Vendetta & Senso Di Colpa
La mia assenza fu notata da lì a poco, e subito tutti si rimisero in marcia verso casa mia cercando di capire dove fossi finito.
Io intanto ebbi il tempo per tranquillizzarmi e per organizzare una delle cose più riprovevoli che abbia fatto in vita mia: vendicarmi di Flavio.
Trovavo inconcepibile che, dopo tutto quello che avevo fatto per lui, Flavio non avesse nessuno scrupolo a chiacchierare e sorridere al mio ragazzo togliendomi l'attenzione che mi spettava per diritto, e il fatto che il mio Principe mi aveva messo da parte così facilmente, faceva accrescere di secondo in secondo il mio odio sempre di più.
La mia mente era attraversata da pensieri orribili che non mi lasciavano riflettere lucidamente. Pensai che, se il ragazzo dal piano forte bianco mi avesse messo da parte per un altro davanti ai miei occhi, chissà che cosa faceva quando non ero presente. Forse aveva storie con altri senza che io lo sapessi e l'idea mi faceva impazzire.
Le certezze che mi ero costruito attorno in quei mesi, cominciarono a vacillare, ed io mi sentivo tradito, ferito, deluso, abbandonato.
Se avessi potuto fermarmi a riflettere con tranquillità per un istante, probabilmente mi sarei accorto di quanto le mie paure fossero infondate, ma così non fu.
Poco dopo arrivarono tutti preoccupati per quella mia fuga repentina. Dissi loro che avevo avuto l'esigenza di andare in bagno ed ero tornato a casa per quello e non avevo voluto interrompere il loro soggiorno al mare. Dopo avermi rimproverato per aver spaventato tutti con la mia sparizione, Flavio si avviò verso il bagno al piano di sopra ed io con una scusa gli andai dietro.
Quando lui uscì dal bagno, mi trovò in camera nostra che ordinavo delle magliette e mi chiese se andava tutto bene, notando probabilmente che il mio atteggiamento era turbato. Negai tutto e scesi con lui verso il piano di sotto. Le scale di casa mia erano strette e si poteva scendere solo uno per volta. Diedi la precedenza a Flavio e scesi dietro di lui, e fu allora che un'idea malsana si formò nella mia testa, e prima che me ne rendessi conto, come se fossi in uno stato di trans, incominciai a mettere quell'idea in atto.
Finsi di inciampare, e spinsi Flavio giù dalle scale. Lui rotolò giù per gli scalini facendo un fracasso tremendo, e solo allora mi resi conto di quello che avevo appena fatto e la mia coscienza cominciò a rimordermi dentro.
Corsi giù per le scale e mi sentii lievemente sollevato nel vedere che Flavio si muoveva. Si era rotto il labbro e aveva diversi lividi sulle gambe, però stava bene e questo mi confortava.
Mi scusai con lui quasi piangendo, mentendogli dicendo che ero inciampato. Nel frattempo gli altri erano accorsi scossi dal brutto rumore che la caduta aveva prodotto.
Mara e Anita si lanciarono a soccorrere Flavio, mentre il ragazzo dal pianoforte bianco, venne subito verso di me.
Guardandolo venirmi incontro così, pensai che avesse capito tutto e che volesse sgridarmi e cominciai a raccontargli gli avvenimenti mischiando verità e bugia. Prima che potessi finire di parlare, lui mi prese la faccia tra le mani e guardandomi con i suoi occhioni azzurri, mi disse che solo voleva sapere se io stavo bene.
Risposi di sì e Lui mi strinse a se.
Un pugno allo stomaco mi avrebbe certamente causato meno dolore rispetto a quell'abbraccio.
Da quando lo avevo conosciuto l'estate prima, non avevo mai dovuto mentirgli e la cosa mi distruggeva.
A farmi ancora più male fu il sorriso di Flavio che, pur sanguinante, cercava di calmarmi dicendo che non era stata colpa mia e che lui stava bene, mentre io sapevo che la realtà era diversa da quella che tutti immaginavano e che se mi avessero scoperto, probabilmente mi avrebbero allontanato e lasciato solo, ed io non avrei potuto biasimarli...
***
Pochi istanti dopo, tutto era tornato alla normalità. Flavio era seduto attorno al tavolo del giardino assieme alle ragazze ridendo e scherzando, ed io mi sentivo uno schifo.
Per uno stupido attacco di gelosia aveva fatto del male a quella fragile creatura e il danno avrebbe potuto anche essere peggiore. Il taglio sul suo labbro aveva smesso di sanguinare ed io non riuscivo a smettere di guardarlo. Mi sentivo profondamente in colpa e mi vergognavo di me stesso. Come avevo potuto provocare danno a qualcuno che si era dimostrato sempre dolce e comprensivo con me volontariamente?
Semplicemente provavo schifo verso me stesso e ricordo ancora con vergogna quel giorno. A peggiorare la situazione, il ragazzo dal pianoforte bianco, che leggeva il tormento che m'invadeva attraverso i miei occhi, continuava a chiedermi che avevo, ed io tacevo mentre avrei voluto urlare. Urlare che non meritavo il Suo amore, urlare che io non era la persona che Lui aveva creduto, e che ero stato sul punto di uccidere un ragazzo solo perché Lui ci aveva parlato. Eppure non potevo parlare. I miei sarebbero tornati da lì a poco e avrebbero potuto trovare sospettoso il fatto che avevo lasciato i miei amici per andare in camera con Lui, e i miei amici avrebbero pensato chissà che cosa se fossi salito in camera in Sua compagnia. Alla presenza dei miei amici non potevo parlare quindi ero costretto a tenermi tutto dentro senza poter aprire il mio cuore al mio Amore come in molte occasioni simili avevo fatto in passato.
Flavio si accorse che il ragazzo cercava di tranquillizzarmi mentre io continuavo a essere agitato, allora si avvicinò a noi e mi prese la mano dicendomi che non dovevo preoccuparmi perché lui stava bene e non era successo niente.
A quel punto per me fu come se un pugnale avesse trafitto il mio petto spezzandomi il respiro. Il dolore e la colpa furono tali che dalla mia gola, in un gemito, uscirono le parole: " Per poco non ti ammazzavo", e mi sciolsi in lacrime. Flavio allora mi strinse forte a se mentre continuava a sussurrarmi all'orecchio che non era successo niente.
Giusto allora i miei fecero il loro ingresso e vedendo me in lacrime mentre Flavio mi abbracciava, si misero in allarme. Il ragazzo dal pianoforte spiegò l'accaduto e mia madre si mise a controllare il taglio sulle labbra di Flavio mentre strillava contro di me. Mio padre mi prese un bicchiere d'acqua scambiando come tutti gli altri il mio stato d'animo allo spavento appena subito, e mi disse di calmarmi.
Tutti mi prestavano attenzione e più lo facevano più io mi sentivo colpevole. Non meritavo l'affetto di nessuno di loro, ero un mostro capace delle peggior cose e loro lo ignoravano e mi amavano per questo. Se solo avessero saputo, avrebbero smesso tutti di amarmi ed io sarei rimasto solo, e forse era quello che mi meritavo.
Quella sera, dopo cena, il mio stato d'animo era già più tranquillo e controllabile così uscimmo a passeggiare.
Mentre Flavio camminava avanti con le ragazze, io restavo dietro con il ragazzo dal pianoforte bianco, fissando il suolo per evitare il suo sguardo del quale ero immeritevole. Quando Flavio e le ragazze furono abbastanza distanti da noi, Lui mi prese la mano tra le sue e se la portò alle labbra. Poi con voce dolce e compassionevole mi chiese: "Lo hai fatto a posta?".
Rimasi di ghiaccio. Sulla mia faccia si dipinse un'espressione mista di paura e sorpresa come quando da bambino ero colto sul fatto mentre facevo una marachella. Lo guardai negli occhi e compresi che quegli occhi potevano leggermi dentro fino al profondo della mia anima.
Le lacrime ripresero a sgorgare senza sosta. A Lui non potevo mentire così gli raccontai tutto. Gli raccontai di come mi ero sentito geloso, di come il suo gesto in spiaggia mi aveva ferito, di come mi ero spaventato all'idea che Lui avesse potuto tradirmi e di come infine, decisi di tirar Flavio giù dalle scale.
Il mio racconto giunse al fine giusto quando arrivammo davanti alla pineta attraverso la quale si accedeva al mare che era immersa a quell'ora nella più totale oscurità. Lui mi prese il viso tra le mani e l'oscurità m'impedì di vedere chiaramente il suo volto. Pensai in quel secondo che mi sembrò durare un'eternità, "Ecco! L'ho deluso!", "Ecco! Ora mi lascia", "Ecco! L'ho perso per sempre".
Invece Lui, aldilà di qualunque mia aspettativa, mi strinse e mi baciò sulle labbra, dolcemente ma con abbastanza vemenza da lasciarmi senza fiato.
Avvicinò le sue labbra a un mio orecchio e mi disse: "Nessuno di noi è perfetto, tutti possiamo fare errori. Nonostante gli errori che puoi fare io sarò sempre orgoglioso di stare con te, perché sono poche le persone che sanno riconoscere i propri errori ed io ti ammiro per questo".
Tutta l'ansia, l'insicurezza, la paura provata quel giorno, svanirono come d'incanto dal mio cuore nell'ascoltare quelle parole. Era quello che necessitavo sentire e, come sempre, il mio Principe aveva saputo pronunciarle.
Lo baciai e lo strinsi così forte da sentire il suo cuore battere. Lui mi scostò i capelli dalla fronte e la baciò e poi mi disse che se volevo sentirmi meglio, avrei dovuto confessare l'accaduto a Flavio e chiedergli perdono, ed io capii subito che quella era la cosa giusta da fare e che qualunque cosa sarebbe accaduta, il mio Amore sarebbe restato al mio fianco...
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