Capitolo 3.

Sono cosi stanca che mi avvolgo nelle coperte, come un bruco nel suo bozzolo, e chiudo gli occhi. "Oh come vorrei non essere di nuovo qui.." penso, prima di farmi cullare tra le braccia di Morfeo. Sono le 2.00 di mattino quando mi sveglio, sento i morsi della fame attanagliarmi lo stomaco. Mi rigiro nel letto, non ho voglia di cedere ai crampi. Sto fissando il muro da almeno una decina di minuti, sarà dura quest'anno. Sarà il mio ultimo. In fondo al cuore so che questa vita mi mancherà, la gentilezza delle persone e la loro ripetitiva quotidianità. Sono diventati ormai una certezza per me. Inizio a sudare freddo e mi accorgo che il mio stomaco non riesce più a resistere. Scendo in cucina, trovo sul tavolo un piatto e un post it accanto "non ho avuto il cuore di svegliarti, ma so che prima o poi scenderai e avrai fame. Maddalena". Sorrido, mi vuole bene. È forse la prima madre affidataria che ho, che davvero ci tiene a me, infatti mi mancherà. Sono le 3.30 quando finalmente rientro nel mio bozzolo, e stranamente mi ritrovo a fantasticare su quella metà di volto che non sono riuscita a vedere. Chissà cosa avrà pensato di me, santo cielo sono proprio ridicola. Mi copro il viso con le mani e sento quel calore che ricolora le mie gote.  Non posso ancora credere a quello che è successo, ho solo voglia di scomparire. Quanto vorrei non essere me, quanto vorrei che la mia vita cambiasse. Sono rinchiusa in questo mondo, che solo io conosco e che non sopporto più. Lo sono da sempre, non ho ricordi dei miei genitori, nessuno me ne ha mai parlato, non ho mai neanche visto una loro foto. Spero solo di assomigliargli in qualche modo. Magari di avere il naso o le orecchie di mio padre, gli occhi della mamma. Spero di essere bella quanto lei. Mi scende una lacrima, ma il torpore mi assale di nuovo e crollo nel sonno più profondo. Questa volta, però, l'amarezza dei miei pensieri mi ha tolto la voglia di sognare. Passo una notte aspettando solo che sorga il sole.

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