8.

A quel punto sente il bisogno di fermarsi con il racconto. Ce l'ha ancora nelle narici, quell'odore di erba bagnata, e la nausea nello stomaco si risveglia, mordace come allora. Le lacrime iniziano a scorrerle sulle guance, il vuoto tra il petto e lo stomaco sembra quasi allargarsi, spingendo all'esterno gli organi.

Michele le tocca il braccio e resta in silenzio. Anna piange più forte e qualche scossa violenta le fa agitare le gambe; il male nelle caviglie ritorna a mordere. Passa qualche minuto e loro restano immobili. Poi Anna reclina la testa sulla spalla di Michele, che le passa il braccio dietro il collo e le inizia a massaggiare i capelli. Il pianto man mano perde d'intensità, i tremori si placano, una tranquillità nebbiosa le avvolge il cervello. Si addormenterebbe, se non fosse per il tocco di Michele che le lancia scariche di adrenalina nel sangue.

«Se vuoi puoi anche lasciar stare. Non devi finire per forza».

«No, no. Tanto manca poco».

«Ma ci stai male».

«Non fa niente. Anzi...» Non sa come terminare la frase. Però, ora che ha raccontato anche questo a Michele, è come se avesse messo a tacere questa parte del suo passato. È solo una sensazione e potrebbe avvenire anche il contrario: magari questa conversazione servirà solo a provocarle un dolore inutile. Ma vuole continuare, anche perché quella mano che le accarezza i capelli le sta riempendo il cuore di calore.

«Vai avanti allora, se te la senti».

«Sì». Fa un ultimo respiro, chiude gli occhi e prova a immaginare la scena. Occhi viola che lampeggiano.

Riprende a raccontare.

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