. Le sembrava di dover morire da un momento all'altro. Gli cercò il volto con la mano e la lasciò poggiata sulla sua guancia. Voleva essere sicura di essere ancora lì, e che lui fosse ancora lì.

"E dove sei finito, adesso?"

"Non so dirti dove o cosa sono adesso. Vedo tutto il passato, molti eventi presenti e talvolta qualche frammento del futuro. Quasi mai nel giusto ordine". 

Edhel chiuse gli occhi, cercò con disperazione di avvertire il calore del suo tocco addosso, che gli sembrava sempre più fievole di minuto in minuto.

"Sono sabbia scagliata nel tempo, che talvolta riesce a incrociare te o Aidan", proseguì. "Non ho un reale controllo su questo stato, sono in mille posti o in uno, posso vedere tutto o non vedere nulla, secondo il volere degli Dei. Quando Aidan è precipitato nella grotta, per esempio, sono riuscito a vederlo solo un attimo prima che fosse tardi. E ogni volta che vivo un qualsiasi istante nel tempo, quella parte di me svanisce e si dissolve per sempre".

Silanna sussultò a quella frase.

"E cosa accadrà quando ogni particella sarà scomparsa, quando avrai vissuto ogni momento?"

La sua voce risuonò disperata nello spazio inesistente che li circondava, al solo pensiero di quella frantumazione. Il viso di Edhel, però, si contrasse ancora una volta in un sorriso che percepì nell'incavo della mano.

"Ha senso chiederselo? O ha qualche importanza? Ho sempre vissuto pensando di non appartenere a nessun luogo, di non stare bene da nessuna parte, e forse la risposta è proprio questa: io non appartengo ad Amilendor. Sono intessuto di magia. Ho avuto in dono un corpo per amore dei Daimon e, alla fine, tutto andrà restituito".

Silanna si liberò dal laccio della sua stretta con un movimento impetuoso, si staccò da lui e lo guardò negli occhi.

"Miei Dei, Edhel... ma è atroce!"

Lui sfidò la sua angoscia con la calma. Il sorriso che le rivolse era così luminoso e sincero da disarmarla.

"No, non è atroce. È bellissimo. Io sono il figlio che i Daimon hanno amato così tanto da non poterlo vedere distrutto e ora sono quello che ho sempre desiderato... sono infinito".

Pronunciò quella parola e un attimo dopo si chiese se lei sarebbe mai stata in grado di capirlo. Si può essere amati per una vita intera, ma non si può pretendere che l'altro condivida lo stesso sogno. Tremò di incertezza di fronte a Silanna, sperò con tutto il cuore di scorgere sul suo viso una traccia di comprensione, e lei sorrise.

Sorrise anche se le lacrime le solcavano il viso. Gli gettò le braccia al collo e si sciolse con lui in un abbraccio senza più parole. In quella perfetta fusione, faceva parte anche lei dell'infinito. Edhel sentì di poterla amare per sempre, perfino in quello stato che lo portava a essere al di sopra di ogni umana emozione.

Le cercò la bocca con urgenza, la baciò come aveva già fatto mille altre volte, con la stessa passione, senza riuscire a staccarsi. Le lacrime di Silanna gli bagnavano il volto e scivolavano lungo la piega del suo collo. Sentì perfino una lacrima picchiettargli il braccio, ma non se ne curò.

Quando le lacrime, però, divennero troppe, tutti i suoi sensi si misero in allerta. Non potevano essere lacrime, quelle che lo bagnavano.

Allontanò il corpo di Silanna, si guardò la pelle, poi sollevò lo sguardo.

Pioveva.

Non era possibile. Erano al coperto, eppure l'acqua scendeva su di loro e sembrava aumentare di intensità ad ogni minuto che passava. Si accorse con sgomento che, ai margini del suo campo visivo, la pietra del palazzo sembrava sgretolarsi e disperdersi nel vento.

"Non puoi più restare oltre", esclamò con voce tesa.

"Non lasciarmi!"

Lui le serrò le braccia e la guardò con disperazione, soffrendo per ogni parola che stava per dire.

"Sai che non è possibile. Se resti, Aidan soffrirà. Io non posso fargli del male, e non posso permetterlo neanche a te".

Lei si coprì le labbra con le dita a ricacciare indietro un singhiozzo, mentre le lacrime sulle sue guance si facevano copiose come la pioggia.

"Non ti rivedrò più?", domandò con voce strozzata.

Edhel sospirò, e quel sospiro sembrò svuotarlo tutto. Le disegnò il viso con le dita, in un movimento dolce che aveva tutti i tratti dell'amore.

"No", rispose piano. "Ma io... io ti vedrò ancora. Ti incontrerò nel tuo passato e nel tuo futuro, e giuro... giuro che ti sfiorerò così tutte le volte che potrò".

La tirò a sé e la strinse un'ultima volta con un'enfasi straziante.

"Chiudi gli occhi e non guardare", sussurrò al suo orecchio.

Il loggiato, attorno a loro, stava andando in pezzi. Le colonne si frantumavano in tronconi che precipitavano nel vuoto, il soffitto evaporava e la pioggia cadeva sempre più energica.

"Di' ad Aidan che è stato bellissimo distruggersi in quel modo, ad Hakala. E digli che saprà educare Edhel molto meglio di quanto non avrei saputo fare io".

A quel nome, Silanna sussultò e, d'istinto, sgranò gli occhi. Anche il corpo di Edhel si stava sfaldando. Si disperdeva nel vento in granelli di sabbia e lei non poteva fare più nulla.

"A proposito", aggiunse lui con un sorriso. "Adoro Edhel e adoro te..."

L'ultima parola le arrivò coperta dalla pioggia. Chissà se lui l'aveva pronunciata davvero o se lei l'aveva solo immaginata. Quando anche i suoi occhi scomparvero, Silanna si sentì precipitare. Il pavimento crollò e lei fu sbalzata fuori con brutalità dall'incantamento.

Quando si risvegliò nella stanza del suo palazzo, comprese perché tutto era crollato in modo tanto violento.

Aidan era ai suoi piedi, riverso sul pavimento e privo di sensi.

NOTA DELL'AUTORE

Non vi nascondo che questo è uno dei miei capitoli preferiti in assoluto. Penso lo si intuisca fin dal titolo che ho scelto:

Omnia praeclara rara. Tutte le cose magnifiche sono rare (Cicerone, Laelius de amicitia, 79)

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