16- LA CITTÁ CHE NON DORME MAI
Mai nella vita mi ero sentita tanto confusa come in quel momento. Mi ero infilata nel fantastico bagno della mia camera d'albergo, con l'intenzione di presentarmi almeno decente per la cena .
Una seconda cena con Caleb.
Uscii dal getto caldo della doccia passando una mano sulla condensa creatasi sullo specchio, i miei occhi scuri sembrava impauriti.
Mi sentivo come se stessi per affrontare un esame, è probabilmente era un po' così.
Io e Caleb non ci conoscevamo molto e questa cosa che diceva di sentire poteva essere un abbaglio.
Gemetti disperata asciugandomi i capelli con una salvietta .
Prima che potessi subire un tracollo nervoso il mio cellulare squillò dalla camera da letto.
Con un asciugamano addosso uscii trafilata dal bagno e lo afferrai rispondendo affannata.
-Oddio... ho interrotto qualcosa?- sorrisi alla voce di Luke, mi sedetti sul letto incrociando le gambe.
Avrei dovuto depilarmi meglio, pensai distrattamente.
-Sono uscita dalla doccia scemo, tutto bene?-
-Sono a casa tua ad annaffiarti le piante- allontanai la mano dai capelli.
-Io non ho piante da annaffiare- feci torva.
Lo sentii sbuffare.
-Ok, io e Jason abbiamo litigato così ho passato la notte da te-
-Le chiavi di riserva te le ho date per le emergenze- borbottai ma ormai sorridevo. Non capivo ancora perché continuasse a vivere con quel pazzoide.
-Come è andato il volo?-
-Bene, lo sai che fanno degli ottimi drink ad alta quota?-
Lo sentii ridacchiare, anche se era solo qualche giorno che non lo vedevo, lo avrei voluto qui con me. Poi lo immaginai seduto tra me e Caleb, con quel suo vizio di mettermi in imbarazzo e cambiai idea.
Quando gli raccontai del piano della serata quasi sembrava volesse uscire dal mio telefono, per rubarmi il posto.
-Ti prego, non rovinare tutto- disse con tono disperato facendomi roteare gli occhi al cielo. Riusciva sempre ad alzarmi la autostima eh.
-Ho incontrato Liam oggi, l'ho invitato a bere un tè ma ha rifiutato- sembrava perfino sorpreso, e io non avevo neanche il tè a casa.
Mugugnai qualcosa sperando che cambiasse il discorso, ero riuscita a non pensare al mio vicino di casa per quasi tutta la giornata.
-Non avete chiarito vero?-
-Con lui non si chiarisce mai nulla Luke, non mi importa più niente, capitolo chiuso- feci secca torturandomi le mani.
-Va bene gattina, ora vai a prepararti prima che mister fustacchione cambi idea- ignorai quel nomignolo con una smorfia.
🌸🌸🌸
Quando scesi nella Hall Caleb era già lì. Mi fermai ad osservarlo per qualche secondo, meravigliandomi ancora di come potesse esistere tanta bellezza.
I suoi occhi ambrati puntarono i miei, perdendo completamente interesse per quello che stava leggendo sul cellulare.
Con un lungo respiro lo raggiunsi, avevo indossato il vestito più elegante che mi ero portata ma neanche a dirlo, di fianco a lui diventavo trasparente.
-Sei incantevole- fece porgendomi il braccio, rossa in faccia mi aggrappai a lui e tutti gli argomenti di conversazione a cui avevo pensato svanirono.
Sotto pressione ero un disastro.
Meglio tacere e sembrare stupidi che parlare e togliere ogni dubbio, no?
Avrebbero dovuto incidermelo sull'epitaffio.
Fred aveva prenotato al ristorante sotterraneo del Riz, guardai sconvolta la dozzina di negozi che superammo. Non avevo idea che ci fosse un'area shopping, lanciai un'occhiata a un paio di décolleté di una nota firma di moda.
Neanche dopo un anno di stipendio sarei riuscita a comprarle.
Vidi Caleb osservarmi silenzioso, sorrisi imbarazzata velocizzando il passo, e come sospettavo: il ristorante era una favola.
Non ero mai stata in un posto tanto elegante e improvvisamente mi sentii gli occhi di tutti i commensali addosso, dovevo avere scritto in faccia "intrusa".
Ci accompagnarono al tavolo migliore e dopo che Caleb ebbe scelto il vino mi rivolse una lunga occhiata. Deglutii guardandomi in torno a disagio.
Fred non conosceva un ristorante cinese per caso?
-Ti senti bene?- chiese Caleb versandomi del vino, lo ingollai in fretta sotto al suo sguardo ironico.
-Benissimo, grazie- mi ammutolii di nuovo e, priva di ogni buona educazione, mi riempii di nuovo il bicchiere. Ignorai l'occhiata del ragazzo di fronte a me e lo bevvi tutto d'un fiato. Se avessi continuato così, nell'arco di un mese, sarei finita il mercoledì sera agli incontri degli alcolisti anonimi.
-Katie... dimmi cosa non va- spalancai gli occhi incorciando i suoi ambrati. Mi schiarii la voce, cosa avrei dovuto dirgli?
Ho paura di non piacerti? Questo posto è troppo bello per me?
-Sono solo un po' stanca, sai il volo ... - le mie parole morirono sotto al suo sguardo torvo.
Era chiaro che non se l'era bevuta. Per i seguenti dieci minuti non dissi una parola, continuavo a sfogliare il menù, con la sensazione di essere sotto ad una grandissima lente di ingrandimento.
Con sorpresa vidi Caleb alzarsi, lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava lasciandomi lì da sola, con una bottiglia di vino da almeno duecento dollari.
Come una ladra me ne versai dell'altro, incrociando lo sguardo supponente di una donna al tavolo accanto.
Imbarazzata rimisi al suo posto il calice, mi sentivo come quando Padre Arrys mi aveva scoperta a rubare l'ostia.
Quando vidi Caleb tornare mi raddrizzai cercando di apparire una persona normale. Dietro di lui vidi il cameriere.
-Andiamo?- fece il ragazzo porgendomi il braccio, il cameriere mi sorrideva gentile mentre guardavo perplessa il mio accompagnatore.
Mi alzai dal tavolo lanciando un'occhiata alla sala che ci stavamo lasciando le spalle, non capivo dove stessimo andando.
Caleb invece sembrava perfettamente a suo agio e ogni tanto mi lanciava un sorriso meraviglioso dei suoi.
Risalimmo al piano superiore, e temetti che avesse cambiato idea riguardo alla cena.
-Signore- fece il cameriere facendoci strada verso una gigantesca parete in vetro.
Si intraveda dall'altra parte un incantevole giardino interno all'albergo, su una piastrina dorata c'era scritto "Tranquillity garden".
Superammo la porta entrando in una vera e propria oasi verde. Mi guardai intorno estasiata, dozzine di tipologie diverse di fiori circondavano l'intero giardino, talmente ampio da ospitare più di un paio di panchine di pietra.
Fontanelle di marmo bianco risuonavano nell'aria con le loro cascate vivaci. Lanciai uno sguardo attonito a Caleb, che mi lasciò libera di guardarmi intorno.
Alzai gli occhi vedendo il cielo scuro sopra di noi.
Il tranquillity garden era il cuore dell'albergo, sembrava che fosse esistito da sempre ed intorno ad esso avessero costruito il maestoso palazzo.
-È bellissimo...- mormorai osservando i pesciolini rossi nuotare in una delle fontane.
-Kat- mi voltai rimanendo di sasso nel vedere un gruppo di camerieri sistemare un tavolo in mezzo al giardino. Usarono le stesse tovaglie di lino e gli stessi calici di cristallo, solo che ci saremmo stati solo noi.
Quando accesero una candela e uscirono finalmente capii. Caleb aveva chiesto tutto questo, per noi. Lanciai un'occhiata al tavolo elegante e sentii il cuore gonfiarsi, mai nessuno aveva fatto una cosa simile per me.
-Caleb- mormorai con voce roca, il ragazzo mi guardava fermo vicino alla sedia e sembrava temere la mia reazione.
-Pensavo ti avrebbe fatto più piacere cenare in un posto come questo- il tono che usò era timido, quasi imbarazzato.
Non sapevo davvero cosa dire, sbattei le ciglia un paio di volte in cerca delle parole giuste.
-Ma se è troppo devi solo dirlo- continuò fraintendendo completamente il mio silenzio.
Alzai di scatto lo sguardo posandolo su di lui, sentii l'emozione riversarsi negli occhi, che sentivo pizzicare.
-Certo che è troppo ma Caleb é ... meraviglioso- dissi senza fiato, sembrò sospirare di sollievo al mio tono e con un sorriso sghembo mi fece cenno di sedermi.
-Ho lasciato carta bianca allo chef stasera, spero non ti dispiaccia- disse, scossi la testa sorridendo come una bambina.
Lanciai un'altro sguardo intorno a me ancora in preda all'emozione.
-Ti piace?-
-Certo che sì, ma non avresti dovuto- feci sorridendogli timidamente. I suoi occhi brillarono nei miei intrappolandoli.
Rimanemmo a guardarci per un tempo un po' troppo lungo, prima che il cameriere ci portasse gli antipasti.
-Voglio che tu sia a tuo agio quando sei con me- lo guardai lasciando la forchetta sospesa a mezz'aria, alzò un sopracciglio sorridendomi divertito prima di gustarsi l'antipasto.
Lo chef si era superato quella sera.
-Grazie- feci ricordando finalmente le buone maniere.
-Non è niente- mi venne da ridere. Niente?
-mi sono spaventato quando ti ho vista stare in silenzio per tutto quel tempo- risi scuotendo la testa.
Lá in quel pezzetto di paradiso riservato a noi riuscivo a vederlo, il vero Caleb. E io riuscivo a dire le mie solite sciocchezze con naturalezza, la conversazione che seguì sembrava quella tra due vecchi conoscenti. Spesso mi ritrovavo incantata nel sentire la sua risata e quasi sputai il vino quando raccontò di avere il vizio di girare nudo da bambino.
-Hai letto i libri della Williams?- chiese stupito quando arrivò il dolce. Sentivo le guance arrossate dal vino mentre annuivo, quando avevo scoperto che sarei venuta a New York avevo comprato i libri della famosa scrittrice emergente di cui mi aveva parlato. Non volevo arrivare impreparata.
-Una lettura avvincente- commentai riempiendomi la bocca di soufflé al cioccolato fondente.
Orgasmo tra tre, due, uno...
-Non è una lettura per adolescenti?- interruppe le sensazioni paradisiache del dolce, lo guardai offesa.
-Che differenza fa? Tutti desideriamo le stesse cose, giovani o vecchi- mi guardò attento. Sorrisi appoggiando la forchettina da dolce sul piatto, unii le mani sul tavolo sporgendomi verso di lui imitandolo. Mi rivolse un sorriso divertito a cui risposi di rimando, continuando a spiegarmi.
-tutti vogliamo un amore che ci consumi, vogliamo avventura, passione ... - arrossii a quelle parole ma lui continuava a guardarmi con l'interesse negli occhi. Ripresi la forchettina giocherellando con la glassa del dessert.
-i libri della Williams hanno tutto questo, solo che quando si diventa adulti sembra che non si abbia più il diritto di desiderare un amore così- sospirai sorridendo imbarazzata.
L'ambra dei suoi occhi brillava sotto le luci soffuse del giardino e per un secondo sembrò diventare liquida.
-Lo hai mai trovato?- lo guardai senza capire, si appoggiò allo schienale senza smettere di guardarmi.
-un amore così dico, lo hai mai incontrato?- spostai una ciocca dietro i capelli deviando lo sguardo sulla candela in mezzo al tavolo.
-No, non ancora- feci per poi alzare lo sguardo. Per un momento ci fu silenzio, interrotto solo dal rumore dell'acqua data dalle fontane.
-E tu?- chiesi con un sorrisetto, oddio già stavamo parlando di ex, eppure sembrava facile farlo. Dentro quella bolla privata sembrava impossibile non scoprirsi.
-Una volta, pensavo di essere innamorato- piegai la testa da un lato curiosa.
Sorrise amaro -con il male che ci siamo fatti penso che il nostro non fosse amore- il tono che usò era serio e capii che era ancora un tasto dolente.
Una parte di me si chiese chi fosse quella ragazza capace di rubargli il cuore.
-Sei sazia?- fece poi con un tono più leggero, mi toccai la pancia gonfia facendo una smorfia eloquente, sorrise alzandosi dal tavolo. Mi porse la mano, la guardai stupita prima di stringerla sentendo il cuore impazzire nel petto.
La stretta della sua mano era calda e rassicurante, si erano già fatte le undici eppure la serata mi sembrava passata in un lampo.
Fred era fermo alla Hall, mi chiesi come facesse a essere sempre così perfetto.
Dormiva qualche volta?
-Grazie signore, non era necessario- fece a Caleb, li guardai senza capire.
-Figurati Fred, sarebbe stato un peccato lasciarsi sfuggire l'occasione per assaggiare la cucina dello chef Antonio- sorrisi, anche Fred ci aveva guadagnato dalla mia stramberia allora. Lo vidi perfino abbozzare un minuscolo sorriso.
-L'auto è pronta signore- Caleb si voltò verso di me con un sorriso eccitato in volto.
-Sei stanca Katie o pensi di farcela per una gita notturna?- alzai le sopracciglia sondando il suo volto che cercava di apparire misterioso. Alla mia occhiata alzò e abbassò le sopracciglia minaccioso.
Scossi la testa scoppiando a ridere, amavo quando il ventottenne usciva fuori.
-Ho sempre desiderato visitare New York-
In meno di cinque minuti eravamo già in auto, Caleb continuava a tenermi la mano disegnando cerchi invisibili sul dorso con il pollice. Non ricordavo un momento più felice di quello.
Qualcosa durante la cena era stato abbattuto, ed era diventato naturale essere me stessa al suo fianco. Abbassai il finestrino ficcando il naso fuori per poter osservare la città.
Molti odori si affollavano creando un mix poco rassicurante ma ogni angolo trasudava energia, movimento. Giovani che uscivano dai locali con abiti scintillanti e coppiette che passeggiavano sui larghi marciapiedi.
La città che non dorme mai la chiamavano. Ora capivo perché.
Ci fermammo dopo aver percorso quasi tutta la fifth evenue, seguii Caleb uscendo dall'auto abbozzando un "grazie" a Fred.
Rimasi a bocca aperta sollevando il naso all'insù, lo avevo visto dappertutto, nei film, in fotografia ma dal vivo sembrava un gigante tra gli altri.
-L'Empire state building- dissi con l'eccitazione nella voce, Caleb sorrise lasciando che memorizzassi ogni dettaglio mentre osservavo quel grattacielo maestoso. Aveva la forma di un'enorme matita illuminata. E a me che era sembrata grande la Gregory Fell.
-Non ho il tempo per portarti a visitare New York in questi giorni, ma possiamo vederla dall'alto- lo guardai estasiata. Un altro sorriso per me prima che mi guidasse alla scalata del gigante.
Un ascensore velocissimo ci portò fino al centoduesimo piano, quando le porte si aprirono ci trovammo su una grossa terrazza, diligentemente delimitata ai bordi.
Rimasi senza fiato alla vista che mi si parò davanti, mentre percorrevo la strada per arrivare alle inferriate.
Tutta intorno a noi, in un incredibile spettacolo di luci, si estendeva la maestosa città di New York. Così in alto, lassù, avevi la sensazione di essere sospeso in aria e di volare tra migliaia di stelle luminose.
Volli vedere qualsiasi cosa potessi scorgere in quella incredibile visuale a trecentosessanta gradi, Caleb al mio fianco mi indicava dei punti lontani -Quello è Central Park-
-vedi lì a est? È brooklyn- restava dietro di me, sentivo il calore del suo corpo mentre allungava il braccio per guidarmi per la città.
Alzai lo sguardo guardandolo, i suoi occhi brillavano alle luci della città e mai, prima di allora, era stato più bello.
Quando si accorse che non stavo prestando più attenzione abbassò lo sguardo su di me perplesso.
Il vento gli aveva scompigliato i capelli spettinandoli e le sue labbra piene si incurvarono in un sorriso dolce.
In un impeto di coraggio mi alzai in punta di piedi accostando il viso a un centimetro dal suo, ci continuammo a guardare, lasciando che quel teatro di luci ci avvolgesse.
Lo sentii respirare piano, prima di abbassare lo sguardo sulle mie labbra.
Fui io a baciarlo.
Al contatto con le sue labbra mille brividi mi corsero lungo la schiena e chiusi gli occhi lasciando che mi perdessi in quelle sensazioni.
Il modo in cui rispose al mio bacio mi lasciò senza fiato, le sue braccia mi circondarono la vita mentre dischiudeva la mia bocca con delicatezza.
Tutto intorno a me divenne superfluo, e lassù, nelle braccia del grande gigante illuminato, mi sentii invincibile.
-Grazie- sussurrai, a un millimetro dalle sue labbra.
Lo sguardo che mi rivolse brillò di più delle luci di New York.
Holaaa, eccomi con un'altro capitolo sempre troppo lungo scusatemi cercherò di migliorare anche su questo eheh
Ditemi cosa ne pensate di questo capitoletto e come sempre grazieee 🌸🌸
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