7
Alessio allungò la mano sulla maniglia della porta.
-Esci, ora-
Nicole annuì e, senza staccare lo sguardo da suo fratello, camminò fuori. Il ragazzo richiuse la porta dietro di sé, tirò un sospiro di sollievo e sorrise.
- La panchina!-
La bruna sembrava una bambina di cinque anni al luna park. Corse verso la seduta in ferro battuto e vi si gettò sopra.
-Vieni!-
-Che entusiasmo-
Alessio scosse la testa, ridacchiando e s'accomodò accanto a lei. Nicole chiuse gli occhi, mentre il ragazzo prese una ciocca dei suoi capelli e cominciò a giocherellarci.
- Nicole...- disse lui, facendo seguire una pausa di silenzio.
- Che hai ora?- sbuffò senza sollevare le palpebre.
- Sai una cosa?- rispose -Dovresti andare in ospedale a trovare Christian-
-Ma cosa diavolo ti salta in mente?!-
La ragazza saltò su.
-Verrei con te sai, perché so che hai paura.-
-Ma io non esisto- ridacchiò.
-Ce la puoi fare- aggiunse poi, allungando una mano a stringerle lievemente il braccio.
-Lo hai detto anche tu, era lui.-
Come in stato di trance, la ragazza annuì.
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-Grazie- mugugnò Nicole dal sedile posteriore, picchiettando sulla gamba con le dita.
-E di cosa?- la richiamò sua sorella, guardandola attraverso specchietto retrovisore.
-Di essere venuta con me-
Margherita sorrise, la bruna si chiese se stesse lasciando trapelare così facilmente la paura, l'ansia e la leggera rabbia che provava.
-Non c'è di che-
Frenò.
-Scendi, siamo arrivati.-
-Vuoi che salga con te o che ti aspetti?-
Scosse la testa senza dare alcuna risposta.
- Va bene, allora ti aspetto.- inclinò il tono di voce, come per lasciare intendere un punto di domanda alla fine di quella frase, che non era una domanda.
La bruna annuì, aprendo la portiera e fermandosi a fissare il grande ospedale davanti a lei.
I mattoni rossi a vista, le finestre bianche e la grande porta a vetri. Vi era entrata moltissima volte da piccola, per andare a trovare nonna, quando aveva partorito Margherita. Era anche stata lì una settimana, quando era stata male, ma non era mai venuta a trovare Christian.
Storse la bocca e s'incamminò verso l'entrata. Spinse poi la porta e s'infilò in una delle interminabili file alla reception. Dieci buoni minuti dopo, era al terzo piano.
Fu stupita quando non si ritrovò in un reparto "malati mentali" o qualcosa di simile.
-Dove trovo Christian Carrera?- domandò ad un'infermiera.
-Christian Carrera?-
La donna spostò lo sguardo verso un punto imprecisato, come se stesse ripassando mentalmente l'elenco di tutti i pazienti in ospedale.
-Camera 123, là, in fondo a destra- indicò una porta bianca, sorridendo.
-Grazie-
L'infermiera aggrottò le sopracciglia.
-Che c'è? Non vai?-
-Sì, sì, mi scusi.-
Un altro sorriso rassicurante e Nicole s'incamminò per il corridoio. Vide la porta con la coda dell'occhio e si sedette su di una delle tante sedie di plastica.
Storse il naso al pungente odore di disinfettante ed incrociò le mani in grembo. Cominciò a tracciare il contorno della picca sul suo palmo, ora grigia, con le dita, nervosa.
Nessuno le aveva più fatto domande riguardanti quel "tatuaggio".
-Ancora qui, signorina?-
La stessa sorridente infermiera di prima le passò davanti, spingendo un carrellino pieno di strumenti dentistici, sigillati dentro alle loro buste verdi.
-Sì, stavo solo... parlando al telefono?- pronunciò quella frase come fosse stata una domanda. In realtà, non convinceva nemmeno se stessa. L'ennesimo sorriso e se ne andò, spingendo il carrello.
-Ora entro...- sussurrò la ragazza fra sé e sé, stringendo i pugni. Sospinse la maniglia ed entrò.
Poteva vedere le sue stesse mani tremare.
-Sorella- la accolse un ragazzo, accoccolato tra le coperte.
-Come va il tuo naso?- la prese in giro.
-E tu? Dove hai scordato il tuo cervello, quella sera?- lo punzecchiò lei: la rabbia aveva preso il sopravvento.
- Hai sempre cinque anni, Nicole-
-Ti trovo bene- sospirò lei, sedendosi sulla poltrona accanto al letto, non prima di aver spinto a terra tutti i vestiti posativi sopra.
-Quelli erano miei- protestò il ragazzo.
-Oh, al diavolo, tanto le infermiere li rimetteranno a posto.-
-Cosa intendi per ti trovo bene? Cosa ti aspettavi? Di trovarmi, che so, legato al letto, urlante?- ridacchiò, ma Nicole rabbrividì, rannicchiata sulla sedia.
-Chissà cosa ti raccontano a casa- continuò.
Lui roteò gli occhi e si tirò finalmente su a sedere.
-E se, per te, essere in queste condizioni è stare bene...-
-Hai fatto tutto tu- la ragazza scandì bene le parole
-Ha fatto tutto l'alcol. E poi non è successo nulla, sto bene-
Sorrise, illuminando il suo volto.
-Ascoltami ora, okay? Basta parlare di cavolate e lasciamo perdere i convenevoli.- Christian abbassò improvvisamente la voce.
-Ma... non vedo mio fratello da un sacco di tempo, speravo di poterci parlare un pochino.-
-Oh, andiamo, non pensavo di mancarti così tanto. E poi non c'è tempo. Sei l'unica persona di cui posso fidarmi, Nicole. L'unica.-
Sbuffò, guardando dalla finestra.
-Una volta c'era anche papà ma... ora sei l'unica, ribadisco il concetto.-
Si bloccò come per scacciare un brutto ricordo.
-Non so cosa ti abbiano detto a casa, che sono depresso, in coma, morto o pazzo-
Brividi, di nuovo.
-L'unica cosa che tu devi sapere è che sono un bravo attore-
-Un bravo attore. Ricordati, sorellina.-
-Cosa intendi dire?-
-Zitta che tra poco verrà il dottore e te ne dovrai andare.-
-A casa devi dire che stavo dormendo, che avevo la voce roca o robe simili, okay? Ti ho parlato dell'infermiera carina e tutto il resto.-
La sorella si limitò ad annuire.
-Ora ascoltami: io sto benissimo, anzi. Sì, okay, sono caduto dall'auto e sono infinitamente scemo, ma non mi son fatto nulla, eccezion fatta per un paio di graffi-
Nicole roteò gli occhi.
-Va bene. Allora, io voglio bene a tutti, ma a casa sono tutti un po' ottusi, capisci?-
-In realtà non capisco nulla, ma va bene, continua.-
-Sì, lo so che ti sembrerò pazzo.- Ridacchiò.
-Sembrano tutti discorsi insensati, scollegati e poco concreti, ma io ti sto dando i pezzi di un puzzle. Tra un paio di giorni, tre forse, avrà tutto senso.-
-Mi fido di quello che dici-
Una piccola vocina nella sua testa le ricordava che lui era pazzo e che stava solo blaterando. La ricacciò in un angolo e tornò a guardare suo fratello, il quale, a quanto pareva, aveva ritrovato tutta la sua lucidità. Non aveva mai notato quanto fosse bravo a parlare, era un oratore perfetto. Stava dicendo un sacco di cose senza senso, ma le diceva mettendoci una passione tale che Nicole ci credeva.
-Ricorda che non ti dovrai mai fidare di tutto quello che succederà, per quanto riguarda me, a meno che non te lo dica io.-
Annuì vigorosamente.
- Un'ultima cosa, dammi la mano-
Nicole gli allungò la mano sinistra.
-L'altra, stupida-
Gli allungò l'altra a palmo aperto. Lui passò le dita sul contorno della picca più e più volte.
-Perfetto...- mugugnò, poi si abbassò leggermente la maglietta, lasciando intravedere un piccolo segno identico a quello della sorella sulla spalle.
-Perfetto...-
Sorrise sornione.
-Ora vai, fidati, prima o poi saprai tutto, tutto.- sottolineò l'ultima parola con un gesto della mano. -Ti voglio bene, sorella, tieni duro-
La ragazza spalancò gli occhi.
-Chris...?-
-Mm...?-
-Nulla, solo... non morire.-
Lui ridacchiò.
-Non lo farò, mai. E se lo dovessi fare, prima ti avviserei.-
Nicole alzò gli occhi al cielo: che diamine intendeva?
S'avvicinò alla porta e fece per uscire.
-Nicole?-
Si fermò con una mano posata sul pomello.
- Le leggende non muoiono mai- mormorò, accompagnato da un sorriso malizioso. Lei finse un'espressione scocciata, proprio mentre, nella stanza, s'accingeva ad entrare Margherita.
-Ciao, sorellina- la voce di Christian si fece più roca, cominciò a tossire e si rannicchiò sotto le coperte.
-Oddio che tosse, come va oggi?-
-Bene, dai-
La più grande si chinò a raccogliere un paio di magliette a terra, nello stesso momento in cui Christian ammiccò a Nicole, a sua sorella, alla sua complice.
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