5.1
Aprì gli occhi ed un infinito bianco le si parò nuovamente davanti, era in piedi davanti alla panchina, leggermente stupita di trovarsi nuovamente lì.
La volta scorsa si era preparata al non tornare più e non rivedere Alessio, ma ora lo avrebbe visto, perlomeno lo sperava, e avrebbe dovuto fornirgli spiegazioni. Spiegazioni che non aveva pronte.
Con ancora gli occhi rossi dal pianto, si guardò intorno e scorse il ragazzo chinato davanti al suo messaggio. Intento a rispondere, forse.
Si avvicinò a lui.
Alessio si alzò e la guardò, un sorriso sghembo stampato in volto. Aprì le braccia verso Nicole, lei aveva un aspetto così debole, tra occhiaie e lacrime; il pigiama lilla la faceva sembrare una bimba spaventata e così anche le braccia incrociate sul petto.
La bruna vi si gettò e lui la strinse.
-Ciao, estranea eh- scherzò Alessio.
-Ciao- mormorò lei, in tutta risposta.
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Bah, guarda, mi hai scacciato in malo modo, mi hai lasciato uno strano messaggio a terra ed ora sei tornata, piangendo come una posseduta.-
Fece un attimo di pausa.
-Direi, decisamente, che voglio sapere che tempo fa stamattina-
Riuscì a far sorridere anche Nicole.
-È-è una storia lunga...- cercò di scusarsi lei, guardando a terra.
-Ho tempo, sai? È sabato-
Alessio si diresse verso alla panchina e vi si abbandonò.
-Perché non c'eri ieri?-
Nicole lo raggiunse.
-Sai, non sono io a scegliere cosa sognare- rispose lui.
-Ma ora tocca a te-
Sopra di loro il cielo stava diventando scuro, di un blu notte. Tante piccole luci s'accesero. Una notte stellata.
-Be', da dove inizio?-
La ragazza giocherellò un po' con le mani, mentre Alessio le poggiò una mano sulla spalla, incitandola a continuare.
- Allora...-
Tirò un respiro profondo.
-Mio fratello ha fatto un incidente-
-Oh, mi spiace-
-Già, anche a me.-
Iniziò a parlare molto velocemente:
-Praticamente, era in auto con amici. Un'auto non sua, non sapeva nemmeno chi v'era seduto dietro-
-Penso di sapere come sia andata a finire- commentò Alessio.
-Tanto alcool, una sfida stupida... È finito sul tetto della vettura in movimento, un ragazzo ha mollato per sbaglio il volante e lui è finito in mezzo agli alberi.-
-Scusami, ma è stato stupido-
-Già, trovo anche io-
-Ma giusto perché le disgrazie non vengono mai sole...-
-Ti è successo dell'altro?-
Il ragazzo la guardò negli occhi e lei si strinse, come a voler diventare più piccola, fino a sparire.
-Sai, le cose brutte vengono sempre a due-
Si cinse le ginocchia con le mani.
-La prima ti fa male, sì, a volte ti distrugge anche...-
-E la seconda?-
-La seconda volta, invece, è peggio, molto peggio. Per il semplice motivo che ti sei già illuso che tutto si sia risistemato. Invece no, anzi.-
Alessio sorrise.
-Ma le cose vanno sempre affrontate-
-Mio fratello è pazzo-
-Insanità mentale- la corresse il ragazzo, quasi fosse stato sua madre.
-Dillo come vuoi, il problema resta sempre. Non ricorda più nulla dopo l'incidente, ha attacchi di rabbia e...- roteò gli occhi, pensando a cosa dire.
-E, insomma, non so cosa fare. Diciamo le cose come stanno: pazzia. Le parole dolci servono solo a far ingoiare la pillola.-
-Vedrai che si sistemerà tutto.-
Nicole abbassò lo sguardo e Alessio prese parola.
-Lo so che sembra scontato, scontatissimo. "Si sistemerà tutto", ma poi non si sistema nulla. Ma, a volte, ci basta sentir dire qualcosa per crederci.-
Le prese una mano per darle coraggio.
-Anche un estraneo ti fa sentire meglio.-
-Molto più che una stanza vuota- commentò la ragazza, sorridendo.
-Voglio dirti una cosa-
Era Alessio a parlare.
-Sai che anche quel grande iceberg minaccioso e brutale che ha affondato il Titanic ed ha ucciso centinaia di persone, ora si è sciolto ed è morto?-
-Cosa centra?- chiese la ragazza, inarcando un sopracciglio.
-Nulla, in effetti. Solo che anche le cose più brutte e forti, prima o poi, hanno una fine, e tutto ha un punto debole.-
-Anche la pazzia?-
-Anche la malattia-
Il ragazzo sorrise, come per infonderle coraggio.
Nicole alzò lo sguardo, rivolgendolo cielo stellato che avevano sopra di loro: era meraviglioso.
Sfondo scuro, blu notte, con tante piccole lucine bianche scintillanti. Era molto bello, quasi come nelle notti d'estate. in riva alla spiaggia.
-Guarda quante stelle!- commentò Alessio, per rompere il silenzio, un po' in imbarazzo.
-Sono meravigliose- sussurrò la ragazza fra sé e sé, come se fosse stata sola, sotto le stelle.
Un altro minuto di silenzio, interrotto, questa volta, da Nicole:
-Secondo te, che sapore hanno le stelle?-
-Come scusa?-
Alessio era quasi divertito dalla domanda.
-Sul serio- ribatté lei.
-I-io non lo so. Penso sappiano di qualcosa di dolce. Perché?-
-Sono così belle. A guardarle sembrano dolci, magari al sapore di zucchero filato, o fragola.-
-Ma, probabilmente, quando le mordi dentro scottano, ti ustionano e fanno male.-
-Come le persone-
Il ragazzo esitò un attimo, indeciso su cosa rispondere.
-Che pessimismo ragazza-
Nicole ridacchiò un poco, per poi continuare, persa tra i suoi dolci pensieri.
-Se potessi volare, forse le assaggerei-
-Sei consapevole del fatto che sono solo immense palle di fuoco?- la interruppe Alessio.
-Diciamo che io vedo oltre. Se potessi volare, andrei fin lassù e farei uno slalom tra tutte quelle dolci stelle-
Alzò il dito, puntandolo al cielo, e disegnò un percorso tra le luci.
-"Se io potessi volare, andrei su Marte. Se io potessi volare, salirei sulle nuvole. Se io potessi volare, me ne andrei con le farfalle"-
Il ragazzo si stiracchiò.
-Se poteste volare, voi ve ne andreste ovunque, lontano da qui; invece io, se potessi volare, non mi alzerei da terra, si sta così bene quaggiù.-
-Con te-
-E coi miei amici-
Nicole sorrise.
-E con me-
-E coi miei amici- disse Alessio, ridendo.
-Sei simpatica, mi piaci- continuò lui.
-Che mi piaci non te lo dirò mai- rispose Nicole, ridendo.
-Però lo pensi- ammise lui, con un sorriso sghembo e scherzoso.
Nicole nascose di nuovo il viso tra le gambe, con un sorriso triste.
-Che c'è ancora?-
Lei scosse la testa sussurrando: -Nulla-
-Almeno guardami, mi sento ignorato- disse lui col suo solito fare scherzoso.
La ragazza si voltò a guardarlo: i suoi occhi verdi erano meravigliosi, con piccole pagliuzze dorate all'interno.
Forse un colore indescrivibile, ma bellissimo.
-Ti sto guardando-
-Ma tu smettila di guardare me così- ribatté Nicole con un sorriso.
-Così come?- chiese Alessio con un sorriso sghembo. La ragazza sembrò ritrovarsi in un libro.
Così come?
Come se fossi la cosa più bella del mondo.
Decise, allora, di cambiare musica, e si avvicinò lentamente al viso del moro.
-Così come ora... mi stai fissando, letteralmente-
Si fermò a pochi centimetri dal naso aquilino del ragazzo, per poi schioccargli un bacio sulla guancia.
-Uhm...- mugugnò l'altro.
-Che ti aspettavi?-
Sorrise la ragazza, schernendolo, conosceva bene la risposta.
-Nulla nulla, piuttosto...- s'interruppe Alessio, cambiando discorso.
-Non ci siamo mai chiesti perché siamo qui, perché tutto è così strano. O, almeno, non ne abbiamo mai parlato.-
Nicole alzò le spalle.
-Be', è semplice. Mi addormento e ti sogno.-
Il ragazzo allungò la mano su quella esile della bruna e cominciò a tracciare un percorso avanti e indietro.
-Ancora con questa stupida fissazione? Sei cocciuta, ragazza!-
Il loro rapporto era cambiato, così d'un tratto. Sotto quel cielo di stelle, era come se gli occhi di Nicole si fossero aperti.
Guardò il viso del ragazzo più attentamente.
La pelle abbronzata, i lineamenti spigolosi ed il naso aquilino. I capelli castani, sempre tirati in uno speciale ciuffo, le labbra carnose, rosee e sempre aperte in un sorriso che aveva un nonsoché di malizioso.
Ma la cosa più bella erano gli occhi.
Verdi, oro, profondi.
Per la prima volta Nicole notò, però, una specie di patina che stava sugli occhi del ragazzo, come una paura, velata e nascosta più a fondo. Un segreto, forse.
-Ancora non hai capito che io esisto tanto quanto te? -
Nicole strizzò gli occhi, con aria assente. Il ragazzo sembrava così tangibile, così reale.
Decise di rinunciare a tutti i suoi dubbi e di fidarsi di Alessio, il quale, in quel momento, aveva visto tutta la sua fragilità.
- Okay, ti credo, va bene- disse a bassa voce.
-Finalmente-
Tirò un sospiro il giovane, mentre il suo sorrisetto rimaneva stampato sulla faccia.
- Perché ora ti fidi di me?- chiese, tornando improvvisamente serio.
-Perché tu lo hai sempre fatto?-
-Cioè guardami, sembro una ragazzina. Sono esile, bassa e bruttina. In più, ho un carattere odioso, sono bipolare e non ho fatto altro che stuzzicarti e respingerti.-
Alessio le afferrò la mano.
-Che dici? Forse mi sto innamorando di te? Mi hai ispirato fiducia fin da subito. Sei così convinta nelle tue scelte.-
Nicole annuì.
-Secondo me, c'è un motivo.-
-Voglio dire, forse sto solo sognando- continuò poi.
-Già-
Il bruno non riuscì a trattenersi dal sorridere alla gaffe della compagna.
-Ma, dopotutto, nulla è troppo strano per non essere preso in considerazione. Magari non tutto è casuale.-
-Dici che hanno bisogno di noi?- domandò lui.
-Chi ha bisogno di noi?-
Alessio stava correndo troppo, forse anche più della ragazza.
-Non lo so, mi sono lasciato prendere dall'immaginazione- rispose lui con un sorriso, che Nicole trovò molto dolce.
-Oppure...-
-No, non ricominciare a pensare che io non esista!-
-Non intendevo quello- ribatté la mora, mentre, in realtà, era proprio ciò che stava per dire.
E se fosse stato tutto finto? E se la sua mente avesse elaborato tutto in ogni particolare?
-Ti immagini? Ci stanno contattando via sogno e ci vogliono far incontrare- ipotizzò il ragazzo, con un'espressione buffa ed un tono scherzoso.
-Uhm, sì, che cosa simpatica che sarebbe-
Nicole sorrise. Un sorriso un po' tirato.
-E tu?-
-Io cosa?-
-Tu stai bene? Anche io potrei aiutare te.-
-No, sto bene, grazie... e poi non sei nelle condizioni di occuparti degli altri, prenditi cura di te stessa.-
Sembrava infastidito dalla domanda.
-Guarda che l'ho visto. Ho visto, nei tuoi occhi, che c'era qualcosa che non andava.-
Scosse velocemente la testa.
-Be', vado. Forse sarà meglio che ritorni alla vita reale.-
Fece due minuti di pausa, mentre Alessio le sorrideva.
-Wow, fa così strano dire "vita reale". È tutto così strano e sto metabolizzando solamente ora!-
Il ragazzo ridacchiò.
-Sembri una bambina, sei così entusiasta.-
-Comunque, me ne vado: voglio delle spiegazioni, sapere qualcosa in più. Anzi, mi basta essere consolata.- concluse la ragazza con un sorriso.
-E come fai ad andartene?-
La bruna sorrise, sbatté gli occhi un paio di volte, poggiò la mano sul braccio di Alessio e chiuse le palpebre. Quando le riaprì, era di nuovo a casa.
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Si alzò lentamente dal letto, con la testa che un po' le pulsava, mise le dita alla radice del naso e strinse, per bloccare il dolore persistente.
Si stiracchiò un poco e tirò le tende, per illuminare la stanza della luce del mattino. Successivamente, si guardò allo specchio.
I capelli scompigliati e gli occhi socchiusi si prima mattina, alle prime luci del giorno. Le occhiaie, però, erano troppo profonde, le guance bagnate -aveva pianto nel sonno-. Era più pallida ed aveva le labbra screpolate e rovinate da quante volte le aveva morse, pur di far fronte alla tristezza.
Si scosse un attimo e si diresse in cucina, dove trovò sua madre.
-Buongiorno- disse lei, aprendosi in un sorriso, con il solo scopo di rassicurare la figlia. La ragazza rispose con un mugolio.
-Senti- pronunciò con tono rude -Pochi giri di parole. Dimmi tutto quello che è successo a mio fratello. E non osare addolcire i termini.-
La donna sulla quarantina si sedette su una sedia accanto alla figlia, dopo aver tolto il pentolino con il latte dal fuco, ed iniziò a torturarsi le unghie, che erano ormai mangiate fin quasi alla radice.
Una volta, erano forti e perfettamente limate, quando la sua vita ancora non era andata in pezzi. E non era un'esagerazione: per una madre, avere un figlio pazzo doveva essere molto dura.
- Allora...- prese un attimo fiato la donna, mentre Nicole si sporgeva verso di lei sul tavolo.
-Ha dormito, è stata una cosa buona, era ciò che i dottori volevano da tempo. Sai, aveva una faccia così riposata quando si è svegliato...-
-Mamma, arriva al punto-
-Poi... poi si è svegliato ed ha iniziato a scagliarmi contro oggetti, non mi riconosceva. I dottori han detto che è stato un momento passeggero, dovuto al trauma che potrebbe aver avuto in seguito alla caduta.-
-Voi non sapete come si è fatto male, vero?- la interruppe la ragazza, che aveva avuto abbastanza chiarimenti per essere solo inizio giornata.
-Certo, è stato un'incidente.- rispose la madre con aria interrogativa, aggiungendo, poi:
-Perché? Non è andata così?-
Nicole mosse una mano in aria, come per scacciare quella domanda.
-Non è questo il problema, e comunque non spetta a me dirvelo.-
-Christian può essere curato- aggiunse la donna, dopo un paio di secondi di silenzio.
-Avevi detto che era una cosa passeggera!- ribatté la ragazza, gli occhi sgranati -Ti stai remando contro da sola. Sai, non sei mai stata brava a mentire, mamma, e non lo sarai mai-
-Nicole!-
Margherita entrò in stanza, lanciando uno sguardo infuriato alla sorella.
-Scusala- disse dirigendosi, verso sua madre e versandosi del latte. La bruna mugugnò, in disaccordo.
-Io conosco una storia bellissima.- esordì la madre, guardandosi fissa il pollice e continuando a rigirarlo tra le mani.
-Cosa c'entra? La storia parla di Christian? No, perché, quindi, dovrebbe importarci?-
La donna continuò.
-Io conosco una storia bellissima, ho detto.- ripeté, mentre le figlie sbuffavano.
-Una volta, c'era un ragazzo nel paese. Lo chiamavano il pazzo, non a caso. Io avevo, sì e no, dieci anni e mi guardavo bene dal stargli lontano. Forse era pazzo veramente, forse no. Diciamo che, quando camminava per strada, lo notavi subito. Le felpe scure, i jeans stretti e lo sguardo cupo, ma sorrideva sempre. Aveva le mani sempre in tasca. Nonna e le altre mamme ci dicevano tenesse chissà quali armi lì dentro. Probabilmente, non teneva nulla. Ora che ci ripenso, era solo un ragazzo con pochi amici. Forse anche senza. La cosa più spaventosa era il suo sorriso, però. Aveva un nonsoché di inquietante, sembrava lo stregatto di Alice nel paese delle meraviglie. Eppure, non aveva mai fatto nulla, che io mi ricordi.
Lo si vedeva solo camminare e camminare, per le strade, nemmeno conoscevamo il suo nome. E non lo conosceva nemmeno Rossana, che un giorno lo avvicinò e si mise a parlare con lui. Il pazzo la accolse col suo solito sorriso. Ricordo che erano in strada, su una panca in ferro battuto. Io avevo tredici anni e Rossana quindici. Lei si era appena trasferita nel quartiere. Avevo sinceramente paura per lei; invece, si mise a parlare col ragazzo e, in poco tempo, quei due sparirono.-
Bloccò un attimo il suo discorso, come a provare a far ordine, mentre le figlie la guardavano scocciate. In realtà, erano solamente interessate alla storia del pazzo.
-Sì, insomma, penso che si siano messi insieme. Fatto sta che, pian piano, il pazzo sparì dalla circolazione, e così la ragazza.-
-Quindi?-
-Non è finita qui, tesoro. L'altro giorno, in banca, ho rivisto un uomo. Cappuccio calcato sulla testa, occhi azzurro ghiaccio ed un sorriso stampato mentre si rivolgeva all'impiegata. "Adele!" mi ha detto, girandosi verso di me. Io non ho risposto, chiamarlo il pazzo, non mi sembrava carino. "Rocco, il pazzo" ha continuato, ridacchiando. Gli ho chiesto che era successo, perché se n'era andato. Lui ha risposto: "A volte, qualcuno va oltre ad un carattere difficile, alla pazzia forse. La pazzia è una coperta pesante, sotto c'è sempre una persona. Rossana l'ha trovata prima di voi. Anzi, forse è l'unica che l'ha cercata". E, sempre sorridendo, se n'è andato.-
-Mamma, che intendi con questo?- chiese Margherita, corrugando le sopracciglia.
-Pensavo potesse far star meglio Nicole. Cioè, Rocco ora sta bene, perché Christian non dovrebbe?-
La ragazza, che finora era stata zitta, a fissarsi le mani, scosse la testa e si alzò. Un breve sorriso le illuminò il viso, ma si girò, per evitare di darlo a vedere. La madre scosse la testa.
-Io lo so che l'ha aiutata-
Sorrise Margherita appoggiando la mano sulla spalla di sua mamma Adele.
Nicole era scossa, forse confusa, forse anche altro. Certo, c'erano mali molto peggiori nel mondo, ma ciò che era successo l'aveva un po' stordita. Aveva bisogno di amici, non aveva troppe persone di cui fidarsi. Certo, Giulia, coi suoi capelli lilla, era davvero una brava confidente, ma aveva bisogno di conoscere qualcun'altro.
Nonostante si fosse appena svegliata, sentiva già una forte stanchezza. Sentì la porta di casa aprirsi e poi richiudersi: i suoi genitori erano usciti e così anche Margherita e Eric.
Voleva tornare a letto, magari incontrare Alessio. Era l'unica cosa più simile ad un confidente che avesse. Era una persona poco coerente, Nicole, soprattutto in quel momento. Nessuno si sarebbe lamentato, se si fosse addormentata.
La sua famiglia avrebbe pensato fosse stata a lezione, ad allenarsi. In realtà, non si allenava da un bel po'.
Si gettò sul materasso morbido e cadde velocemente tra le braccia di Morfeo.
Si stupì, quando trovò Alessio ancora lì, davanti a lei che guardava il cielo -che in quel momento era azzurro-.
-Hey- la salutò. Nicole agitò la mano.
-Uhm... hai chiesto spiegazioni a tua made?-
-Sì-
-Allora?-
Una folata di vento, aprì un paio di volte la bocca per rispondergli, ma l'unica cosa che ottenne era assomigliare più ad un pesce che ad un umano. Si girò quando sentì qualcosa girarle intorno sferzando l'aria. Alessio stava gesticolando, cercando di farsi notare. Che succede? pensò.
Finalmente, una figura scura si piazzò davanti a lei, incurvò la schiena ed iniziò a soffiare, come un gattino, solo mille volte più pericoloso. Un puma, lo riconobbe dal pelo argenteo, ispido e quasi scintillante. L'animale aprì la bocca, mettendo in mostra i denti affilati. Mi vuole uccidere, pensò.Questi erano i casi in cui occorreva avere sangue freddo. Non arretrò, non corse lontano, sapeva che avrebbe irritato l'animale; semplicemente, attese l'attacco.
-Cosa stai cercando di fare? Sei pazza?- mimò con le labbra il ragazzo. Lei scosse la testa.
Il puma scattò in avanti. Era giunto il momento di pensare a qualcosa. Mentre l'animale copriva velocemente la distanza che lo separava da quello che avrebbe voluto che divenisse il suo prossimo pasto, Nicole si mise una mano in tasca, nella speranza di trovarvi qualcosa. Come la biglia, come il rossetto: in quei casi aveva funzionato.
Il terrore le riempì lo sguardo, quando notò che non v'era nulla. Allora sì che arretrò di un paio di passi.
Alzò le mani, aprì i palmi, tendendoli diritti avanti a lei, voltò il viso di lato e strinse le palpebre.
-A-arretra- disse fermamente.
Nella sua mente, ebbe come l'impressione di aver rotto un vetro. I suoi frantumi cadevano tutt'intorno a lei.
La bestia si fermò ed, effettivamente, arretrò fino a scomparire.
-Nicole!-
Alessio le corse incontro, finalmente parlando.
-Ero bloccato lì, non riuscivo a venire ad aiutarti, mi spiace tanto...-
Venne fermato da Nicole, che tirò un grido acuto, talmente forte da tagliare l'aria.
-Stai tranquilla, tranquilla.-
S'inginocchiò di fianco a lei e le poggiò un braccio sulla spalla, come per calmarla.
-Cosa ho appena fatto...?-
Si guardò le mani, due simboli neri campeggiavano sui suoi palmi. Un intreccio complesso di diverse linee, rette, curve. Alcune convergenti, altre no. I disegni emanavano una lieve luce dai bordi, poi scomparvero.
-C-cos'erano? Cosa?-
-Tranquilla, è un sogno. Solo un sogno.-
-Ho sentito come qualcosa rompersi dentro di me, come se avessi oltrepassato un vetro, un vetro che mi divideva e m'impediva di raggiungere... non so cosa.-
-Alzati.- le offrì una mano e l'accompagnò fino alla panchina, aiutandola a sedersi.
-Stai meglio?- le domandò poi, dopo pochi secondi.
-Sì.-
-Ti andrebbe di raccontarmi di tua madre?-
La ragazza annuì, girandosi a guardarlo negli occhi.
-Lei mi ha raccontato una strana storia su un ragazzo della sua città che chiamavano " il pazzo", e lo era veramente. Alla fine, lui è fuggito con una ragazza. Ora abita in città ed è felice.-
-Ah-ha- annuì Alessio.
-Anche secondo te non ha senso?-
-Potrebbe non averne, ma so che ti aiutato-
-Già...- sussurrò la ragazza.
-Sdraiati, cosa ti sembra quella nuvola?- la invitò lui, indicando il cielo.
-Sei una persona poco coerente.- rispose lei, sdraiandosi ed alzando lo sguardo.
-Però, so come aiutarti. Allora che ti sembra?-
-Un pipistrello-
-Wow, che negatività- ridacchiò il ragazzo -A me un trenino-
-Da un pipistrello ad un treno. Diavolo, siamo completamente diversi.-
"Più simili di quanto pensiate" sembrò sentir dire Nicole, ma non parlò per paura di essersi immaginata tutto.
Alessio afferrò la mano della ragazza delicatamente, iniziando a giocherellare con le sue dita esili.
-Ti sembra una cosa stupida, ma ti fa male, vero?-
La ragazza annuì.
-Lo so. Ti capisco, sai?-
-Come puoi capirmi?-
-Oh, io ti sono più simile di quanto pensi-
Ecco, l'aveva detto. Il ragazzo sorrise e tante piccole rughe comparvero attorno al suo sorriso, che velava una sottile tristezza.
Alessio fece combaciare la sua mano con quella di Nicole, la quale continuava a guardare assorta le nuvole muoversi lentamente.
-Nicole?-
-Alessio?-
La ragazza avvertì un leggero formicolio alle sue mani.
-Lo senti anche tu, vero?-
-Cosa? Un formicolio? Sì-
-Ora fa male, però...-
Provarono a tirare per staccare le loro mani, senza risultati. Nicole, allora, intrecciò le sue dita con quelle di Alessio, alzando le spalle e stringendo i denti. Il dolore era abbastanza forte, come se tanti spille le stessero pungendo la mano. Non sapeva che nei sogni si potesse provare dolore.
-Stai bene?-
-Tu non senti nulla?- chiese la bruna un po' irritata.
-Nulla.-
Il ragazzo chinò lo sguardo.
Finalmente, il dolore cessò, dopo che una scossa sembrò attraversare tutta la mano della ragazza, risalendo sul braccio per poi bloccarsi. I due sciolsero la presa e s'allontanarono di qualche passo, fissando le proprie mani.
-Che è successo?- domandò Alessio, alzando un sopracciglio. Nicole sollevò la mano verso di lui, lo sguardo sbarrato.
-U-una picca?-
Una picca scura figurava sul palmo della sua mano, sembrava un tatuaggio.
-Non dici nulla?- richiamò l'attenzione del ragazzo.
-Ma sì, è solo un sogno. Sarà come prima, no?-
La bruna cercava evidentemente di autoconvincersi.
-Alessio!-
Quest'ultimo si stava arrotolando i pantaloni, lasciando scoperta la caviglia: una piccola picca nera figurava anche lì.
-Ma quando...?-
-Cosa?-
I due erano sbalorditi.
-L'altra notte, tu non eri ancora arrivata...-
-Siamo collegati?-
-Sì, lo siamo-
Alessio guardò un attimo l'espressione spaventata della ragazza e le afferrò la mano.
-Non so come, dove, quando, né perché-
-E ciò mi fa impazzire-
Sorrise.
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