CAPITOLO VIII - NAMDEV
Dev era sempre stata una ragazza devota.
Era nata in India ed era sempre stata immersa nella propria cultura.
Dedicava tutta la sua vita al suo credo.
Professava la propria religione con un profondo e malsano attaccamento.
Pensava che senza di essa non avrebbe potuto vivere.
Considerava l'induismo la religione più pura che mai potesse esistere al mondo.
Consisteva nel dharma, cioè la legge morale, che serviva a mantenere l'ordine sociale.
Namdev credeva fermamente nella reincarnazione, sapeva che la morte non fosse la fine e che avrebbe vissuto in eterno sebbene in un altro corpo.
Nonostante si fosse trasferita in America non aveva abbandonato il suo amore per la cultura indiana.
Rispettava ancora profondamente il suo credo.
Aveva formato un club scolastico con altri ragazzi indiani per discutere dei testi sacri induisti.
Pensava che se tutti avessero iniziato a professare l'induismo il mondo sarebbe stato un posto decisamente migliore.
Dev sognava di poter portare la propria cultura e la propria religione in giro per il mondo.
Voleva far conoscere il proprio credo ad altre persone.
Questo grande amore per l'India però l'aveva fatta passare per fanatica agli occhi dei suoi compagni di scuola.
Infatti, oltre agli amici del club nessuno osava avvicinarsi.
Non la sopportava nessuno poiché in un modo o in un altro riusciva sempre a tirare in ballo la propria fede religiosa.
Era appena terminata l'ora libera che lei aveva passato leggendo uno dei suoi testi sacri induisti preferiti.
Legò i lunghi capelli scuri in una coda alta e mise le sue cose nello zaino.
Avrebbe dovuto presentarsi alla lezione di fisica.
Odiava quella materia, non era affatto portata nelle materie scientifiche.
Se la cavava decisamente meglio in quelle umanistiche, non per altro era la migliore nel corso di storia contemporanea.
Uscì dalla biblioteca e attraversò il corridoio sotto gli occhi di tutti.
Una ragazza dai capelli rosa la osservava da lontano.
I suoi occhi glaciali bruciavano sul corpo di Namdev.
Pensò di avere un'allucinazione per quanto fosse insopportabilmente bella.
Una bellezza gelida.
Lei rabbrividì ed entrò nel primo bagno che gli capitò davanti.
Non riusciva più a sostenere quello sguardo famelico.
Si rinfrescò il viso con dell'acqua fredda per riprendersi.
Stava per dare spazio ai suoi soliti pensieri poco pudici e non poteva permetterlo.
Doveva controllare i suoi istinti innaturali per la sua religione.
Aveva un promesso sposo, doveva sposare un uomo e non poteva amare una donna.
Andava contro tutto il suo credo.
Ma quell'irrefrenabile voglia che sentiva dentro di sé a volte era troppo forte per essere placata.
Doveva smettere di pensare a quella ragazza, altrimenti i suoi stessi pensieri le avrebbero perforato la testa.
Sua madre l'avrebbe rimproverata dicendole di darsi un contegno.
Quando i suoi genitori l'avevano scoperta insieme ad una ragazza del club, Isma, le avevano impedito di vederla e le avevano detto di cacciarla dal gruppo.
Si era maledetta con tutta sé stessa per essersi fatta beccare.
L'avevano anche minacciata di rispedirla in India prima della fine del liceo ma lei li aveva implorati promettendogli che mai e poi mai si sarebbe avvicinata nuovamente ad una ragazza.
Strinse le mani in due pugni, le unghie dipinte di color nero si erano ficcate nella pelle.
Si chiese cosa ci fosse di male nel provare attrazione verso le ragazze.
Perché avrebbe dovuto cambiare sé stessa per sottostare a delle leggi antiche e senza senso?
Scosse la testa.
Questi pensieri erano nocivi, non era un comportamento rispettabile.
La sua religione veniva prima di qualsiasi cosa, perfino prima dell'amore.
La porta del bagno si aprì rivelando una figura snella e slanciata.
Dalla sua gonna celeste si vedevano perfettamente due gambe lunghissime a cui prima non aveva fatto caso.
Indossava una maglietta lilla molto scollata che sembrava alquanto stropicciata.
Quando incontrò nuovamente i suoi occhi cristallini sobbalzò.
Si allontanò da lei fino a scontrare la schiena con la parete fredda.
Aveva la pelle d'oca.
Lei ridacchiò e si lavò le mani.
<Ti hanno mai detto che la tua bellezza è disorientante, Namdev?> domandò senza rivolgerle il minimo sguardo <Hai dei lineamenti particolari ed allo stesso tempo così eccitanti. Mi chiedo cosa ci sia sotto tutti quei vestiti.>
Namdev si strinse maggiormente nella sua larga felpa nera.
<Che cosa?> balbettò lei stordita dal suo profumo aspro e dolce allo stesso tempo.
Avrebbe potuto sentire quell'odore inebriante all'infinito.
Lei finalmente le rivolse la sua completa attenzione.
Si avvicinò a Namdev fino a trovarsi ad un passo dal suo viso.
Le mise i capelli dietro le orecchie.
<Dovresti mostrare di più il tuo viso.> constatò sorridendole maliziosamente.
<Che vuoi da me?> replicò lei cercando di non curarsi del gesto che la ragazza aveva appena fatto.
<Ho visto il modo in cui mi guardavi prima, tu mi desideri.> disse <Tanto quanto io desidero te.>
Le portò una mano sul collo per avvicinarla a sé ma Namdev la spintonò.
<Non toccarmi!> esclamò.
<Credevo sarebbe stato più facile, vorrà dire che mi impegnerò di più la prossima volta. Ora devo andare, ho allenamento.> replicò dirigendosi verso l'uscita <Comunque il mio nome è Tayssa, è stato un vero piacere fare la tua conoscenza.>
Uscì dal bagno lasciandola completamente sola.
Namdev si morse il labbro con forza.
Chiuse gli occhi, non doveva pensarci.
Prese un momento per calmarsi e quando riaprì gli occhi si trovò davanti un mostro color cenere con dieci teste.
La ragazza si sentì mancare, dovette reggersi alla parete che scoprì essere ghiacciata.
I volti erano deturpati, sprovvisti di naso, gli occhi erano spenti e scavati mentre dalla bocca uscivano dei denti aguzzi.
<Santissimi Dei!> esclamò terrorizzata.
La creatura avvicinò le sue dita ossute alla sua guancia, i polpastrelli bruciavano al contatto con la sua pelle.
<Noi siamo gli Utukku, spiriti del caos e dei sacrifici, devoti agli Dei.> si presentarono in coro.
Non fu solo una delle tante testa a prendere parola e questo mandò in tilt Namdev.
<Parlo io!> esordì la testa centrale <Tu sei stata scelta per affrontare una sfida tra mortali che decreterà il vincitore del trono infernale. Dovrai lottare per la tua vita e batterti contro altri undici ragazzi. Ti ho donato il potere di manipolare tutti e quattro gli elementi: acqua, terra, aria e fuoco.>
<Non può essere reale.>
<Lo è piccola Dev e da te pretendo la vittoria indiscussa, con un potere del genere non puoi che vincere.>
<Non voglio far del male a nessuno.>
<Dovrai se vuoi vivere.> replicò prima di sparire in una nube di gas.
La testa di Namdev si faceva sempre più pesante, la vista appannata.
Ci mise pochi secondi per rendersi conto che da un momento all'altro sarebbe svenuta.
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