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Piccola nota, premetto che è il mio capitolo preferito (o il secondo preferito, poi vedrete) e adoro come mi è venuto, per una volta sono orgogliosa di me ahaha.
Christian prese in mano il cellulare, mentre continuava a pedalare con foga per incontrare i suoi compagni, portò di nuovo la sigaretta alla bocca e tirò.
Una mano all'iphone e una alla sigaretta, il manubrio se ne stava vuoto sbandando a destra e sinistra; non sapeva dove doveva andare nè chi avrebbe dovuto incontrare, ma lui andava diritto avanti a sè; avrebbe incontrato qualcuno, prima o poi.
-Uee!-
Un grido lo raggiunse accompagnato da un rumore stridente di freni sull'asfalto; musica a palla, delle risate arrivarono alle sue orecchie.
Si passò una mano tra i capelli e guardò dentro al finestrino abbassato cercando di riconoscere i volti, con fatica data dal buio.
Fece un gesto lieve per salutare, dopo aver riconosciuto un ragazzo di ventidue anni al volante, gli altri due volti erano a lui sconosciuti, non si scompose molto, buttò il mozzicone a terra insieme alla bicicletta -che aveva preso in prestito da qualcuno- e dopo aver cacciato il cellulare nella tasca dei jeans salì in auto, attratto dall'odore di fumo.
L'abitacolo era pieno di una fine nebbiolina grigia.
Il ragazzo al volante alzò il finestrino ed ebbe inizio una conversazione.
Il perchè dei ragazzi così giovani e neopatentati stessero guidando, alle due di notte in centro città, di chi fosse l'auto e chi fossero i ragazzi seduti nei due posti dietro furono argomenti che non vennero toccati.
Risate riempirono presto l'abitacolo mischiandosi al fumo, l'odore si fece più pungente e la musica più alta.
-Hei coso-
Erano le tre e ventitrè minuti ormai.
-Christian-
Un ragazzo dei sedili posteriori aveva alzato la voce mentre quello al volante abbassava la radio, un sorriso sghembo apparve sul volto di entrambi.
Christian guardò fuori dal finestrino; un campo, dall'erba bassa,tutta uguale, sarà stato un chilometro quadrato, probabilmente terreno da costruzione accerchiato da numerosi alberi.
-Fai una cosa.-
Prese parola il ragazzo seduto dietro.
-Si forte! Quello che avevi fatto l'altra volta?-
Diede man forte un altro, tracannando un ultimo sorso di birra- o forse era vodka, non aveva importanza- il ragazzo al volante siaffrettò ad annuire.
-Esci dal finestrino, sali sulla capotta e poi rienri. Tranquillo,andrà tutto bene.-
Scandì bene le parole accompagnando il percorso con una mano; anche Christian si affrettò ad annuire, con i pensieri confusi edannebbiati.
La macchina entrò nel campo e si fermò scaldando il motore, Christian buttò giù tutto di un colpo l'ultimo pò di birra che era rimasto nella bottiglia, poi tirò giù il finestrino con la manovella.
Era un auto vecchia, nessuno si sarebbe sognato di rovinare una macchina nuova e splendente facendo queste cavolate.
Il ragazzo al volante scavalcò il sedile e passò dietro sedendosi in mezzo agli altri due prendendo una bottiglia di vetro dal contenuto sconosciuto, sicuramente alcolico, da sotto il sedile e scolandoselo.
Christian accellerò, mise l'auto in folle ed iniziò a sporgersi dal finestrino, complice l'alcol, si inerpicò con i piedi sul volante, che una mano stava prontamente tenendo fermo, e salì sulla capotta, tenendosi ai finestrini aperti.
L'adrenalina gli scorreva in corpo e gli dava tutto il coraggio di stare lì reggendosi alla carrozzeria con lo sguardo alto, e l'aria fresca in faccia.
Tre e trentasei, Christian guardava verso il buio fiero.
Tre e trentasette un ragazzo gridò esaltato.
-È sul tetto di una macchina in movimento!-
Tre e trentotto, Christian si rese conto di ciò che stava facendo, nessuno l'aveva mai fatto.
Tre e trentanove, l'adrenalina e il coraggio abbandonarono il suo corpo e il ragazzo iniziò a respirare affannosamente cercando di risalire in auto.
Tre e quaranta, la mano che teneva il volante si staccò.
Tre e quaranta ed un secondo, l'auto era andata a finire contro uno degli alberi del boschetto.
Tre e quaranta e due secondi, Christian giaceva inerme in uncespuglio, aveva fatto un volo lunghissimo, per poi atterrare e perdere conoscenza.
Tre e quarantuno, una chiamata arrivò all'ospedale da un ragazzo ubriaco che gridava disperato.
Tre e quarantacinque, una ragazza gridava incredula da casa sua. Christian?
-Vieni qui! Ragazzo? Stai bene?-
Christian li vedeva i ragazzi muoversi affannosamente intorno a lui, avevano afferrato un cellulare, chiamato il centodiciotto velocemente; vedeva i loro visi smarriti, i pensieri annebbiati dall'alcol, poi finalmente qualcuno gli tese una mano.
-Non mi riesco ad alzare!-
Gridò in risposta. Aveva fatto un volo di almeno due metri, come avrebbe potuto reggersi in piedi? Il ragazzo sgranò gli occhi, poi si allontanò, indietreggiando.
Christian sapeva che non avrebbe dovuto muoversi se non avesse voluto peggiorare la situazione, percui si limitò a girarsi sulla schiena, stiracchiandosi per stare più comodo, cercando di non pensare al dolore che sentiva.
Guardò al cielo puntinato di stelle e sorrise. Era ubriaco, ferito e aveva appena fatto una cavolata, ma aveva ancora la lucidità che gli serviva per pensare. Sorrise, avrebbe sfruttato l'occasione a suo favore, per una volta era giunto il momento di fare l'adulto.
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