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Javi prese il coltello che aveva sul comodino accanto al suo letto, rigirandosi tra le mani la fetta di pane tostato che avevano appena distribuito alle guardie.

Aprì il pacchetto di burro allargando la carta cerata sul tavolino e prendendone un bel pezzo.

-Javi, ecco dov'eri.-

Un uomo sulla trentina entrò nella stanza poggiando la sua bisaccia scura sul letto; aveva i capelli corti biondi, gli occhi azzurri ed era molto più forte diJavi, così suggerivano i suoi bicipiti scolpiti. Era stato lui ad allenarlo fin dalla tenera età quando era stato portato in quel posto fatto solo di polvere e sassi; ricordava lo sguardo del biondo -che ai tempi era solo un ragazzo- che lo staccava dalla sottana della madre, gli prendeva una mano e lo portava lontano, nella stanza delle guardie, appunto. Poteva ritenersi fortunato lui, subito l'avevano preso sotto l'ala protettiva. Erano stati "lo sguardo curioso"o "il sorriso freddo" e "l'intelligenza dimostrata"a dettare la sua entrata nella squadra, o almeno così dicevano.

-Ciao Eric.-

-Perchè non mangi di là con noi?-

Disse l'uomo addentando una fetta di pane, con un sorriso smielato. Aveva un modo di fare, dolce ma rude; poco affetto, quello che serviva. Se Javi piangeva la notte per il buio o perchè i cani abbaiavano nessuno andava aconsolarlo; stringeva nel pugno il lenzuolo chiaro del letto e chiudeva gli occhi pensando a qualcosa di bello. Eppure Eric era stato qualcosa di più vicino ad un genitore che lui avesse mai avuto, e lui gli voleva bene e lo rispettava; nonostante avessero idee completamente diverse. Eric era malvagio, Javi invece sognava un mondo libero; Eric adorava dare ordini mentre gli altri lavoravano, Javi invece preferiva stare lontano dai cantieri e non poche volte si era fatto beccare ad aiutare un bambino che si era sbucciato un ginocchio o una donna affaticata. Eric amava combattere quei ragazzi che ogni tanto facevano irruzione sottoterra e liberavano qualcuno, quei ragazzi che avevano tutti un tatuaggio nero a forma di picca, Javi invece sognava di andersene insieme a loro. Non aveva mai visto cosa c'era oltre quel piccolo paradiso tropicale, non sapeva come fosse la terraferma, voleva vedere una vera città, con grandi strade asfaltate, edifici altissimi e automobili ovunque. Non era mai stato in un'automobile vera, lì sull'isola ve n'era una sola, nera coi vetri oscurati e non aveva il permesso di salirci; Eric sì, Eric era un grande amico del proprietario.

-Non mi andava, scusa.-

-Non c'è problema; non stai bene?-

Scosse la testa mentre spalmava di nuovo il burro sul pane.

-Guarda che carina-

Disse Eric togliendosi di tasca una catena argentata con una pietra viola grande come una moneta, doveva essere preziosa.

-L'aveva al collo una donna che è arrivata oggi.-

La richiuse nel pugno.

-Portava una maglietta viola e aveva uno strano orecchino, non era solamente infilato nel lobo, bensì lo dilatava.-

-Che mode strane che hanno gli outsiders.-

ConcordòJavi cospargendo il suo pasto di zucchero.

-No, non era un'outsiders, non sono tutti così la fuori sai?-

-Ah no? -

-Per niente, la maggior parte dei nostri prigionieri sono foris-

-Foris?Estranei, esseri umani.-

Disse rifacendosi al poco latino che Eric aveva ritenuto indispensabile insegnargli.

-Esattamente, persone senza doti.-

-Non ti dispiace mai un po'? Insomma, dare ordini tutto il giorno e vedere quelle persone faticare...-

Domandò appoggiando il coltello, il biondo ridacchiò con cadenza maligna.

-Per nulla, sai, stando qua dentro ti ci abitui, preferiresti essere al posto loro?-

Rispose con un'altra domanda.

-E...e tu non desideri mai andartene?-

Ridacchiò di nuovo.

-Ah...così giovane, a ventitrè anni ancora desideri uscire di qui,andartene, conoscere posti nuovi; ancora speri di riuscire a rifarti una vita.-

Mosse la mano in aria come per deriderlo.

-Sciocchezze, tutte scioccheze.-

-Beh...non penso... metti che lì fuori sia tutto migliore...-

-Senti.-

Il biondo si rialzò di scatto.

-Fratello, cerca di non metterti nei guai, sei uno dei migliori nella squadra, una mente geniale, sangue freddo, non fare cazzate.-

-Sì Eric.-

-Anche perchè andrei di mezzo io, sono io che ti ho educato, sono io che ti ho tirato su e penso di aver fatto un buon lavoro.-

Gli battè una mano sulla spalla.

-Tu e le tue idee rivoluzionarie, uguaglianza, pace e tutto quanto.-

Tirò su il fucile dal letto.

-Io credo solo in lui...-

Disse accarezzando l'arma scura.

-Beh,è un fedele alleato.-

Concordò Javi ridacchiando, rigirandosi una treccia scura tra i capelli.

-Cos'è che dicevi tu? Riguardo ai bambini?-

-Non dicevo nulla riguardo ai bambini, tu non ascolti mai eh?-

Scherzò il mulatto; in realtà era l'unica persona che lo avesse maiascoltato.

-Dicevo che sarebbe fantastico se tutti noi ci comportassimo come quando eravamo bambini, ricordi? Tenevamo la mano al nostro migliore amico, baciavamo tutti e non litigavamo quasi mai, e quando succedeva ci bastava una caramella per fare pace.-

Ripensò ai pochi anni in cui aveva vissuto, libero sulla terraferma, prima di essere portato lì; non ricordava quasi nulla, forse sua sorella ricordava qualcosina in piu'.

-Quando non ti preoccupavi del bambino con gli occhi a mandorla o di quello scuro.-

Eric si avvicinò e gli passò una mano tra i capelli, scompigliandoglieli.

-Su, su, tra poco si torna al lavoro mio caro sognatore.-

Si avviò verso la porta.

-E comunque, anche qui dentro siamo tutti uguali, tutti muli. Non rispetta la tua idea di pace?-

Uscì ridacchiando lasciando Javi con l'amaro in bocca.


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