Capitolo 22 - Allo chalet
Henry aspettava appoggiato al cofano di una enorme Jeep nera, proprio davanti all'entrata del palazzo. Era avvolto in una pesante giacca a vento nera e indossava un berretto di lana, insieme a un paio di occhiali da sole neri che gli davano un'aria misteriosa.
Erano le quattro del pomeriggio e il sole iniziava lentamente a tramontare. L'aria era gelida, immobile, in quel tardo pomeriggio di Gennaio. Charlotte trascinò il pesante borsone in pelle sul marciapiede, suscitando una grossa risata nel ragazzo, che la guardava incerto sfilandosi gli occhiali.
«Staremo fuori città solo qualche giorno, Lottie!» Sollevò il bagaglio come se fosse stato pieno di piume e lo sistemò nel bagagliaio della Jeep accanto al suo.
Lei sorrise, e si infilò nell'abitacolo, assaporando ogni frammento del tepore che usciva dalle bocchette del riscaldamento. Qualche secondo dopo, Henry si mise al volante e prima di partire la guardò.
«Sono felice che tu sia qui.»
«Grazie di avermi invitata - rispose Charlotte voltandosi verso il finestrino - avevo bisogno di una pausa da tutto questo.»
Henry accelerò immettendosi nella carreggiata. Due ore dopo, Charlotte aveva visto uno dei tramonti più belli della sua vita, aveva bevuto un caldo cappuccino alla cannella, ed era pronta a passare le ultime due ore di viaggio fino al confine con il Vermont chiacchierando con Henry di musica, film, e sogni. Le pareva di conoscerlo da sempre.
***
Uno scossone la svegliò di colpo. Si era addormentata giusto prima del confine, cullata dal leggero ondeggiare della jeep accompagnato dalla voce di Eddie Vedder, il preferito di Henry.
«Sveglia dormigliona» Henry ridacchiò svoltando in una viuzza sterrata molto buia.
«Quanto ho dormito?» Charlotte era estremamente imbarazzata. Si tirò su sul sedile, cercando di darsi un contegno e specchiandosi sul frontalino del posto del passeggero. Sembrava in ordine, ma sicuramente era merito del buio diffuso.
«Non preoccuparti di questo, evidentemente eri molto stanca.»
«Dove siamo?» chiese lei strizzando le palpebre per guardare fuori, cercando un punto di riferimento fuori dall'abitacolo, negli alberi e tra la neve.
«Benvenuta a Wilmington! Come vedi ha nevicato parecchio, ma siamo attrezzati. James ha fatto in modo che la dispensa sia piena e un suo vicino è venuto ad accendere il riscaldamento. Manca solo il caminetto, ma a quello penserò io.»
«James?»
«Oh sì, scusa. Il mio amico, il proprietario della casa. Dovrebbe essere tutto pronto.»
Charlotte si chiese in che razza di situazione si fosse messa. Per la prima volta in quella serie di giorni assurdi che aveva vissuto, si trovò a non riconoscersi. Si trovava a grandissima distanza da casa, con un estraneo, in un fottuto bosco ricoperto di neve. Cosa diavolo le era passato per la testa? Doveva essere impazzita.
«Ci saremo solo noi?» chiese con forzata disinvoltura.
«Che intendi?» le chiese Henry premendo il pulsante centrale di un piccolo telecomando e chinandosi per osservare il lento muoversi di un robusto cancello di ferro dalle forme classiche.
«Se...in casa...cioè, siamo gli unici ospiti?»
Henry rise, conducendo lentamente la Jeep lungo un vialetto lastricato e parcheggiandola infine in un ampio spiazzo che fronteggiava una enorme casa in stile montano.
Si girò verso di lei dopo aver spento il veicolo. «Sì, ci saremo solo noi due. Ma non preoccuparti, non ti sentirai sola neanche un secondo. La casa è piena di spifferi e sembrerà di essere in molti di più.» Rise, e il suo volto illuminò quello di lei.
Charlotte si pentì definitivamente di essere lì, e si sentì in imbarazzo nonostante i magnetici occhi azzurri di Henry le avessero appena scaldato il cuore in molti punti. Scese dalla macchina e si prese qualche minuto per ammirare lo chalet. Il freddo pungente le si infilò nelle narici.
L'abitazione si trovava all'interno di una proprietà recintata, con un ampio giardino che abbracciava la facciata nella sua interezza. Robusti pilastri in legno di pino sorreggevano un timpano imponente e ampie vetrate percorrevano l'intera facciata. Si respirava un profumo balsamico e legnoso tutto intorno, e pini altissimi popolavano il bosco adiacente. Dalla porta in vetro principale attraverso cui si accedeva all'interno, lo sguardo spaziava in fondo, per svelare, dall'altra parte della casa, un lago ghiacciato luccicante sotto un sottile strato di neve.
Henry prese i bagagli e le fece strada su per la scalinata in pietra, fino al patio. Dentro, il calore investì Charlotte e la fece rabbrividire. «É un sogno qui» sussurrò sfregandosi le mani, e dirigendosi verso il salone principale, elegantemente arredato con mobili in pino e tappezzerie tartan nei toni del rosso e del verde.
Quadri a tema di caccia arricchivano i muri, mentre in fondo all'ampia stanza, incorniciava il caminetto una estesa libreria ricolma di volumi. Luci calde e ben posizionate donavano un senso di accoglienza e sicurezza che Charlotte non sentiva da un bel po'. Solo a casa sua, a Trieste, si era sentita così.
«Ti mostro la tua stanza» le disse Henry, mentre portava il suo borsone. Charlotte annuì, seguendolo su per una imponente scala in legno che dall'atrio si elevava fino al piano superiore. La balaustra correva tutto intorno, affacciandosi sul salone.
Henry percorse un corridoio puntellato di finestre i cui tendaggi riprendevano le tappezzerie del salotto e le fece strada in un'ariosa camera matrimoniale che sembrava uscita da una rivista.
«Il tuo amico fa l'arredatore?» chiese ingenuamente Charlotte.
«No, il fotografo naturalista - sorrise Henry - ma sua moglie è architetto. Le dirò che la casa ti piace.»
Charlotte si avvicinò alla finestra della stanza e scostò le tende. Il lago riluceva sotto la luce della luna. Era spettacolare, e si chiese se quel posto così perfetto le avrebbe schiarito le idee su quello che la aspettava a New York.
«Tu sistemati, fatti un bagno caldo - le suggerì Henry mostrandole un'altra porta - mentre io preparo qualcosa per cena e accendo il caminetto.»
«Comincio a credere che tu non sia reale, Henry» rise Charlotte, guardandolo. «Grazie per...avermi portata qui.»
«Non credere che lo abbia fatto senza secondi fini!» esclamò lui.
Charlotte lo guardò confusa e imbarazzata.
«Il mio libro! - Henry scosse la testa - Devi leggerlo, ricordi?» Rise.
«Oh sì, certo. Il libro...» Charlotte fece una finta faccia delusa e sorrise.
«Ci vediamo in cucina tra mezz'ora.»
Poco dopo, Charlotte leggeva il famoso best seller di Henry immersa completamente in una vasca con vista sul lago. Luci calde l'avvolgevano insieme al profumo di una candela alla cannella. Un calice di vino bianco le faceva compagnia. Si sentiva in pace con il mondo.
Aveva detto a suo padre che si sarebbe presa qualche giorno per rilassarsi con un gruppo di amici in una baita nei boschi e che sarebbe tornata di umore migliore. Charles non le aveva fatto troppe domande, ma aveva intuito ci fosse di mezzo un uomo, anche se aveva sperato fino all'ultimo che fosse Patrick. Lui le aveva mandato qualche messaggio, ma non si era azzardato a chiamarla. Aveva capito che lei non avrebbe risposto e, dopo poco, aveva smesso di tentare. Charlotte si convinse che non avrebbe fatto nulla per fargli credere di essere diretta verso una sessione di intensa attività da camera con uno scrittore sexy, ma non avrebbe neanche fatto nulla per rassicurarlo. Aveva bisogno di tempo per pensare. E Henry le aveva dato l'aggancio perfetto.
La sua scrittura era piacevole, vellutata, elegante. Lo rappresentava in pieno. I sentimenti dei protagonisti erano trattati in maniera profonda, ma non tragica. Sembrava che ci fosse sempre speranza e Charlotte dovette costringersi a lasciare il punto in cui era arrivata con una brutta piega sulla pagina, quando si sentì chiamare in cucina perché la cena era pronta.
***
Sull'isola al centro della spaziosa cucina campeggiava un vassoio pieno di piccoli sandwich caldi. Henry lo presentò come se fosse stato un elaborato piatto uscito dalla cucina di un ristorante stellato, e Charlotte di nuovo si sentì attratta da lui. Quel suo modo di fare simpatico e alla mano, racchiuso in un fisico atletico e impreziosito da un sorriso perfetto e occhi vivaci l'aveva letteralmente rapita. Assaggiò uno dei panini.
«Sei anche bravo a cucinare!»
«Non ho esattamente cucinato.»
«Sembri stanco. Mi dispiace averti...fatto fare tutto questo mentre io mi rilassavo nella vasca...dopo aver guidato tutte quelle ore, poi!» Charlotte si sentiva in colpa e fissava il pavimento.
«Avrò il resto della vacanza per riposarmi. Non preoccuparti.»
«Che programmi hai, per i prossimi giorni?» chiese lei ingenuamente.
«Beh sedurti, ovviamente!» rise Henry.
Charlotte lo guardò maliziosa. «Mi avevi parlato solo di un libro...»
«Hai visto questo posto? Non innamorarsi qui è un crimine.» aggiunse lui, sibillino.
«In effetti, questo posto, la casa, è tutto...perfetto» sussurrò lei guardandosi intorno.
Rimasero in silenzio qualche secondo.
«Ti va di vedere un film?» chiese lui, guardandola negli occhi.
«Perché no?» esclamò lei, con un po' troppo entusiasmo. Se ne rese subito conto e aggiunse: «Ci sono quelle due poltrone che sembrano perfette.»
«Perché non il divano? Avanti, non fare la timidona, di me puoi fidarti» rise lui iniziando a sistemare i cuscini del comodo divano in tessuto al centro del salone. Le fece cenno di accomodarsi. Il fuoco nel caminetto crepitava vivace.
Charlotte non era una sprovveduta. Di sicuro non ignorava il fatto che sarebbe stato difficile non far accadere nulla tra loro, quel fine settimana. Un ragazzo non invita una ragazza in uno chalet innevato, da soli, per chiacchierare del tempo. Nemmeno se di mezzo c'è un libro che lui ha scritto. Henry le piaceva, e aveva l'impressione che nascondesse un animo buono, che potesse essere un buon candidato per una relazione seria ed era conscia di aver fatto colpo su di lui.
Ma bisognava considerare che lui era uno scrittore in ascesa, intelligente, colto e incredibilmente attraente, che stava vivendo un momento di celebrità inaspettato e che sicuramente aveva donne a bizzeffe. Charlotte non voleva essere solo un numero, ma mirava a capire se dare spazio a Henry invece che provare a chiarire una situazione già complicata con Patrick, per il quale provava già dei sentimenti contrastanti, fosse stata la scelta giusta.
Era decisa a giocarsi bene le sue carte, ma sapeva che fingersi una casta e ingenua fanciulla non l'avrebbe portata lontano. In fin dei conti, si trovava lì. Chi voleva prendere in giro?
Si accomodò sul divano accanto a Henry. Lui aveva un profumo buonissimo, muschiato e intenso, ma non invadente. Premette un tasto sul telecomando e come per magia, un telo bianco iniziò a scendere dal soffitto a qualche metro di fronte a loro. Henry avviò il proiettore.
«Ok, cosa vuoi vedere?»
«Non saprei...qualcosa di leggero?»
«Mmm - Henry scorreva la lista dei film disponibili - Love Actually, Avatar, Una bionda in carriera...»
«Eccolo, vediamo Gone girl!» esclamò lei indicando il titolo.
«Per fortuna che avevi detto leggero. E Gone Girl sia!»
Henry spense gran parte delle luci e sistemò una coperta che li coprisse entrambi. Charlotte pensò a quando era piccola, nella tenuta in Scozia, le serate film con i suoi fratelli e la mamma che serviva a tutti cioccolata calda, mentre da fuori i rumori della campagna si tacevano e suo padre dava a tutti loro un bacio sulla testa, mentre si appisolavano sul divano uno dopo l'altro. Pensò che poteva abituarsi a quella vita fatta di divani morbidi, film e coperte. E braccia muscolose che la avvolgevano stretta.
In effetti, Henry non aveva perso tempo. Dopo venti minuti di film, aveva perso interesse per Rosamund Pike e si era concentrato su Charlotte. Prima si era avvicinato a lei, sul divano, e poi le aveva messo un braccio attorno alle spalle, fingendo di sbadigliare.
Lei all'inizio si era irrigidita, poi l'aveva lasciato fare. Era decisa a non cedere al primo tentativo, ma era davvero molto difficile. Non fare la stupida - si era detta - ti ha portata fino a qui da New York, in questa casa magnifica, non puoi fare la stronza in questo modo. E poi ti piace, insomma guardalo... Charlotte fu interrotta nei suoi pensieri dalla mano di Henry che le accarezzava il viso. Si voltò.
«Non voglio essere irruento - iniziò lui, sottovoce - ma mi piaci molto Charlotte. Così tanto, che ho dovuto portarti fino a qui per poter sperare di baciarti, visto la lista di pretendenti che aspettano un tuo cenno, a New York.»
Aveva sicuramente fatto una ricerca su di lei e aveva saputo di chi era figlia, chi era suo fratello e soprattutto...di Patrick.
Henry le sollevò il mento, guardandola negli occhi. «E comunque, non mi è mai piaciuto Gone Girl.»
La baciò.
Le sue labbra erano morbide e lui non si spinse troppo oltre. Fu un primo punto di contatto che lasciò Charlotte confusa. Si era aspettata tutt'altro, pensava che una volta datogli il via libera, Henry avrebbe proceduto spedito e anzi, pensava di doverlo tenere a bada. Ma lui la stupì ancora una volta.
La baciò di nuovo, sfiorandole le labbra e stavolta, andando più in profondità. Ma ancora restava romanticamente delicato, un assaggio, un sentore di quello che avrebbe potuto essere quel bacio.
La guardò, accarezzandole una guancia. «Spero di non essermi spinto troppo in là» le disse, nel buio.
«No...non...non preoccuparti.» Charlotte faticava a trovare le parole.
«Sei stupenda. Sogno di baciarti dalla notte di Capodanno.»
Lei rimase in silenzio, non sapeva cosa dire. Attendeva che lui la baciasse di nuovo, ma non successe. Le accarezzò di nuovo la guancia e interruppe il film.
Charlotte pensò di doversi preparare a dire un secco no, ma non successe nulla. Henry si alzò e riaccese una luce vicino al caminetto.
«Se non ti dispiace, vorrei andare a dormire, sono davvero molto stanco - le sorrise - tu, invece?»
«Sì, ahem, sono stanca anche io, penso andrò a letto.» Era confusa, ma cercò di non darlo a vedere.
Henry l'accompagnò alla sua stanza. Non le chiese di dormire con lui, né fece altre allusioni ad un qualche tipo di avvicinamento da parte sua. La salutò con un bacio a fiori di labbra sulla sua porta e le augurò buonanotte.
Una volta sola, Charlotte si guardò allo specchio a tutta altezza che era lì di fianco. Cosa diavolo stava succedendo? Lei era lì, e in qualche modo era pronta, se si può dire così. Insomma era pronta almeno a dirgli di no. Ma lui non aveva fatto alcuna domanda e non sembrava essere in pena per il forte desiderio che provava per lei. Charlotte si guardò più attentamente. Forse non gli era piaciuta. Se non mi fossi addormentata in macchina come una bimbetta! si disse.
E invece no. Charlotte improvvisamente capì.
Henry non era sicuramente immune alla possibilità di farsi una bella ragazza in uno chalet, e sicuramente non l'aveva portata lì per darle un bacio. La stava mettendo alla prova, ma lei sarebbe stata più furba. Lei non era come le altre ragazze e lei glielo avrebbe dimostrato.
Avrebbe fatto in modo che lui chiedesse, solo per dirgli di no. Sarebbe stato divertente, un bel diversivo, in quella breve gita. La stava studiando e non voleva esporsi, ma Charlotte era stata una vita con Joshua Lewitt Brown, il maestro delle manipolazioni mentali, e due o tre cosette le aveva imparate.
Sì, sarebbe stato divertente. E forse, alla fine, Henry sarebbe caduto finalmente ai suoi piedi, come avevano fatto tutti gli altri.
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