Capitolo 10 Disorientata
-I have been drunk for so long!-
Disorientata
"Non temere, durerà solo poche ore" bisbigliò Justin a pochi centimetri dal mio orecchio.
"Non sentirai alcun dolore" continuò portando una delle sue mani sul mio fianco destro, impedendomi così di muovermi.
"Tornerò presto a riprenderti" concluse prima che i miei occhi si aprissero mostrandomi il buio che regnava nella camera da letto.
Un rumore stridulo catturava tutta l'attenzione del mio udito, impedendomi di sentire altri suoni.
Il mio mancato equilibrio mi disorientava facendomi oscillare come se mi trovassi sopra una barca.
Raccogliendo tutte le mie forze tentai di alzarmi dal letto senza barcollare e, prima che potessi rendermene conto, mi ritrovai stesa sul pavimento a lamentarmi per il forte dolore subito dalla caduta.
Io diressi il mio sguardo verso la finestra e rimasi incosciente a contemplare il colore delle foglie autunnali, quei colori sul tono del marrone che avevano oppresso il verde fino a farlo scomparire.
La speranza che lasciava il posto alla desolazione. La speranza che era stanca di combattere e si lasciava sconfiggere sapendo che, all'imbrunire del primo raggio di sole primaverile, sarebbe rinata nuovamente.
Io non mi sentivo allo stesso modo, forse ero troppo pessimista o troppo melodammatica ma sapevo che più tempo sarei rimasta in compagnia di quello psicopatico, più mi sarei distrutta fino a scomparire, e di certo non sarei rinata.
Trovata la forza necessaria per rialzarmi, portai le mani lungo le pareti fredde della stanza, tastando ogni centimetro in cerca dell'interruttore dalla luce.
Appena la luce della lampadina si accese rimasi pietrificata.
Come era possibile una cosa del genere? Come potevo trovarmi in camera mia?
Corrugando le sopracciglia, portai i palmi delle mani sopra le tempie cercando disperatamente di attenuare i giramenti di testa.
Non so come ma mi ritrovai a sperare di essere ubriaca, magari sotto l'effetto dell'alcol la mia mente aveva creato un ragazzo ossessionato da me. In quel momento iniziai a piangere dalla felicità. Non ero mai stata rapita, nessuno mi costringeva a fare niente. Come aveva potuto la mia mente farmi uno scherzo simile?
Con gli occhi appannati dalle lacrime, mi gettai a peso morto sul mio letto e in preda alla felicità del momento non riuscii a trattenermi dal ridere, ridevo come mai prima d'ora. Mi sembravano essere passati anni dall'ultima volta che avevo esternato tutta quella felicità.
Fu in quel momento che, alzandomi con prudenza dal morbido letto, iniziai a dirigermi verso la porta della mia stanza. Barcollando mi aggrappai con forza al termosifone per impedire al mio corpo di cadere. Appena le mie mani entrarono in contatto con il calore tiepido del materiale,capii che qualcuno era in casa.
Il cuore iniziò a battere all'impazzata mentre, titubante, mi incamminavo verso l'uscita della stanza. La mia unica sfortuna? Capire che la porta della camera era chiusa a chiave.
Che mi fossi chiusa al suo interno?
Dopo tutto, se veramente mi ero ubriacata, non era da escludere nessuna opzione così, rimasi qualche minuto immobile, in attesa di riacquisire tutti i sensi.
"Aiuto!" Urlai cercando di attirare l'attenzione della persona che si trovava in casa con me.
"
Lola sei qui?" Continuai con il medesimo tono nella speranza che venisse in mio soccorso.
"Credo di essermi chiusa in camera!" Dissi portando una delle mie mani al lato della fronte. Gemetti sentendo il forte dolore che iniziavo a provare e aggrottando le sopracciglia, mi distesi sul letto attendendo pazientemente che il dolore si attenuasse lentamente.
Rimasi ad osservare il soffitto e mi resi conto di quanto stessi veramente male quando lo vidi ruotare.
Nonostante ciò, era un sollievo ritrovarmi in camera mia.
Probabilmente l'alcol mi ha fatto delirare e ho creduto di essere rapita da uno stalker. Il mix alcol e serie tv polizieschi non mi fa bene...
Appena mi sentii meglio decisi di alzarmi nuovamente dal letto e di mettermi alla ricerca del mio telefono. Probabilmente anche Lola si trovava a casa mia nelle mie stesse condizioni. In caso contrario poteva venire ad aiutarmi usando la sua copia di chiavi della mia casa.
Iniziai a frugare ovunque: sopra i comodini, dentro ai cassetti, sotto e sopra la scrivania, iniziai anche a sfare il letto privandolo di lenzuola e persino della federa del cuscino ma del mio telefono non c'era nessuna traccia.
Rimproverando me stessa per essermi messa in quella situazione mi diressi per l'ultima volta verso la porta e ricominciai a bussare insistentemente ed a urlare. Possibile che mi trovavo sola a casa? Proprio io che dalla morte di mio padre passavo le giornate incollata a Lola?
"Dannazione!" Urlai senza forze in corpo per scivolare successivamente sul pavimento. Portai le mie mani, serrate in due pugni, alle tempie e le ginocchia le avvicinai fino a che non toccarono il petto.
Poi sentii una presenza accanto a me. Alzando lo sguardo mi resi conto che la porta era aperta e che in realtà non mi ero svegliata dall'incubo, ma al contrario, ci ero dentro fino al collo.
Così le lacrime che ero riuscita a trattenere pochi minuti fa, uscirono prepotenti lungo le guance.
Il volto di Justin si alzò dalla mia spalla e le braccia con cui mi teneva vicina a se, aumentarono la loro stretta.
"Mi dispiace, non era mia intenzione lasciarti qui sotto tutta sola." Mi sussurrò ad un orecchio cercando di tranquillizzarmi.
"Speravo che risvegliandoti in una stanza che somigliava a quella che avevi prima potesse farti stare bene" continuò passando le dita sulle mie guance in modo da eliminare tutte le lacrime che si erano accumulate.
"Ora è tutto passato. Non ti lascerò più sola per così tanto tempo ma credimi amore mio, sono stato costretto a farlo" disse portando il pollice sul mio mento e l'indice sotto per poi alzare il mio viso in modo che i nostri occhi si connettessero.
Io cominciai a smettere di piangere e lui avvicinò le sue labbra alle mie, fino a che non si toccarono e iniziò un bacio lento e casto che con il passare dei secondi si fece sempre più rude fino a che non fui costretta a mordere il suo labbro inferiore per allontanarlo da me.
Lui emise un gemito di dolore e si ritrasse da me con uno scatto. Dal suo sguardo sembrava che i ruoli fossero stati invertiti, anche se per pochi secondi ero io quella che aveva ottenuto il controllo della situazione spiazzandolo con la mia reazione istintiva.
La mia bocca era socchiusa e la mia respirazione accelerata. Il sapore metallico del sangue mi fece acquisire una smorfia di disgusto e iniziai a sentirmi piccola quando il volto innervosito di Justin si avvicinava nuovamente a me.
"Questa grinta riservatela per dopo" disse avvicinandosi al mio orecchio facendo si che il suo labbro inferiore sfiorasse il mio lobo sporcandolo di sangue.
Ricevendo una scarica di brividi lo vidi mentre si alzava a mi tendeva la mano.
"Nonostante ciò capisco che mi sei ostile perché ti ho lasciata qui sola quindi vieni, ti mostro una cosa che ti piacerà" i suoi cambiamenti di umore erano la cosa che più mi spaventava.
Afferrando la sua mano uscimmo da quella stanza e iniziammo a salire qualche scalino per uscire da una botola. Appena i miei occhi si abituarono alla luce delle lampadine osservai Justin mentre sistemava accuratamente il tappeto.
Per questo non avevo mai visto quella stanza, e per questo nonostante le mie urla non era venuto ad aprirmi.
Ero stata drogata e portata in quella stanza perché sicuramente qui era entrato qualcuno.
Improvvisamente realizzai che avevo perso la mia opportunità di essere salvata.
Nel frattempo Justin mi scortò nel salotto che ormai era completamente arredato con i miei mobili, c'erano persino le mie tende.
"Questa stanza è stata recentemente finita"
Justin cominciò a camminare fino a che non entrammo in salotto dove le uniche cose che non aveva preso da casa mia erano il tavolino in vetro e i quadri. Tutti i miei DVD e CD erano disposti all'interno di due scatoloni posizionati ai piedi del mobile dove vi era posta la televisione.
Prendendomi per mano mi portò in cucina dove, sebbene i mobili erano già presenti, Justin aveva portato tutti gli utensili.
Aveva persino cercato di ricreare le posizioni che gli oggetti avevano a casa mia. La macchina del caffè era posizionata proprio accanto al microonde, alla destra dei fornelli vi era il set di coltelli, che mai prima di allora mi avevano trasmesso così tanta paura e sicurezza al tempo stesso, finalmente un'arma che avrei potuto usare. In fine vi era una piccola vetrina dove ero solita metterci i dolci che preparavo.
"Come possono non accorgersi del furto di tutte queste cose?" Domandai scioccata.
Quasi non riuscivo a capire se tutto ciò fosse frutto della droga che ancora circolava nel mio corpo rendendomi incapace di fare due passi senza avere l'impressione di cadere, o se invece tutto ciò era la cruda realtà. I miei dubbi ricevettero subito una risposta quando Justin iniziò a parlare.
"Oh piccola ed ingenua Kath, nessuno si accorgerà mai di nulla" mi rispose con un tono di voce allegro mentre si appoggiava con la schiena contro al piano di lavoro della cucina.
"Non temere, ho pensato a tutto io. I mobili dovevano finire in vari mercati per essere venduti. Nessuno investigherà su questo. Sono tutti concentrati su di te al momento." Il suo modo di parlare mi ricordava quello di un bambino che prendeva in giro una bambina. Aggrottando le sopracciglia cercai di dire qualcosa per mostrargli il mio disgusto nei sui confronti ma più parlava e più io rimanevo senza parole.
"Dove sarà finita Katherine? Qualcuno l'ha vista?" Continuò avvicinandosi sempre di più alla mia figura.
"Tu eri un suo amico? Come si comportava in classe? Era gentile? Era educata?" Mi chiedeva fingendosi un giornalista. Io indietreggiavo, fino a che le mie spalle non toccarono il muro e io finii in trappola.
"Come se questo potesse rendere una persona degna di essere cercata. Se era brava la cerchiamo, se era una vandala sicuramente avrà fatto una delle sue bravate, giusto?" Mi domandò parlando al suo microfono immaginario.
"Pensi che sia giusto? La società ti spinge a essere come un piccolo clone; fai quello che vuoi ma tra le opzioni che ti do io, se scegli un'altra opzione allora sei sbagliato" finì con il guardarmi negli occhi e ancora una volta potei vedere il volto di un ragazzo distrutto.
"Tu pensi che io sia sbagliato?" Mi domandò con un filo di voce che preannunciava un crollo emotivo.
E qui, forse a causa della droga, forse perché mi sentivo in colpa per essere una dei 'cloni che la società aveva creato', risposi cercando di limitare i danni.
"Siamo tutti sbagliati"
Ed eccomi a consolare un'altra volta quello che mi aveva sequestrata.
Ecco che sento nuovamente le sue lacrime sul mio collo e la sua stretta attorno alla mia vita. Lentamente stavo firmando la mia condanna a morte.
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Rieccomi con un nuovo capitolo. Niente revisione, finalmente.
Comunque questa è stata una piccola eccezione.
Come state? Potete godervi le vacanze o siete state rimandate?
Io sono stata promossa ma per tutta l'estate lavoro quindi niente vere vacanze 😬
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