Capitolo 24
Ci vollero diversi minuti prima che le acque si calmassero. Alcuni dei mercenari erano addirittura saliti a cavallo pronti a prendere la fuga se qualcosa di strano fosse uscito dalla buca, ma così non accadde.
«Ve l'avevo detto, chi è il bambino ora?» disse Ayman. Nessuno dei mercenari che lo avevano prima deriso osò rispondergli e il ragazzino si prese la sua rivincita.
«Essere jin capaci di fare non-morti? Forse opera è loro?» chiese Khalid.
«No, secondo me è stato il diavolo in persona a creare quell'abominio.» disse un altro mercenario.
«Non-morti, abomini o diavoli, laggiù c'è sempre un tesoro e lo andremo a prendere, non è vero?»
Nessuno dei mercenari rispose.
Gabriel aspettò per alcuni secondi attendendo una voce poi girò lo sguardo verso il loro capo, dicendo:
«E il nostro accordo?»
Khalid si scambiò qualche parola in arabo coi suoi uomini, poi perplesso rispose:
«Tu ragione avere aragonese! Ma noi avere bisogno di torce e miei uomini volere donne ora, e riposare.»
«Quanto tempo volete?»
«Prenderemo torcia, spada, e tante asce. Poi tornare dopodomani.»
Gabriel pensò un attimo e trovò la cosa ragionevole.
«Va bene, ci vediamo dopodomani sotto le mura di Gerusalemme allora.»
Il gruppo si divise e Cesar, Ayman e Gabriel tornarono verso Gerusalemme assieme. A metà strada però, furono raggiunti da tre dei mercenari che erano stati arruolati.
«Vi dispiace se ci uniamo a voi?» chiese uno di quelli.
«Siete i benvenuti.» rispose Gabriel.
E si misero a cavalcare assieme verso la città.
«Siamo francesi, facevamo parte della guardia cittadina di Edessa prima di diventare mercenari, con l'assedio abbiamo perso tutto.» disse uno di loro sul cammino.
«Io invece facevo parte della spedizione normanna...» Gabriel raccontò loro la sua storia.
«Ah, sei un veterano allora, ti meriti di bere e venire con noi a godere di qualche bella donna...» disse il mercenario tirando fuori dalla sua sacca una bottiglia di vino che tracannò in pochi sorsi.
«Dove andrete?» chiese Gabriel.
«Il miglior bordello di Gerusalemme, non vedo l'ora di rivedere le mie donne, se solo non mi costasse un occhio della testa ogni volta. Ma vale la pena rischiare la vita per ragazze del genere.»
E tutti i mercenari scoppiarono a ridere. Gabriel a cui l'idea non dispiacque, toltosi l'armatura, lasciato Cesar in chiesa e Aguacero in una stalla, si unì a loro. Camminarono assieme bevendo allegramente e raggiunsero l'ingresso di un vecchio palazzo dove furono accolti da un uomo sulla cinquantina, dalla carnagione scura e i lineamenti mediorientali.
«Ah che piacere rivedervi miei cari, ho per voi come al solito le migliori ragazze della Terrasanta.»
«Abbiamo un amico oggi, vecchio Mahmoud, e vogliamo uno sconto per questo.»
Fu allora che il vecchio vide Gabriel e gli disse:
«Quale onore, quale onore averti qui ragazzo mio. Sei il benvenuto. Ami le donne francesi? Perché ho un gioiellino che non tutti si possono permettere.»
«Una ragazza francese?» chiese Gabriel drizzando le orecchie.
«Si, una meraviglia della natura che aspetta un uomo virile come te per sedurti.»
«Quanto vuoi?» chiese Gabriel.
Il vecchio Mahmoud gli disse il prezzo: quasi il quadruplo di quello che avrebbe normalmente speso, poi aggiunse per incoraggiare Gabriel.
«Sono soldi spesi bene, te lo garantisco.»
Gabriel ci pensò un attimo, ma poi decise che se avrebbe messo presto le mani su quel tesoro non avrebbe avuto alcun problema a rifarsi di qualunque spesa.
«Va bene.» e così dicendo gli porse il denaro.
«Adesso tu vieni con me.» disse Mahmoud, prima di mostrare la strada a Gabriel.
All'ingresso del palazzo vi erano due omoni armati sino ai denti che stavano di guardia e dall'ingresso partivano un paio di corridoi. Gli altri mercenari nel frattempo avevano già trovato le loro donne preferite con cui intrattenersi ed erano spariti di torno. Gabriel percorse uno dei corridoi di quel magnifico palazzo dall'architettura araba e le decorazioni blu e rosse, finché non giunse di fronte ad una porta sulla quale il vecchio Mahmoud bussò dicendo:
«Françoise, arriva un nuovo amico.»
«Fallo entrare...» disse una voce femminile dall'interno.
«Prego...» disse Mahmoud sorridendo e aprendo la porta a Gabriel.
Gabriel fece due passi all'interno, curioso di vedere la sua nuova amica. La trovò girata di spalle, seduta ed intenta a guardare una delle piazze principali della città, attraverso la finestra. La ragazza aveva un meraviglioso vestito di seta e una collana dorata attorno al collo. Fu quando girò la testa e guardò negli occhi il nuovo arrivato che a Gabriel il cuore schizzò a battere all'impazzata. Aveva i capelli biondi, gli occhi azzurri e dei riccioli d'oro attorno a un visino fine.
«Eméline?» esclamò.
«Come dite signore?» chiese la ragazza.
«Eméline...» disse ancora Gabriel.
«Chi è Eméline? Io sono Françoise.»
«Ma voi... assomigliate tanto...»
«Non vorrei deludervi signore, ma io non sono Eméline, non conosco nessuno che si chiami così. Se la cosa vi aggrada tuttavia non mi riterrò offesa se mi chiamate in questo modo.»
«Chiedo scusa... io... io...» disse Gabriel che solo allora riuscì ad accorgersi di alcuni dettagli che la rendevano effettivamente diversa da Eméline e che non aveva notato prima.
«Nulla di cui scusarvi mio cavaliere, son qui per voi.»
Fu allora che Gabriel si accorse di un dettaglio che forse sarebbe stato il più importante, la ragazza assomigliava si, ad Eméline, ma aveva l'aspetto di quando Gabriel l'aveva vista la prima volta e doveva essere di conseguenza molto più giovane.
«Quanti anni avete?» chiese Gabriel.
«Non vi hanno insegnato che è maleducazione chiedere l'età di una donna?»
«Non mi sarei mai permesso, se non assomigliaste così tanto a...»
«Alla vostra Eméline?»
«Esatto.» rispose Gabriel.
«Permettete prima a me una domanda, ora?»
«Certo.»
«Eméline è vostra moglie?»
«No, non ho moglie.» rispose Gabriel.
«Allora credo che potete smetterla di rivangare ricordi e godere della mia compagnia...»
«E' solo che...»
Françoise si alzò dalla sedia e fece due passi verso di Gabriel appoggiandogli un dito davanti alla bocca e facendo: «Shhhhh... silenzio.»
«Mi chiamo Françoise, ho sedici anni, e voi siete il primo uomo che invece di afferrare il mio corpo come un animale temporeggia e mi fa queste domande stupide. Cosa siete venuto qui a fare?» e così dicendo la ragazza incominciò a spogliarsi mostrando i suoi seni a Gabriel.
«Sono venuto qui perché... non ricordo... e adesso sono confuso.»
«Vi piacciono i maschietti per caso?»
«No, io...»
E fu allora che Françoise usando le mani in maniera appropriata ammutolì il cavaliere, inebriandolo con il suo profumo. Il sesso fu lungo, dolce e piacevole, del tutto diverso da quello che aveva sperimentato con Eméline o con le altre prostitute. Ma fu dopo l'amplesso, mentre erano rimasti ancora sudati e abbracciati al letto, che invece di un senso di soddisfazione, Gabriel provò un profondo senso di vuoto dentro di se. Per la prima volta, nonostante tutte le esperienze che aveva avuto, non fu una sensazione piacevole stare abbracciato ad una donna nuda. Gabriel si era messo a pensare a Eméline, a quello che era successo tra loro. Pensò a quando si erano incontrati, troppo giovane per capire quanto lei stesse soffrendo per quel destino assegnatogli dalla famiglia. E fu proprio in quel momento che, divorato dai sensi di colpa, che in altre occasioni avrebbe giustificato con la sua inesperienza, che provò il desiderio di conoscere più a fondo Françoise. Solo allora, dopo averci fatto l'amore, si era domandato se non ci fosse una storia altrettanto triste dietro una prostituta francese così giovane e bella.
«Dove siete nata?» le chiese accarezzandole i capelli. Françoise, che non si aspettava una domanda del genere, si sedette sul letto ed appoggiò una mano sulla guancia di Gabriel che la osservava da sdraiato.
«Sono nata vicino Edessa.»
«La vostra famiglia?»
Fu allora che negli occhi della giovane prostituta scovò un triste bagliore.
«Non vi riguarda.»
«Perché dite così, avete segreti da nascondere?»
«Forse nascondo in me i segreti di molti uomini, ma di miei non ne ho.» disse abbassando lo sguardo.
«Allora raccontatemi di voi...»
Fu allora che Françoise ritirò la mano dalla guancia di Gabriel e si alzò in piedi, camminando verso la finestra. Gabriel invece si sedette sul letto, intento ad osservarla.
«I miei genitori erano entrambi due nobili francesi.»
Gabriel non poté credere alle sue orecchie, la storia della ragazza doveva essere stata molto triste per finire in quel bordello.
«I vostri genitori sono morti?»
«Si.»
«Sono caduti nell'assedio di Edessa?»
Fu allora che Françoise girò lo sguardo verso di lui e mostrò i suoi occhi azzurri visibilmente lucidi.
«Si, sono morti che avevo circa sette anni.»
«E come siete sopravvissuta? Eravate anche voi con loro a Edessa?» chiese Gabriel incredulo.
«Uccisero i domestici e mio padre, violentarono mia madre...poi uccisero anche lei. Ma ci fu un soldato nemico che si impietosì e impedì che uccidessero anche me, dicendo che avrebbe pagato per avermi come schiava.»
«E cosa ne è stato di voi?»
«Vissi a casa sua per diversi anni, e quando divenne vecchio rinunciando alle armi venne qui a Gerusalemme con il denaro che era riuscito a mettere da parte.»
«E vi vendette a Mahmoud?»
«No.» rispose Françoise, poi sospirò e disse ancora: «Quel soldato era Mahmoud! Si aprì questo bordello con le ricchezze che razziò a Edessa»
Gabriel ascoltava incredulo.
«Come vi tratta?»
«Bene»
«Quel vecchio porco vi costringe a prostituirvi e lo definite bene?»
«Non chiamatelo così, è stato come un padre per me!»
«Già, ma ditemi la verità...non avete mai fatto l'amore con quel vecchio?» chiese Gabriel provocando una brusca reazione. Fu allora che Françoise cominciò ad alzare il tono di voce mostrando l'aggressività sotto quel suo viso delicato:
«Questo non lo tollero, vi prego adesso andatevene.»
«Voglio saperlo...» rispose Gabriel.
«Devo la vita a quell'uomo, mi ha salvato dai suoi stessi fratelli, che cosa importa se sono quello che sono e che faccio quello che faccio? Può fare tutto di me.»
Gabriel non rispose, ma per un attimo sentì come se si trovasse di nuovo di fronte ad Eméline, tanti anni prima, solo che adesso le circostanze rendevano la situazione assai più pesante. E fu proprio mentre Gabriel rifletteva su quanto aveva sentito, che Françoise gli diede uno schiaffo urlando:
«Ditemi invece voi di tutte le donne con cui siete stato. Quante prostitute avete schiacciato sotto il vostro peso e di quante di loro conoscete almeno il nome? Avete mentito quando vi ho chiesto se siete sposato? Avete violentato le donne musulmane come tutti gli altri cavalieri che tanto esaltano la compassione cristiana?»
«No, non ho fatto niente di tutto questo!» urlò Gabriel con una mano sulla guancia schiaffeggiata.
I due rimasero in silenzio finché Françoise, resasi conto di aver perso le staffe, abbracciò Gabriel dicendo:
«Vi prego scusatemi, e vi prego di non dire dello schiaffo a Mahmoud.»
«Di niente, non preoccupatevi non dirò nulla.» rispose Gabriel amareggiato e rattristato da quello che aveva sentito. La conversazione riprese con toni più delicati.
«Ma voi siete una nobildonna francese, non avete mai desiderato la libertà?»
«Ho del denaro per me, posso metterne da parte, ho dei gioielli.» disse indicando la sua collana.
«Se lo chiedo, ho il permesso di allontanarmi per qualche giorno. Io sono libera!»
«E la chiamate libertà?» chiese Gabriel.
«Non so nemmeno se sarei mai in grado di sopravvivere al di fuori di queste mura.»
«Potreste provarci?»
«Mi metterei nei guai in men che non si dica. Preferisco la protezione di Mahmoud.»
«Non capisco...» disse Gabriel alzandosi in piedi.
«Potete farmi una promessa?»
«Ditemi.»
«Non tornate mai più qui da me, non ce la farei a sopportare ancora di venir ferita con le mie debolezze, non merito questo.»
Gabriel si avviò verso la porta e la aprì mentre Françoise si rivestiva.
«Non tornerò più...» disse Gabriel attraversando la porta con un senso di desolazione che raramente aveva provato in vita sua, persino nei momenti peggiori, e per un attimo gli venne da piangere.
Mahmoud gli sorrise e lo salutò ma lui non gli rivolse né uno sguardo né una parola. I mercenari invece lo avrebbero raggiunto di li a breve all'esterno del palazzo chiedendogli:
«Come mai quell'aria abbattuta, non ti soddisfano le donne francesi?» Gabriel gli lanciò un occhiataccia e uscì rapidamente dal palazzo.
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