Parte 24.

Placida notte che il mio caos perdona, tra un sopiro d'ansia e una calma notte avanza stanca l'alma mia.
Che il sonno è divenuto mezzo per evadere dal disperarsi quotidiano che la consuetudine avviluppa a se.
S'io fossi come voi cosa ne farei del dolor mio?
Ch'io non ho altro che una penna da consumare tratto tratto.
Ch'io non ho donna da amar finché il mio cor consuma.
Che forse abuso della mia umile virtù, tanto nota quanto fantasma.
Tanto povera, quanto ricca.
Che forse io son solo come un cielo sotto milioni di stelle.
Quanti sforzi ha dato il cuor mio, forse pochi per la mia fortuna, ma troppi per la mia fatica.
Che si misuri un uomo dalle gesta, tra mille di questi nessuno merita d'esser memore se almeno una volta, non ha sacrificato la persona sua.
Viviamo d'amore, ma non sappiamo tirar esso fuori.
Eppure cara, non tramonteranno i miei sorrisi.
Seppur tutto è costrutto, tutto appare, pervade in me quel senso di incompletezza che la felicità mia aliena.
Come un canto il silenzio mio trasale nelle membra e come musica m'acquieta.
Nessun uomo o donna, cara mia, mai leggerà queste mie parole, e quando un giorno esalerò il mortal sospiro, tutti diranno di aver conosciuto l'anima mia.
Quando solo chi mai ha letto tali parole, amorevolmente, può averla in una piccola parte conosciuta.
Che forse tale mia maschera decade in una total tristezza quando penso al fatto che, pur essendoci tante persone in questa terra, nessuna di queste m'avrà mai amato in modo vero.
La realtà, mia cara, è solo un film a cui scegliamo di partecipare, noi scegliamo il canovaccio e a volte, ci dimentichiamo che la nostra è solo una recita, che il nostro è solo un punto di vista.
Bisognerebbe essere il pubblico di se stessi, registi di se stessi per realmente vedere cose che or non vediamo.
Che tu possa riposare dai tuoi sforzi e io dai miei, la notte a volte serve anche a questo.

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