Capitolo 7 Brutto incubo
-You'll love me more
Brutto Incubo
"Finalmente tra le mie braccia" bisbigliò accarezzando la mia schiena, il mio intero corpo tremava dalla paura che stavo provando e la mia mente era completamente bloccata, ero incapace di pensare e rimanevo immobile sotto il suo tocco.
"Non ti lascerò fuggire, staremo insieme per sempre" udendo quelle parole il cuore iniziò a battere più lentamente e un'improvvisa vampata di calore mi inondò.
"Mi amerai, mi amerai più di quanto tu già lo faccia e sarò finalmente felice" disse baciando il mio collo più e più volte.
Allontanando il suo viso dal mio collo iniziò ad accarezzare la mia guancia destra con la mano che non mi stringeva al suo corpo, impedendomi di scappare.
"Vedrai che quando ti sveglierai andrà tutto bene" disse prima che i miei occhi iniziassero a chiudersi.
Questo era ciò che riuscivo a ricordare dopo essermi addormentata.
Aprendo gli occhi mi ritrovai in una stanza completamente buia, l'unica cosa che riuscivo a vedere era una finestra, essa lasciava ai raggi lunari la possibilità di illuminare, seppure scarsamente, la parte vicina alla finestra.
Passarono alcuni minuti prima che potessi riuscire a riacquistare sensibilità in tutto il mio corpo parzialmente dormiente. Qualsiasi cosa mi avesse dato non ero ancora riuscita a smaltirla del tutto. I miei ricordi riguardanti l'ultima volta da cosciente erano confusi, solo l'immagine di J era chiara nella mia mente.
Spaventata e desiderosa di ritornare al più presto a casa iniziai a muovermi capendo di trovarmi sopra un letto, ancora completamente vestita. Un sospiro di sollievo uscì dalla mia bocca, ma quella punta di serenità e di speranza che stavo provando scomparve sentendo una mano posarsi sulla mia gamba sinistra. Subito mi irrigidì e sentendo la mano accarezzarmi sopra il tessuto dei jeans mi provocò non pochi brividi lungo il mio corpo.
"Sei sveglia finalmente" disse una voce a me sconosciuta. Non risposi dimenticandomi per qualche secondo quale fosse la mia lingua madre.
"Katherine so che sei sveglia" il tono di voce dello sconosciuto si fece più brusco ed io deglutendo decisi che sarebbe stato meglio rispondere alla sua precedente domanda.
"Dove mi trovo?" Chiesi iniziando a balbettare, appena il ragazzo udì la mia domanda il mio corpo iniziò ad essere mosso dal materasso, non capendo ciò che il ragazzo stesse facendo, chiusi gli occhi preparandomi al peggio, qualcosa mi diceva che mi avrebbe colpita da un momento all'altro.
Con mia grande sorpresa la luce si accese costringendomi a chiudere con forza le palpebre per la differenza di luminosità improvvisa. Aprendo lentamente gli occhi mi trovai davanti quel viso, lo stesso viso che avevo visto prima di chiudere gli occhi e prima di essere portata in questo posto a me sconosciuto. J.
Il suo volto si avvicinò sempre di più al mio facendo si che io mi allontanassi di conseguenza.
"Da vicino sei ancora più bella" disse facendo si che i miei occhi iniziassero a riempirsi di lacrime. Avevo paura e l'unica cosa che riuscivo a fare era piangere. Il ragazzo prese una delle mie mani spingendomi verso il suo corpo, forse sperava di tranquillizzarmi con le sue carezze ma non riusciva a capire che peggiorava solo le cose.
"Basta piangere, starai bene" mi assicurò dandomi una mano ad alzarmi dal letto.
Il petto si alzava ripetute volte per i singhiozzi che iniziarono a crearsi, piangevo con talmente tanta foga che persino respirare mi fu difficile. Io non soffrivo di attacchi di panico ma qualsiasi persona nei miei panni avrebbe avuto la mia reazione.
Il ragazzo mi condusse nell'oscurità più assoluta della casa; le lacrime continuavano a correre lungo le guance e non c'era niente che io potessi fare per fermarle, il mio intero corpo tremava e non sapevo dove J mi stesse portando.
"Non mi farà del male" Continuavo a ripetermi mentalmente.
Improvvisamente le luci si accesero rivelando una cucina priva di mobili.
"Bevi" mi ordinò il ragazzo riempiendo un bicchiere di plastica con dell'acqua. Inizialmente non avevo alcuna intenzione di bere, poi posai gli occhi sulla mano chiusa a formare un pugno che il ragazzo continuava a stringere sempre di più. Presa dalla paura afferrai il bicchiere e bevvi tutto d'un fiato, feci una piccola smorfia di disgusto sentendo un retrogusto amaro.
Il ragazzo mi sorrise, chiaramente contento per ciò che avevo fatto. Buttando il bicchiere che avevo usato spense le luci e mi riportò in camera.
"Mi scuso per l'assenza di alcuni mobili ma per ora le uniche stanze arredate sono la nostra camera e la cucina." Mi informò facendomi annuire lentamente.
"È meglio se ti riposi Katherine, domani dovremmo lavorare" mi avvertì facendomi aggrottare le sopracciglia.
Rimasi a fissare il soffitto per alcuni interminabili minuti prima che un senso di stanchezza iniziasse ad impossessarsi pian pian del mio corpo.
Mi ero appena svegliata e da quanto avevo capito avevo passato tutto il giorno a dormire, eppure un inspiegabilmente voglia di dormire assalì tutto il mio corpo.
Il ragazzo dagli occhi color miele mi aveva drogata di nuovo e questa volta, incosciente, avevo acconsentito silenziosamente bevendo quello stupido bicchiere d'acqua, la conferma mi arrivò qualche senso prima che cadessi in un sogno:
"Aver ridotto in polvere la pasticca ha avuto i suoi frutti. Dormi bene Kath"
L'indomani mi svegliai alle prime ore del pomeriggio sola sotto le soffici coperte bianche.
Sentendo un leggero dolore alla testa mi alzai con cautela dal letto non volendo finire stesa sul pavimento e la prima cosa che feci fu provare ad aprire la porta, purtroppo J mi aveva chiuso tra quelle quattro mura impedendomi così di scappare.
"Kath, forse possiamo uscire dalla finestra" spalancando gli occhi camminai velocemente verso la finestra, per mia sfortuna anche essa era stata chiusa. Colpendo il muro con un leggero pugno maledii il ragazzo che mi aveva rinchiusa in quella stanza.
Presa dallo sconforto e dall'ansia iniziai a curiosare nei cassetti in cerca di qualcosa che mi potesse aiutare ad identificare il misterioso J.
Purtroppo la fortuna oggi non era dalla mia parte, l'unica cosa che c'era nel comodino del ragazzo era un calzino azzurro, troppo piccolo per appartenergli; nel mio trovai la mia agenda, La casa degli spiriti, libro che avevo iniziato a leggere e alcuni gommini. Aggrottando le sopracciglia mi allontanai lentamente dal mobile, quasi come se avesse potuto farmi del male. Posando il mio sguardo sul settimino, posto sotto lo specchio appeso, la mia paura accrebbe, esso aveva foto che ritraevano me, foto di cui non sapevo l'esistenza. Respirando profondamente mi sedetti in un angolo della stanza, se avessi continuato con questi problemi di respirazione mi sarei ammalata presto.
Poggiando una mano sul cuore lo sentii battere forte e pregai mentalmente Dio che lo facesse rallentare.
"Pensa a cosa positive, immagina mamma e papà che ti sorridono" mi ripetei insistentemente. Purtroppo ero troppo agitata per immaginarmi tutto ciò e stringendo i pugni sulle mie ginocchia, ispirai profondamente e rimasi in apnea per alcuni secondi.
Quando ricominciai a respirare profondamente sentii il cuore rallentare gradualmente i battiti.
Restai ferma a fissare il nulla per alcuni minuti, intanto non mi ero accorta che per tutta la casa si diffondevano rumori acuti che mi costrinsero a portare le mani sulle orecchie per attutire i suoni.
Appena poggiai nuovamente le mani sulle mie ginocchia riuscii ad identificare una voce a me sconosciuta e colsi l'occasione al volo.
"Aiuto!" Urlai alzandomi di botto dal pavimento. Chiesi aiuto in diversi modi ma nessuno accorse in mio soccorso, ansi, potei sentire delle risate oltre la porta della stanza.
Capendo di aver commesso un errore madornale strisciai i piedi verso il lato del letto cercando conforto tra le soffici lenzuola.
"Katherine, tutto bene?" Mi domandò J sedendosi accanto al mio corpo.
"S-scusami,i-io non v-volevo"dissi cercando di non peggiorare ulteriormente le cose.
Appena alzai la testa dal materasso osservai i suoi vestiti e la mia attenzione fu catturata da un foglietto plastificato sul lato sinistro della camicia bianca del mio sequestratore. Su di essa si poteva leggere Justin Bieber.
"È stato solo un brutto incubo però ti prometto che se ti alzi starai meglio" mi informò afferrando entrambe le mie mani aiutandomi così ad alzarmi. Non contraddissi neanche una singola parola di ciò che Justin aveva appena detto, come avrei potuto trovare una scusa migliore?
Decisi così di assecondarlo.
"Spero ti faccia sentire più a tuo agio nella nuova casa" disse il ragazzo prima che posarsi gli occhi sul salotto. Il fiato iniziò a mancare e mi tenni stretta ad un braccio di Justin per evitare di perdere l'equilibrio. Tutto, dai centrini alla televisione erano identici a quelli che avevo nella casa dei miei genitori.
"Come hai fatto a..." per il troppo stupore lasciai la frase sospesa e scrutai ogni mobile presente nella stanza.
"Ti piace?" Mi domandò posando il suo sguardo sul mio viso sconvolto.
In una sola giornata passata con questo ragazzo avevo imparato una cosa:
Primo: Assecondare la sua follia
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Capitolo revisionato e modificato
Vi chiedo di aiutarmi nella correzione del capitolo e spero che vi piaccia di più il libro con tutte le modifiche che ho in mente di apportare.
Grazie c:
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