18
Sono passati sette giorni senza sentire niente dal bagno di Thiago, e non so cosa pensare... devo preoccuparmi? O forse non vuole semplicemente continuare questa nostra strana e bizzarra amicizia.
Per l'ottava volta entro in bagno e guardo la finestra.
-Ciao?
Sento l'interruttore della luce scattare e dei passi.
-Ehi, ma pensa te. Stavo giusto entrando in bagno ed ecco che ti sento!
Sorrido e guardo lo specchio.
-Come va?
-Stanco. Oggi è stata una giornata di merda.
Si ferma, anche se sembrava voler finire la frase.
-E come mai?
Rimane in silenzio.
-Davvero t'interessa?
-Certo. Ormai mi sono arresa al fatto che le nostre doccie siano delle specie di sessioni terapeutiche. Almeno per me.
Lo sento ridere.
-Beh, ho dovuto analizzare una fila di casi assolutamente patetici. La mia vita sta diventando noiosa come la tua...
-Ehi! Come fai a dire che la mia vita è noiosa?
-Beh. Ci speravo.
Scoppio a ridere mentre poso l'asciugamano e m'infilo nella vasca da bagno. Afferro il tubo flessibile per fare la doccia, ma mi fermo all'istante.
-Aspetta un attimo, casi? Sei un giudice?
Ride.
-Nah, avvocato.
Abbasso lo sguardo alle piastrelle del mio umile bagno, un po' sorpresa.
-Ah, che figata.
-Mi hai appena risposto come una bambina a cui hanno regalato un nuovo giocattolo!
Rido.
-Scusa! Io sono una psicologa dell'infanzia.
-Ah maddai, che figata!
Rido e apro l'acqua. Lascio che mi bagni completamente, poi la chiudo.
-Se fossi in te non mi preoccuperei. Essere avvocato è difficile... avere casi patetici rende tutto più semplice.
-Meno male che non sei me!
La sua voce sovrasta il suono della sua acqua che scorre.
Rido di cuore, ancora. Parliamo ancora per dieci minuti buoni, poi ci salutiamo, chiudendo la porta del bagno contemporaneamente.
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