23. REGINA IN LUMINE

La tensione tra Aidan e chi gli stava di fronte fu amplificata da quelle parole, al punto da invadere l'intera stanza.

Ilo sentì un rivolo di sudore freddo scendergli lungo la schiena.

Che stava facendo Aidan? Perché si comportava in maniera tanto inopportuna e pericolosa? 

Erano appena scampati alla prigione e alla morte, era un po' presto per cacciarsi di nuovo in un guaio. Un guaio, poi, di cui lui non conosceva la portata. Perché la donna che gli stava di fronte, sebbene fosse molto bella, aveva un aspetto altero e pericoloso.

Decise di frapporsi tra i due contendenti impegnati in quella sottile prova di forza.

"Come conoscete il mio nome, signora?", chiese a bassa voce.

Lei sorrise lieve. Se non fosse stato tanto disorientato dalla reazione di Aidan, Ilo lo avrebbe definito un sorriso gentile.

"Io posso sapere ogni cosa, se lo desidero".

A quelle parole, l'arciere si fece sfuggire un'esclamazione colma di disprezzo.

"Bella frase!"

Le si fece da presso con una confidenza che lasciò Ilo di stucco e quasi sussurrò contro il suo viso.

"Potrei scommettere che l'abbiate rubata a mio fratello".

Fece una pausa, poi si scostò per guardarla negli occhi con aria sarcastica.

"Al mio gemello. Nel vostro caso è sempre meglio essere specifici".

Lei non reagì a quella provocazione. Si limitò a seguirlo con i suoi occhi dorati. Quando a lui parve di aver detto abbastanza, lo sfiorò con uno sguardo indifferente.

"Re Aidanhîn, non occorre che vi rendiate odioso nei miei confronti più di quanto non lo siate sempre stato da che vi conosco".

"Vi riferite al giorno delle giostre?", chiese l'arciere con una punta di cattiveria.

Silanna sospirò. Sembrava delusa da quello scambio di battute, o forse solo rassegnata. Fu lei, a quel punto, a tendersi verso il ragazzo, a cercare la vicinanza del suo orecchio.

"Credevo che foste cambiato", disse in un soffio.

Lui inghiottì il dolore che lo stava assalendo e la rabbia che lei sempre gli provocava, e si sforzò di restare immobile.

"Lo credevo anch'io", mormorò. "Devo essermi sbagliato".

L'elfa si ritrasse, come se a quel punto anche lei desiderasse ristabilire la giusta distanza tra loro. Aidan ignorò la sua reazione e si girò a guardare il mago, che, per tutto quel tempo, non aveva osato muoversi dalla sua posizione.

"Alzati in piedi, Ilo", ordinò con voce cupa. "Non appena la nostra ospite ci avrà indicato la strada, ce ne andremo senza perdere altro tempo".

Lei sorrise con maligna soddisfazione.

"Per vostra informazione, Aidanhîn, non si esce da Silmëran. Per la verità, nemmeno vi si entra. Non da vivi, almeno".

Il re la ripagò con lo stesso atteggiamento.

"Devo ringraziare la mia buona stella, allora?"

Silanna incrociò le braccia sul petto, piegò appena la testa di lato e gli riservò lo stesso sguardo di rimprovero con cui lo aveva messo a tacere in passato, quando lui era poco più di un ragazzino.

"No, solo vostro fratello", puntualizzò. "Il vostro gemello, per essere specifici".

Quindi sollevò la mano e fece un cenno alle creature che li avevano scortati fino alla sala.

"Accompagnate il re e l'adepto del Fuoco nei loro alloggi. Sua maestà non si è del tutto ripreso e vaneggia ancora. Non è pronto per parlare con noi".

Gli ometti scattarono in piedi e indicarono ai due giovani l'uscita. Aidan scosse il capo e mormorò un'imprecazione mentre si voltava senza salutare. Ilo, indeciso sul da farsi, si produsse nella brutta copia di un inchino, quindi si girò per seguire l'amico oltre le porte della sala.

"Non ho capito bene l'intera faccenda, ma mi pare che questa partita l'abbia vinta lei", commentò il mago appena furono rimasti soli.

Soli, in effetti, non lo erano davvero. Le creature che li avevano scortati erano una silenziosa ma costante presenza, anche se sembravano lì più per esaudire le loro richieste che per tenerli sotto controllo.

Li avevano riportati al di là del fiume sotterraneo, nelle stanze che li avevano ospitati, ma nessuno li aveva ostacolati quando avevano deciso di dare un'occhiata in giro.

Non che ci fossero molti posti in cui andare, in effetti. Quel luogo sembrava risolversi in un intrico di corridoi e aperture nella roccia, collegati tra loro dal corso d'acqua. Silmëran assomigliava a una gigantesca città lagunare dal cielo costellato di stalattiti invece che di stelle.

Così Aidan e Ilo erano ritornati sullo spiazzo dove li aveva depositati la barca. Si erano seduti a parlare sui gradoni di pietra che scendevano verso l'acqua, ristorati dal fresco di quella volta dove non era mai giorno né notte.

"Partita? Di che partita parli?", rispose l'arciere con aria irritata. "Io non mi sono nemmeno seduto a giocare. E non ho intenzione di farlo".

Ilo lo osservò per qualche istante. Era insospettito e insieme divertito da quell'atteggiamento che Aidan non era più riuscito a scrollarsi di dosso e che lo faceva somigliare a un istrice con gli aculei drizzati.

"Almeno posso sapere com'è che vi conoscete, tu e la bella signora? Sempre che la decenza ti consenta di raccontarlo".

Il re lo fulminò con uno sguardo che l'incantatore ignorò allegramente.

"Che ha a che fare il non-del-tutto-umano sovrano della noiosa Helegdir con un Elfo Scuro che regna su un luogo improbabile ai confini del mondo conosciuto?", lo incalzò.

Aidan sollevò un sopracciglio e non si lasciò sfuggire l'occasione di prendersi almeno una piccola rivincita.

"Certo che anche tu, per essere uno che dice di aver girato il mondo, sei parecchio ignorante", ribatté con la stessa ironia con cui prima lo aveva apostrofato l'amico. "Quella è dama Silanna".

Ilo sbatté le palpebre e sgranò gli occhi verdi.

"Quella dama Silanna?"

"Quella dama Silanna", rimarcò Aidan, serissimo.

"Per gli Dei, è una vera fortuna che il Re sia lontano da qui, allora!"

Quella considerazione fece trasalire Aidan e lo rese ancor più cupo, se mai era possibile. Distolse lo sguardo dall'amico e lo piantò con decisione sul fiume. Rimase a seguire il movimento flemmatico dell'increspatura che, di tanto in tanto, ne attraversava la superficie.

"Che cosa sai di questa storia?", chiese.

"Che ha scelto di seguire il Trad... ehm, vostro fratello durante la sua rivolta contro il Re".

Aidan si lasciò sfuggire un sospiro di profondo rammarico.

"Che assurdità! Edhel non ha guidato nessuna rivolta! Perché la gente continua a raccontare stupide storie su eventi che nemmeno conosce?"

"Perché così sta scritto nei libri".

"Ma i libri non dicono sempre la verità", mormorò il re con tristezza.

Ilo, per la prima volta, si sorprese a guardarlo con profonda compassione, ma Aidan non poteva accorgersene, concentrato com'era a seguire l'acqua scura che gli si muoveva davanti con la compassata solennità di un corteo.

"La gente è capace di credere a tantissime assurdità, se solo gliele si racconta nel modo giusto", commentò il mago. "Ma il tempo può rimettere a posto molte cose".

L'arciere sollevò le ciglia e fissò lo spazio silenzioso che li sovrastava. La luce innaturale della volta gli scaldò l'azzurro degli occhi e lo rese più terso per un istante.

"Tu cosa pensi che dovrei fare adesso?"

L'incantatore esitò un istante prima di rispondere.

"Penso che dovresti smetterla di scappare".

L'umore di Aidan rimase scontroso per giorni e Ilo stabilì che era più saggio starne alla larga. Prese l'abitudine di uscire e di gironzolare per i tunnel, che erano davvero le strade di quella affascinante città.

Ammirava ogni singola costruzione di roccia che incrociava e dispensava sorrisi a quel popolo luminoso che continuava a dimostrarsi amichevole e disponibile mentre recuperavano le forze e la salute. Si sforzava anche di parlare con loro. Scoprì presto che gli abitanti di Silmëran, in effetti, comprendevano la lingua elfica e che alcuni di loro riuscivano perfino a rispondergli, sebbene il loro linguaggio fosse rozzo e il vocabolario limitato.

Il giovane mago era sempre più curioso di scoprire i misteri di quel luogo che andava oltre ogni immaginazione. Aidan, invece, rifuggiva la compagnia e si crogiolava nella propria scontentezza. Passava la maggior parte del tempo a ciondolare sui gradini che si affacciavano sul fiume o nel suo appartamento. Non avevano più rivisto Silanna.

Forse non ha più voglia di quanta ne abbia io di riprendere la discussione.

Ragionava proprio su quella prolungata assenza di lei, e sulle reali possibilità che avevano di lasciare quel luogo, mentre levigava con una pietra porosa il cuoio dei suoi stivali. Era stato lacerato dalla roccia durante la caduta ed era probabile che quel tentativo fosse inutile, ma applicarsi in un lavoro manuale minuzioso lo aiutava a far passare il tempo.

Era seduto sul bordo del letto, con indosso una di quelle strane e corte tuniche bordate d'oro che i suoi custodi gli facevano trovare ogni mattina. Ai piedi aveva dovuto calzare degli strani sandali che si allacciavano sui polpacci fin sotto il ginocchio. In un'altra circostanza avrebbe avuto parecchie remore nell'indossare un abbigliamento tanto strano, ma in quel momento non gli importava nulla di ciò che aveva addosso. Pensava solo a come andare via da lì, e per questo la sua mente tornava a Silanna. Era l'unica che poteva aiutarlo, e lo sapeva, ma non aveva nessuna voglia di incrociare di nuovo i suoi occhi. Così come non aveva alcuna voglia di doverle dire grazie.

Grazie? Grazie per nulla!

La forza che stava esercitando sulla pelle degli stivali si intensificò di colpo. La pietra schizzò via dalle sue mani e rotolò a terra con un rumore ovattato. Aidan sollevò lo sguardo di fronte a sé.

Non c'erano più i valletti luminosi ai lati della porta. Ferma sulla soglia c'era Silanna, con l'abito bianco e la tiara dorata tra i capelli scuri. Gli parve di vederla per la prima volta. Era diversa dalla donna che aveva incontrato a Valkano qualche mese prima, diversa dalla donna che era nei suoi ricordi. Sembrava aver assorbito anche lei, in qualche strano modo, un po' della luce che albergava a Silmëran.

Aidan mise di lato gli stivali e si alzò in piedi, pronto ad avere la meglio su di lei.

"Eravamo rimasti d'accordo che non ci saremmo più incontrati", disse, senza attendere che parlasse per prima. "Mi sembrava di essere stato chiaro su questo punto".

Lei lo scrutò restando sulla porta.

"Non sono venuta meno a nessun accordo. Semplicemente non avresti dovuto essere qui. Ti avevo messo in guardia. Ti avevo detto di non venire".

Il tono della sua voce era tranquillo e non lasciava presupporre nessuna asprezza. Il modo naturale con cui era scivolata dal linguaggio formale che avevano sempre usato a quella forma più intima di dialogo suggeriva che le sue intenzioni erano pacifiche.

"Saresti potuto morire", continuò, quasi con dolcezza. "Nessuno entra a Silmëran, te l'ho detto. I più temerari precipitano nella voragine che dovresti ricordare bene. Se non vengono straziati dalle rocce o uccisi dall'impatto con l'acqua, ci pensano le creature che abitano i fondali del fiume a finirli".

"È per questo che non si deve toccare l'acqua?", domandò Aidan con fare distratto, mentre cercava attorno a sé qualcosa su cui puntare la propria attenzione solo per farle dispetto.

"Non si avvicinano così tanto alla città, ma è prudente non attirare troppo la loro attenzione".

Lui lasciò cadere l'argomento e riportò gli occhi su di lei.

"Vorrei riavere le mie armi", disse secco.

"Non si portano armi in questo regno".

"Mi serve qualcosa con cui giocare mentre guardo il soffitto per ore".

"Vuoi che gli altri obbediscano alle tue regole, ma non sei disposto a fare altrettanto?"

La domanda di Silanna si perse nel silenzio. Dopo quel diniego, Aidan le aveva voltato le spalle e non sembrava intenzionato a proseguire la conversazione. Cercare di mantenerla in vita a tutti i costi stava diventando uno sforzo immane. L'elfa sospirò. Desiderava trovare un appiglio per sfiorarlo, ma lui sembrava sfuggirle da ogni parte.

"Aidan, perché ti stai comportando così?"

Una voce, nella sua memoria, si sovrappose alle parole di lei.

Per gli Dei, fratellino! Perché ti sei comportato in maniera tanto assurda?

Il ragazzo si sentì quasi obbligato a girarsi di nuovo verso di lei.

"Io non ti sto attaccando", concluse l'elfa con semplicità.

Aidan cercò di trattenere il fiato e insieme l'ansia, ma non vi riuscì. Non poté impedirsi di essere meno che brusco.

"Tanto per cominciare, potevi evitare di darmi del Daimonmaster davanti a tutti".

"Tanto per cominciare, Daimonmaster è un titolo degno d'onore e non un insulto", ribatté lei. "E poi mi era sembrato di capire che fossimo in famiglia".

Gli occhi del giovane si adombrarono di colpo e lui, d'istinto, si ritrasse, come se ogni possibile replica gli fosse morta nella gola. Silanna studiò la sua reazione con viva sorpresa.

"Ma non mi dire...", riprese con un basso mormorio. "Aidan, il ragazzo che non scende a compromessi e che rispetta ogni precetto, ha iniziato a mentire?"

Lui si riprese dalla sua posizione di svantaggio e reagì con ancor più decisione.

"Nulla di ciò che faccio è affar tuo, Silanna. Voglio solo sapere come uscire da qui e andarmene per la mia strada senza più incontrarti".

Lei sussultò a quella replica. Il disprezzo che ogni parola di Aidan le trasmetteva la stava trapassando come se lui stesse giocando sulla sua pelle con le lame. Non avrebbe saputo sopportare oltre il suo rifiuto, ma era più che decisa ad andare fino in fondo con lui. Se la cortesia e la condiscendenza non avevano sortito alcun effetto, era pronta a cambiare registro.

"È oltremodo stupido quello che stai facendo. Quello che ti stai facendo!", esclamò. "Ed evitare di parlarne non ti aiuterà. Sei il Supremo Daimonmaster o sei ancora lo sprezzante ragazzino che ha rifiutato di giostrare per me ad Arthalion? Non sei cresciuto nemmeno di un giorno? Pensi davvero che non sia ancora giunto il momento di accettare che la tua vita è cambiata?"

Lui affrontò la valanga di parole che lei gli stava riversando addosso senza battere ciglio. Continuò a guardarla con distacco innaturale e non rispose.

"Eppure è stato lo scudo del Daimon dell'Acqua che ti ha impedito di sfracellarti appena toccata la superficie del fiume. Sai, diventa dura come la pietra se ci precipiti da quell'altezza. E fortuna ha voluto che il tuo buonsenso non ti abbia fatto mollare il maghetto! In qualche modo lo scudo ha protetto anche lui, altrimenti adesso saresti qui a piangerlo, visto che piangere sulla tua sorte sembra essere diventata la tua unica attività".

Aidan serrò le palpebre e sbuffò.

"Hai finito di trattarmi come se fossi un ragazzino?"

Silanna scosse il capo. Aveva sfogato tutta la sua rabbia in quel discorso, eppure non riusciva a sfuggire alla tristezza che provava. Tristezza per lui e per il suo destino, che andava oltre ogni possibile descrizione.

"Tu sei un ragazzino", mormorò infine, sconsolata. "Lo sei anche se adesso porti una corona in testa".

Lui le scagliò contro l'ennesima occhiata maligna.

"Allora lo era anche Edhel, ma questo non ti ha impedito di lasciarti sedurre da lui".

Aveva pronunciato quelle parole con cattiveria. Con l'innocente cattiveria che solo i bambini riescono a sfoderare, quando ti strappano il cuore mentre ti sorridono come creature celesti.

Silanna chinò il capo e tentò di reprimere una lacrima che spingeva per sfuggire alla gabbia delle sue ciglia socchiuse.

"È sempre questo il problema tra noi?", domandò piano, con voce rotta. "Che non lo puoi accettare? Che non riesci a credere che ci sia stato qualcosa di vero?"

Sollevò il viso verso di lui e quella volta non si nascose. Non gli nascose né le sue lacrime, né il suo dolore.

"Non ero venuta qui per litigare, Aidan. Per te ho forzato le regole di questo regno ma, se entrambi giurerete di non parlare con nessuno, vi lascerò andare. Prima, però, ci sono alcune cose che vorrei mostrarti e che tu devi vedere con i tuoi occhi".

NOTA DELL'AUTORE

Regina in lumine, Regina coperta di luce.

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