Prologo
Sta per succedere.
Non ci posso credere. Dopo tre fottuti anni passati a sgobbare per quel maledetto damerino finalmente è giunto il momento di riprendermi la mia rivincita.
Cerco di non mostrarmi troppo euforica, quindi prendo un bel respiro profondo e reprimo il sorriso da psicopatica che vorrebbe tanto prendere posto sul mio viso.
Mark si è alzato in piedi.
Ecco, sta per dirlo.
Sta per dare una svolta alla mia vita.
Ora me lo chiede. Sì, ora me lo dice. Sto per essere promossa reporter del Titan, la più importante testata giornalistica della città.
Dopo tutto questo tempo vedrò un mio sogno essere realizzato. Ancora non me ne capacito.
Wow, okay. Sta calma, Ginger. Sta calma.
Prendi un bel respiro, è tutto vero.
«E facciamo anche un applauso alla nostra Natalie. Prego, cara, alzati pure.» invita la ragazza con un cenno della sua mano da neonato. Eppure dovrei essere io quella a doversi star alzando.
Vabbè, sarà. Forse la nominerà mia segretaria.
Boh, staremo a vedere.
E avrà pure la puzza del latte ancora sotto al naso, ma dopo questa giuro che non lo prenderò più in giro nella mia mente. Gli porterò rispetto.
Forse. Non garantisco niente.
«Come tutti ben saprete, dato che Amelia ci ha lasciati per un impiego alquanto prestigioso in Germania, abbiamo perso uno dei nostri reporter migliori, e senza di lei le cose stanno procedendo piuttosto a rilento, il che non è ammissibile! Non per il Titan!» sussulto, causando un rumore con la sedia che attira l'attenzione di alcuni miei colleghi.
Troppo latte fa male, capo. Vedi di sostituirlo con una bella tazza di camomilla, invece. Successo assicurato. Con nonno Jo funziona.
Faccio finta di niente e torno a prestare attenzione alle parole del bambinone.
Quelle parole che da anni ormai sto aspettando di sentirgli pronunciare.
Forza, Mark. Dillo. Urlarlo al mondo.
«Così ci siamo consultati» indica se stesso, il suo vice e altri collaboratori, «E la conclusione a cui siamo giunti è stata quella di assegnare al più meritevole di voi questo ruolo.»
Il fatto che stia guardando proprio me non può essere una coincidenza. Non può.
Il mio nome. Adesso lo dice. Me lo sento. Vedi tu se lo fa.
«Quindi, fate tutti un bell'applauso a Natalie! Complimenti!»
Scatto in piedi, felice come non mai.
«Grazie! Lo sapevo, lo sapevo che prima o poi sarebbe succes-» no, un attimo, frena tutto. Ha detto "Natalie"? Sono sicura che si sia confuso, sì, per forza.
Eppure le occhiate storte che mi stanno dedicando i presenti sembrano dire il contrario.
Oh no. No. Vi prego, ditemi che non è vero.
«Ah, oddio, che figura» mi batto una mano in fronte con fare impacciato, «Quel che volevo dire è, beh, lo sappiamo che Natalie è la migliore di noi, e, senza offesa, ma tifavo per lei, a dirla tutta. Quindi congratulazioni, te lo sei meritato.» le mie parole hanno sapore di veleno nella bocca.
Loro fortunatamente sembrano abboccare, e la diretta interessata mi rivolge un sorriso di ringraziamento che ricambio a forza mentre torno a sedermi.
Stronza. Mi ha soffiato il posto.
Anche se le colpa è di Mark. Quel dannato ciuccia biberon. Mi ha strappato il mio sogno più grande dalle mani e lo ha calpestato come uno scarafaggio.
Lo ammazzo. Io lo ammazzo questo moccioso. Gli converrà guardarsi le spalle d'ora in poi.
📰📰📰
«Come dici? Ne sei sicuro?»
Forse ho trovato il modo di ristabilire la situazione.
Stavo per andarmene dalla redazione in occasione delle mie ferie, quando passando vicino all'ufficio del mio capo l'ho sentito immerso in una conversazione al telefono.
E ora sono qui, fuori dalla sua porta, intenta ad ascoltare ogni sua parola. Ciò che ho avuto modo di capire dalle imprecazioni uscitegli dalla bocca è che tra le mani ha uno scoop di grossa portata circa un noto uomo d'affari. Un uomo di cui, a quanto pare, è da anni che stanno cercando di scrivere ma che si rivela quasi sempre introvabile.
Questo è un segno del destino.
Qualcuno sta cercando di dirmi che sarò io quella a prendersi il merito di aver trovato delle notizie su di lui.
Spetta a me.
Devo essere io a farlo.
Dopotutto, anni e anni passati a perfezionare i miei metodi di stalking per accertarmi che il mio fidanzato mi stesse effettivamente mettendo le corna, saranno pur serviti a qualcosa, no?
Così il giorno seguente eccomi qui, a Las Vegas, dopo una notte passata insonne a cercare di individuare il luogo in cui si trovasse il signor Riviera, questo il nome uscito ieri dalla bocca di Mark, in uno degli hotel più prestigiosi del paese.
Il Price Hotel.
Così cita la colossale scritta in cima all'imponente palazzo di vetro.
Porca Miseria. Chissà quanti soldi avrà il proprietario. Immagino che navighi nell'oro, vista la vistosità di questo luogo.
Sono sicura che valga più della mia stessa vita. Ci scommetto.
E sto ammirando l'enorme lampadario di cristallo che pende sopra alla mia testa, quando qualcuno va a sbattermi contro la spalla facendomi cadere a terra.
«Ehi, razza di imbecille, guarda dove metti i piedi la prossima volta!» impreco mentre ripulisco i miei jeans neri.
«Mi scusi. Sta bene?» una voce profonda e mascolina giunge alle mie orecchie.
«No, che non sto be-» un uomo in abito elegante mi si para davanti, frenandomi da qualsiasi cosa stessi per dire.
Lui aggrotta le sopracciglia aspettando una risposta da parte mia. Io gli rispondo a fatica, troppo incantata dalla sua bellezza.
«St—sto bene, grazie», e deglutisco pesantemente.
Ora che ci penso, dovrei vedere di fare più spesso dei giretti negli hotel, soprattutto se è questo il genere di benvenuto riservato agli ospiti.
Dovrei proporlo a Mel. Sono sicura che accetterebbe di buon grado.
«Mi fa piacere. Mi scusi ancora, ma adesso devo proprio andare. Le auguro un piacevole soggiorno.» Prima di lasciarmi in balia di pensieri vietati ai minori, mi rivolge un sorriso di cortesia, quindi infila le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti mettendo ancora più in risalto il fisico slanciato mentre si allontana con lunghe falcate.
«Eccome se lo sarà...sarà un soggiorno molto piacevole», commento tra me e me studiando le sue spalle larghe avvolte da una semplice ma illegale camicia bianca.
Wow. Soltanto: wow.
Sto sbavando mentalmente. È stato un momento breve ma decisamente intenso.
Resto per un attimo a fissare il vuoto cercando di riprendermi da quanto appena accaduto, quindi mi appresto a raccogliere la mia roba e a dirigermi a passo spedito verso la reception.
La ragazza seduta dietro al grande monitor mi accoglie con un caloroso sorriso.
Rispondo distrattamente alle sue domande, guardandomi intorno alla ricerca di un uomo tarchiato, dai capelli scuri e con indosso un completo elegante. Del signor Riviera, comunque, nessuna traccia. Riesco però ad individuare l'uomo con cui mi sono scontrata poco fa. Sta avendo una conversazione piuttosto animata con un individuo con indosso la stessa uniforme della donna dinanzi a me e che, comparato a lui, somiglia ad un Umpalumpa.
Sembra agitato. Probabilmente il tipo gli starà facendo una ramanzina. Sì. Sicuramente. Riesco a capirlo dal modo in cui tende la mascella e gesticola. Ora si è girato di spalle e si passa una mano sulla faccia e poi tra i capelli, facendo ricadere poco dopo il ciuffo in maniera disordinata.
E sto pensando a quanto vorrei passare la mano tra quella massa informe quando lui poggia i suoi occhi su di me. Mi scruta con talmente tanta intensità che temo che da un momento all'altro riuscirà a capire cosa mi stia passando per la mente.
Mi volto immediatamente per evitare che possa vedere il rossore delle mie guance.
Merda. Che figura.
«Sono novemila dollari.» mi riscuoto all'udire quanto dettomi dalla ragazza di fronte a me.
Come? Sono sicura di aver frainteso.
Le chiedo di ripetere, sperando di aver sentito male. Niente. La risposta è sempre la stessa.
In fin dei conti, ora che ci ripenso, quest'hotel non è mica tutto questo granché.
Forse dovrei tornare in quel motel a pochi isolati da qui, sono sicura che quei motociclisti tatuati non avessero poi così cattive intenzioni nei miei riguardi.
Sto per inventarmi qualche scusa e fare marcia indietro, quando una vocina nella mia mente mi urla di non farlo, che questa è una delle poche se non l'ultima delle possibilità che avrò per raggiungere il traguardo.
Così, con fare esitante e le dita che tremano, estraggo dal portafoglio la carta di credito dei miei e la porgo alla receptionist.
Mi faranno fuori. Ne sono sicura. Farò la fine di Samara di The Ring, rinchiusa in un pozzo per il resto della mia vita, fino a quando il mio spirito non deciderà di vendicarsi.
Ma ehi, guardiamo il lato positivo: se il mio piano andrà a buon fine riuscirò ad ottenere una promozione e a risarcirli, così non finirò come quella povera bambina.
È la voce della ragazza a farmi tornare con i piedi per terra: «La ringrazio per averci scelti, il Price Hotel le dà il suo benvenuto, le auguro un piacevole soggiorno.»
Riprendo la carta di credito e con essa la chiave magnetica di quella che sarà la mia stanza. Trascino la mia valigia fino all'ascensore, in attesa che me ne liberi uno.
Ed è quando le porte stanno per richiudersi dietro a me, che dall'altra parte scorgo l'uomo in completo elegante dedicarmi un'occhiata accompagnata da un ghigno appena accennato.
Finalmente le porte si chiudono e io posso riprendere a respirare con regolarità.
Ecco, è fatta. Non si torna più indietro.
E bene sì, eccomi qui con un'altra storia!
Avevo pensato di tenerla tra le bozze e pubblicarla una volta finita l'altra, ma non sono riuscita a trattenermi, non me la sentivo di lasciarla sola soletta tra le bozze, così tadaaaaan!
Spero che questa breve introduzione vi sia piaciuta.
Gli aggiornamenti inizieranno quando arriverò a buon punto con "Un disastro di vacanza", quindi se vi va inseritela nella vostra biblioteca nel frattempo 🙈
Grazie a chi mi seguirà anche qui ❤️
Per chiunque sia già mio lettore, vi avviso che per il momento sono in una fase di blocco con "UDDV", quindi il prossimo capitolo non so ancora quando arriverà, I'm sorry 😕
Se vi va consigliate le mie storie ai vostri amici, ne sarei più che felice ✨
Un bacio,
Vi saluto.
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