Capitolo 19 - Henry

Dionne si guardava nervosamente allo specchio dell'ascensore dorato che li portava su, fino all'appartamento di Chelsea Freemont, al tredicesimo piano di un grattacielo futuristico nell'Upper East Side.

«Smettila Didi, stai benissimo» le sussurrò Raymond dolcemente. 
«No invece, sembro Oprah Winfrey. Ma cosa pensavo quando ho lasciato che mi pettinassero così?» aggiunse sconsolata mentre sistemava il papillon al fidanzato, spolverandogli i revers in raso della giacca.

«Io pagherei per sembrare Oprah...» commentò Charlotte, mentre con un mignolo si toglieva un minuscolo sbuffo di rossetto dall'angolo delle labbra.
«Tsé, come no» le rispose con sarcasmo l'amica squadrandola dall'alto in basso, mentre brontolava lamenti indirizzati a chiunque le venisse in mente.

Charlotte non seppe cosa rispondere, fasciata com'era in un lungo abito da sera color champagne, arricchito da minuscole gemme che le disegnavano dei motivi floreali fin sulle maniche lunghe e aderenti. Si sistemò il collier sottile e la scollatura a barchetta che lasciava scoperto giusto qualche centimetro di spalle e si assicurò che l'articolato raccolto alto fosse in ordine.

Appena in tempo perché la porta dell'ascensore si aprisse su un elegante salottino tenuemente illuminato da sfarzose abat-jour, in fondo al quale una massiccia porta chiusa lasciava udire fitti chiacchiericci e risate ovattate. Dionne esplose di gioia.

«Ci siamo, finalmente! E' da anni che sogno di poter vedere cosa accade dietro quella stramaledetta porta!» L'agitazione la rendeva scurrile, ma presto rientrò nel personaggio di classe che si era preparata a impersonare quella sera.

Ray e Charlotte si guardarono, sorridenti all'idea che la persona saltellante e irruenta davanti a loro fosse felice. Entrambi in grande spolvero, Ray aveva addirittura uno smoking firmato color avorio su cui il rosso ginger dei suoi capelli stava una meraviglia, erano decisi a cogliere il massimo da quella serata. Dopotutto se lo meritavano, tutti e tre.

«Oh mio Dio, mi venga un colpo se questa non è Dionne Trevor in tutto il suo splendore!» gracchiò Chelsea non appena aprì la porta. Abbracciò festante Dionne e salutò con calore anche Charlotte e Raymond.

Subito prese sottobraccio Charlotte e la condusse un po' più in là. «Scusate ragazzi, faccio due chiacchiere in privato con la figlia di Charles, vi spiace?»

«Chelsea, devo farti i complimenti, stai benissimo» ammise Charlotte candidamente. 
«Ah, bugiarda! E' stato tuo padre a dirtelo vero? Di adularmi...o è stato tuo fratello Richard? Ah quel ragazzo...quando mi guarda con quegli occhi blu, vorrei sempre avere vent'anni di meno e riempirlo di baci!»

Chelsea fece come per sistemarsi vezzosamente la chioma ossigenata che, voluminosa, era raccolta in un tripudio di onde trattenute da una coroncina di zirconi. Era magrissima e grinzosa per colpa del fumo, che l'aveva stregata molti anni prima, finendo per regalarle molti più anni di quelli che aveva. Gli occhi nocciola erano acuti e scrutavano senza pietà ogni piccola piega dell' espressione di chi aveva di fronte, per carpirne il segreti. 

Le frange dell'abito stile charleston in velluto color pavone proiettavano quella personalità eccentrica e pungente in una dimensione quasi mistica, che finiva per accecare grazie anche ai pesanti orecchini con un pendente di brillanti ciascuno.
Le scarpine a punta in velluto ticchettavano sul pavimento in marmo color caramello e la elevavano ulteriormente, nell'illusione che fluttuasse a qualche centimetro da terra grazie al suo peso così ridotto.

«Allora tesoro, come vanno le cose?» chiese.
«Direi normali, come al solito» rise imbarazzata Charlotte, guardando in basso.

Stava deliberatamente ignorando il fatto che Patrick non fosse alla festa e non si fosse fatto vivo con lei per tutto il giorno. Andava una favola, in effetti.

«Come al solito non direi, l'ultima volta che ti ho vista a un evento di un certo spessore, stavi con quella specie di modello...Joshua giusto? Mi dispiace...per quello che è capitato. Così giovane...»
«Non preoccuparti, non pensiamoci ora.»
«Tuo padre ha sempre preferito non parlarmene e poi...stasera ha pensato bene di darmi buca!» esclamò Chelsea con la sua voce fintamente capricciosa.

«E' diventato un noiosone. Stasera ci sono io, puoi accontentarti?» sorrise Charlotte.
«Non avevo il coraggio di invitarti Charlotte cara, tuo fratello, l'ho incontrato a una orribile mostra su David Hockney sai? Beh ecco, tuo fratello aveva detto che non ti saresti mossa dall'Italia e così...ma poi ho sentito parlare di Dionne Trevor, quella furia, e ho voluto che ci fosse a tutti i costi e...è stata una sorpresa incredibile averti qui!»

«Prendi da bere - la esortò girandosi verso un cameriere in livrea che sul suo vassoio faceva tintinnare diverse flûte di Bellini - e cerca di divertirti. Devo andare a controllare gli antipasti, ci vediamo dopo, d'accordo? - si girò verso il giovane cameriere e aggiunse perentoria - Vedi di fare in modo che a questa giovane donna non manchi mai un bicchiere in mano stasera, intesi?»

Prese Charlotte per le spalle e fece il gesto di baciarla prima su una guancia e poi sull'altra senza sfiorarla con le labbra, come aveva imparato durante i suoi anni d'oro, a Parigi. Si dileguò nella piccola folla di persone che invadeva il suo salotto.

Charlotte stava per bere un sorso, quando si sentì afferrare per un braccio.
«Eccolo lì!» Dionne le sussurrò eccitata. «Ma non girarti subito...aspetta...oddio sta guardando da questa parte!»
«Scusa, ma chi...» iniziò Charlotte voltandosi d'istinto verso dove era diretto lo sguardo dell'amica. Se ne pentì all'istante.

Un giovane affascinante che indossava uno smoking nero e un papillon di seta, puntava gli occhi verdi su di loro. Appoggiato a un monumentale caminetto in marmo grigio, sollevò senza scomporsi il suo Old Fashioned in un cenno di saluto e regalò alle due ragazze imbambolate il sorriso più spontaneo e accogliente che Charlotte avesse mai visto.

Questa si affrettò a cercare qualcosa nella borsetta, mentre Dionne le parlava a bassa voce nell'orecchio.

«E' Henry Carruthers, lo scrittore, ricordi? Quello che volevo che incontrassi!»
«Lo immaginavo più...ahem...scrittore, ecco!»
«Intendi più simile a Ray? E' questo che intendi?» Dionne la guardò sospettosa.
«Intendo più simile a uno che passa le sue giornate al PC e non in palestra!»
«Stai dicendo che Ray è grasso?» iniziò Dionne.
«Didi no, no che dici! - Charlotte spalancò gli occhi e azzardò una risata nervosa nel tentativo di spegnere le intenzioni bellicose dell'amica - Intendo che...insomma guardalo!»

Dionne si girò di scatto.

«No, non intendevo sul serio
«Sta venendo qui!» sussurrò Dionne nell'orecchio dell'amica.

«Buonasera gentili signore. Posso presentarmi? Sono Henry. - sporse una mano verso Dionne - La fidanzata di Raymond, giusto?»
«Ah sì, sono io, mi chiamo Dionne, è un piacere incontrarti. Ray mi ha parlato molto di te - gli strinse la mano con un gran sorriso - Questa è la mia amica Charlotte, Charlotte Cooper.»

Dionne spinse leggermente l'amica verso il nuovo arrivato e si posizionò dietro di lei.
«Buonasera Henry» riuscì appena a dire Charlotte. Abbozzò un sorriso e restò a fissarlo sperando che fosse lui a rompere quel momento imbarazzante.

Henry era molto alto, e decisamente uno sportivo, a giudicare dal fisico che l'abito di alta sartoria metteva in risalto. Aveva folti capelli castano chiari molto mossi, con un ciuffo che quella sera aveva elegantemente composto con una riga da un lato. La barba era curata e il suo sguardo era dolce e benevolo. Un grosso orologio con il cinturino in pelle faceva capolino dalla manica sinistra dello smoking.

«Beh, so già che Dionne è una famosa giornalista di moda. Tu di cosa ti occupi, Charlotte?»
«Scrive di persone morte» suggerì festosamente Dionne, da dietro la spalla dell'amica.
«Scrivi necrologi?» Henry sembrava sinceramente incuriosito.
«Oh no, no. Io... - Charlotte cercò disperatamente un modo cool, per descrivere il suo lavoro molto poco cool - Io sono una storica. Il mio ambito di studi è il Rinascimento inglese.»

«So che può sembrare una pizza astronomica, Henry - si fece avanti Dionne - Ma ti assicuro che quando inizia a parlare di merletti, castelli e gente decapitata, ti fa quasi divertire!» rise, convinta di essere parte fondamentale della buona pubblicità che stava facendo a Charlotte. Quest'ultima ahimè, non riusciva ormai più a guardare il ragazzo negli occhi, tanto era imbarazzata.

«Accidenti Charlotte, devo dire che non hai esattamente l'aria della storica» rise Henry, cercando di farle un complimento.
«Pensati che lei ha detto che tu non hai l'aria dello scrittore» bofonchiò Dionne da dietro il suo Bellini.

Henry sembrava sinceramente divertito, e non aveva mai tolto gli occhi di dosso a Charlotte. 
«E di cosa avrei l'aria? Sono curioso» le chiese con un sorriso.
«Non...non saprei. - Charlotte non aveva idea di cosa dire per non rischiare di offenderlo - Insomma, gli scrittori che conosco sono diversi da te...in genere. Ovviamente escluso Ray!» si affrettò ad aggiungere guardando timorosa Dionne.
«Oh capisco. Beh - ridacchiò finendo di bere - lo prenderò come un complimento, Charlotte» calcò volutamente il tono sul suo nome, guardandola da dietro il bicchiere.

«Buonasera Henry!» Raymond apparve per stringere la mano all'amico.
«Oh ciao Ray! Ho avuto il piacere di conoscere personalmente la tua futura signora.»
«Bene, ma prima che tu me lo chieda...lei non è sempre così» rise abbracciando calorosamente Dionne, che faceva finta di essere offesa.
«Tesoro vieni, Chelsea vuole chiederti un parere sui posti a sedere» sussurrò Raymond alla compagna.
«Oh...sì, certo. - strizzò l'occhio a Charlotte - Come no, andiamo pure.»

La coppia si allontanò lanciando mal celate occhiate complici a Henry e Charlotte, contribuendo non poco ad alzare il già elevato livello di imbarazzo che aleggiava in quell'angolo del salone.

«Bevi qualcos'altro?» chiese Henry per spezzare la tensione.
«Certo» sorrise Charlotte, appoggiando il calice ormai vuoto sul vassoio di uno dei camerieri di passaggio.

Poco dopo lei e Henry stavano conversando davanti a due bicchieri di vino, seduti su un divano damascato nei toni del blu, gli stessi dei pesanti tendaggi nella biblioteca di Chelsea Freemont.
Molti degli invitati erano rimasti nel salone da ballo, e solo una manciata di persone chiacchierava a voce bassa intorno a loro. La luce soffusa delle lampade da lettura illuminava con calde sfumature i loro volti.

«Non farti strane idee. Ho scritto un solo romanzo» affermò lui ridendo. 
«Deve essere stato un gran bel romanzo, dato che tutti parlano di te.»
«Beh, lo hanno letto molte persone. Alcune di queste persone erano quelle giuste. Che ne hanno parlato ad altre persone giuste. Ed eccomi qui.» Guardava il fondo del bicchiere.
«Di cosa parla?»
«Parla di un professore che, ormai anziano, incontra la sua anima gemella. Lei però, è una studentessa.»
«Ahi.»
«Oh no. Non c'è nulla di scabroso, in effetti il libro non contiene neanche una scena dove i due fanno sesso. A dire il vero, l'intimità che provano è solo mentale.»
«E sei riuscito a farti leggere da tutte quelle persone, senza usare il sesso? Beh - Charlotte bevve un sorso di vino - i miei complimenti, questo sì che è un traguardo!»

Henry rise, mostrandole in uno sguardo di quei profondi occhi verdi tutto quello che avrebbe potuto essere il suo futuro, quello di due anime che si uniscono, pure e vulnerabili. La luce faceva brillare i suoi occhi e la barba curata valorizzava il viso dandogli un'aria matura e solenne.

«Mi piacerebbe che tu lo leggessi. Per avere un parere» concluse lui.
«Prometto che ne prenderò una copia domani. Anche se - disse Charlotte alzandosi - non sono sicura che la mia opinione conti davvero qualcosa» affermò scettica.
«Scherzi vero? Ho davvero bisogno che qualcuno che scrive di rinascimento inglese mi dica la sua sul mio libro schifosamente sentimentale. E comunque - ora era in piedi anche lui e le stava di fronte - non pensare neanche di comprarlo. Ne ho una copia che posso darti.»
«Oh va bene, se ne hai una che ti avanza, volentieri.»
«Sì - terminò lui deciso, mentre le poggiava una mano sulla schiena per accompagnarla nella sala da pranzo - ne ho giusto una rimasta.»

***

La cena fu un successo.

Chelsea aveva sapientemente disposto gli invitati in tre tavoli rotondi che occupavano tutto il salone. Charlotte cenò in compagnia di Dionne, Raymond e altri simpatici amici che conoscevano suo padre, e che passarono la serata a raccontare divertenti aneddoti del passato che riguardavano anche lui.

Sorprese Henry a guardarla un paio di volte, ma non ci fece troppo caso. Questo perché con il passare delle ore le si era ritorto lo stomaco ripensando alla grande, profonda buca che le aveva dato Patrick, mentre le parole di suo fratello le risuonavano nelle orecchie.

Erano ormai le undici e trenta, quando Chelsea iniziò a distribuire calici puliti e piccoli accessori che servivano a celebrare l'anno nuovo. Festoni, scritte su sottili bastoncini, e bigliettini con i crucci dell'anno passato da lanciare nel fuoco del caminetto acceso. Il tutto condito da capienti ciotole d'argento piene di fragole e panna montata, e sullo sfondo, innumerevoli bottiglie verde scuro e oro piene di costoso champagne.

Charlotte aveva incontrato di nuovo lo sguardo di Henry nel salone da conversazione e lui aveva fatto qualche passo per raggiungerla.

«Quanto resterai a New York?» le chiese.
«Ancora qualche giorno, poi tornerò in Italia.»
«Sei fortunata a poter vivere lì. E' un luogo così suggestivo.»
«Lo è...ma come tutte le cose, quando le conosci davvero perdono fascino.»
«Non so come mai, ma mi sembra che tu ti riferisca a qualcuno.»
«Non si può dire che tu non sia acuto.»
«Una storia...forse?»
«Una persona. Definirla storia non è...azzeccato.»
«Charlotte, so che forse può sembrarti azzardato - le disse Henry avvicinandosi, gli occhi verdi che di nuovo puntavano i suoi, e il suo profumo legnoso che si faceva all'improvviso più intenso - ma vorrei rivederti.»

Charlotte rimase piacevolmente sorpresa, ma non fece in tempo a dire nulla. Un coro fortissimo aveva iniziato il conto alla rovescia, le voci rimbombavano dentro il salone e tutti alzavano sorridenti il calice al soffitto, mentre i più fortunati guardavano negli occhi la persona amata, proprio come Ray e Dionne.

In un attimo le vetrate davanti a loro si illuminarono a giorno, grazie agli spettacolari fuochi d'artificio che esplodevano in sequenza. Gli invitati a bocca aperta osservavano, tra gridolini di stupore e meraviglia, il susseguirsi degli spari luccicanti.

Henry brindò con Charlotte, e si fecero gli auguri. Non poterono dirsi altro però, perché la folla di amici e conoscenti si riversò intorno a loro tra mille abbracci e sorrisi. Dionne arrivò a stritolarla talmente forte che le fece male.

«Questo è il tuo anno tesoro, me lo sento» le gridò felice.
«Di sicuro sarà il tuo, Didi!» rispose Charlotte piena di speranza per l'amica, e anche, in fondo, per se stessa. 

Quando le luci si riaccesero, Chelsea diede ufficialmente il via alla festa danzante, mentre Charlotte si allontanava dalla folla per concedersi qualche minuto di pace nel bagno degli ospiti.

La saletta che lo ospitava era molto accogliente. Il marmo bianco era lucido e rifletteva il bagliore caldo e vivo delle abat-jour minimaliste. Un enorme vaso in cristallo ospitava profumatissimi fiori bianchi e gialli e accoglieva chi entrava da sopra un tavolino rotondo in cristallo e ottone.

Charlotte sfilò il cellulare dalla pochette e le prese un colpo.
C'era un messaggio di Patrick.

So che ti sei sentita messa da parte oggi, ma ho una buona ragione per tutto. Lascia solo che ti spieghi. Ti chiamo domani.

Charlotte emise un sibilo di rabbia. Era combattuta tra il desiderio di maledirlo e la voglia di scoprire cosa diavolo ci fosse sotto quella volta. Patrick aveva l'innata capacità di mandarla al manicomio, ma aveva dei buoni motivi per decidere di ascoltarlo.
Erano stati decisamente intimi la sera prima, per esempio, e Charlotte non era certo tipo da storie di una notte. E poi, voleva dimostrare a suo fratello Richard che aveva torto, almeno su un fatto in particolare e cioè, che Patrick non fosse stato sincero sui sentimenti che provava per lei.

Passò il resto della serata a chiacchierare amabilmente con Henry, che sembrava una persona divertente, carismatica e molto colta. Aveva la sensazione che lui la capisse, e in molti spunti di dialogo si erano trovati perfettamente d'accordo. Le pareva molto strano che fosse single, in effetti, ma non si azzardò a fare domande sulla sua vita privata.

Erano ormai le tre del mattino quando gli ospiti iniziarono a congedarsi, e Henry l'aiutò a infilare il soprabito che un gentile cameriere le porgeva.

«Ascolta Charlotte, - iniziò lui - non ti nascondo che mi piaci. Cioè, mi piace quello che ho visto di te, stasera. Vorrei conoscerti meglio.» 
«Io...» abbozzò lei, cercando le parole adatte per introdurgli la sua complicata situazione sentimentale.
«Fammi indovinare. Non sei libera, vero?»
«E' molto più che libera, Henry, è praticamente una folata di vento» si intromise Dionne apparendo dal nulla dietro al ragazzo. «Ti conviene acchiapparla, prima che si dilegui.»
«Dionne!» esclamò Charlotte indirizzando all'amica uno sguardo eloquente.

Henry la guardò incuriosito, trattenendo una risata.

«Quindi uscirai con me?»
«Sì, d'accordo» annuì Charlotte. D'altronde, pensò, Patrick non era certo il suo ragazzo e un'uscita non costituiva qualcosa di scabroso.

Scrisse il suo numero di telefono sullo smartphone di Henry e si salutarono calorosamente, tra le occhiate languide di Dionne, che già prevedeva per lei un luminoso futuro accanto allo scrittore.

Henry la guardò entrare nell'ascensore e la salutò con un cenno della mano e un altro, smagliante sorriso, mentre a Charlotte restava addosso la sensazione di avere davanti una gemma molto rara. Adesso non restava che aspettare.

Doveva anche sperare che Patrick l'indomani avesse una buona scusa da propinarle per giustificare il suo comportamento. Maledizione, Pat  pensò con un sospiro.





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