1- BENVENUTA KATIE

Andrà tutto bene Katie.

Lo ripetevo da almeno mezz'ora mentre mi dirigevo verso la Fell Corporation, la multinazionale a cui avevo spedito il mio curriculum quattro mesi prima.
Ancora non ci credevo che mi avessero messa in prova.

Mi chiedevo cosa dovessero verificare in una segretaria. Bah.

Non era proprio il mio sogno quello di diventare la segretaria di un pezzo grosso di una compagnia di web.
Ma per iniziare poteva andare.

Chissenefrega se ero uscita con il massimo dei voti al collage.

E se avevo una specializzazione in giornalismo.
Il mio posto era dietro una scrivania attaccata a un vecchio riccone scorbutico a quanto pare.

Aspettai che il semaforo tornasse verde, per poi correre sui tacchi odiosi che il codice di abbigliamento aziendale mi imponeva di indossare.

Che stronzata, sarei stata molto più veloce con un paio di sneakers.

Seattle era terribile, non mi piaceva eppure era tutta la vita che vivevo qui.
Se avessi sfondato a quarant'anni mi sarei trasferita alle Hawaii, e aloha a tutti.

Mi fermai mentre le prime goccioline incominciavano a scendere dal cielo autunnale.
Guardai l'enorme grattacielo davanti a me, il naso all'insù come una bambina.

Andrà tutto bene Katie.

Presi un lungo respiro e superai le porte automatiche.
I tacchi picchiettavano sul marmo bianco dell'enorme Hall, che aveva lo stesso odore di uno studio dentistico.
Automaticamente arricciai al naso a quella associazione.

Mi avvicinai alla reception dove una bionda era seduta dietro alla scrivania. Aveva una targhetta con scritto Anne sul petto.
E diamine sembrava una Barbie.
Posò gli occhi azzurri su di me mentre teneva il telefono tra la spalla e la testa, la mano che correva a scrivere appunti.

Era una barbie multitasking.

Aspettai tesa guardando il grande ambiente dove tutto sembrava essere perfetto.
Dalle vetrate brillanti, alle piante floride nei grossi vasi laccati di nero.

-Salve, posso aiutarla?- sussultai ritornando con lo sguardo sulla bionda, che mi stava sorridendo mostrando una dentatura bianchissima.
Alzò un sopracciglio perfetto al mio silenzio, mi schiarii la voce tesa.

-Sì ehm, sono in prova, é il mio primo giorno - vidi il sorriso morire sulle sue labbra, nello stemmo momento in cui capii di aver perso la sua attenzione.

-Come ti chiami? - e mi meritai il tu.
Raddrizzai la schiena.
-Katie Smith - risposi allungando il collo verso il computer su cui stava digitando.
Le unghie delle dita laccate di rosa volavano sulla tastiera.

La vidi schiudere le labbra rosse per poi farmi un sorrisetto divertito.
-Piano trentadue, chiedi di Mark è il capo reparto. Ti darà tutte le informazioni e ... - i suoi occhi puntarono i miei brillando diabolici.
-buona fortuna-

Ah ok, molto bene.
La ringraziai farfugliando confusa e presi il foglio che mi porse.
Entrai nell'ascensore digitando il numero, ma
non riuscivo a stare ferma così mi concentrai sul foglio.
Era una stupida lista di regole per la sicurezza dell'ambiente.

L'ascensore si bloccò dopo due piani, alzai distrattamente lo sguardo posandolo sulla schiena ampia di un uomo.
Pigiò un tasto e l'ascensore sobbalzò.

Le regole erano tutto un "non usare" se non in caso di grave emergenza.
Mi chiesi se si ci fosse una clausola simile anche per il bagno.

Ridacchiai a quel pensiero e sentii gli occhi della persona al mio fianco su di me.
Schioccai la lingua accartocciando il foglio nella mano, il mio sguardo corse distrattamente sull'altro ospite dell'ascensore.
Sbiancai.

L'uomo mi stava guardando e non sembrava voler distogliere lo sguardo.
E da una parte ne ero felice, perché aveva un paio di occhi color ambra da far girare la testa. In un volto da far girare la testa.
Santo cielo sembrava uscito da un libro erotico.

Mi accorsi di aver aperto la bocca e mi affrettai a chiuderla abbassando lo sguardo.
Ero sicura di essere diventata Bordeaux.

Il ragazzo sospirò piano, gli lanciai un occhiata di sottecchi sperando che non vedesse la bava che avevo alla bocca.
Fortunatamente l'ascensore si fermò ed entrò un uomo baffuto e calvo a coprire la mia espressione da stupida.

-Signor Gregory - fece entusiasta verso il ragazzo.
-Leonard - sembrava di essere in un film inglese.
"Vuole una tazza di tè ohoh" mi morsi l'interno della guancia sentendo un gran caldo.

Mi appoggiai alla parete, ma quanto ci metteva questo dannato ascensore? E perché non usavano un climatizzatore?

-Ho saputo della Lichmore, un vero capolavoro-
Alzai un sopracciglio mentre l'uomo baffuto continuava a tempestare di complimenti l'apollo.
Lo guardai di nuovo, mi sentivo più spavalda dietro al vecchio.

Mio Dio, era proprio fico. Di quelli rari poi.
I capelli ordinati castani e la mascella squadrata.
Doveva essere alto almeno un metro e ottanta, e le spalle larghe sotto il completo elegante lo rendevano una specie di Superman.
I suoi occhi incrociarono di nuovo i miei e mi affrettai a distogliere lo sguardo.

Avrei voluto iniziare a fischiettare per deviarlo ma dubito avrebbe funzionato.

Finalmente lessi il numero trentadue sul display dell'ascensore.
Mi sistemai la borsetta sulla spalla prima che il vecchio si spostasse bloccandomi in un angolo.
Ma che diavolo? Ero invisibile?

-Hanno fatto così tante speculazioni che ammetto che anche io ero finito per dubitare. Ma alla fine aveva ragione lei, come sempre - feci una smorfia a tanta leccapiederia.
Non ero nemmeno sicura che esistesse davvero quel termine.

La porta si aprì e il vecchio nemmeno se ne accorse, cercai di passare senza buttarlo giù ma niente era troppo preso dalla sua lunga lista di lusinghe.
Mi schiarii la voce e pensai davvero di fare il limbo sotto al suo braccio piegato.

-Leonard penso che la signorina debba uscire - mi bloccai fissando Superman rossa in faccia. L'uomo borbottò qualcosa voltandosi verso di me stupito.
Ullalà allora non ero diventata un fantasma.

Si scansò in fratta passando i suoi occhi scuri lungo tutto il mio corpo.
Cercai di ignorare l'insistenza del suo sguardo su alcuni punti.

Le porte minacciarono di chiudersi davanti al mio naso ma il ragazzo pigiò il tasto tempestivamente, riaprendole.

Mi voltai morendo di vergogna -Grazie mille- farfugliai uscendo di tutta fretta.
Peccato che quei tacchi maledetti che indossavo, si incastrarono nella piega di un grosso tappetto facendomi cadere faccia a terra.
Non avevo nemmeno fatto in tempo a mettere le mani avanti.
Sentii il naso accusare il colpo.

Vidi una ragazza con una grossa cartella tra le braccia bloccarsi a guardarmi, gli occhi fuori dalle orbite. Non aiutarmi eh.

Poi un braccio coperto da una giacca blu corse in mio aiuto. Ero sicura di essermi rotta il naso, magari ora era ancora più all'insù sperai.
Lo toccai gemendo.

-Stai bene?- sentii il cuore sprofondarmi nel petto al suono di quella voce.
A salvarmi ovviamente era stato Superman e in quel momento mi stava di nuovo guardando con quegli occhi lucenti.
Alzò un sopracciglio sicuramente chiedendosi se avessi sbattuto la testa.
Forse era il caso di inventarmi un trauma cranico.

-Uhm sì benissimo. Un piccolo ... incidente - feci un risolino nervoso.
Vidi i suoi occhi analizzarmi il viso, e cercai di fare un sorriso convincente.

Come si faceva a mantenere i nervi saldi di fronte a un viso così?

-E' stata una brutta caduta, posso chiamare l'infermeria- alzai le sopracciglia, avevano un infermeria?

-No, va tutto bene mi capita tutti i giorni - dissi come un idiota.
Non riuscivo a smettere di passare il peso da un piede all'altro.

Vidi alleggiare un piccolo sorriso su quelle labbra sexy.
Diamine non avrei dovuto guardarle.
Poi si aggiustò la manica della giacca rivolgendomi un altro sorriso
strappa-mutandine.

-Se è così la lascio ai suoi impegni - disse e anche la voce era sexy da morire.
Lo ringraziai annuendo come una stupida mentre lo seguivo con lo sguardo.
Entrò nell'ascensore rivolgendomi un'altra occhiata profonda.
Poi le porte si chiusero.

Porca vacca.
Sguardo capace di uccidere pensai.

Lanciai un occhiata inviperita alla ragazza che mi aveva lasciata spalmata sul pavimento, sembrava ancora più scioccata di prima.
Tirò su gli occhiali con l'indice.
Presi un lungo respiro sfoderando un sorriso educato.

-Salve, sono Katie Smith la ragazza in prova. Dove posso trovare Mark?- forse la ragazza era muta perché si limitava a fissarmi.
Mi morsi il labbro, o forse il mio naso si era schiacciato diventando come quello di un maiale e cercava un modo per farmelo capire.

-Ehm ti accompagno- disse alla fine.
Grazie a Dio.

-Sono Linda, scusa per prima mi hai presa di sorpresa- ma dài.
Le sorrisi educata mentre cercavo di stare al suo passo.
Sembrava un colibrì.

Attraversò una porta automatica che nascondeva un enorme stanza luminosa.
Le pareti erano tappezzate di finestre che davano sulla città di Seattle, tavoli rotondi riempivano lo spazio insieme a scrivanie e schermi al plasma così grossi da farmi sorridere come una cretina.

-Conosci la persona che devo assistere?- chiesi ficcando il naso sulle tavole di lavoro che trovavo in giro.

-Sì, il signor Turner immagino. E' il capo qui, si occupa dello sviluppo dei progetti. -

-E com'è?- mi rivolse un occhiata veloce
-Un tipo .. eccentrico - mmh ok.

Mark era un ragazzo poco più grande di me, portava una camicia arrotolata nei bordi e aveva i capelli lunghi legati in un codino basso. Alzò gli occhi dal suo tablet puntandoli su Linda per poi spostarli su di me. Il marrone delle sue iridi mi osservò con attenzione.

-Sei Katie- annuii con un sorriso.
-sono Mark e prima che tu me lo chieda sono veri - e indicò i suoi baffi.
Lo guardai confusa.
Linda roteò gli occhi.
-Ci vediamo a pranzo Katie e tu ... fai il bravo- puntò Mark con l'indice e con un sorriso si affrettò a tornare al lavoro.

Seguii Mark nel suo ufficio dalle pareti chiare e l'enorme scrivania.
-Il vecchio proprietario dello studio è morto e ho preso il suo posto - disse sedendosi dietro la sua scrivania.

Arricciai il naso nel vedere la foto di un anziano signore appesa alla parete, inquietante.

-Ok il tuo orario sarà dalle nove alle sei, pausa pranzo di un'ora da mezzogiorno all'una.
Bella foto- commentò girando il display.

Guardai la foto del mio curriculum  e borbottai un grazie.

-Ascoltami, il signor Turner è poco paziente. Fai quello che ti dice e cerca di non farti notare.
Non gli piace l'invadenza e non - fissò i suoi occhi azzurri sui miei -piangere- sgranai gli occhi, ora sì che mi sentivo tranquilla.
Rispose con un sorriso gentile, porgendomi un foglio da firmare.
Me ne porse altri due prima di farmi uscire.

Scosse le spalle prima di bussare a una grossa porta di legno.
-Signor Turner la nuova segretaria - mi aspettavo quasi il rullo dei tamburi.
La porta si aprì quasi immediatamente.

Un uomo alto e moro apparve sulla soglia posando lo sguardo scuro prima su di lui e poi su di me.
Mi scrutò con attenzione e dalla sua espressione non trapelò nessuna emozione. Rabbrividii facendomi piccola piccola e Mark sembrava ancora più terrorizzato di me.

-Bene ciao Katie ci vediamo- fece in fretta Mark e sorrise, codardo.

Il signor Turner si voltò ed entrò nel suo studio lasciandomi lì a decidere cosa fare.
Mi lanciò un'occhiata da dietro la spalla mentre passavo il peso da un piede all'altro sulla soglia.

-Che fai lì? Entra!- oookaaay.
Feci un passo e quasi, dico quasi, sentii il desiderio di uscire fuori.

Bbbrrr quell'uomo metteva i brividi.

Per tutto il tragitto verso casa non feci altro che borbottare insulti e imprecazioni.
Avevo solo una certezza nella vita: il signor Turner mi odiava.
E non era una persona affabile.

Una mamma allontanò la bambina da me lanciandomi un'occhiataccia prima che andassi a comprare una cassa di birra dal supermercato e tornare a casa.

Decisi di ignorare l'Audi nera che si era fermata davanti alla casa di fronte la mia.
Aprii veloce il cancello ma le chiavi mi caddero dalle mani, imprecai di nuovo sotto voce.

– Ti metti a insultare anche le chiavi adesso?–Mi voltai esasperata verso il mio nuovo vicino di casa.
Era appoggiato al muso della sua auto lucente, i jeans calati sui fianchi e un maglietta aderente al petto ampio.

Mi sorrise beffardo facendomi alzare gli occhi al cielo.

-Lasciami in pace- dissi secca aprendo il cancello, mi avviai alla porta di ingresso.

-Sei proprio antipatica, lasciatelo dire gattina- fece alzando la voce.
Aprii la porta e come risposta gli mostrai il dito medio prima di chiudermela alle spalle.
Mi sembrò di sentire la sua risata.
Che giornata di merda.

🌸🌸🌸

Quando suonò il campanello sussultai allontanando la bottiglia di birra dalla bocca e mi affrettai ad aprire la porta.

Guardai il mio amico Luke appoggiato allo stipite.
Sondò con lo sguardo i miei pantaloni sgualciti della tuta e la canottiera macchiata di cioccolato.
Poi guardò la birra e ridacchiò.

-Ero curioso di sapere come era andato il primo giorno, ma sembra sia andato alla grande- disse sarcastico, mi diede un bacino sulla guancia e io iniziai a tempestarlo di lamentele e monologhi infiniti di quanto io fossi sfortunata.

Gli porsi una birra dal frigo e mi seguì in sala sedendosi con me sul divano.

-Quel Turner sembra proprio un bastardo- commentò dopo avergli fatto un resoconto dettagliato sulla mia mattinata.

-Domani mi licenzierà, e dovrò andare a fare la cubista- mi lagnai
-e poi mi licenzieranno anche lì perché non so ballare- annuì con una smorfia.
Sbuffai buttando la testa indietro.

– Smettila di frignare, vedrai che andrà bene. Sbatti le ciglia mostra un po' la scollatura e oplà sei assunta - feci una smorfia disgustata.

-Fai schifo- sghignazzò prendendomi un piede per stendere la mia gamba sulle sue.

-Ma mi adori- disse lanciandomi un occhiolino, sorrisi esasperata.
–A volte– feci al mio migliore amico.

Cosa ne pensate di Katie?
Ho voluto farvi conoscere un po' i personaggi e il capitolo si è allungato ops
Continuate a leggere i prossimi aggiornamenti è solo l'inizio. A prestoo ❤️

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top