07. GLACIEI REX

Aegis era ripartito alla volta di Laurëgil quella mattina.

Disteso sulla lunga cassapanca ricoperta dai cuscini, il braccio sollevato a coprirsi gli occhi, Aidan ascoltava i rumori della reggia che si spegnavano prima del riposo notturno.

Adwen usava quella stanza come rifugio per le sue letture. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di cercarlo lì. In quella solitudine, poteva provare a rimettere insieme i pezzi della sua anima.

Mentre era perso in quell'abbandono, le fiamme delle candele si piegarono, scomposte da un improvviso refolo d'aria che aveva attraversato la piccola sala.

Aidan sollevò le ciglia e il suo sguardo si fece attento. Qualcosa era mutato nello spazio attorno a lui. Non era familiare e non apparteneva a quel luogo. Non interamente, almeno. Si levò in piedi, staccò una torcia dal muro e la puntò davanti a sé, a sfidare l'oscurità che albergava nel fondo e nella quale intuiva un battito vivo.

"Fatevi avanti!", esclamò.

Percepì una lieve esitazione, poi un sospiro. Una figura sottile, avvolta in una lunga cappa nera, si disegnò di fronte al suo sguardo.

"Come siete cambiato!"

La voce che gli aveva risposto era un misto di sorpresa e di rammarico. L'espressione sul volto di Aidan mutò in fretta. Si irrigidì, come se avesse dovuto reprimere una rabbia ancor più grande dello stupore.

"Voi, invece, non siete cambiata affatto".

Gli giunse all'orecchio una leggera risata che, il re ignorò. Si limitò a sistemare la torcia sul muro prima di rivolgersi di nuovo a lei con aria cupa.

"Che ci fate qui, Silanna?"

"Di solito si fa visita a un castello allo scopo di incontrarne il signore", rispose l'elfa con aria di celia.

"Avete dimenticato chi sono?"

Lei continuò a fissarlo tranquilla.

"Siete il principe Aidanhîn, secondogenito di Laurëloth e di Maldor di Arthalion, e re di Helegdir, per grazia degli Dei e di Galanár".

Il giovane si sforzò di passare sopra quella provocazione e di mantenersi sugli stessi toni distaccati.

"Sono tutto questo, signora, e molto altro. Sono ancora uno dei capitani dell'esercito di Arthalion, ad esempio, e ho l'obbligo di denunciare la vostra presenza all'interno di queste terre".

Silanna scosse il capo e sorrise triste.

"Sapevo che avreste detto una simile frase".

"Sapete anche che chiamerò le guardie e vi farò arrestare?"

Lei gli puntò addosso i suoi occhi dorati e lo sfidò con uno sguardo sicuro.

"Sì, so anche questo, e vi dirò che va bene. Potete fare tutto ciò che vi impone il vostro dovere, purché prima mi lasciate parlare con voi".

Aidan, a quelle parole, corrugò la fronte e si lasciò sfuggire un mormorio di scontento.

"Non credo che si abbia nulla di cui parlare, voi e io", tagliò corto.

"Sono venuta a parlarvi della salute di mia sorella".

Una risata amara gli sfuggì dalle labbra.

"Non vi nascondo che la vostra mutevole affezione per vostra sorella mi ha sempre divertito molto. Quindi vi concederò di sapere che ella gode di ottima salute, e questo è tutto".

"Aidan, voi sapete cosa accade agli Elfi, quando decidono di morire?", lo apostrofò Silanna.

Lui abbandonò l'idea di controbattere. C'era qualcosa, nel suo atteggiamento, che non riusciva a decifrare, ma che gli stava impedendo di scagliarsi contro di lei con l'astio che avrebbe voluto indirizzarle.

"Gli Elfi sono stirpe dello Spirito, nati dall'essenza stessa di Amaurëa", continuò l'incantatrice. "È la sua luce che ci permette di restare in vita tanto a lungo. Quando un Eldar vi rinuncia di propria volontà, il suo corpo si distacca dallo Spirito e la sua vita comincia a scivolare via, molto più in fretta di quanto accade a voi uomini con il naturale invecchiamento".

Aidan sospirò.

"Perché venite a dirmi tutto questo?"

"Perché temo che Adwen stia facendo la scelta sbagliata".

"È un problema che non vi riguarda".

Silanna, incurante della sua reazione, avanzò di qualche passo.

"Io posso aiutarvi".

Gli tese una mano con un movimento amichevole, ma Aidan sorrise beffardo di quella proposta.

"Non chiederei mai l'aiuto di una strega", sibilò.

Silanna si ritrasse e gli restituì uno sguardo offensivo.

"Così è questo che sono, adesso? Una strega?"

In quella reazione, lui intravide uno squarcio di ciò che era stata, l'aspetto indocile di lei che era alla portata del suo sdegno, e le rivolse un sorriso allusivo.

"Toglietevi quell'inutile smorfia dalla faccia", lo rimbrottò l'elfa. "Non siete nella posizione di poterla esibire. L'aura di magia che si è levata da Valkano qualche giorno fa era così potente da superare le montagne di Lossmir".

Si gustò per qualche istante l'espressione di sorpresa e di sgomento che si era disegnata sul volto del re, poi proseguì con lo stesso tono incalzante e provocatorio.

"Credevate davvero che non si sarebbe percepito? Oh, quanto poco sapete della magia arcana! D'altra parte, perché Aegis dovrebbe prendersi la briga di istruire un soldato come voi?"

Gli occhi di Aidan scintillarono di quieto furore. Silanna inarcò il sopracciglio e lo studiò con uno sguardo singolare. Era evidente che stava combattendo con la tentazione di saltarle al collo.

Aveva conosciuto quel ragazzo, un tempo. Sapeva che la disciplina militare informava la maggior parte dei suoi comportamenti e lo rendeva impenetrabile. Provocarlo a quel modo e giocare con i suoi limiti poteva rivelarsi tanto rischioso quanto inutile. Forse, se fosse riuscita a fargli tirare fuori la sua natura passionale ed emotiva, avrebbe ottenuto di più.

Abbassò la voce e tentò un approccio confidente.

"Che vi ha fatto Edhel?"

L'eco di quel nome rimase per qualche istante sospeso nel silenzio della stanza.

"Se anche avesse fatto qualcosa, sareste l'ultima persona al mondo a cui lo direi. Non mi fido, fin dal primo giorno in cui ci siamo incrociati. Non so cosa abbiano visto in voi i miei fratelli, né perché entrambi siano stati così pazzi da affidarvi la loro vita, ma io preferisco sapervi lontana da Valkano e da mia moglie".

Silanna scosse il capo. Non era la reazione che aveva sperato, ma sapeva che quella era comunque una possibilità.

"Qualunque cosa pensiate di me, Adwen è mia sorella, non potrei mai nuocerle. Forse in passato ho sbagliato con lei, ma non c'è nulla di male nell'ammettere un errore e nel tentare di porvi rimedio. Il vero peccato è ostinarsi in una posizione, come state facendo voi, che potreste ricorrere alla magia per risolvere i vostri problemi e avete deciso di non prenderla nemmeno in considerazione".

Esitò un istante e si accorse che finalmente Aidan la stava ascoltando senza l'ansia di metterla a tacere.

"Eppure vostra madre lo ha fatto", concluse.

Il re chinò il capo e i suoi occhi fissarono un punto indefinito del pavimento.

"Non siamo obbligati a ripetere gli stessi errori dei nostri genitori, ne convenite?", mormorò.

A quella domanda, Silanna non poté fare a meno di pensare a sua madre, a se stessa, a Edhel e al destino cui non era riuscita a sfuggire.

"Posso assicurarvi che per amore si può. Si può arrivare a macchiarsi delle stesse colpe di cui li abbiamo accusati".

"Amore?", ripeté lui con un accento desolato. "Pensate che l'amore possa sempre giustificare ogni nostra scelta? Probabilmente sì, lo credete, a giudicare dalla condotta che avete tenuto nella vostra vita. Ma io non sono come voi".

C'era un rancore antico e mai estinto, in quelle parole. Aidan era ancorato al passato, alla morte. Non era pronto a vedere il modo in cui la vita operava sulle persone. Silanna pensò che non poteva biasimarlo. Anche a lei era occorso tempo prima che i suoi occhi si aprissero.

"Credetemi, sono dispiaciuta per voi e per Adwen, ma il dolore che state vivendo non è solo vostro. Rientra in un piano più grande. È importante che almeno voi capiate ciò che sta accadendo. Gli ingranaggi che Galanár ha messo in moto e che Edhel aveva previsto hanno iniziato il loro lavoro".

"Che senso ha ragionarci adesso? Lui e Galanár hanno sempre voluto spingere questo mondo alle sue estreme conseguenze", commentò Aidan con una punta di amarezza. "E uno dei due, alla fine, lo ha fatto".

"Ciò che è peggio, lo hanno fatto entrambi", lo corresse. "Occorre qualcuno che possa ristabilire il giusto equilibrio. E chi mai potrebbe averne la forza, se non il giovane re di ghiaccio?"

Quello strano titolo, pronunciato nella notte, gli trasmise un brivido e gli fece paura.

Aidan serrò le palpebre per scacciare quella sensazione. Silanna lo osservò con un misto di tenerezza e preoccupazione. Stava solo cercando di proteggersi, ma così facendo rifiutava di accettare la realtà e il posto che, suo malgrado, vi occupava. Approfittò di quel momento, gli si avvicinò e poggiò le dita sul suo braccio. Lo richiamò a sé con dolcezza e lo obbligò ad aprire gli occhi sui suoi.

"Ricordate, Aidan? Quella mattina ad Arthalion?"

Lui non poté fare a meno di fissarla stupito. Era bizzarro che lo stesso evento gli fosse stato ricordato per la seconda volta nello spazio di pochi giorni.

"Il giorno delle giostre", mormorò.

Silanna assentì con il capo.

"Galanár vi chiese di giostrare per me".

"Edhel lo fece al posto mio", aggiunse lui con un fil di voce.

Si rese conto, un attimo dopo, di non aver più pronunciato quel nome da tempo immemore, e di averlo fatto proprio di fronte a lei. Silanna sorrise con tristezza.

"Con quel gesto, vostro fratello vi salvò. E, nello stesso tempo, salvò me".

La voce le si era incrinata per l'emozione. Aidan la fissò con stupore. Nei suoi occhi dorati riuscì a scorgere una verità di amore e di dolore che lo lasciò spiazzato e muto. Lei gli stava dando il permesso di leggerle dentro.

"Vedete? Per quanto non ci piaccia ammetterlo, noi due siamo legati".

Aidan non rispose, ma non diede segno di opporsi a quel discorso. Silanna esitò, poi sollevò le dita e scostò un lembo della camicia che gli copriva il petto. Fissò con intensità il luccichio che era balenato fuori nel momento in cui aveva spostato la stoffa, poi sfiorò il ciondolo che lui nascondeva.

"Qualcosa di più grande della nostra volontà ci ha uniti in un nesso indecifrabile di vita e morte".

Il re non osò ribattere, non osò respingerla. Nella sua anima, un groviglio di fitte emozioni gli aveva afferrato il cuore e non lo lasciava respirare. L'amuleto sembrava aver preso vita al tocco di lei e gli stava bruciando la pelle. Desiderò sfuggire a quella sofferenza. Era stanco. Stanco di quel peso. Stanco di quel dolore.

Afferrò il gioiello, lo nascose in un pugno e si allontanò di qualche passo.

"Silanna, io non so cosa vi abbia spinta a venire fin qui dopo tutto questo tempo".

La sua voce era tornata rigida e distante, come lo era stata all'inizio della loro conversazione.

"Vi ho detto che vi farò arrestare, e non solo perché sono un uomo ligio al dovere e un soldato. Lo farò perché io vi odio. Perché, a causa vostra, sono condannato a vivere con un vuoto incolmabile per tutti gli anni che mi restano".

Lei indietreggiò a sua volta e scosse la testa.

"Un tempo anche io avrei detto lo stesso di voi", sospirò. "Ma il fato, alle volte, ci svela realtà inaspettate che vanno al di là della nostra comprensione. E voi, Aidanhîn, non potrete restare sempre ai margini della storia".

Si interruppe, si prese una pausa che lo costringesse a guardarla.

"Nessun uomo conosce il modo in cui sarà chiamato a servire, no? Non è questo che vi hanno insegnato?"

A quelle parole, lui sollevò il capo di scatto e la guardò con un misto di sospetto e di rancore.

"Chi ve l'ha detta, questa frase?"

Silanna gli sorrise con dolcezza.

"So davvero molte cose su di voi, più di quelle che riuscite a immaginare".

Quello voleva essere un altro tentativo di sfiorargli il cuore, ma Aidan lo giudicò invece maldestro e inopportuno. Pensò solo di poterla odiare più di quanto non facesse già. L'idea che lei provasse ad avanzare dei diritti su Edhel o sui loro ricordi gli era intollerabile. Edhel era una parte del suo mondo e del suo cuore che non era intenzionato a cedere o a condividere con nessuno.

"Quindi è questo che pensate di me? Che in qualche modo vi potrei servire?", commentò caustico. "Ora capisco cosa vi accomunava a Galanár".

Di fronte all'ennesima sferzata, Silanna si spazientì. Sapeva che non avrebbe avuto una seconda occasione con Aidan, perché lui non gliel'avrebbe concessa, ma non era più tanto sicura di volerla. Era andata lì con uno scopo preciso, però, e doveva almeno portarlo a termine. Gli avrebbe detto ciò che doveva, allora. Poi lo avrebbe lasciato in balia delle sue decisioni.

"A tal proposito... vostro fratello, il re", replicò con una punta di ironia. "Lui non deve oltrepassare le montagne di Lossmir".

Quella frase provocò nel giovane una risata involontaria.

"Voi state chiedendo a me di impedire a Galanár di fare qualcosa? Come se non lo conosceste!"

Lei lo squadrò con severità.

"Non mi interessa se lo farete, o come lo farete. Vi sto dando un avvertimento. Se lui vuole divertirsi con le navi della sua principessina lungo le spiagge del Nord, che lo faccia pure, ma non può addentrarsi a Est. Tutte quelle terre gli sono proibite. Fateglielo presente con le buone o con le cattive, altrimenti non potrò più garantire per la sua incolumità".

"Galanár ha sempre deciso della propria vita come meglio credeva".

"Giocato sarebbe il termine giusto, ma la cosa non mi sorprende né mi riguarda, ormai. Mi rincrescerebbe, però, se voi vi trovaste a un passo dalla morte per il solo fatto di averlo seguito in questo viaggio".

Aidan fece per ribattere, ma si arrestò. Stava rispondendo per abitudine, come se lei fosse ancora la confidente di suo fratello come lo era stata un tempo, mentre quel discorso avrebbe dovuto metterlo in allarme.

"Come fate a sapere tutto questo? Avete delle spie a Formenos?", chiese con sospetto.

L'elfa sorrise compiaciuta.

"Vi stupirebbe la quantità di informazioni che posseggo e quelle che potrei avere. Posso conoscere tutto ciò che accade nelle Terre Remote, se lo desidero. Spingermi fino a Formenos non è certo un problema".

Lui la interruppe con un brusco gesto della mano.

"Adesso basta, non voglio sentire altro! Ho tollerato la vostra presenza finché avete finto di essere qui per motivi familiari, ma non posso parlare con voi dei progetti del re. Non obbligatemi a mettere mano alla spada, perché vi assicuro che lo farei senza rimpianto".

Lei percepì la serietà di quell'avvertimento e tacque. Aveva provato, per la memoria di Edhel e per l'amore di Adwen, a parlare con lui a carte scoperte, ma se nemmeno quei due legami erano stati abbastanza per Aidan, allora non le restava che rinunciare. Aveva consegnato il suo messaggio, non c'era più nulla da aggiungere.

"Noi non saremo mai amici, vero?", fu l'ultima domanda cui si aggrappò con profonda tristezza.

Aidan scosse il capo.

"No. Perché se non ci foste stata voi, lui sarebbe ancora vivo".

Silanna pensò di averne abbastanza. Anche lei aveva un cuore, anche lei aveva una ferita. Non era più disposta a metterla da parte per qualcuno che aveva scelto di non vederli.

"Chissà", rispose aspra. "Chi può dirlo? Sarebbe potuto morire in battaglia anche se fosse rimasto nello schieramento opposto. Ciò che è certo, invece, è che non si sopravvive a una pugnalata assestata dritta al cuore".

Il ragazzo sobbalzò e la sua espressione passò dalla sorpresa al dolore, e dal dolore all'odio.

"Vedete, dunque, che non saremo mai amici?", replicò.

"Sì, è così".

Aidan, a quel punto, distolse lo sguardo e lo puntò verso un angolo buio della stanza.

"Giusto per fugare ogni dubbio", aggiunse, "sappiate che non vi darò un'altra occasione per parlare. Daimonmaster o no, noi non siamo più dalla stessa parte".

Silanna tirò su il cappuccio a nascondersi il viso e chinò appena il capo.

"Non temete. A qualunque parte pensiate di appartenere, questa è stata la mia unica visita. Ho finito con voi, Aidan. Ci rivedremo sotto un altro cielo".

NOTA DELL'AUTORE

Con Glaciei Rex, Il Re di Ghiaccio, completiamo la serie di capitoli che hanno generato i titoli dei tre volumi della saga.

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