Che Lo Spettacolo Abbia Inizio & In Viaggio Verso Roma


Dal giorno che Mari si era confidata con me, agli occhi di tutti, eravamo una coppia, e poiché molti già se lo aspettavano da molto, mantenere quella messa in scena fu incredibilmente facile. Ci bastò baciarci in luoghi pubblici, che subito le voci del paese si diffusero a macchia d'olio.

Il giorno dopo quella confessione, tornando a casa, trovai mia madre agitatissima e mio padre teso nel tentativo di tranquillizzarla, perché le voci, dopo nemmeno quattordici ore da quando erano state diffuse, erano già arrivate alle loro orecchie. Al pensiero di quello che io e Mari avessimo potuto fare quando eravamo rimasti soli in casa a studiare, mia madre, diede ai numeri. Svalvolò completamente!!! In principio fu seria e severa, poi cominciò a urlare isterica cose come che il sesso uccide, poi si mise a piangere, ed io che non sapevo come reazionare.

Mentre mio padre cercava di intervenire per tranquillizzare mia madre, lei inveiva isterica contro di lui, dicendo che era tutta colpa sua, che almeno uno dei due sarebbe dovuto restare in casa, allora io cercai di intervenire, e lei furiosa, prima mi dice di stare zitto, poi che le devo una spiegazione. Avete presente la parodia di "Uomini e Donne" di Katiana e Valeriana? "Devi stare zitta se vuoi parlare con me"? Uguale.

Trascorse delle ore, tra gli sforzi congiunti miei e di mio padre, riuscimmo finalmente ad avere una conversazione "quasi" civile con lei. Le spiegai che io e Mari stavamo insieme da soli due giorni, e che era ancora presto e a fare certe cose ancora neanche ci pensavamo, così lei si tranquillizzò, ma solo a patto che avessimo potuto studiare insieme, solo a casa nostra e solo in sua presenza.

La casa, a quel punto, tornò ad avere una parvenza di tranquillità che a me sarebbe piaciuto durasse in eterno e che invece durò cinque secondi. Giusto il tempo di poggiare il sedere sulla sedia di camera mia, infatti, mio padre bussò alla porta pronto per uno dei nostri discorsetti padre figlio.

Nel corso della vita, ho mentito a mio padre diverse volte, alcune perché non credevo di avere altra scelta, altre per mia propria volontà, ma mai sono riuscito a non sentirmi in colpa subito dopo. Mentire agli altri era semplice e mi lasciava con ben pochi rimorsi, ma mentire a mio padre, era una colpa che difficilmente si cancellava e che, nella maggior parte delle volte, finivo per confessare.

La chiacchierata si finì, infatti, con mio padre rasserenato, ed io pieno di rimorsi. A quel punto presi il cellulare e chiamai il ragazzo dal pianoforte bianco per raccontargli gli ultimi avvenimenti.

Inutile dire che, il mio racconto, gli sembrò talmente grottesco da farlo piegare in due dalle risate, al che dovetti ammettere che, il tutto, per quanto sbagliato potesse essere, era divertente. Parlare con Lui mi calmò, e mi resi conto che per la prima volta da quando avevamo cominciato a sentirci per telefono, quella sensazione di benessere, non fu accompagnata da un sentimento di rabbia, dolore e sofferenza. Il peso che avevo tenuto sul petto fino allora, era scomparso. Lui mi mancava certo, ma capii che potevo vivere anche senza averlo per forza vicino, mi bastava tenerlo nel mio cuore, e per le altre attenzioni di carattere psicologico, mari era un ottimo sostituto. Cominciai a guardare verso il futuro, e tutto ciò che vedevo, era splendente e luminoso. Però, come spesso succede, anche questa volta le luci mi accecarono, impedendomi di vedere le ombre in agguato in quel futuro, per me oggi ormai passato, che all'epoca ero ansioso di vivere....

***

Partii di Sabato a mezzogiorno e il treno fece un ritardo di quaranta minuti. Arrivai a Roma che era già buio e Lui era lì ad aspettarmi. Lo abbracciai e sentii le sue guance gelide per la lunga attesa al freddo contro il viso. Se fosse possibile, mi sembrava ancora più bello di come lo ricordavo. I capelli, che d'estate erano biondi come il grano, con l'andare dell'inverno, si erano scuriti leggermente e adesso, li portava più corti rispetto all'ultima volta che lo avevo visto.

Subito dopo quell'abbraccio, mi prese il volto tra le mani, mi sorrise, e mi diede un lungo e appassionato bacio sulle labbra in piena stazione Tiburtina. In un primo momento, ebbi la reazione di allontanarmi istintivamente, però poi lo lasciai fare e ricambiai quel bacio. Non m'importava se qualcuno ci avesse visto, ero felice e basta e niente avrebbe potuto rovinare quel momento. Inoltre, quel bacio in pubblico, mi diede una sensazione di libertà che s'irradiò attraverso tutto il mio corpo come una scarica di adrenalina. Era strano essere in un posto dove nessuno potesse riconoscermi e, soprattutto, dove nessuno potesse fare rapporto a mia madre di tutto quello che facevo. Credo che quella fosse, effettivamente, la prima volta che mi trovavo in un luogo senza la presenza dei miei e il costante controllo di mia madre, e quella sensazione d'indipendenza mi rese euforico come mai lo ero stato prima.

Nel corso della mia vita, ho avuto moltissimi momenti brutti a causa soprattutto della mia necessità d'indipendenza, ma se c'è stato qualcosa di veramente bello, è che ho sempre potuto scegliere io per me stesso e non ho mai permesso a nessuno di scegliere per me, pagandone le conseguenze, certo, però preferisco pagare per i miei errori piuttosto che per quelli degli altri. La libertà, è il bene più importante che un uomo possa avere, e vale la pena lottare per essa anche a costo delle più care conseguenze.

Ci avviammo in metro verso casa sua. Suo padre era medico, ma morì di cancro quando Lui aveva solo cinque anni, però lasciò a Lui e a sua madre abbastanza soldi da poter vivere bene per il resto delle loro vite. La sua casa si trovava a due fermate di metro da Piazza di Spagna, ed era la casa più bella che avessi mai visto. Dalla porta d'ingresso, si accedeva direttamente a un ampio salone, grande il doppio di quello di casa mia, al centro del quale, si trovava un maestoso pianoforte a coda, nero però e non bianco come quello che avevano al mare, le pareti erano di color avorio e, tutti i mobili, erano in legno antico di un colore molto scuro. Tutto l'arredamento, era classico, elegante e raffinato, però allo stesso tempo, semplice e poco pretenzioso e mi fece subito cominciare a sognare di poter avere, un giorno, anch'io una casa così.

Sua madre, mi accolse con un caloroso abbraccio, e si scusò subito per non essere potuta venire a prendermi in stazione, però era troppo affaccendata ai fornelli per preparare la cena. Sua madre era l'opposto della mia, dolce, affettuosa, premurosa, però non invadente e la adoravo. Caratterialmente, mi ricordava spesso mio padre e mentirei se dicessi di non aver mai fantasticato che, un giorno, lei si sarebbe potuta mettere con mio padre. Aveva. All'epoca, quarantacinque anni, ma ne apparentava non più di trentacinque, era bionda e con due occhi blu oceano, identici a quelli del figlio. Una donna impossibile da non apprezzare. Mi accompagnò nella camera degli ospiti della casa, dove mi sarei alloggiato per il resto della mia permanenza a Roma, al centro del quale, si trovava un bellissimo letto matrimoniale di ferro battuto. Le pareti qui erano di un giallo pergamena, sopra la quale, era stata applicata una vernice lucida con effetto spugna dai riflessi dorati. La trapunta sul letto era rosa antico e contrastava perfettamente, con le sontuose tende color verde pistacchio.

A quel punto, mi disse con una tranquillità tale che mi fece sussultare, che avrei potuto tranquillamente dormire lì assieme a suo figlio, in modo tale da avere il tempo per stare un po' da soli. Non potevo vedermi in faccia in quel momento, ma sono certo che in quell'istante, mi si deve essere dipinta sulla faccia un'espressione di sorpresa impossibile da nascondere. Lei se ne accorse e, sorridendo, disse di non preoccuparmi perché, nella loro famiglia, erano di mente aperte, poi ordinò a suo figlio di aiutarmi a disfare le valigie e si avviò verso la cucina.

Mi voltai di scatto verso il ragazzo dal pianoforte bianco e, prima che potessi chiedergli una spiegazione, Lui cominciò a dirmi che non avevo ragione di preoccuparmi, che Lui confidava tutto a sua madre, e che Lei per nessuna ragione al mondo, avrebbe riferito ad anima viva della nostra relazione senza il nostro consentimento. Si sedette sul letto e aggiunse che, l'estate prima, quando c'eravamo dati il nostro primo bacio ed io ero scappato, Lui era tornato a casa ed aveva pianto per un intero giorno, dopodiché decise di confidare tutto a sua madre, in cerca di un consiglio, ed era stata proprio lei a consigliargli di andare a casa mia e parlare con me cercando, qualora non fosse possibile avere altro, per lo meno di salvare la nostra amicizia.

Nell'ascoltare quelle parole, la mia stima verso quella donna aumentò dismisuratamente e, ancora oggi, continuo a stimarla e a starle grato per tutto quello che ha fatto...

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