Parte 9.
Ed è subito buio, sia fuori che dentro.
Una landa oscura dove mi destreggio tra un osso e l'altro.
La nebbia mi ricopre i pensieri, neri come il petrolio che si incolla sulle ali dei gabbiani.
Ci sono ragnatele, ma non ci sono ragni.
Ci sono ossa, ma non ci sono uomini.
Ci sono urla, ma non ci sono mostri.
Ci sono piume, ma non ci sono corvi.
È come se ogni cosa avesse lasciato se stessa.
Come un lascito impercettibile, come un vacuo candido evaporare di ogni vita intorno a me.
Il torpore s'incupisce e accarezza il sangue che ormai è secco e non disseta più.
Il vento che prima aveva qualcosa da dire adesso tace e sfiora le falangi ormai scarne, senza vita, di quelle mani che prima erano calde e mi accarezzavano e adesso sono immobili, assenti come se non ci fossero più.
Questa valle è il luogo insonne dove ognuno di noi si rifugia, dove si nasconde, pur di non ammettere che il sole è l'unica luce che può cancellare tutto questo.
Ognuno di noi, nel proprio passeggiare lungo il viale della vita rimane solo.
Ciò che fa più timore all'uomo é il non veder altro corpo che il suo.
Nessun uomo che viva non ha mai compreso o accettato realmente il fatto che ogni altra persona che si metta sui suoi passi, un giorno andrà via, fino a quando lui, non andrà via da se stesso.
Il paradosso della morte è come un ombra che si nasconde nei cuori di tutti quelli che temono la vita in quanto esperienze.
In fondo la nostra paura più grande è quella di lasciare soli noi stessi perché fino ad ora l'unico luogo che siamo stati in grado di vedere è stato questo.
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