Parte 7.

Il cielo di cartapesta soffia dei respiri gelidi che mi sanno di carezze troppo calde per farmi del male, ma abbastanza fredde per farmi sentire solo.
Così la mia cute si gela, il miocardio pure.
Le foglie si lasciano trasportare da quel torrente d'aria che mi culla l'anima fatta di vetro.
Le mie palpebre lentamente si abbassano come una porta socchiusa e lasciano trasparire delle gocce cristallo che scendono giù, come le gocce di pioggia dai fori sulle grondaie.
Sono ancora qua, non è cambiato nulla, stesso posto.
La panchina di legno cigola quasi all'unisono con i miei lamenti silenziosi.
Le foglie e i fiori danzano, tra la triste musica che canta il mio cuore e il loro stesso fruscìo.
Quei petali mi guardano, forse ancora più tristi di me, tra poco appassiranno e anziché vedere le cose belle della vita, hanno visto un povero zombie che piange dinnanzi al loro profumo incantevole.
Ho cucito senz'aghi i brandelli di ciò che resta del mio cuore, utilizzando i coltelli che mi hai piantato sulla schiena.
Li sento ancora, caldi di odio, caldi come le tue labbra sul mio collo.
Ancora le tue pacche sulla mia schiena mi trafiggono da parte a parte bucandomi le viscere, e spezzando la fiamma che alimenta il mio diaframma.
Porto ancora lembi di pelle che penzolano dalla mia carcassa, e le mie membra se prima erano sature di sangue, adesso sono sature di lacrime.
Ogni cellula del mio corpo ti ha stretta a se come una candida coperta fatta di carne, come se il tuo corpo fosse casa mia.
Come se i miei polmoni ogni volta che emettevano fiato sussurravano il tuo nome.
Tuttavia adesso le mie viscere sono fredde, la mia pelle è senza casa e i miei polmoni respirano in silenzio, quasi non volessero più parlare.
Le mie corde vocali si strozzano e non emettono che lamenti.
Una nuvola di cotone lentamente ricopre la mia testa quasi a non volermi far osservare il cielo, che troppo ha visto e spesso ha pianto con me.
Le ombre degli alberi danzano come per distrarmi dal pensiero che troppo mi affligge.
Ormai sei un fantasma.
È triste come una persona così bisognosa di amore possa uccidere l'unica persona che l'abbia amata.
E tu l'hai fatto.
Così le mie lacrime hanno scritto sopra a un fazzoletto di carta, l'ennesima triste storia d'amore che languidi sospiri strozza.
Ora i tuoi abbracci, specialmente l'ultimo prima di tradirmi, sono come cappi e i tuoi baci come di cianuro.
Sono solo ricordi che sento ancora sulla mia labile pelle e che mi gelano ancor più l'animo.
Eravamo in due su questo palcoscenico, adesso il sipario è macchiato di sangue, il mio.
E tu sei via, con altri burattini.
Hai ucciso l'unico burattino senza fili, che ha scelto di amarti, per stare con altri burattini che scelgono di scoparti.
Mi sono sempre chiesto che cosa provassero i miei giocattoli quando li facevo a pezzi, ora lo so, ed è merito tuo.

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