2. Sogni che fanno del male

Le percorse con la punta del naso tutta la lunghezza del collo, annusando il suo odore, che ogni volta era diverso ma sempre così familiare. Lo sapeva di star sognando, eppure lei -il suo corpo, la sua voce, il suo sguardo- gli sembrava così reale. Reale come il suo respiro, pesante e leggero. Reale come la sua pelle morbida. Reale come i brividi sotto le sue carezze.

La strinse a sé più forte. Se avesse potuto avrebbe fuso il suo corpo con quello di lei, per non perderla una volta riaperti gli occhi.

«Cremisi» la chiamò, posandole le mani sulle guance ed incontrando i suoi occhi chiari. «Non essere triste, troveremo un modo» la rassicurò.

Lei sospirò. «Lo dici sempre, eppure riusciamo a vederci soltanto nei sogni».

Nix sollevò il sopracciglio destro. «Hai forse smesso di cercarmi?».

«No» gli rispose. «Ho soltanto paura».

Le accarezzò una ciocca di capelli color rame. «Non averne» le disse, anche se ogni tanto quel timore prendeva il sopravvento sul suo cuore. Comprendeva quella paura. La condividevano entrambi come un peso che li inchiodava alla realtà. «Ci ritroveremo. Io non smetterò di cercarti, te lo prometto».

Le diede un tenero, ma fugace bacio sulle labbra.

«Che cosa vedi quando non dormi?» le domandò per la prima volta da quando si era messo in testa l'idea di cercarla. Gli aveva sempre detto di non riuscire ad essere in grado di ricordare il nome del luogo in cui lei si trovasse.

Lei sembrò quasi rifletterci. «Passo spesso il mio tempo ad una finestra di pietra grigia e fredda. Da cui vedo il mare. Le onde sbattono contro un'alta scogliera, dense di schiuma e blu come i tuoi occhi. Il vento mi trasporta alle orecchie il canto dei gabbiani. Il mio castello è circondato da un bosco di strane conifere rosse. Vado lì e chiamo il tuo nome. Sai, gli alberi mi parlano. Dicono che non ti conoscono. Mi dispiace di non poterti aiutare di più». Si morse il labbro mortificata.

«E cosa c'è dopo quel bosco?».

Cremisi non fu in grado di dirglielo, perché non era mai riuscita ad attraversalo e rispose con una domanda. «Hai mai pensato che forse viviamo in due mondi diversi?».

Nix non le rispose. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, oltre la sua spalla.

«Ti stai svegliando, vero?».

«Purtroppo sì. Comincio già a vederti sfocata». Voleva baciarla, ma esitò. «Che cosa dicevi a proposito dei mondi diversi?».

«Non lo so. Ho letto qualcosa e...». Si tolse dall'acconciatura un fermaglio e glielo porse. «Tienilo con te, se ho ragione forse riuscirà a superare il confine dei mondi».

«Cremisi spiegati meglio, per favore». Nix strinse il fermaglio confuso, ma si accorse che ormai era troppo tardi. Vide le labbra di Cremisi, a pochi centimetri dalle sue, schiudersi ma non riuscì a sentire la sua voce.                

Nix aprì gli occhi di colpo, come se qualcuno gli avesse tirato addosso un secchio d'acqua gelata. Storse la bocca in un'espressione frustrata, quando i suoi occhi misero a fuoco le assi del soffitto di legno della locanda dove lui e Windsor si erano fermati per la notte.

Il suo compagno di viaggio russava nel letto sotto al suo. Si voltò verso l'unica finestra. Gli scuri leggermente aperti lasciavano passare una falce di luce lunare a illuminare la semioscurità. Non era ancora giorno.

In un gesto ormai consueto si passò la punta della lingua sul labbro superiore. Lo sentì distintamente. Il sapore della bocca di Cremisi. Assomigliava a qualcosa di dolciastro come le pesche, con qualche nota speziata. Le braccia gli formicolarono per l'impellente voglia di abbracciarla ancora.

Perché aveva perso la testa per una donna dentro un sogno?  Si chiese dubbioso, pensando che forse era tutto frutto della sua immaginazione. Una donna che può soltanto desiderare al suo fianco, senza mai averla veramente.

Nessuna è come lei. Si disse.

Nessuna lo sarà mai. Si convinse.

Quando aveva deciso di partire per cercarla, suo padre aveva minacciato di togliergli tutti i titoli se si fosse imbarcato in un'impresa tanto sconsiderata. Aveva rinunciato a tutto, e ogni tanto, quando la paura prendeva il sopravvento, si dava dello stupido.

Davvero sarebbe riuscito a trovarla?

Strinse i pugni per la rabbia. «Ahi» sussurrò un po' troppo forte. Sotto di lui percepì Windsor rigirarsi sul materasso.

Aprì il palmo destro e trovò l'oggetto che l'aveva punto. Un piccolo aggeggio freddo come il ferro.

Un fermaglio per capelli dorato, con due piccoli iniziali nere a ornamento.

Cremisi Pluviam. Tutto ciò che sapeva era il suo nome.

Lo strinse al petto ripetendosi quelle due parole. Il suo cuore sussultò per la scoperta.

Non stava più sognando. Il fermaglio era lì con lui.

Tentò di riaddormentarsi, ma non ci riuscì.

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