La culla di ghiaccio.
C'è qualcosa dentro me che cerca di venire in superficie, come un turbinio incessante di parole che avvolge la mia carcassa gelida.
Il calore di un abbraccio inconsistente che rende impossibile riaprire gli occhi.
I tagli sulla pelle incidono solchi insanguinati come i solchi che le palpebre si portano sotto le pupille, come quegli immensi crateri sul cuore che sembrano buchi neri.
Una coperta di ghiaccio, di chiodi, di rovi, di spine, di nulla, mi culla verso la fine.
Se avessi un appiglio mia cara, forse non crollerei, come un mare di niente in mezzo a macerie.
La mente non paga, dilania la carne che brama, poi vaga tra scaglie di lava, la pelle si squaglia, carezze di magma che rendono carbone persino i miei sogni.
Un buio che stringe, mi assale e mi avvinghia, esige mostrare le zanne come un cane che ringhia.
Eppure non ancora sono morto, questa luce seppur pallida scintilla dal basso del mio ventre, aperto a metà, col fegato di fuori per tutte quelle volte che ho preferito l'alcol agli amori.
Le mani vacue che tendo, battendo il mio cuore rosso sangue in un mondo senza colori.
Eppure in questo pozzo infinito, sono sicuro che o finirò per schiantarmi oppure per imparare a volare.
Eppure la terra che trema e si squarcia, si apre con me, mi parla e mi guarda, poi piange una pioggia di lava.
Sulla mia faccia ristagna ogni graffio, ogni botta, ogni volta che piango, riannaffio quei rovi sul cuore.
Eppure ho le pupille di ghiaccio, seppur offuscate vi guardano il sole.
Non dicono altro che volere calore, in un mondo composto di cristalli di neve.
Un vento che sferza la carne, lacrime e lame sulla cute che trema.
La pelle si apre e vi piange del sangue che scende e si gela.
Mi tendi la mano, ma io non ho dita.
In ginocchio mi vedi, tra campi di pietra e di ghiaccio che giaccio, la sera s'addensa e rivela il suo pallido sole.
Le mani si aprono al cielo come a cercare la pace, una tempesta di silenzio che squarcia ogni velo in faccia e al torace.
Poi il vuoto, scintilla, tra il fuoco e le fiamme, un diamante di carne.
Brucia la salma, poi il freddo, la pelle si incrosta, diventa cristallo.
Un cuore di vetro si salva davvero solo se pulsa impercettibilmente.
Come il respiro di due amanti che dormono.
Ogni millilitro d'aria riannaffia i polmoni, che aridi alberi parono.
Immortale mi rende la vita, seppur dolorosa.
Non imparare a cadere che tanto ti farai male comunque, impara a rialzarti, è quello che conta.
Le mani che tremano sollevano il corpo, il vento accarezza con lame di ghiaccio il mio volto.
In piedi dimeno le gambe, trascinano i piedi nel vuoto.
Pareti di vetro che vibrano l'aere alle urla infinite.
Le barriere si spaccano dinnanzi a me.
Schegge che si fondono con le ferite.
Non sento dolore, vorrei sapere il perché.
Trascino me stesso verso la luce, nessuno conduce se stesso senza morire almeno una volta.
Saremo quei raggi di sole in rivolta nel buio.
Quel fumo di cremisi che stupra il respiro.
Saremo quei passi sul cuore che esplode nel cupo.
Che trema, ma è ancora vivo.
Saremo quei fiori coperti di rugiada candidi e chiari.
Montagne coperte di lava, spiagge cosparse da scaglie di mare.
Saremo la linfa che scorre nelle vene della terra.
Il derma salato di rocce di sale.
Saremo noi stessi, che siamo immortali, ma siamo riflessi negli occhi verdi e azzurri del mondo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top