II

Giorno 354
Pub "Non c'era"

Elvis Presley se la spassa intrappolato nelle casse del pub, mentre Mattia segue il cameriere fino al tavolo. Di spalle, seduto e con il menù tra le mani, il suo appuntamento sta decidendo cosa ordinare nel tempo d'attesa.
Mattia vorrebbe scappare in una qualche isola deserta pur d'esser lasciato in pace, ma è consapevole che il sergente l'avrebbe trovato ovunque fosse andato.
Il ragazzo mulatto e incamiciato fa cenno al biondo di prender posto e lascia un secondo menù sul tavolo, poi li abbandona e Mattia si decide a usufruire della sedia accompagnato da un pesante sospiro.
"Che piacere!" afferma con un sorriso a trentadue denti Joseph Hoffmann. Quanto sarcasmo in un metro e settanta d'uomo. "Non ci vediamo da tanto tempo. Hai passato buone vacanze, soldato?"
L'accento tedesco del capo fa ripiombare Mattia nel tormento emotivo. Vive un'epifania, torna indietro con la mente e ricorda ogni singola sensazione provata durante il suo servizio in Medioriente. Hoffmann era così fintamente gentile da fargli venire il voltastomaco e ora Mattia sa che non è un buon segno esser graziati di tante cure.
"Cos'abbiamo?" giunge dritto al dunque, ignorando il menù e la pesante mano del mostro alle sue spalle; gli fa ombra, lo indebolisce e spinge contro il pavimento del pub. Quell'ombra è il puma del nord, la letale bestia con cui era conosciuto durante la sua missione, un nome che gli era stato associato dopo una lunga serie d'omicidi.

Mattia impiega una gran forza di volontà a non crollare, a non esser travolto dal suo incubo e non dar soddisfazioni al sergente maggiore. Hoffmann conosce i demoni del ragazzo, li ha alimentati per lungo tempo col fine di controllarlo, di strumentalizzarli a suo piacimento. Eppure, il lavaggio del cervello non ha fatto altro che intestardire quell'uomo. Per Joseph Hoffman e per l'HGS, Kyle Snyder rappresenta il più grande fallimento e il più proficuo successo al tempo stesso.

Una mano tinta di sangue macchia il manico del coltello. Estrae la lama dal petto di Taahir Habibi, lasciando riposare il cadavere al fianco della sua famiglia. Il figlio Abdul giace in una pozzanghera che la sua stessa esile gola è riuscita a creare. Il Puma del Nord niente ha potuto contro l'ordine di sterminare la stirpe degli Habibi. Un lavoro pulito, gli avevano detto, uno di quei lavori che non lascia superstiti in grado di vendicarsi. E così è stato: sulla Palm Jumeirah, nel lussuosissimo hotel Atlantis, la stessa notte sarebbero stati rinvenuti cinque cadaveri nella suite numero 550, gli ultimi di una lunga lista stilata nei precedenti due mesi dalle forze armate arabe.

È il Puma del Nord, Kyle Snyder, Mattia Mazza e qualunque altra delle sue identità a portarsi dietro il pesante bagaglio dell'assassino. All'HGS poco importa di quel forte senso di colpa, né vede gli occhi di Abdul spegnersi ogni notte, steso su di un letto del suo stesso sangue. Mattia sì... Mattia li ricorda bene, ci combatte ogni giorno.

"Auguri Elisa!" schiamazzi e applausi perlopiù femminili esplodono come una bomba nella testa di Mattia. Identifica la provenienza di tanto baccano solo dopo qualche istante, al tavolo di fianco. È il Sergente a richiamare l'attenzione del soldato come se non fosse accaduto nulla, né fuori né dentro la mente del Puma.
"Hai fretta? Speravo liberassi tutta serata per me, puma." Il biondo drizza la schiena e afferra il boccale di birra che nel frattempo il suo capo aveva ordinato, approfittando della distrazione. In effetti, sebbene il ragazzo non volesse gettarsi sull'alcol in presenza di un così poco fidato alleato, necessita di quel liquido in corpo per focalizzarsi su qualcosa di reale e tangibile e non tornar preda dei suoi traumi. "D'accordo." Prosegue il sergente, facendo spallucce prima di giungere al dunque. "Il Boia è in città."
Mattia ne riconosce subito il nome. La frustrazione che trapela nei suoi occhi è dovuta a colei che gliel'ha sguinzagliato contro senza saperlo. Vasilisa Yoshima nell'ultimo anno di Kyle Snyder – a New York – era stata di grosso aiuto per la fuga e per la riuscita del suo piano. Se Mattia era riuscito nell'intento di allontanarsi dall'America e di stipulare l'accordo di congedo con Joseph Hoffman, era proprio grazie a lei. E sempre a causa sua, ora, Mattia sta venendo scaraventato in una nuova missione. La colpa era di Vasilisa, sì, ma era stata una reazione a catena ad aver portato un famoso serial killer tra le mani di quel dannatissimo prete ex mercenario e aver risvegliato in lui la sete di sangue criminale. A Mattia non dispiace nemmeno l'operato del Boia, non capisce perché l'HGS debba preoccuparsene e neutralizzarlo, ma sa che se Hoffman si mette in testa una simile richiesta non c'è modo di sfuggire al suo volere.

"Come lo sa?" domanda, dunque, arrendendosi alla missione e allo scopo della sua frustrante esistenza.
"Croce latina." Risponde il sergente, puntandosi un dito sulla fronte. "Strangolamento. E nome, Roberto Ferrari."
"Quel Ferrari?"
Joseph annuisce una sola volta e tanto basta a Mattia per riprendere un sorso di birra. Un criminale in meno, pensa tra sé e sé, consapevole che Hoffman stia sorridendo per lo stesso motivo. Eppure, quel criminale faceva comodo all'HGS e ai suoi loschi affari. Il mercato d'armi che la famiglia gestiva sul territorio era consentito solo grazie al patto che Roberto e l'HGS avevano stipulato.

"Devo trovare il Boia, deduco." E che gran spreco di risorse. Il Boia avrebbe potuto continuare il lavoro del Puma del Nord, ma senza sensi di colpa e demoni che lo perseguitino ad ogni incubo.
"Vivo." Precisa il tedesco. "Ma non hai molto tempo... finiti membri Ferrari, cambierà città."
Come fece lui con gli Habibi. Mattia si domanda di nuovo perché debba neutralizzare un suo alleato, ma non osa dar voce a quel dubbio. "Quanti gliene mancano?"

Solo allora Hoffman raccoglie una cartellina marrone dalla borsa ai piedi del tavolo. L'allunga a Mattia facendola scivolare sulla superficie legnosa e dà tempo al biondo di scoprire da solo cosa celi al suo interno. Non che per Mattia sia difficile riconoscerne le fattezze: quelle cartelline sono state parte integrante della persecuzione nei suoi confronti. Per un periodo n'è stato circondato: informazioni dettagliate sui suoi target e su chiunque vi avesse stretto rapporti, scatti rubati non solo dei crimini commessi ma anche di meri momenti di vita quotidiana e persino intercettazioni telefoniche, rilevanti o meno che fossero. Mattia ormai sa perfettamente dove e come cercare un singolo elemento in una mole così grande di dati. "Ce ne hanno di bocche da sfamare." Commenta dunque il soldato, constatando quanti nomi siano segnati tra i legami di parentela.
"Ucciderà anche bambini. Non accetta errori."
Un'affermazione che Hoffman pronuncia con orgoglio, sorridente e allusivo. Sa di colpire un tasto dolente e si diverte a stuzzicarlo ben consapevole della vincolante ira che affligge il carattere di Mattia. In questa missione, il soldato comincia a comprendere di non dover solo neutralizzare una minaccia, ma di dover annientare con essa anche una parte di sé stesso. Lo scambio silenzioso di sguardi che intercorre tra capo e sottoposto ne è la prova lampante: Hoffman non ha scelto lui solo per una logistica di territorio e di conoscenza dell'obiettivo, lo ha fatto per sottolineare quanto fragile sia il filo su cui cammina e che in futuro al posto del Boia potrebbe esserci lui.

"Sono pasticcera, te lo dico onestamente." la voce femminile alle spalle di Mattia attira la sua attenzione solo per un breve frangente. Il biondo viene catapultato nel dialogo tra la ragazza e il cameriere, dando tempo alla sua rabbia di raffreddarsi. Hoffman si lascia deliziare dal suo dolce con panna e il suo bicchierone di latte, elementi che Mattia non aveva ancora registrato nella memoria e che aveva solo visto di sfuggita, troppo preso dalla raccolta di nuove informazioni. "Si usano i savoiardi." Prosegue la ragazza, provocando un sorriso nel cameriere mulatto, ben intenzionato ad ascoltare e prendere appunti.
"Ma non è buono?" domanda lui.
"Sono i Pavesini. Non mi puoi usare i Pavesini!"

"Ultima cosa." Hoffman richiama a sé il soldato ancora una volta. Manda giù il boccone e agita la forchetta nella sua direzione. Mattia torna finalmente a sintonizzarsi sulla voce giusta. "Non sarai solo."
Non l'avesse mai fatto. Avrebbe preferito la conversazione sul tiramisù alla brutta notizia del sergente.
Mattia irrigidisce la linea della mascella, prende un profondo respiro e s'intestardisce. La voce che ne esce è bassa, un sussurro volto a controllare la cieca furia che torna a divorarlo. Stringe persino i pugni, il tutto decorato dal sorriso di sfida del tedesco nano malefico dinanzi a lui. "Sa che lavoro in solitaria. Sono certo possa comprendere se le dico di non fidarmi dei suoi sottoposti dopo New York."
"Oh, Tamara era caso complicato. Quella donna dimenticava tutto, era macchina da guerra e nient'altro. Quando ha smesso di funzionare correttamente l'abbiamo neutralizzata. Non avrai più a che fare con esperimenti come lei."
Smesso di funzionare correttamente, la coscienza del biondo ripete quella frase una decina di volte. L'attesa di una risposta è straziante più per sé stesso che per il sergente. Quel bastardo ha già deciso.
"Conosce già le mie condizioni."
"Le tue condizioni... soldato, non valgono poi molto. Voglio essere ben chiaro con te. Abbiamo accordo perché io voglio accordo, conosci mia faccia perché io ho voluto vedessi mia faccia e se tu sei ancora vivo è perché io voglio che tu sia vivo. Mi sono affezionato a te, soldato, sei come figlio. Non farmi cambiare idea, non sopporterei funerale di mio migliore soldato."
Un complimento e una minaccia, una dichiarazione e un avvertimento. Sono formule classiche di Hoffman, ma alle orecchie di Mattia suonano ancora come petardi. Impiega tutta la forza mentale di cui dispone per non firmare la sua condanna a morte lanciando il Puma del Nord alla gola del suo interlocutore. E per sua grande fortuna, Hoffman stesso decide di dare un taglio netto alla tensione formatasi. Si alza dalla sedia, fa cenno al cameriere mulatto di aver gradito il dolce, a differenza della ragazza al tavolo di fianco, per poi passare accanto al soldato, posare la mano sulla sua grossa spalla e concludere l'incontro.

"Troverai partner in tua casa. Sarete grandi amici, avete stesso temperamento. Direi due gocce d'acqua."

Come se Mattia potesse mai essere amico di sé stesso.

༄༄༄

Una settimana prima
Museo d'Arte, Calea Unirii nr.15
Craiova, distretto di Dolj in Romania

Gli occhi blu di Nicolae Dumitrescu sono fissi su un punto preciso della tela. Scavano nella pittura rossa, come Nicolae ricorda di aver scavato tra i cadaveri dei suoi alleati per sfuggire alle grinfie della guerra. Sembra quasi vogliano bucarla, a giudicare dalla piega dura delle sopracciglia e dalla linea piatta delle labbra. Il nano tedesco Hoffman ferma la sua camminata proprio di fianco al moro. Poi la cartellina marrone viene passata di mano in mano e il silenzio fa da padrone nella saletta del museo. Nicolae apre il fascicolo, vi legge le informazioni di cui necessita nell'immediato e solo quando nelle ultime pagine trova le generalità del suo collega decide di dar voce ai suoi pensieri.

"Lavoro in solitaria, lo sa."
"Oh ma certo, è richiesta legittima." Risponde prontamente Hoffman, annuendo con vigore e stringendosi poi nelle spalle.
"Dunque sarò solo." Ribadisce Nicolae per esserne sicuro.
"No." È la replica divertita del Sergente. Ora la testa si scuote nei punti cardinali perpendicolari, con la stessa energia. "No no no, ecco, non è possibile."
Il rumeno rabbrividisce dinanzi alla consapevolezza di quanto terrificante sia la maschera che indossa il sessantenne. Sembrerebbe un buffo tramite, un inutile burattino mosso da qualcuno di realmente potente. Ma è proprio quella la parte agghiacciante, il suo finto atteggiamento innocuo, l'assenza di quell'aura autoritaria che ci si aspetterebbe di vedere attorno al capo di una simile organizzazione governativa. Nicolae lo detesta con ogni cellula del suo corpo.

"Era la mia unica condizione, Sergente."
"La condizione... chiaro. Ma non vale molto in questo specifico caso. Sarò molto onesto con te, soldato. Se hai avuto modo di dettare condizioni fino ad ora è perché io ho voluto che fosse così. Se hai visto mia faccia è perché io ho fatto vedere mia faccia. Se tu sei ancora vivo è perché io ho voluto te vivo. Mi sono affezionato ormai, in fondo sono cuore tenero anche io. Sei come figlio. Non farmi cambiare idea, non sopporterei funerale di mio migliore soldato."

La linea della mascella s'irrigidisce, un pugno viene stretto lungo un fianco e la cartellina viene mantenuta accuratamente chiusa lungo il suo fratello destro. Vorrebbe contraddirlo, potrebbe farlo tranquillamente... prenderlo dalla nuca con una delle sue grosse mani e frantumargli il cranio contro la parete, oltre quel magnifico quadro che fingono di osservare. Ma distruggerebbe ogni sacrificio assieme alla testa del tedesco e vanificherebbe la sua intera vita. "Questo è biglietto. Prima classe, per ringraziarti."

Bastardo nano tedesco.

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