7. Quando il giorno divenne buio

Nym rimase impietrito per un attimo per poi portarsi un dito alla bocca indicando al satiro di fare silenzio. La creatura chiuse la bocca che gli si era aperta per lo stupore e gli fece un cenno con la testa. Se non avesse davvero parlato sarebbe stato salvo e Toots con lui.

«Muoviti. Muoviti fauno, non hai tutto il giorno e il re è affamato. Affamato.»

L'orco emise un grugnito prima di uscire dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle.

Quelli che seguirono furono attimi di terrore per Nym, fino a quando la testa del fauno non sbucò da sotto il tavolo.

«Puoi uscire, se n'è andato.»

Ancora un po' titubante, Nym si tirò fuori dal suo nascondiglio e si guardò intorno meravigliato.

La stanza nella quale era finito era una vera e propria caverna adibita a cucina. Il camino continuava a scoppiettare in un angolo riscaldando un pentolone dal quale usciva un odore fetido; sul tavolo erano presenti arnesi da cucina e non solo: ampolle, provette, tutto pieno di liquidi colorati che ribollivano. In un angolo erano accatastati cesti ricolmi di quella che un tempo doveva essere stata frutta.

Dall'altro lato della cucina, delle gabbie contenevano tantissimi animali. In una Nym riconobbe il cucciolo di nakabi e, alla sua destra, la ninfa che aveva visto nella radura.

Il ragazzo si avvicinò alla gabbia del povero animale e appoggiò le mani sulle sbarre.

«Ho visto mentre venivi catturato. Mi dispiace, non ho potuto fare niente.»

Il cucciolo, dapprima intimorito, si avvicinò a Nym e appoggiò una sua zampetta sulle dita dell'elfo come a rassicurarlo. Al che Toots uscì allo scoperto, ritornando sulla testa del suo padrone.

«Quella è una Siris?»

Chiese il fauno estasiato. Corse verso Nym a braccia tese, ma la catena che portava alle zampe lo tirò bloccandolo.

Istintivamente Nym prese Toots tra le mani, come a volerla proteggere. Guardò a lungo il fauno, la sua corta barba marrone e le grosse corna arrotolate color avorio che gli spuntavano in cima alla testa tra i capelli scuri e ricci. Non indossava vestiti, tanto che a stare a contatto con il fuoco la sua pelle era diventata scura e sporca di fuliggine, mentre i ciuffi di peli sulle braccia e la pelliccia sulle gambe erano l'unica cosa che avesse per riscaldarsi

«È una siris, esatto.» Gli rispose continuando a fissarlo «Si chiama Toots. Sappiamo che per gli orchi-dorki è una prelibatezza, ma non ho nessuna intenzione di darvela.»

La ninfa emise una leggera risata.

«Non abbiamo intenzione di rapirla. E poi guardaci: anche se fosse, dove dovremmo andare?»

Fu in quel momento che Nym si rese effettivamente conto di essere l'unico a non essere in una gabbia o incatenato al suolo.

«Io sono Nimue e quel brontolone laggiù è Hul.» Continuò la ninfa inclinando la testa e mostrando una fila di denti bianchi come stelle in un incantevole sorriso. «Perdonaci per la nostra accoglienza, ma non siamo soliti avere ospiti. Tu sei?»

«Nym.» Si presentò il ragazzo con un inchino del quale Elasha sarebbe stata fiera «Cosa vi è successo?» Chiese con voce triste.

Il fauno si voltò di spalle incrociando le braccia.

«È successo tutto molto tempo fa.» Cominciò a raccontare guardando fisso i suoi zoccoli «La foresta di Oròtonas era un posto bellissimo, una volta. La luce del Sole arrivava fino alle nostre pelli e il cinguettio degli uccelli accompagnava le nostre passeggiate. Le ninfe cantavano felici sulle sponde del Lago dalle acque argentee mentre le fate dell'acqua danzavano a ritmo di quelle melodie. Eravamo tutti felici. Gli animali potevano girare liberi e io suonavo con gli altri fauni nelle radure alle feste del chiaro di Luna. Eravamo protetti da quegli alberi che amavamo e benedetti dal Sole e dalla Luna che adoravamo. Ma un giorno...»

Hul si interruppe e la tristezza prese piede negli sguardi di tutti.

«Cos'è accaduto?» Chiese Nym avvicinandoglisi.

«Gli orchi ecco cos'è accaduto.» Intervenne la ninfa «Nessuno li ha visti arrivare. Io ero con le mie sorelle al Lago come ogni giorno, intrecciavamo corone di fiori da metterci nei capelli quando, all'improvviso, abbiamo visto gli assik alzarsi in volo dalle loro minuscole tane. Questi piccoli insetti verdi e blu dagli aculei rossi vivono solo nella foresta di Oròtonas per la vegetazione della quale si nutrono e sono in grado di percepire prima di chiunque altro il pericolo. Il trillo delle loro ali di cristallo ci ha dato il modo di allarmarci. Non tutti i giorni gli assik si muovono in volo tutti insieme abbandonando i nidi, solo quando è la stagione degli amori o quando c'è un pericolo. E faceva ancora troppo freddo per la stagione degli amori. Poi i nakabi hanno iniziato a saltare di ramo in ramo sulle nostre teste diffondendo per la foresta un forte stridio di allarme. Ci tappammo tutte le orecchie da quanto erano forti. Fu allora che anche altri animali iniziarono a venire nella nostra direzione. Fu prima la volta dei fenellore dalle grandi ali nere e dai becchi blu che si alzarono in volo dalle fronde degli alberi muovendosi a slalom nella foresta e lasciandosi portare dal vento. Dopo di loro i grunki, con le zampe corte e le zanne arcuate, uscirono dalle tane nel sottobosco per scappare spaventati. Poi piccoli cheloni dalla folta coda e dalle piccole orecchie scesero dagli alberi mentre gli shin abbandonarono le loro alture e corsero nella nostra direzione. Le grosse zampe si muovevano in ampie falcate e alla coda folta piena di funghi erano attaccate creature più piccole come i chi attaccati al folto pelo chiaro con gli artigli rossi. Erano tantissimi e non li avevamo mai visti così agitati. Abbiamo provato a fermarne qualche shin per farci spiegare cosa stesse succedendo quando li abbiamo visti. Correvano anche loro verso di noi. Saltavano da una parte all'altra non curandosi di rovinare tutto quello che urtavano con violenza.

Colpivano il tronco degli alberi più giovani con bastoni ricurvi e si gettavano in mezzo agli arbusti arrivando a sradicarli. Nulla si salvava al loro passaggio.

Per di più emettevano quell'orribile grugnito insopportabile.»

La ninfa strabuzzò gli occhi e si portò le mani alle piccole orecchie verdi prima di continuare, come se stesse sentendo il grugnito nelle orecchie proprio in quel momento.

«Avevano in bocca dei bastoncini neri e cavi dai quali lanciavano spine rosse addosso a qualunque essere vivente incontrassero. E appena questi venivano toccati, cadevano come foglie dagli alberi.

Alcune fate dell'acqua riuscirono a scappare risalendo la corrente dei fiumi affluenti e molte mie sorelle si trasformarono in alberi. Anche io stavo per trasformarmi, quando notai che una delle mie sorelle più piccole era rimasta incastrata sotto un tronco caduto. Corsi da lei ma il fusto era troppo pesante perché io riuscissi a sollevarlo da sola. Non riuscii a liberarla ma oramai non aveva più importanza perché gli orchi ci avevano circondate. Ci lanciarono addosso quelle spine un paio di volte, ma trasformai le mie braccia in fronde e le respinsi ma non durai molto. Non riuscii a proteggerla. Ci sputarono contro le spine rosse e l'ultima cosa che ricordo è mia sorella che chiama il mio nome. Venimmo catturate e non fummo le uniche.» Una lacrima cristallina le cadde da uno dei suoi grandi occhi e, quando toccò il terreno si trasformò in un bellissimo fiore di creanto dai cinque petali rossi allungati che subito appassì. «Quando mi risvegliai ero rinchiusa in questa gabbia esattamente in questo posto. Sono passati anni e da allora non ho idea di dove abbiano portato le mie sorelle, se siano ancora vive o se quelle trasformate in alberi siano riuscite a ritrasformarsi in ninfe.»

Il fauno sospirò.

«La storia di tutti qui dentro è più o meno la stessa. Io mi trovavo nel mio albero quando sono arrivati. Noi fauni abitavamo nei tronchi degli alberi nel più profondo della foresta. Eravamo soliti fare feste notturne alle quali partecipavano tutti gli animali.»

«Controvoglia aggiungerei.» Lo interruppe Nimue incrociando le braccia al petto.

«Che intendi dire?» Chiese Nym incuriosito

«La musica dei fauni è solo ammaliatrice.» Riprese Hul guardando storto la ninfa. «Ogni sera rendevamo omaggio alla Luna, nostra protettrice, con una festa alla quale, chiunque ascoltasse la nostra musica, era il benvenuto. Naturalmente dovevamo anche cibarci e ogni cibo è sacro sotto la Luna. Così...»

«Così vi mangiavate i vostri ospiti!» Finì la ninfa. «Un modo alquanto barbaro di trattare gli ospiti.»

«Siamo fauni, è la nostra natura. Noi non cacciamo, è il cibo che viene da noi e poi te l'ho già detto: tutto ciò che avviene sotto la Luna è sacro.» Finì Hul con un sorriso compiaciuto; sapeva che Nimue non avrebbe mai contraddetto qualcosa di sacro. «Come stavo dicendo prima di essere interrotto,» riprese il fauno lanciando un'occhiata alla ninfa, «ci stavamo preparando per una delle nostre solite feste. Era quasi il tramonto e i raggi del sole penetravano pigri dalle fessure del tronco. La placida giornata volgeva ormai al termine e i piccoli aerie si alzavano in volo rendendo luminosa la sera mentre i fiori di creanto, mossi dal vento, facevano risalire il più dolce dei profumi.

In un primo momento non me ne accorsi, ma la musica si fermò rimpiazzata da urla di dolore e di battaglia. Così corsi fuori per vedere cosa fosse successo. Fauni giacevano a terra addormentati, mentre altri lottavano contro gli invasori, gli orchi. Erano più di noi, avevano bastoni che infrangevano ovunque: sugli alberi, sulle rocce. Provavano a colpire anche i bambini.» Hul fece una pausa, nei suoi occhi rilucevano gli orrori di quel passato. «Intere famiglie vennero catturate, fuochi vennero accesi per radere al suo l'intero villaggio. Il mio primo pensiero fu il vecchio Sem, il mio maestro, incapace di combattere e di difendersi. Corsi a perdifiato verso il suo tronco. Saltavo corpi riversi sul suolo e schivavo quelle orribili spine rosse che si ficcavano negli alberi accanto a me e che gli orchi continuavano imperterriti a lanciarmi. Tutto intorno non era altro che caos, ma nelle orecchie sentivo solo il sangue e il cuore che batteva all'impazzata. Arrivai dal vecchio Sem ma la porta era spalancata. Entrai con terrore e zoccoli tremanti. Il tavolo era ribaltato su un lato, ampolle e pozioni versate a terra. Un orco giaceva morto sotto una sedia e segni di lotta erano ben visibili anche ad occhi inesperti come i miei. Contro ogni mia aspettativa, il vecchio Sem aveva combattuto con tutte le sue forze e io non ero stato lì a proteggerlo. Non potrò mai perdonarmelo.

Quando sentii i grugniti avvicinarsi, il primo pensiero fu quello di combattere, di vendicare il mio maestro. Presi un pezzo di vetro che giaceva davanti ai miei zoccoli e lo strinsi forte. Ricordo ancora bene la sensazione del bruciore che sentii quando il vetro entrò nella carne e il calore del sangue che colava sul pavimento. Ogni singola goccia emetteva più rumore di quegli orrendi orchi che venivano nella mia direzione. Mi guardai intorno e capii che non ne sarebbe valsa la pena. Non era quello che il mio maestro mi aveva insegnato. Lui aveva cercato di difendersi e non si erano fatti nessun problema a portarlo via nonostante fosse vecchio e malato. Così ho lasciato cadere il vetro e l'ultima cosa che ricordo era un dolore lancinante al collo. Quando poi mi sono svegliato ero già attaccato a questa catena e avevo una di quelle spine piantate nel collo.»

Il silenzio calò sovrano nella stanza. Solo il fuoco faceva sentire il suo crepitio.

«Se gli orchi-dorki hanno distrutto tutto,» Nym interruppe il silenzio «quei fiori rossi che spuntano da ovunque, cosa sono?»

Il fauno si girò a guardarlo con occhi lucidi.

«Quei fiori dici?» Chiese e Nym annuì «Sono sbucati fuori dal nulla. Hanno preso il sopravvento della foresta e ne sono diventati i padroni. Sono estremamente pericolosi: lanciano aculei velenosi con i quali gli orchi si sono creati delle armi potentissime. È grazie a quelle che sono riusciti a catturarci.» Il fauno si avvicinò al camino e prese da sopra di esso una spina rossa, grande quanto la sua mano.

«È con quelle che ci hanno addormentati tutti e ci hanno portati qui a Mushville» Intervenne Nimue dalla sua gabbia.

«Mushville?» Chiese Nym piegando leggermente la testa su un lato come faceva quando la curiosità prendeva il sopravvento.

«È il nome delle caverne nelle quali ci troviamo.» Continuò Nimue «Si trovano sotto la foresta. Nessuno di noi si aspettava fossero così lunghe. Sapevamo che gli orchi vivessero sotto le colline e che cacciassero la notte per lo più piccoli animali, ma non immaginavamo fossero un popolo così numeroso e violento.»

«Come possiamo fermarli?» Domandò Nym dopo un attimo di pausa. Strinse i pugni meravigliandosi di tutta quella spavalderia.

«Fermarli?» Domandò di rimando Hul «Non li fermeremo. Non hai la minima idea di quello che fanno. Non si limitano a incatenarci nelle cucine o a rinchiuderci nelle gabbie.» Hul prese Nym dalle spalle spaventandolo. La sua stretta, forte e dura, gli impediva di muoversi. I suoi occhi lo inchiodavano al terreno.

«Non ho intenzione di lasciarvi così.» Nym si mise dritto mostrando tutta la sua regalità «Ho visto catturare quel cucciolo di nakabi, non ho intenzione di restarmene rinchiuso nella mia biblioteca con le mani in mano sapendo che voi e la vostra foresta siete in pericolo.» Nel giovane elfo si accese tutto il coraggio che fino a quel momento non aveva avuto. Sentì il fuoco avvampargli dentro, le mani bruciare e un desiderio di libertà come non ne aveva mai sentiti. Quando era nella foresta di Aeon si sentiva intrappolato in una vita che non sentiva sua ma in quella cucina, di fronte a quegli esseri tenuti in gabbia e costretti a vivere secondo i capricci di qualcuno così crudele, si sentiva ingrato per i pensieri avuti fino a quel momento e sapeva che con la sua posizione avrebbe potuto fare qualcosa di concreto.

Ma il fauno si mise a ridere di fronte a tanta tenacia.

«E tu chi saresti per credere che qualcuno ti darà retta?» Gli chiese Hul continuando a ridere

«Io sono Nym, figlio di Illithor e principe della foresta di Aeon.» Rispose l'elfo con fierezza. Mai avrebbe creduto di poter pronunciare tali parole in quel modo.

Quando però Nym tornò a guardarsi intorno, vide che tutti erano ammutoliti e che le loro bocce si erano aperte dallo stupore.

«Principe di Aeon?» Domandò Nimue debolmente.

«Esatto.» Annuì Nym «Perché continuate a guardarmi così?»

«Se davvero sei il principe,» intervenne Hul «allora devi sapere che la foresta di Aeon è in grave pericolo.» Il fauno si posizionò di fronte al tavolo indicando le ampolle. «Non sono stato messo in cucina per le mie abilità culinarie, mi hanno messo qui perché prima ero un alchimista. Conosco qualsiasi tipo di veleno, antidoto e cura per ogni cosa, è per questo che ora mi hanno chiesto di creare un veleno ancora più potente di quello che hanno usato per catturarci.»

Nym avanzò di qualche passo.

«Un veleno più potente? Cosa hanno intenzione di farci?»

Chiese spaventato.

«Non ci hanno messo molto a conquistare la foresta di Oròtonas, non ci metteranno molto a invadere anche la foresta di Aeon e il potere degli Antichi.»

«Non possono!» Urlò Nym. «Noi elfi della foresta non lo permetteremo mai. Se dovessero riuscirci, le conseguenze sarebbero delle peggiori.»

«Oh, giovane elfo» Intervenne la ninfa «Lo sappiamo benissimo quali sarebbero le conseguenze. Da quando gli orchi ci hanno conquistati, la magia degli Antichi non arriva più qui nella foresta. Il lago è diventato una palude e gli alberi si sono seccati. Se dovessero conquistare davvero il potere degli Antichi, il mondo sparirebbe.»

E mentre Nimue parlava, a Nym sembrò di vedere una foresta in fiamme nei suoi grandi occhi acquosi e creature che fuggivano spaventate. Arretrò di qualche passo e colpì con la schiena il tavolo facendo tremare le ampolle che vi erano appoggiate sopra.

«Quel giorno il Sole smise di bearci della sua luce» disse il fauno con sguardo triste «e la Luna non sorse. La notte era diventata buia così come il giorno. E lo stesso accadrà alla foresta di Aeon e a tutti i regni che prosperano grazie al potere degli Antichi. Nulla si salverà.»

La paura prese il sopravvento e avvolse Nym nelle sue spire. Il ragazzo fece ancora qualche altro passo all'indietro fino a quando non andò a sbattere contro qualcosa di morbido. I volti terrorizzati di Nimue e di Hul in aggiunta al fatto che gli animali si erano rannicchiati in un angolo delle loro gabbie, fecero alzare la testa di Nym molto lentamente.

Qualcosa di bagnato e appiccicoso gli cadde sulla fronte prima che potesse vedere cosa o chi ci fosse alle sue spalle.

«E. E tu chi sei? Sei?» Chiese grave e rauca la voce seguita da uno sbuffo profondo.

Nym si voltò. L'orco era più alto di lui e largo il triplo. Il petto era nudo, ricoperto di peli incrostati di fango e di altro che Nym non volle sapere. Croste spesse e rosse gli ricoprivano le braccia verde scuro che grattava con unghie sporche e spezzate. Sulla punta del naso grosso gli spuntava un bubbone nero. Il gonnellino di pelle che portava era lurido e rattoppato in più punti.

«E. E tu chi sei? Sei?» Gli chiese nuovamente l'orco.




Ho messo davvero tantissimo tempo per scrivere questo capitolo, ma c'erano emozioni così forti in gioco che volevo prendermi il tempo necessario per non trattare le vicende di Hul e Nimue con superficialità. 

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